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Santi Alleruzzo – Queste cose terrestri
Seconda mostra dei lavori Santi Alleruzzo (Messina, 1929 – Villa San Giovanni, 2006) presso la galleria SpazioA.
Comunicato stampa
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Nella casa studio di Santi Alleruzzo, a Villa San Giovanni, tra tante cose lasciate al loro posto, c’è un libro, un’antologia di poesie di Bartolo Cattafi, che visse sullo stretto come Alleruzzo, ma dall’altra parte, in un paese in provincia di Messina.
Il titolo di questa mostra è anche un omaggio al poeta più amato, ed è quello di una delle sue poesie più belle.
La pittura di Santi Alleruzzo è in fondo il racconto di “queste cose terrestri” - il mare, le due sponde dello Stretto, i traghetti che lo attraversano, i treni e le auto in movimento, i bagnanti, i campi da calcio inondati di luce – ma un racconto apparentemente disarticolato e disomogeneo, mai riconducibile a serie definite e a precise stagioni della vita; sono questi aspetti l’indice di una figurazione problematica,
pudica, movimentata, che è una delle più importanti qualità della poetica di Alleruzzo.
Diversamente dalla prima personale inaugurata due anni fa a SpazioA che guardava prevalentemente a un decennio, germinale, compreso tra la metà degli anni Settanta e la metà degli anni Ottanta, questa nuova mostra sembra attuare un brusco spostamento del punto di vista: si raccoglie attorno a pochi anni, a cavallo tra i Novanta e i Duemila, e a due serie che sembrano più compatte di altre. Eppure, una vicino all’altra, queste due serie traducono quel movimento dal dentro (lo studio) al fuori del paesaggio (e viceversa) che è uno degli aspetti emblematici della pittura di Alleruzzo.
Il gruppo di dipinti con i limoni fa della natura morta il centro energico, il fulcro di una progressione di contaminazioni e variazioni: portate all’interno dello studio, le composizioni di limoni possono disporsi sullo sgabello del pittore, un elemento che viene descritto minuziosamente o soltanto evocato da una pennellata che delimita, su un fondo monocromatico, lo spazio di pertinenza della composizione; il ripiano può diventare un foglio bianco appoggiato sullo sgabello - cioè il luogo di uno scambio tra cose reali e cose rappresentate - o un foglio da disegno con l’immagine di una figura femminile, creando un effetto di crasi tra generi differenti della pittura.
Paesaggi dello stretto è invece una serie di disegni realizzati con la penna biro, dove Alleruzzo dà vita a immagini del paesaggio che sono vere e proprie mappe di forze: una orizzontale che lo ripartisce in bande sovrapposte (la classica organizzazione di ogni dipinto dell’artista) e i segni a biro che sconvolgono, con movimenti circolari e sincopati, questa partitura apparentemente rigida: una terra immobile battuta da un vento costante.
(Davide Ferri)
Il titolo di questa mostra è anche un omaggio al poeta più amato, ed è quello di una delle sue poesie più belle.
La pittura di Santi Alleruzzo è in fondo il racconto di “queste cose terrestri” - il mare, le due sponde dello Stretto, i traghetti che lo attraversano, i treni e le auto in movimento, i bagnanti, i campi da calcio inondati di luce – ma un racconto apparentemente disarticolato e disomogeneo, mai riconducibile a serie definite e a precise stagioni della vita; sono questi aspetti l’indice di una figurazione problematica,
pudica, movimentata, che è una delle più importanti qualità della poetica di Alleruzzo.
Diversamente dalla prima personale inaugurata due anni fa a SpazioA che guardava prevalentemente a un decennio, germinale, compreso tra la metà degli anni Settanta e la metà degli anni Ottanta, questa nuova mostra sembra attuare un brusco spostamento del punto di vista: si raccoglie attorno a pochi anni, a cavallo tra i Novanta e i Duemila, e a due serie che sembrano più compatte di altre. Eppure, una vicino all’altra, queste due serie traducono quel movimento dal dentro (lo studio) al fuori del paesaggio (e viceversa) che è uno degli aspetti emblematici della pittura di Alleruzzo.
Il gruppo di dipinti con i limoni fa della natura morta il centro energico, il fulcro di una progressione di contaminazioni e variazioni: portate all’interno dello studio, le composizioni di limoni possono disporsi sullo sgabello del pittore, un elemento che viene descritto minuziosamente o soltanto evocato da una pennellata che delimita, su un fondo monocromatico, lo spazio di pertinenza della composizione; il ripiano può diventare un foglio bianco appoggiato sullo sgabello - cioè il luogo di uno scambio tra cose reali e cose rappresentate - o un foglio da disegno con l’immagine di una figura femminile, creando un effetto di crasi tra generi differenti della pittura.
Paesaggi dello stretto è invece una serie di disegni realizzati con la penna biro, dove Alleruzzo dà vita a immagini del paesaggio che sono vere e proprie mappe di forze: una orizzontale che lo ripartisce in bande sovrapposte (la classica organizzazione di ogni dipinto dell’artista) e i segni a biro che sconvolgono, con movimenti circolari e sincopati, questa partitura apparentemente rigida: una terra immobile battuta da un vento costante.
(Davide Ferri)
29
settembre 2018
Santi Alleruzzo – Queste cose terrestri
Dal 29 settembre al 10 novembre 2018
arte contemporanea
Location
SPAZIOA GALLERY
Pistoia, Via Amati, 13, (Pistoia)
Pistoia, Via Amati, 13, (Pistoia)
Orario di apertura
martedì - sabato 11 - 14 e 15 - 19
Vernissage
29 Settembre 2018, ore 18.00
Autore