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Salvatore Fiume – Un anticonformista del Novecento
100 Opere Anni ’40 – ’90
Comunicato stampa
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La Provincia di Milano ospita allo Spazio Oberdan una grande mostra antologica di Salvatore Fiume (1915-1997).
Sono cento opere tra dipinti, sculture, disegni, illustrazioni e bozzetti per progetti architettonici e scenografie che documentano la lunga e molteplice attività dell’artista siciliano dagli anni Quaranta agli Anni Novanta.
Lombardo d’adozione, ha vissuto tra Milano che l’accolse negli Anni Trenta, e Canzo, in provincia di Como, dove decise di risiedere e lavorare quando non viaggiava. Fiume padroneggiò diversi linguaggi espressivi: fu pittore, scultore, scenografo, architetto, poeta e narratore. Non seguì mai le mode del momento, piuttosto rimase fedele a un proprio ideale di pittura mutuato dalla formazione classica. Il che non gli impedì di sviluppare una personalità artistica originale e indipendente e di elaborare immagini riconoscibili come soltanto sue. Per questo può definirsi un anticonformista del Novecento.
Fiume fu profondamente influenzato dal Quattrocento italiano, dalla pittura di Velázquez e Goya e, nel Novecento, da Picasso e dalla pittura metafisica di de Chirico, Savinio e Carrà.
La mostra, suddivisa per temi e periodi, si sviluppa in sei sale toccando tutti i momenti più significativi del suo percorso artistico, con opere di proprietà della Fondazione Fiume e una ventina di pannelli esplicativi, con immagini e testi di approfondimento.
«Le ragioni che ci hanno portato a dedicare una mostra a Salvatore Fiume – sottolinea Novo Umberto Maerna, Vice Presidente e Assessore alla Cultura della Provincia di Milano - sono molteplici: la genialità poliedrica di questo artista, nato in Sicilia e arrivato a Milano a 21 anni, la sua capacità di misurarsi con pittura, scultura, architettura, scrittura e scenografia, la notorietà internazionale, la capacità straordinaria di diffondere bellezza e conoscenza, l’aver attraversato da protagonista un secolo, il Novecento, culla delle principali avanguardie culturali ed artistiche della storia unitaria della Nazione italiana. Fiume, a 13 anni dalla morte,
rimane di un’attualità che sorprende – conclude Maerna - sono trascorsi più di 60 anni dalla sua prima mostra nella città di Milano, alla Galleria Borromini, nel 1949, eppure le opere che
vengono esposte allo Spazio Oberdan sono la dimostrazione evidente di quanto le sue forme fossero coraggiosamente innovatrici».
Il percorso della mostra si apre con sette dipinti sul tema delle “Città di statue” e delle “Isole di statue” realizzate negli Anni Cinquanta, strutture architettoniche antropomorfe e zoomorfe che anticipano in forma pittorica i successivi progetti architettonici di edifici abitabili, documentati in mostra da appositi pannelli. Appartiene a questa serie anche una grande scultura in vimini (1,40 m x 1,60 m), raramente esposta al pubblico, intitolata “Guerriero”.
Il percorso espositivo prosegue con un gruppo di disegni metafisici degli Anni ’40 e ’50. Sono alcuni dei disegni che aprirono le porte di Milano al giovane artista di Comiso. Infatti, il critico e poeta Raffaele Carrieri, colpito da tanto talento, lo presentò ad Alberto Savinio il quale, a sua volta, lo fece invitare alla Biennale di Venezia del 1950 e lo introdusse al Teatro alla Scala, teatro per il quale Fiume realizzò indimenticabili scenografie (in particolare per “Medea”, “Norma”, “Nabucco” e “Guglielmo Tell”). Un pannello presenta i bozzetti e le fotografie di queste scenografie per la Scala di Milano e il Covent Garden di Londra. Seguono trenta illustrazioni originali di Fiume per il romanzo “Quo Vadis?” del polacco Sienkiewicz eseguite con una tecnica molto particolare. Sfruttando la flessibilità di una lametta da barba, Fiume riusciva a sottrarre strati più o meno sottili del colore steso uniformemente sulla carta. Ciò gli permetteva di delineare figure in trasparenza, corpi voluminosi o intere folle in uno spazio di soli 10 cm x 17.
La seconda sala è interamente dedicata al ciclo delle “Ipotesi”, realizzato fra il 1983 e il 1992. In queste opere, Fiume accosta elementi tratti da Maestri lontani nel tempo e nello spazio, come Raffaello, Rembrandt e Tintoretto, a figure da opere di artisti moderni come Picasso e de Chirico e ne ambienta l’incontro ideale nelle proprie città di statue. In tal modo Fiume esemplifica il concetto a lui caro della ‘contemporaneità di tutta l’arte’. Di questo ciclo sono esposte una decina di opere, tra dipinti e sculture, fra cui “Incontro al vertice”, con elementi da Velázquez, Raffaello e Picasso; “Tre Grazie”, con figure da Rubens e de Chirico e “Lezione di anatomia”, con elementi da Picasso e Rembrandt.
La terza sala si apre con due dipinti dal “ciclo spagnolo” (1947-1973), frutto di un dialogo costante che Fiume tenne con la pittura di Goya (in mostra “Signora con Ventaglio”, 2 m x 90 cm) e Velázquez (“Il Vicerè”, 2 metri x 1) Un pannello racconta un episodio curioso e singolare della vita artistica di Fiume il quale nel 1947, non riuscendo ad affermarsi con il proprio nome, inventò l’esistenza di un pittore spagnolo esiliato a Parigi perché in odio al regime franchista, e ne eseguì le opere firmandole Francisco Queyo. I quadri, di più immediata comprensione rispetto alla opere neometafisiche con cui Fiume si era presentato inizialmente, entusiasmarono critica e pubblico e in una mostra alla Galleria Gussoni di Milano (1948) andarono a ruba. La sala si chiude con quattro disegni e due sculture dal ciclo “Tori, centauri e antropotauri”.
La quarta sala è tutta dedicata alle figure femminili, uno dei temi centrali della produzione di Salvatore Fiume. Cinque dipinti, tra cui il grande olio su tela di due metri per quattro, del 1984, intitolato “Scienziati che discutono sulle origini della donna” e due sculture lignee, d’ispirazione africana.
La sala successiva racconta invece di donne giapponesi, frutto di una serie di viaggi in Giappone dove Fiume rimase affascinato dalla perfezione e dalla intensità espressiva del Teatro No e del Teatro Kabuki.
Infine, nell’ultima sala, si concentrano diverse sperimentazioni: il “ciclo dei Sassi” del 1973, seguito all’esperienza dei dipinti rupestri di Fiume in Etiopia, che un pannello documenta con fotografie; i Graffiti, omaggi alle incisioni rupestri di Altamira e Lascaux; gli affreschi, con un esempio di ‘strappo’ e le immagini degli affreschi realizzati negli Anni Settanta in un castello e in una chiesa a Fiumefreddo in Calabria; sei disegni sul tema “Ninfa e Fauno” e, infine, due sculture dai cicli delle “Casualità archeologiche” e delle “Ricostruzioni museali” realizzati nel ’92. Le prime sono ipotetici reperti archeologici che Fiume immagina accostati casualmente durante gli scavi. Le seconde sono costituite da quei frammenti ricomposti secondo la logica ricostruttiva spesso seguita nei musei.
Il catalogo della mostra presenta interventi critici originali di Luca Beatrice, Flaminio Gualdoni ed Elena Pontiggia.
Sono cento opere tra dipinti, sculture, disegni, illustrazioni e bozzetti per progetti architettonici e scenografie che documentano la lunga e molteplice attività dell’artista siciliano dagli anni Quaranta agli Anni Novanta.
Lombardo d’adozione, ha vissuto tra Milano che l’accolse negli Anni Trenta, e Canzo, in provincia di Como, dove decise di risiedere e lavorare quando non viaggiava. Fiume padroneggiò diversi linguaggi espressivi: fu pittore, scultore, scenografo, architetto, poeta e narratore. Non seguì mai le mode del momento, piuttosto rimase fedele a un proprio ideale di pittura mutuato dalla formazione classica. Il che non gli impedì di sviluppare una personalità artistica originale e indipendente e di elaborare immagini riconoscibili come soltanto sue. Per questo può definirsi un anticonformista del Novecento.
Fiume fu profondamente influenzato dal Quattrocento italiano, dalla pittura di Velázquez e Goya e, nel Novecento, da Picasso e dalla pittura metafisica di de Chirico, Savinio e Carrà.
La mostra, suddivisa per temi e periodi, si sviluppa in sei sale toccando tutti i momenti più significativi del suo percorso artistico, con opere di proprietà della Fondazione Fiume e una ventina di pannelli esplicativi, con immagini e testi di approfondimento.
«Le ragioni che ci hanno portato a dedicare una mostra a Salvatore Fiume – sottolinea Novo Umberto Maerna, Vice Presidente e Assessore alla Cultura della Provincia di Milano - sono molteplici: la genialità poliedrica di questo artista, nato in Sicilia e arrivato a Milano a 21 anni, la sua capacità di misurarsi con pittura, scultura, architettura, scrittura e scenografia, la notorietà internazionale, la capacità straordinaria di diffondere bellezza e conoscenza, l’aver attraversato da protagonista un secolo, il Novecento, culla delle principali avanguardie culturali ed artistiche della storia unitaria della Nazione italiana. Fiume, a 13 anni dalla morte,
rimane di un’attualità che sorprende – conclude Maerna - sono trascorsi più di 60 anni dalla sua prima mostra nella città di Milano, alla Galleria Borromini, nel 1949, eppure le opere che
vengono esposte allo Spazio Oberdan sono la dimostrazione evidente di quanto le sue forme fossero coraggiosamente innovatrici».
Il percorso della mostra si apre con sette dipinti sul tema delle “Città di statue” e delle “Isole di statue” realizzate negli Anni Cinquanta, strutture architettoniche antropomorfe e zoomorfe che anticipano in forma pittorica i successivi progetti architettonici di edifici abitabili, documentati in mostra da appositi pannelli. Appartiene a questa serie anche una grande scultura in vimini (1,40 m x 1,60 m), raramente esposta al pubblico, intitolata “Guerriero”.
Il percorso espositivo prosegue con un gruppo di disegni metafisici degli Anni ’40 e ’50. Sono alcuni dei disegni che aprirono le porte di Milano al giovane artista di Comiso. Infatti, il critico e poeta Raffaele Carrieri, colpito da tanto talento, lo presentò ad Alberto Savinio il quale, a sua volta, lo fece invitare alla Biennale di Venezia del 1950 e lo introdusse al Teatro alla Scala, teatro per il quale Fiume realizzò indimenticabili scenografie (in particolare per “Medea”, “Norma”, “Nabucco” e “Guglielmo Tell”). Un pannello presenta i bozzetti e le fotografie di queste scenografie per la Scala di Milano e il Covent Garden di Londra. Seguono trenta illustrazioni originali di Fiume per il romanzo “Quo Vadis?” del polacco Sienkiewicz eseguite con una tecnica molto particolare. Sfruttando la flessibilità di una lametta da barba, Fiume riusciva a sottrarre strati più o meno sottili del colore steso uniformemente sulla carta. Ciò gli permetteva di delineare figure in trasparenza, corpi voluminosi o intere folle in uno spazio di soli 10 cm x 17.
La seconda sala è interamente dedicata al ciclo delle “Ipotesi”, realizzato fra il 1983 e il 1992. In queste opere, Fiume accosta elementi tratti da Maestri lontani nel tempo e nello spazio, come Raffaello, Rembrandt e Tintoretto, a figure da opere di artisti moderni come Picasso e de Chirico e ne ambienta l’incontro ideale nelle proprie città di statue. In tal modo Fiume esemplifica il concetto a lui caro della ‘contemporaneità di tutta l’arte’. Di questo ciclo sono esposte una decina di opere, tra dipinti e sculture, fra cui “Incontro al vertice”, con elementi da Velázquez, Raffaello e Picasso; “Tre Grazie”, con figure da Rubens e de Chirico e “Lezione di anatomia”, con elementi da Picasso e Rembrandt.
La terza sala si apre con due dipinti dal “ciclo spagnolo” (1947-1973), frutto di un dialogo costante che Fiume tenne con la pittura di Goya (in mostra “Signora con Ventaglio”, 2 m x 90 cm) e Velázquez (“Il Vicerè”, 2 metri x 1) Un pannello racconta un episodio curioso e singolare della vita artistica di Fiume il quale nel 1947, non riuscendo ad affermarsi con il proprio nome, inventò l’esistenza di un pittore spagnolo esiliato a Parigi perché in odio al regime franchista, e ne eseguì le opere firmandole Francisco Queyo. I quadri, di più immediata comprensione rispetto alla opere neometafisiche con cui Fiume si era presentato inizialmente, entusiasmarono critica e pubblico e in una mostra alla Galleria Gussoni di Milano (1948) andarono a ruba. La sala si chiude con quattro disegni e due sculture dal ciclo “Tori, centauri e antropotauri”.
La quarta sala è tutta dedicata alle figure femminili, uno dei temi centrali della produzione di Salvatore Fiume. Cinque dipinti, tra cui il grande olio su tela di due metri per quattro, del 1984, intitolato “Scienziati che discutono sulle origini della donna” e due sculture lignee, d’ispirazione africana.
La sala successiva racconta invece di donne giapponesi, frutto di una serie di viaggi in Giappone dove Fiume rimase affascinato dalla perfezione e dalla intensità espressiva del Teatro No e del Teatro Kabuki.
Infine, nell’ultima sala, si concentrano diverse sperimentazioni: il “ciclo dei Sassi” del 1973, seguito all’esperienza dei dipinti rupestri di Fiume in Etiopia, che un pannello documenta con fotografie; i Graffiti, omaggi alle incisioni rupestri di Altamira e Lascaux; gli affreschi, con un esempio di ‘strappo’ e le immagini degli affreschi realizzati negli Anni Settanta in un castello e in una chiesa a Fiumefreddo in Calabria; sei disegni sul tema “Ninfa e Fauno” e, infine, due sculture dai cicli delle “Casualità archeologiche” e delle “Ricostruzioni museali” realizzati nel ’92. Le prime sono ipotetici reperti archeologici che Fiume immagina accostati casualmente durante gli scavi. Le seconde sono costituite da quei frammenti ricomposti secondo la logica ricostruttiva spesso seguita nei musei.
Il catalogo della mostra presenta interventi critici originali di Luca Beatrice, Flaminio Gualdoni ed Elena Pontiggia.
15
dicembre 2010
Salvatore Fiume – Un anticonformista del Novecento
Dal 15 dicembre 2010 al 06 febbraio 2011
arte contemporanea
Location
SPAZIO OBERDAN – CINETECA
Milano, Viale Vittorio Veneto, 2, (Milano)
Milano, Viale Vittorio Veneto, 2, (Milano)
Orario di apertura
ore 10-19.30, martedì e giovedì fino alle 22, 24 e 31 dicembre 10.00-15.00
chiuso il lunedì, il 25 dicembre e il 1° gennaio
Vernissage
15 Dicembre 2010, ore 18
Autore
Curatore