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Salvatore Fiume. Identità di un protagonista a dieci anni dalla scomparsa
Grande retrospettiva dell’opera di Salvatore Fiume (1915-1997) nel decennale della sua scomparsa.
Artista poliedrico, Fiume ha espresso una fertile creatività in numerose arti: fu pittore, scultore, architetto, scrittore e scenografo.
Comunicato stampa
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La Galleria Comunale d’Arte Moderna e Contemporanea di Arezzo ospita una grande retrospettiva dell’opera di Salvatore Fiume (1915-1997) nel decennale della sua scomparsa.
Artista poliedrico, Fiume ha espresso una fertile creatività in numerose arti: fu pittore, scultore, architetto, scrittore e scenografo.
La mostra, curata da Giovanni Faccenda, Laura Fiume, Luciano Fiume e Giuseppe Pasquale Macrì, si propone di restituire al pubblico un’immagine quanto più completa della figura del Maestro, con oltre duecento opere, composte nell’arco di 50 anni (1944-1994), tra oli, disegni, sculture, acqueforti, litografie, tavole illustrative di libri e bozzetti originali per il teatro.
Accompagna l’esposizione una ricca e in parte inedita documentazione fotografica e un breve testo dei curatori.
Tematica e insieme cronologica, la retrospettiva offre una panoramica che va dalle illustrazioni per opere letterarie degli anni ’40 alle “Ipotesi” dipinte negli anni ’80; dal trittico metafisico del 1949 alle sculture di bronzo e di legno; dai bozzetti originali delle scenografie per il Teatro alla Scala e il Covent Garden di Londra degli anni ’50 al ciclo “Susanna e i vecchioni” degli anni ’60 e ’70; dai bozzetti per dipinti murali al ciclo balinese (1970) e giapponese (1969/1994).
Vengono esposte al pubblico anche opere inedite, frutto del lavoro della Fondazione che in questi dieci anni ha cercato di ordinare l’opera di Salvatore Fiume. Vi si possono ammirare tutte le illustrazioni per una rarissima edizione del romanzo Quo vadis? di Sienkiewicz (1956), bozzetti originali relativi al grande ciclo perugino (1949-1952), oggi conservato a Palazzo Donini, sede della Regione Umbria, e diversi disegni da temi inusuali, come la serie dell’Orco dei primi anni ’40.
La scelta di Arezzo per celebrare il decennale non è casuale. Fiume è legato alla città in cui Piero della Francesca ha operato in modo impareggiabile (il ciclo di affreschi La Leggenda della vera Croce) da una linea ideale sul piano personale, culturale e artistico.
Nel testo introduttivo al catalogo Giovanni Faccenda, che definisce Salvatore Fiume come “un autore da ritenere senz’altro, per importanza, fra i maggiori del Novecento”, ricorda il suo “pellegrinaggio” ad Arezzo, Monterchi e Sansepolcro a pochi anni dalla fine della seconda guerra, dove ammira e studia le opere di Piero della Francesca. Influenzato anche da altri pittori del Quattrocento, come Paolo Uccello, stabilisce con essi un dialogo che sarà costante nella ricerca successiva: “[…] mentre approfondisce sempre più la conoscenza di tali autori”, scrive Faccenda, “Fiume realizza possibilità espressive delle quali risulta il solo interprete fra gli artisti del suo tempo. […] Dall’umanesimo che pervade ogni lascito dei maestri prediletti, Fiume, intimamente toccato, distilla una cifra avviata a rimanere personale: pure enigmatiche come manichini, le figure pietrificate che popolano le Isole come le Città di statue appaiono scultoree nelle loro sagome allusivamente antropomorfe, tanto da far pensare come a un successivo stadio evolutivo improntato a una forma di metaumanesimo…”
L’umanesimo di Fiume vive anche nei dipinti per il salone di prima classe dell’Andrea Doria (1952), città rinascimentali popolate da capolavori dell’arte italiana:
“Mentre li dipinge”, prosegue Giovanni Faccenda, “Fiume manifesta apertamente radici e legami che lo riportano idealmente a Urbino e ad Arezzo, laddove etica ed estetica appaiono inscindibilmente legate. Da una simile inclinazione germina una linea di continuità che attraversa, in modo ora più sfumato ora più nitido, l’intero percorso creativo dell’artista. Tanto nella serie dei Temi religiosi, iniziata nella prima metà degli anni Cinquanta, quanto nel ciclo delle Ipotesi, esaurito in un arco cronologico compreso fra il 1983 e il 1989, Fiume personalizza i frutti di un’acuta osservazione, che si concentra, fra l’altro, anche sui grandi maestri dell’arte sacra, soprattutto Giotto, Masaccio e Beato Angelico, come – passando per Raffaello, Tintoretto, Rubens e Velázquez, su alcuni protagonisti della modernità, ovvero Picasso, de Chirico e Savinio. Perfino in coincidenza della singolare riedizione di un motivo antico, Susanna e i vecchioni – la prima versione è del 1967; ne seguiranno numerose altre nel tempo –, troviamo sotteso il suo sommo principio filosofico: tutta l’arte è contemporanea.”
La mostra di Arezzo è stata resa possibile grazie alla collaborazione della Fondazione Salvatore Fiume e all’organizzazione della galleria Artesanterasmo di Milano.
Artista poliedrico, Fiume ha espresso una fertile creatività in numerose arti: fu pittore, scultore, architetto, scrittore e scenografo.
La mostra, curata da Giovanni Faccenda, Laura Fiume, Luciano Fiume e Giuseppe Pasquale Macrì, si propone di restituire al pubblico un’immagine quanto più completa della figura del Maestro, con oltre duecento opere, composte nell’arco di 50 anni (1944-1994), tra oli, disegni, sculture, acqueforti, litografie, tavole illustrative di libri e bozzetti originali per il teatro.
Accompagna l’esposizione una ricca e in parte inedita documentazione fotografica e un breve testo dei curatori.
Tematica e insieme cronologica, la retrospettiva offre una panoramica che va dalle illustrazioni per opere letterarie degli anni ’40 alle “Ipotesi” dipinte negli anni ’80; dal trittico metafisico del 1949 alle sculture di bronzo e di legno; dai bozzetti originali delle scenografie per il Teatro alla Scala e il Covent Garden di Londra degli anni ’50 al ciclo “Susanna e i vecchioni” degli anni ’60 e ’70; dai bozzetti per dipinti murali al ciclo balinese (1970) e giapponese (1969/1994).
Vengono esposte al pubblico anche opere inedite, frutto del lavoro della Fondazione che in questi dieci anni ha cercato di ordinare l’opera di Salvatore Fiume. Vi si possono ammirare tutte le illustrazioni per una rarissima edizione del romanzo Quo vadis? di Sienkiewicz (1956), bozzetti originali relativi al grande ciclo perugino (1949-1952), oggi conservato a Palazzo Donini, sede della Regione Umbria, e diversi disegni da temi inusuali, come la serie dell’Orco dei primi anni ’40.
La scelta di Arezzo per celebrare il decennale non è casuale. Fiume è legato alla città in cui Piero della Francesca ha operato in modo impareggiabile (il ciclo di affreschi La Leggenda della vera Croce) da una linea ideale sul piano personale, culturale e artistico.
Nel testo introduttivo al catalogo Giovanni Faccenda, che definisce Salvatore Fiume come “un autore da ritenere senz’altro, per importanza, fra i maggiori del Novecento”, ricorda il suo “pellegrinaggio” ad Arezzo, Monterchi e Sansepolcro a pochi anni dalla fine della seconda guerra, dove ammira e studia le opere di Piero della Francesca. Influenzato anche da altri pittori del Quattrocento, come Paolo Uccello, stabilisce con essi un dialogo che sarà costante nella ricerca successiva: “[…] mentre approfondisce sempre più la conoscenza di tali autori”, scrive Faccenda, “Fiume realizza possibilità espressive delle quali risulta il solo interprete fra gli artisti del suo tempo. […] Dall’umanesimo che pervade ogni lascito dei maestri prediletti, Fiume, intimamente toccato, distilla una cifra avviata a rimanere personale: pure enigmatiche come manichini, le figure pietrificate che popolano le Isole come le Città di statue appaiono scultoree nelle loro sagome allusivamente antropomorfe, tanto da far pensare come a un successivo stadio evolutivo improntato a una forma di metaumanesimo…”
L’umanesimo di Fiume vive anche nei dipinti per il salone di prima classe dell’Andrea Doria (1952), città rinascimentali popolate da capolavori dell’arte italiana:
“Mentre li dipinge”, prosegue Giovanni Faccenda, “Fiume manifesta apertamente radici e legami che lo riportano idealmente a Urbino e ad Arezzo, laddove etica ed estetica appaiono inscindibilmente legate. Da una simile inclinazione germina una linea di continuità che attraversa, in modo ora più sfumato ora più nitido, l’intero percorso creativo dell’artista. Tanto nella serie dei Temi religiosi, iniziata nella prima metà degli anni Cinquanta, quanto nel ciclo delle Ipotesi, esaurito in un arco cronologico compreso fra il 1983 e il 1989, Fiume personalizza i frutti di un’acuta osservazione, che si concentra, fra l’altro, anche sui grandi maestri dell’arte sacra, soprattutto Giotto, Masaccio e Beato Angelico, come – passando per Raffaello, Tintoretto, Rubens e Velázquez, su alcuni protagonisti della modernità, ovvero Picasso, de Chirico e Savinio. Perfino in coincidenza della singolare riedizione di un motivo antico, Susanna e i vecchioni – la prima versione è del 1967; ne seguiranno numerose altre nel tempo –, troviamo sotteso il suo sommo principio filosofico: tutta l’arte è contemporanea.”
La mostra di Arezzo è stata resa possibile grazie alla collaborazione della Fondazione Salvatore Fiume e all’organizzazione della galleria Artesanterasmo di Milano.
30
novembre 2007
Salvatore Fiume. Identità di un protagonista a dieci anni dalla scomparsa
Dal 30 novembre 2007 al 03 febbraio 2008
arte contemporanea
Location
GCAC – GALLERIA COMUNALE DI ARTE CONTEMPORANEA
Arezzo, Piazza San Francesco, 4, (Arezzo)
Arezzo, Piazza San Francesco, 4, (Arezzo)
Orario di apertura
martedì-venerdì 9.00-13.00/15.00-18.00; sabato e festivi 10.00-18.00
Sito web
ufficiostampa@comune.arezzo.it
Curatore