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Salvatore Loffredo – Scorci usurati
Artista e poeta, Salvatore Loffredo è una persona che sente l’esigenza di comunicare e, quindi, di mettere in comune col suo prossimo, sensazioni, riflessioni, stati d’animo di solitudine, amore, rabbia, indignazione e ironia.
Comunicato stampa
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Piccolo drink
In fondo al bar
Fermi
Come le statue i nostri corpi
Come ghiaccio i nostri occhi
Come le pietre le nostre mani
Salvatore Loffredo
Artista e poeta, Salvatore Loffredo è una persona che sente l’esigenza di comunicare e, quindi, di mettere in comune col suo prossimo, sensazioni, riflessioni, stati d’animo di solitudine, amore, rabbia, indignazione e ironia.
La condivisione dei propri sentimenti è un atto nobile, aiuta a vivere meglio, a interpretare l’esistenza, a trasformare il particolare, l’intimo, il quotidiano in sentimenti universali. Consola gli animi.
Salvatore Loffredo è un creatore d’immagini. Le evoca con la parola scritta, con i versi liberi delle sue poesie, le materializza con il colore, con la gestualità fisica della pittura.
I suoi dipinti sono eseguiti con tecniche miste, smalto, sabbia, acrilico e olio su tela. Le superfici delle sue tele sono sature di colore, come per coprire un sentimento d’ horror vacui. La sua pittura è sostanzialmente figurativa, ma le sue forme sono sintetiche e le campiture di colore, a volte sovrapposte, annullano la profondità spaziale.
Le tematiche possono essere diverse - interni, paesaggi, nature morte, profili umani - ma fanno tutte parte di una stessa atmosfera, sono come tante frasi che vanno a comporre un unico discorso. Il discorso è quello sull’uomo, sulla natura, sull’enigma della vita. Egli stesso sostiene che “tutto è arte perché la vita in sé è un'opera d'arte”.
La sua pittura talvolta espressionista, persino fauves per la violenza e l’uso non naturalistico e arbitrario dei colori, è alternata da pause più malinconiche e riflessive vicine alla pittura metafisica.
La tela “Guanto e bottiglia” è un esplicito omaggio ai maestri del Novecento Giorgio Morandi e Giorgio De Chirico. Quest’ultimo, in “Canto d’amore” del 1914, accostava paradossalmente mitologie classiche a quelle moderne dipingendo una grande testa dell’Apollo del Belvedere accanto ad un gigantesco guanto di gomma arancione.
Anche nei dipinti di Salvatore Loffredo gli accostamenti sono improbabili, irreali, onirici. Un paesaggio marino, ad esempio, dove l’orizzonte tra cielo e mare trascolora nelle diverse tonalità dell’azzurro e del blu, è turbato da presenze inquietanti: una sagoma umana di schiena, un piccolo albero spoglio sopra una scacchiera spezzata, una casa semi diroccata che emerge come un’isola solitaria dall’orizzonte marino.
La scacchiera è un elemento presente in molte opere dell’artista. Può essere un semplice frammento di pavimento con mattonelle bianche e nere o bianche e blu, ma può anche evocare il gioco degli scacchi con tutte le molteplici valenze simboliche legate alla sorte, all’intelligenza umana, alla vittoria, alla sconfitta, al gioco della vita. Grande amante delle partite a scacchi fu il dadaista Marcel Duchamp che passò un lungo periodo della sua vita esclusivamente giocando a scacchi, quasi fosse un’unica, continua performance. Poi nel 1932 scrisse anche un libro, L’opposition et les cases conjuguées sont reconciliées, sul gioco, metafora delle fortune alterne.
Ancora in un dipinto di Salvatore Loffredo vediamo due schematici profili, un uomo con gli occhiali e l’altro col cappello, e tra loro una scacchiera che a poco a poco si frammenta. In gioco è la vita. Il rapporto tra i due non è alla pari, perché un personaggio prevarica psicologicamente l’altro che lacrima sangue.
Elemento che compare, inoltre, nei dipinti di Salvatore Loffredo è la rete, un diaframma metallico, attraverso cui si vedono profili umani. La rete non sempre è integra, ma è forata, indice di desiderio di libertà, di superamento dei limiti, apertura dei confini.
La rete è per l’artista rappresenta il potere coercitivo, ma esiste anche la possibilità di liberarsi da un’oppressione, di recidere i vincoli.
In alcuni casi alla tecnica mista aggiunge il collage, soprattutto in quelle opere legate all’attualità, alla politica o alla difficile situazione internazionale. In questi dipinti l’artista inserisce delle “immagini trovate”, frames “sottratti” alla televisione e ai vari media, fotografie ritagliate e riportate su tela.
Il “Il tavolo della concordia”, ad esempio, è dedicato agli avvenimenti in Iraq. Qui Salvatore Loffredo, appropriandosi d’immagini medianiche le combina con quelle dipinte, così folle d’islamici in rivolta, il Papa, feti con tre gambe diventano metafora del caos politico e genetico.”Quello che il potere non dice” è un’altra tecnica mista con collages legata ironicamente all’attualità: un noto conduttore televisivo e alcuni politici sono stati sorpresi in tre momenti diversi, ma tutti e tre nella stessa posizione meditativa, abbinati insieme sembrano partecipare a una sorta di riflessione collettiva.
Le sabbie utilizzate nei suoi dipinti rendono i soggetti usurati, corrosi, consumati. In nudo femminile in un interno si ritrova questo stato di consunzione, attenuato però dai colori fondamentali, il giallo, il blu, il rosso. Su un tavolo di fronte alla donna, vediamo una bottiglia di Whisky, un ramarro verde e un libro chiuso dal titolo “The violence in the world". Il messaggio è ambiguo perché la porta della stanza è aperta, ma l’uscio è murato. Dov’è la violenza, fuori della stanza o in quell’intimo mondo protetto, ma privo di libertà?
Spesso nelle opere di Salvatore Loffredo traspare pessimismo e incertezza sul futuro. Non mancano temi legati alla solitudine, all’incompatibilità tra uomo e donna, alla sopraffazione. Ma alla fine trionfa il colore, la gioia delle tonalità calde che, secondo una ricca letteratura da Goethe a Kandinsky, suggeriscono sentimenti positivi, invitano all’allegria. Trionfa anche il piacere per la materia pittorica, che nelle ultime tele viene addirittura distesa con le mani per ricercare un effetto immediato e gestuale.
Elisabetta Tolosano
In fondo al bar
Fermi
Come le statue i nostri corpi
Come ghiaccio i nostri occhi
Come le pietre le nostre mani
Salvatore Loffredo
Artista e poeta, Salvatore Loffredo è una persona che sente l’esigenza di comunicare e, quindi, di mettere in comune col suo prossimo, sensazioni, riflessioni, stati d’animo di solitudine, amore, rabbia, indignazione e ironia.
La condivisione dei propri sentimenti è un atto nobile, aiuta a vivere meglio, a interpretare l’esistenza, a trasformare il particolare, l’intimo, il quotidiano in sentimenti universali. Consola gli animi.
Salvatore Loffredo è un creatore d’immagini. Le evoca con la parola scritta, con i versi liberi delle sue poesie, le materializza con il colore, con la gestualità fisica della pittura.
I suoi dipinti sono eseguiti con tecniche miste, smalto, sabbia, acrilico e olio su tela. Le superfici delle sue tele sono sature di colore, come per coprire un sentimento d’ horror vacui. La sua pittura è sostanzialmente figurativa, ma le sue forme sono sintetiche e le campiture di colore, a volte sovrapposte, annullano la profondità spaziale.
Le tematiche possono essere diverse - interni, paesaggi, nature morte, profili umani - ma fanno tutte parte di una stessa atmosfera, sono come tante frasi che vanno a comporre un unico discorso. Il discorso è quello sull’uomo, sulla natura, sull’enigma della vita. Egli stesso sostiene che “tutto è arte perché la vita in sé è un'opera d'arte”.
La sua pittura talvolta espressionista, persino fauves per la violenza e l’uso non naturalistico e arbitrario dei colori, è alternata da pause più malinconiche e riflessive vicine alla pittura metafisica.
La tela “Guanto e bottiglia” è un esplicito omaggio ai maestri del Novecento Giorgio Morandi e Giorgio De Chirico. Quest’ultimo, in “Canto d’amore” del 1914, accostava paradossalmente mitologie classiche a quelle moderne dipingendo una grande testa dell’Apollo del Belvedere accanto ad un gigantesco guanto di gomma arancione.
Anche nei dipinti di Salvatore Loffredo gli accostamenti sono improbabili, irreali, onirici. Un paesaggio marino, ad esempio, dove l’orizzonte tra cielo e mare trascolora nelle diverse tonalità dell’azzurro e del blu, è turbato da presenze inquietanti: una sagoma umana di schiena, un piccolo albero spoglio sopra una scacchiera spezzata, una casa semi diroccata che emerge come un’isola solitaria dall’orizzonte marino.
La scacchiera è un elemento presente in molte opere dell’artista. Può essere un semplice frammento di pavimento con mattonelle bianche e nere o bianche e blu, ma può anche evocare il gioco degli scacchi con tutte le molteplici valenze simboliche legate alla sorte, all’intelligenza umana, alla vittoria, alla sconfitta, al gioco della vita. Grande amante delle partite a scacchi fu il dadaista Marcel Duchamp che passò un lungo periodo della sua vita esclusivamente giocando a scacchi, quasi fosse un’unica, continua performance. Poi nel 1932 scrisse anche un libro, L’opposition et les cases conjuguées sont reconciliées, sul gioco, metafora delle fortune alterne.
Ancora in un dipinto di Salvatore Loffredo vediamo due schematici profili, un uomo con gli occhiali e l’altro col cappello, e tra loro una scacchiera che a poco a poco si frammenta. In gioco è la vita. Il rapporto tra i due non è alla pari, perché un personaggio prevarica psicologicamente l’altro che lacrima sangue.
Elemento che compare, inoltre, nei dipinti di Salvatore Loffredo è la rete, un diaframma metallico, attraverso cui si vedono profili umani. La rete non sempre è integra, ma è forata, indice di desiderio di libertà, di superamento dei limiti, apertura dei confini.
La rete è per l’artista rappresenta il potere coercitivo, ma esiste anche la possibilità di liberarsi da un’oppressione, di recidere i vincoli.
In alcuni casi alla tecnica mista aggiunge il collage, soprattutto in quelle opere legate all’attualità, alla politica o alla difficile situazione internazionale. In questi dipinti l’artista inserisce delle “immagini trovate”, frames “sottratti” alla televisione e ai vari media, fotografie ritagliate e riportate su tela.
Il “Il tavolo della concordia”, ad esempio, è dedicato agli avvenimenti in Iraq. Qui Salvatore Loffredo, appropriandosi d’immagini medianiche le combina con quelle dipinte, così folle d’islamici in rivolta, il Papa, feti con tre gambe diventano metafora del caos politico e genetico.”Quello che il potere non dice” è un’altra tecnica mista con collages legata ironicamente all’attualità: un noto conduttore televisivo e alcuni politici sono stati sorpresi in tre momenti diversi, ma tutti e tre nella stessa posizione meditativa, abbinati insieme sembrano partecipare a una sorta di riflessione collettiva.
Le sabbie utilizzate nei suoi dipinti rendono i soggetti usurati, corrosi, consumati. In nudo femminile in un interno si ritrova questo stato di consunzione, attenuato però dai colori fondamentali, il giallo, il blu, il rosso. Su un tavolo di fronte alla donna, vediamo una bottiglia di Whisky, un ramarro verde e un libro chiuso dal titolo “The violence in the world". Il messaggio è ambiguo perché la porta della stanza è aperta, ma l’uscio è murato. Dov’è la violenza, fuori della stanza o in quell’intimo mondo protetto, ma privo di libertà?
Spesso nelle opere di Salvatore Loffredo traspare pessimismo e incertezza sul futuro. Non mancano temi legati alla solitudine, all’incompatibilità tra uomo e donna, alla sopraffazione. Ma alla fine trionfa il colore, la gioia delle tonalità calde che, secondo una ricca letteratura da Goethe a Kandinsky, suggeriscono sentimenti positivi, invitano all’allegria. Trionfa anche il piacere per la materia pittorica, che nelle ultime tele viene addirittura distesa con le mani per ricercare un effetto immediato e gestuale.
Elisabetta Tolosano
29
giugno 2004
Salvatore Loffredo – Scorci usurati
Dal 29 giugno al 06 luglio 2004
arte contemporanea
Location
PASTIS
Torino, Piazza Emanuele Filiberto, 9b, (Torino)
Torino, Piazza Emanuele Filiberto, 9b, (Torino)
Orario di apertura
dalle 10 a mezzanotte
Vernissage
29 Giugno 2004, ore 20