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Salvo Russo – Avviso ai Naviganti
Surrealismo, ricchezza di materiale onirico, visionarietà, irrazionalità… ecco quanto suggerisce a prima vista l’opera pittorica di Salvo Russo.
Comunicato stampa
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Surrealismo, ricchezza di materiale onirico, visionarietà, irrazionalità… ecco quanto suggerisce a prima vista l’opera pittorica di Salvo Russo.
Ma surrealismo, sogno, irrazionalità diventano parole vuote se non rapportate alla risonanza emotiva che ogni persona prova guardando, assaporando, lasciandosi coinvolgere e travolgere da ciò che le tele ci rimandano.
Cosa succede nella mente di chi guarda l’opera di Salvo Russo, e più in generale, di un artista?
Succede un lavoro di associazione tra forme e contenuti, che dall’autore trasmigrano al lettore dell’opera, spesso ben al di là delle intenzioni dell’artista. Meglio se così è, altrimenti l’opera sarebbe puramente ‘didascalica’, attraente e deliziosa magari, ma incapace di quella trasfigurazione nel lavoro dell’artista e di quella che avverrà, parallela ma per nulla isomorfica, nella mente del fruitore.
Così è per la pittura, per la scultura, ma anche per la musica e la grafica e la fotografia e la letteratura.
L’arte che vuole/deve mostrare, o dimostrare, qualcosa della realtà, assomiglierebbe alla cartolina che riproduce un bel paesaggio, al soprammobile che ricopia una perfezione di forme plastiche, al suono registrato che riproduce il canto degli uccelli: ‘bello’, a volte ‘perfetto’, ma diverso dall’arte che non riproduce ma trasforma.
Dunque nel produrre, e nel leggere, un prodotto artistico deve succedere qualcosa che va oltre la semplice percezione e apprezzamento della ‘bellezza’: termine che peraltro, come illustri artisti e critici d’arte hanno dimostrato, è ben lungi dall’avere significati condivisi.
I riscontri delle neuroscienze dimostrano che per analizzare la bellezza si attivano aree cerebrali analoghe in tutte le persone e in tutte le culture; mentre nella produzione/ricezione dell’arte deve succedere qualcosa di più: una trasformazione nella singola mente del lettore, succedanea a quella che è avvenuta in modo peculiare e originale nella mente dell’artista.
Ritroviamo nelle opere di Salvo Russo la Sicilia trasfigurata come non-Sicilia: sole, mare, rocce, vegetazione, architetture e paesaggi immersi in una sorta di paradiso terrestre, dove le figure umane trovano una dimensione certo surreale ma piena di vita più di quanto siano piene le vite dei siciliani immersi in ben altri contesti di trasfigurazione (negativa) delle opere della natura e di quelle dell’uomo.
Cosa dice la pittura di Salvo Russo alla nostra mente bisognosa di trasformazioni?
L’umano che si trasforma in natura, la natura che si trasforma in umano a volte senza soluzione di continuità, ma anche senza soluzione di significato.
Nuvole e mongolfiere, isole e velieri, precipizi e torri, monti e fari, rocce e mausolei, fusioni di elementi di vita affascinanti e seducenti ma anche illusori e ingannatori, esattamente come la vita.
Labirinti in cui ci si può perdere, ma anche ritrovarsi.
Livelli diversi di animalità – cavalli, elefanti impressionanti per le loro forme mutevoli e mutanti – fusi con diversi livelli di umanità e dei suoi prodotti: templi, piramidi, chiese ci innalzano verso il divino e fanno scendere il divino tra noi, in un continuo gioco di trascendenza e immanenza che neppure il filosofo più ardito oserebbe rappresentare.
Emblemi e simboli, l’immaginario che diventa surreale, onirico nel senso proprio di questi termini: contrapposizione alla razionalità cosciente, attingendo ai livelli inconsci per raggiungere uno stato di conoscenza che va oltre la realtà (surreale, appunto), fondendo e conciliando armonicamente realtà cosciente e sogno, immagini concrete e nitidamente prodotte accostate tra loro senza alcun apparente nesso, lontane comunque dalla ‘logica’ delle convenzioni sociali e culturali. Dunque trasformazione e rilettura della vita. Trasformare il mondo, trasformare la vita, due parole d'ordine fuse in una sola, come ripeteva André Breton, e come concretamente – al di là e al di sopra di qualunque collocazione di ‘scuola’ - dimostra Salvo Russo nella sua produzione.
Tornando alle neuroscienze (la mia passione e il mio mestiere) tutto questo non trova riscontro unico nel cervello, a dispetto delle centinaia di sofisticate ricerche che la neuroestetica cerca di mettere insieme per rispondere all’antica domanda: cosa succede nel cervello umano quando incontra l’arte?
Domanda mal posta, perché se è possibile, trovare cosa succede in generale nel cervello quando si incontra il bello e si localizzano sensazioni, percezioni, memorie, linguaggi, comprensione, deduzione e quant’altre funzioni psicologiche richiede ammirare un’opera d’arte, ben diverso è tentare di localizzare un processo di trasformazione della realtà cognitiva ed emotiva che si attua nella mente (altra cosa dal cervello, che ne è solo lo strumento, anzi uno strumento fra tanti).
La singola mente è estesa in uno specifico corpo (embodied mind, mente incarnata, dicono gli specialisti), nelle relazioni che questo ha col mondo esterno, nell’immersione che l’inscindibile insieme mente-corpo realizza nella cultura da cui trae i significati profondi.
Tutto ciò non corrisponde ad uno specifico funzionamento riscontrabile con i mezzi analitici delle neuroscienze, per quanto sofisticati, trovando analogie fra i diversi cervelli: appunto perché ben oltre le reti neurali cerebrali si verifica ciò che noi chiamiamo produzione/ricezione dell’opera d’arte.
Se l’arte è “comunicazione intersoggettiva simbolica con contenuti emotivi variabili e multipli” secondo la bella definizione del neuroscienziato Changeux nel suo ultimo scritto sul vero il bello e il bene, sarebbe davvero difficile trovare correlati neuronali stabili di questi contenuti molteplici e variabili tra persone e tra culture.
Stiamo parlando di un’arte capace di esprimere il flusso di coscienza come nelle opere di Joyce, la proiezione del sogno nel visionario mondo di Dalì, l’estraneazione dalla realtà nell’iper-reale di Magritte, l’astrazione dell’interiorità di Mirò, la metafisica incarnata di De Chirico. E gli esempi potrebbero continuare con il visionario e il misterioso, con l’esprimere e il nascondere, trasmessi nella scultura, nella letteratura, nella musica, nel cinema (penso solo a Moore, ad Éluard, a Varèse, a Buñuel…)
Difficile ridurre a interscambi sinaptici o a connessioni stabili fra le aree cerebrali ciò che è in continua mutazione e che proviene/risponde in consonanza con gli aspetti più profondi della soggettività e della creatività della vita, come suggestione e malìa, espressi dall’artista e rielaborati da chi ne apprezza le opere.
Ma surrealismo, sogno, irrazionalità diventano parole vuote se non rapportate alla risonanza emotiva che ogni persona prova guardando, assaporando, lasciandosi coinvolgere e travolgere da ciò che le tele ci rimandano.
Cosa succede nella mente di chi guarda l’opera di Salvo Russo, e più in generale, di un artista?
Succede un lavoro di associazione tra forme e contenuti, che dall’autore trasmigrano al lettore dell’opera, spesso ben al di là delle intenzioni dell’artista. Meglio se così è, altrimenti l’opera sarebbe puramente ‘didascalica’, attraente e deliziosa magari, ma incapace di quella trasfigurazione nel lavoro dell’artista e di quella che avverrà, parallela ma per nulla isomorfica, nella mente del fruitore.
Così è per la pittura, per la scultura, ma anche per la musica e la grafica e la fotografia e la letteratura.
L’arte che vuole/deve mostrare, o dimostrare, qualcosa della realtà, assomiglierebbe alla cartolina che riproduce un bel paesaggio, al soprammobile che ricopia una perfezione di forme plastiche, al suono registrato che riproduce il canto degli uccelli: ‘bello’, a volte ‘perfetto’, ma diverso dall’arte che non riproduce ma trasforma.
Dunque nel produrre, e nel leggere, un prodotto artistico deve succedere qualcosa che va oltre la semplice percezione e apprezzamento della ‘bellezza’: termine che peraltro, come illustri artisti e critici d’arte hanno dimostrato, è ben lungi dall’avere significati condivisi.
I riscontri delle neuroscienze dimostrano che per analizzare la bellezza si attivano aree cerebrali analoghe in tutte le persone e in tutte le culture; mentre nella produzione/ricezione dell’arte deve succedere qualcosa di più: una trasformazione nella singola mente del lettore, succedanea a quella che è avvenuta in modo peculiare e originale nella mente dell’artista.
Ritroviamo nelle opere di Salvo Russo la Sicilia trasfigurata come non-Sicilia: sole, mare, rocce, vegetazione, architetture e paesaggi immersi in una sorta di paradiso terrestre, dove le figure umane trovano una dimensione certo surreale ma piena di vita più di quanto siano piene le vite dei siciliani immersi in ben altri contesti di trasfigurazione (negativa) delle opere della natura e di quelle dell’uomo.
Cosa dice la pittura di Salvo Russo alla nostra mente bisognosa di trasformazioni?
L’umano che si trasforma in natura, la natura che si trasforma in umano a volte senza soluzione di continuità, ma anche senza soluzione di significato.
Nuvole e mongolfiere, isole e velieri, precipizi e torri, monti e fari, rocce e mausolei, fusioni di elementi di vita affascinanti e seducenti ma anche illusori e ingannatori, esattamente come la vita.
Labirinti in cui ci si può perdere, ma anche ritrovarsi.
Livelli diversi di animalità – cavalli, elefanti impressionanti per le loro forme mutevoli e mutanti – fusi con diversi livelli di umanità e dei suoi prodotti: templi, piramidi, chiese ci innalzano verso il divino e fanno scendere il divino tra noi, in un continuo gioco di trascendenza e immanenza che neppure il filosofo più ardito oserebbe rappresentare.
Emblemi e simboli, l’immaginario che diventa surreale, onirico nel senso proprio di questi termini: contrapposizione alla razionalità cosciente, attingendo ai livelli inconsci per raggiungere uno stato di conoscenza che va oltre la realtà (surreale, appunto), fondendo e conciliando armonicamente realtà cosciente e sogno, immagini concrete e nitidamente prodotte accostate tra loro senza alcun apparente nesso, lontane comunque dalla ‘logica’ delle convenzioni sociali e culturali. Dunque trasformazione e rilettura della vita. Trasformare il mondo, trasformare la vita, due parole d'ordine fuse in una sola, come ripeteva André Breton, e come concretamente – al di là e al di sopra di qualunque collocazione di ‘scuola’ - dimostra Salvo Russo nella sua produzione.
Tornando alle neuroscienze (la mia passione e il mio mestiere) tutto questo non trova riscontro unico nel cervello, a dispetto delle centinaia di sofisticate ricerche che la neuroestetica cerca di mettere insieme per rispondere all’antica domanda: cosa succede nel cervello umano quando incontra l’arte?
Domanda mal posta, perché se è possibile, trovare cosa succede in generale nel cervello quando si incontra il bello e si localizzano sensazioni, percezioni, memorie, linguaggi, comprensione, deduzione e quant’altre funzioni psicologiche richiede ammirare un’opera d’arte, ben diverso è tentare di localizzare un processo di trasformazione della realtà cognitiva ed emotiva che si attua nella mente (altra cosa dal cervello, che ne è solo lo strumento, anzi uno strumento fra tanti).
La singola mente è estesa in uno specifico corpo (embodied mind, mente incarnata, dicono gli specialisti), nelle relazioni che questo ha col mondo esterno, nell’immersione che l’inscindibile insieme mente-corpo realizza nella cultura da cui trae i significati profondi.
Tutto ciò non corrisponde ad uno specifico funzionamento riscontrabile con i mezzi analitici delle neuroscienze, per quanto sofisticati, trovando analogie fra i diversi cervelli: appunto perché ben oltre le reti neurali cerebrali si verifica ciò che noi chiamiamo produzione/ricezione dell’opera d’arte.
Se l’arte è “comunicazione intersoggettiva simbolica con contenuti emotivi variabili e multipli” secondo la bella definizione del neuroscienziato Changeux nel suo ultimo scritto sul vero il bello e il bene, sarebbe davvero difficile trovare correlati neuronali stabili di questi contenuti molteplici e variabili tra persone e tra culture.
Stiamo parlando di un’arte capace di esprimere il flusso di coscienza come nelle opere di Joyce, la proiezione del sogno nel visionario mondo di Dalì, l’estraneazione dalla realtà nell’iper-reale di Magritte, l’astrazione dell’interiorità di Mirò, la metafisica incarnata di De Chirico. E gli esempi potrebbero continuare con il visionario e il misterioso, con l’esprimere e il nascondere, trasmessi nella scultura, nella letteratura, nella musica, nel cinema (penso solo a Moore, ad Éluard, a Varèse, a Buñuel…)
Difficile ridurre a interscambi sinaptici o a connessioni stabili fra le aree cerebrali ciò che è in continua mutazione e che proviene/risponde in consonanza con gli aspetti più profondi della soggettività e della creatività della vita, come suggestione e malìa, espressi dall’artista e rielaborati da chi ne apprezza le opere.
28
marzo 2015
Salvo Russo – Avviso ai Naviganti
Dal 28 marzo al 03 maggio 2015
presentazione
Location
PALAZZO PLATAMONE – PALAZZO DELLA CULTURA – EX CONVENTO SAN PLACIDO
Catania, Via Vittorio Emanuele Ii, 121, (Catania)
Catania, Via Vittorio Emanuele Ii, 121, (Catania)
Orario di apertura
lun-sab-9,00/13,00 15,00/19,00
domenica e festivi 9,00/13,00
Vernissage
28 Marzo 2015, ore 18,00
Autore