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Samir Sayed Abdellattef – Ngawa: Il Tibet al di là dei suoi confini
Reportage fotografico da quella che è stata una delle più vaste aree nomadi del Tibet
Comunicato stampa
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Ngawa
Il Tibet al di là dei suoi confini
di Samir Sayed Abdellattef
La città di Ngawa ( ngawa in tibetano significa “ uomini che battono i tamburi” ) e l'omonima contea in cui è situata, si trova sull'altopiano tibetano a oltre 3000 metri di altitudine e noi, intorno alle 06:00 del mattino del 17 febbraio 2006, ci apprestavamo a partire verso quella meta dai circa 500 metri sopra il livello del mare in cui sorge Chengdu, capitale della provincia del Sichuan, nonché suo centro geografico, economico e culturale.
Oggi Ngawa si ritrova incorporata nella parte nord occidentale della provincia della Repubblica Popolare Cinese chiamata Sichuan, ma prima dell'annessione del Tibet alla Cina faceva parte della provincia culturale Tibetana denominata Amdo che allora si estendeva ad oriente del Tibet storico.
Per secoli Ngawa è stata una delle più vaste aree nomadi del Tibet orientale, nonché una delle più importanti città tibetane dell'antica provincia dell'Amdo, centro culturale, religioso, commerciale e di comunicazione.
Fin da tempi remotissimi questa zona, protetta dall’aspra geografia dei luoghi e temuta perché invasa da tribù selvagge dedite al brigantaggio, mantenne una sostanziale autonomia da tibetani e cinesi dal X secolo, periodo del collasso dell'impero tibetano, fino al 1950 quando passò sotto il controllo diretto cinese.
Briganti non ne abbiamo visti, ma per quanto riguarda l'asprezza geografica del territorio, devo ammettere che non è stato facile sopportare le quattordici ore di impervio e dissestato tragitto che ci separavano dalla nostra meta; 350 km di tornanti che avrebbero messo a dura prova gli stomaci più forti, a bordo di un pullman equipaggiato di sospensioni inesistenti e che non voleva proprio saperne di mettersi in moto fino a quando uno sparuto gruppo di passeggeri tibetani desiderosi di ricongiungersi con le proprie famiglie per festeggiare il losar ( il capodanno tibetano), non si sono messi a spingere il pesante e inerte bestione di metallo arrugginito, risvegliandolo da un profondo sonno provocato dal freddo e dall'usura...
Il fatto che il Tibet in questi giorni sia tornato sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo a causa dell'ondata di proteste scatenatasi tra il 14 ed il 17 marzo a Lhasa è soltanto una pura coincidenza.
Questa mostra, infatti, non nasce per denunciare la difficile situazione vissuta da ormai circa 50 anni dal popolo tibetano, ma è semplicemente la mia prima personale fotografica ed in quanto tale non saprei come motivarne l'esistenza, se non affermando che è uno schietto, nonché evidente diario di viaggio fotografico.
Aggiungerei inoltre che per me, 'fotografo alle prime armi', è stato soprattutto un importante esercizio tecnico ed espressivo.
Di questa esperienza vissuta in Cina sento di dover ringraziare il mio amico Andrea, che vive e studia lì e che da qualche anno si interessa di cultura tibetana, studiandone la lingua e la religione.
È grazie a lui infatti che ho potuto visitare quei luoghi, ma soprattutto comunicare con le persone che li abitano.
Biografia
Nasce a Roma il 31 gennaio 1976 da madre italiana e padre egiziano. Dopo un'infanzia trascorsa con la primigenia idea di voler diventare archeologo, un'adolescenza animata dalla certezza di voler diventare etologo o veterinario e la successiva incertezza se intraprendere o meno la professione del disegnatore di fumetti, nel 1996 accecato d'amore verso tutto ciò che aveva gli occhi a mandorla, si iscrive, alla Facoltà di Lettere e Filosofia - Corso di Laurea in Lingue e Civiltà Orientali ( oggi Facoltà di Studi Orientali dell’Università “La Sapienza” di Roma ) e comincia a studiare la lingua giapponese.
Oggi, laureando in Lingua e Letteratura giapponese, sta preparando una tesi su Tomatsu Shomei, uno dei padri della fotografia contemporanea giapponese, spinto dalla volontà di voler intrecciare i due principali argomenti che oggi occupano spazio nella sua vita: l'estremo oriente e la sua recente passione per la fotografia, nata nel 2005, anno in cui si trasferisce per lavoro a Venezia.
Il Tibet al di là dei suoi confini
di Samir Sayed Abdellattef
La città di Ngawa ( ngawa in tibetano significa “ uomini che battono i tamburi” ) e l'omonima contea in cui è situata, si trova sull'altopiano tibetano a oltre 3000 metri di altitudine e noi, intorno alle 06:00 del mattino del 17 febbraio 2006, ci apprestavamo a partire verso quella meta dai circa 500 metri sopra il livello del mare in cui sorge Chengdu, capitale della provincia del Sichuan, nonché suo centro geografico, economico e culturale.
Oggi Ngawa si ritrova incorporata nella parte nord occidentale della provincia della Repubblica Popolare Cinese chiamata Sichuan, ma prima dell'annessione del Tibet alla Cina faceva parte della provincia culturale Tibetana denominata Amdo che allora si estendeva ad oriente del Tibet storico.
Per secoli Ngawa è stata una delle più vaste aree nomadi del Tibet orientale, nonché una delle più importanti città tibetane dell'antica provincia dell'Amdo, centro culturale, religioso, commerciale e di comunicazione.
Fin da tempi remotissimi questa zona, protetta dall’aspra geografia dei luoghi e temuta perché invasa da tribù selvagge dedite al brigantaggio, mantenne una sostanziale autonomia da tibetani e cinesi dal X secolo, periodo del collasso dell'impero tibetano, fino al 1950 quando passò sotto il controllo diretto cinese.
Briganti non ne abbiamo visti, ma per quanto riguarda l'asprezza geografica del territorio, devo ammettere che non è stato facile sopportare le quattordici ore di impervio e dissestato tragitto che ci separavano dalla nostra meta; 350 km di tornanti che avrebbero messo a dura prova gli stomaci più forti, a bordo di un pullman equipaggiato di sospensioni inesistenti e che non voleva proprio saperne di mettersi in moto fino a quando uno sparuto gruppo di passeggeri tibetani desiderosi di ricongiungersi con le proprie famiglie per festeggiare il losar ( il capodanno tibetano), non si sono messi a spingere il pesante e inerte bestione di metallo arrugginito, risvegliandolo da un profondo sonno provocato dal freddo e dall'usura...
Il fatto che il Tibet in questi giorni sia tornato sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo a causa dell'ondata di proteste scatenatasi tra il 14 ed il 17 marzo a Lhasa è soltanto una pura coincidenza.
Questa mostra, infatti, non nasce per denunciare la difficile situazione vissuta da ormai circa 50 anni dal popolo tibetano, ma è semplicemente la mia prima personale fotografica ed in quanto tale non saprei come motivarne l'esistenza, se non affermando che è uno schietto, nonché evidente diario di viaggio fotografico.
Aggiungerei inoltre che per me, 'fotografo alle prime armi', è stato soprattutto un importante esercizio tecnico ed espressivo.
Di questa esperienza vissuta in Cina sento di dover ringraziare il mio amico Andrea, che vive e studia lì e che da qualche anno si interessa di cultura tibetana, studiandone la lingua e la religione.
È grazie a lui infatti che ho potuto visitare quei luoghi, ma soprattutto comunicare con le persone che li abitano.
Biografia
Nasce a Roma il 31 gennaio 1976 da madre italiana e padre egiziano. Dopo un'infanzia trascorsa con la primigenia idea di voler diventare archeologo, un'adolescenza animata dalla certezza di voler diventare etologo o veterinario e la successiva incertezza se intraprendere o meno la professione del disegnatore di fumetti, nel 1996 accecato d'amore verso tutto ciò che aveva gli occhi a mandorla, si iscrive, alla Facoltà di Lettere e Filosofia - Corso di Laurea in Lingue e Civiltà Orientali ( oggi Facoltà di Studi Orientali dell’Università “La Sapienza” di Roma ) e comincia a studiare la lingua giapponese.
Oggi, laureando in Lingua e Letteratura giapponese, sta preparando una tesi su Tomatsu Shomei, uno dei padri della fotografia contemporanea giapponese, spinto dalla volontà di voler intrecciare i due principali argomenti che oggi occupano spazio nella sua vita: l'estremo oriente e la sua recente passione per la fotografia, nata nel 2005, anno in cui si trasferisce per lavoro a Venezia.
10
aprile 2008
Samir Sayed Abdellattef – Ngawa: Il Tibet al di là dei suoi confini
Dal 10 aprile al 07 giugno 2008
fotografia
Location
LA GAIA SCIENZA
Venezia, Via Fratelli Bandiera, 34, (Venezia)
Venezia, Via Fratelli Bandiera, 34, (Venezia)
Orario di apertura
Dal lunedì al giovedì 12–14.30 e
18–24. Venerdì e sabato 12-14.30 e 18-02. Domenica chiuso
Vernissage
10 Aprile 2008, ore 19
Autore
Curatore