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Salvo Caruso – Nel Corso del tempo
Saranno esposti disegni e pastelli dedicati al paesaggio ibleo e alle sue architetture urbane e altri alla figura umana.
Comunicato stampa
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Dal 28 Febbraio 2009 i locali della Galleria degli Archi(RG)e la Sala Mostre della Fondazione Gesualdo Bufalino accoglieranno la mostra Nel corso del tempo | Salvo Caruso a cura di Andrea Guastella.
Saranno esposti disegni e pastelli dedicati al paesaggio ibleo e alle sue architetture urbane e altri alla figura umana. L’esposizione rimarrà aperta fino al 27 marzo 2009.
dal testo di Andrea Guastella:
Nel flusso della vita
«Il disegno è la sincerità nell’arte. Non ci sono possibilità di imbrogliare. O è bello o è brutto». Nel caso in cui qualcuno, in vena di scherzi, provasse a smentire questo aforisma di Dalì, i disegni di Salvo Caruso correrebbero all’istante a contraddirlo. Sono infatti lavori di qualità altissima dove il tratto, contrariamente a certa figurazione iperrealista che sembra fare il verso alla fotografia, non si sforza di soggiogare la luce, ne è pervaso. La luce, poi, anziché limitarsi alla definizione dei volumi e degli effetti di atmosfera, percorre la superficie delle tavole come pura vibrazione.
Salvo ama la natura che lo circonda e da essa è ricambiato con l’offrirsi al suo tocco senza veli, in integrale nudità. Non stupisce perciò che i volti, le case, i muri a secco catturati dallo sguardo campeggino su un reticolo prospettico talora esibito che tradisce, indirettamente, la consuetudine professionale dell’artista con la scenografia, ma soprattutto attesta, precisandone le forme, la cartesiana rispondenza del tracciato alla realtà.
Una fedeltà illusoria? A giudicare dalla negazione delle trasparenze dei monocromi e dai netti cromatismi dei dipinti, grafite e pastello coagulati da correnti di olio fuso, sembrerebbe di sì. Ma basta scavare un po’ a fondo per accorgersi che Salvo mira dritto all’impressione almeno quanto mira al pensiero, all’ideale, e che i soggetti prescelti sono sospesi sempre tra la statica fissità dell’essere e l’incerta mobilità del divenire.
Ciò è particolarmente evidente nei paesaggi, in cui egli è solito far risaltare dettagli distanti sfumando i primi piani: un modo di collocarsi — e di proiettarci — nel flusso della vita, mostrando il mondo come lo si vede dall’interno, di là dalla scorrente parete del riquadro.
Quelle foglie di carrubo ostentano un verde così intenso perché noi che le osserviamo siamo lì, accanto a loro, come siamo a fianco delle nuvole che si incuneano vorticose nell’azzurro tutto mentale di un foglio lungo e stretto come una strada per il cielo; anche quella distesa brulla appare immersa in un pulviscolo nebbioso perché noi, e nessun altro, siamo sdraiati a contemplarla nel centro del disegno, sotto l’ombra protettiva di una pianta.
E che dire delle figure umane ora terse, scultoree come il ritratto del padre dell’artista e le maschere inquietanti di alcuni frontali, ora sfocate e da leggersi in sequenza come la pellicola di un film.
Qui l’equazione impossibile tra vicino e lontano, relatività percettiva e visione universale trova di nuovo le giuste soluzioni; molti modelli di Salvo sono infatti bloccati, rigidamente in posa, ma egli riesce lo stesso a coglierli nell’atto di formulare un concetto, di prendere a parlare, di cambiare di stato. Anche quando, come negli studi di un bimbo in movimento, la pressione della mano si fa impalpabile e sfuggente, c’è sempre una linea ferma, un segno chiuso che rimanda a un equilibrio superiore.
Come il miracolo avvenga, Elémire Zolla non sbaglia, rimane un mistero: «la bellezza, questa sospensione della finzione quotidiana durante l’azione di dipingere o musicare o foggiare o semplicemente contemplare, non può considerarsi una finalità da raggiungere con accorgimenti e sacrifici, è tutt’altro: dono, grazia. E come grazia è gratuita, senza causa…».
Addentriamoci, dunque, fiduciosi e ammirati nei disegni di Salvo, misurando con la ragione ma oltrepassando col cuore quella distanza tra verità e finzione che solo l’arte con la “A” maiuscola è in grado di esplorare.
Andrea Guastella
Salvo Caruso è nato a Comiso (Ragusa) nel 1967. Ha studiato all’Istituto d’Arte di Comiso e all’Accademia di Belle Arti di Catania. Nel 1991 entra a far parte del grup-po il pudore bene in vista, con il quale partecipa ad una serie di manifestazioni in diverse città europee.
Nel 1994 espone a Ragusa Ibla, presso la Badia del Duomo di San Giorgio, alla mostra collettiva Ragusani, curata da Francesco Gallo.
Dal 1999 dopo la sua prima personale alla Galleria degli Archi di Comiso, partecipa ad una serie di collettive.
A Ragusa a partire dal 2002 dopo la sua mostra personale presso lo Studio Nuova Figurazione con cui stabilisce un sodalizio, avvia una più assidua collaborazione con le gallerie ad essa collegate (Ibiscus, Repetto e Masucco). Nell’ottobre del 2004 presenta un’altra personale presso la Galleria Ibiscus di Ragusa e ancora nel 2006 una personale allo Studio Nuova Figurazione.
Partendo da esperienze legate al cinema, al video sperimentale e successivmente al teatro, il suo percorso artistico è contraddistinto da una ricerca sul paesaggio degli iblei e sulle sue architetture urbane e ancora sulla figura umana. Il suo linguaggio risente della lezione iperrealista mediata da una nostalgia tipicamente siciliana per cui si può parlare di realismo magico.
Vive e lavora a Ragusa.
Saranno esposti disegni e pastelli dedicati al paesaggio ibleo e alle sue architetture urbane e altri alla figura umana. L’esposizione rimarrà aperta fino al 27 marzo 2009.
dal testo di Andrea Guastella:
Nel flusso della vita
«Il disegno è la sincerità nell’arte. Non ci sono possibilità di imbrogliare. O è bello o è brutto». Nel caso in cui qualcuno, in vena di scherzi, provasse a smentire questo aforisma di Dalì, i disegni di Salvo Caruso correrebbero all’istante a contraddirlo. Sono infatti lavori di qualità altissima dove il tratto, contrariamente a certa figurazione iperrealista che sembra fare il verso alla fotografia, non si sforza di soggiogare la luce, ne è pervaso. La luce, poi, anziché limitarsi alla definizione dei volumi e degli effetti di atmosfera, percorre la superficie delle tavole come pura vibrazione.
Salvo ama la natura che lo circonda e da essa è ricambiato con l’offrirsi al suo tocco senza veli, in integrale nudità. Non stupisce perciò che i volti, le case, i muri a secco catturati dallo sguardo campeggino su un reticolo prospettico talora esibito che tradisce, indirettamente, la consuetudine professionale dell’artista con la scenografia, ma soprattutto attesta, precisandone le forme, la cartesiana rispondenza del tracciato alla realtà.
Una fedeltà illusoria? A giudicare dalla negazione delle trasparenze dei monocromi e dai netti cromatismi dei dipinti, grafite e pastello coagulati da correnti di olio fuso, sembrerebbe di sì. Ma basta scavare un po’ a fondo per accorgersi che Salvo mira dritto all’impressione almeno quanto mira al pensiero, all’ideale, e che i soggetti prescelti sono sospesi sempre tra la statica fissità dell’essere e l’incerta mobilità del divenire.
Ciò è particolarmente evidente nei paesaggi, in cui egli è solito far risaltare dettagli distanti sfumando i primi piani: un modo di collocarsi — e di proiettarci — nel flusso della vita, mostrando il mondo come lo si vede dall’interno, di là dalla scorrente parete del riquadro.
Quelle foglie di carrubo ostentano un verde così intenso perché noi che le osserviamo siamo lì, accanto a loro, come siamo a fianco delle nuvole che si incuneano vorticose nell’azzurro tutto mentale di un foglio lungo e stretto come una strada per il cielo; anche quella distesa brulla appare immersa in un pulviscolo nebbioso perché noi, e nessun altro, siamo sdraiati a contemplarla nel centro del disegno, sotto l’ombra protettiva di una pianta.
E che dire delle figure umane ora terse, scultoree come il ritratto del padre dell’artista e le maschere inquietanti di alcuni frontali, ora sfocate e da leggersi in sequenza come la pellicola di un film.
Qui l’equazione impossibile tra vicino e lontano, relatività percettiva e visione universale trova di nuovo le giuste soluzioni; molti modelli di Salvo sono infatti bloccati, rigidamente in posa, ma egli riesce lo stesso a coglierli nell’atto di formulare un concetto, di prendere a parlare, di cambiare di stato. Anche quando, come negli studi di un bimbo in movimento, la pressione della mano si fa impalpabile e sfuggente, c’è sempre una linea ferma, un segno chiuso che rimanda a un equilibrio superiore.
Come il miracolo avvenga, Elémire Zolla non sbaglia, rimane un mistero: «la bellezza, questa sospensione della finzione quotidiana durante l’azione di dipingere o musicare o foggiare o semplicemente contemplare, non può considerarsi una finalità da raggiungere con accorgimenti e sacrifici, è tutt’altro: dono, grazia. E come grazia è gratuita, senza causa…».
Addentriamoci, dunque, fiduciosi e ammirati nei disegni di Salvo, misurando con la ragione ma oltrepassando col cuore quella distanza tra verità e finzione che solo l’arte con la “A” maiuscola è in grado di esplorare.
Andrea Guastella
Salvo Caruso è nato a Comiso (Ragusa) nel 1967. Ha studiato all’Istituto d’Arte di Comiso e all’Accademia di Belle Arti di Catania. Nel 1991 entra a far parte del grup-po il pudore bene in vista, con il quale partecipa ad una serie di manifestazioni in diverse città europee.
Nel 1994 espone a Ragusa Ibla, presso la Badia del Duomo di San Giorgio, alla mostra collettiva Ragusani, curata da Francesco Gallo.
Dal 1999 dopo la sua prima personale alla Galleria degli Archi di Comiso, partecipa ad una serie di collettive.
A Ragusa a partire dal 2002 dopo la sua mostra personale presso lo Studio Nuova Figurazione con cui stabilisce un sodalizio, avvia una più assidua collaborazione con le gallerie ad essa collegate (Ibiscus, Repetto e Masucco). Nell’ottobre del 2004 presenta un’altra personale presso la Galleria Ibiscus di Ragusa e ancora nel 2006 una personale allo Studio Nuova Figurazione.
Partendo da esperienze legate al cinema, al video sperimentale e successivmente al teatro, il suo percorso artistico è contraddistinto da una ricerca sul paesaggio degli iblei e sulle sue architetture urbane e ancora sulla figura umana. Il suo linguaggio risente della lezione iperrealista mediata da una nostalgia tipicamente siciliana per cui si può parlare di realismo magico.
Vive e lavora a Ragusa.
28
febbraio 2009
Salvo Caruso – Nel Corso del tempo
Dal 28 febbraio al 27 marzo 2009
arte contemporanea
disegno e grafica
disegno e grafica
Location
GALLERIA DEGLI ARCHI
Comiso, Via E. Calogero, 22, (Ragusa)
Comiso, Via E. Calogero, 22, (Ragusa)
Orario di apertura
da martedì a domenica dalle 17.00 alle 21 (e inoltre su appuntamento)
Vernissage
28 Febbraio 2009, ore 19
Autore
Curatore