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Santuario di Ercole Vincitore. Il cantiere, lo scavo, le meraviglie
Attraverso un percorso all’interno del cantiere di scavo del Santuario di Ercole Vincitore di Tivoli sarà possibile visitare l’area sacra del tempio. Nasce così la mostra Santuario di Ercole Vincitore. Il cantiere, lo scavo, le meraviglie il cui obiettivo è condurre il pubblico, in modo suggestivo e assolutamente non convenzionale, attraverso un luogo in continua trasformazione, in cui il lavoro e l’energia di restauratori, archeologi e tecnici stanno riportando alla luce la specificità e le molteplici stratificazioni che hanno interessato il sito nel corso dei secoli.
Comunicato stampa
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Attraverso un percorso all’interno del cantiere di scavo del Santuario di Ercole Vincitore di Tivoli sarà possibile visitare l’area sacra del tempio. Nasce così la mostra Santuario di Ercole Vincitore. Il cantiere, lo scavo, le meraviglie il cui obiettivo è condurre il pubblico, in modo suggestivo e assolutamente non convenzionale, attraverso un luogo in continua trasformazione, in cui il lavoro e l’energia di restauratori, archeologi e tecnici stanno riportando alla luce la specificità e le molteplici stratificazioni che hanno interessato il sito nel corso dei secoli. Il visitatore sarà accompagnato da una serie di pannelli illustrativi e avrà l’occasione di immergersi totalmente nell’atmosfera di sfida e curiosità che è alla base di un ambizioso progetto di restauro e riqualificazione come questo. Saranno inoltre organizzate iniziative collaterali mirate alla conoscenza dell’intero complesso monumentale.
Tra le numerose sopravvivenze archeologiche che documentano l’importanza di Tivoli in età romana il Santuario di Ercole Vincitore costituisce senza alcun dubbio la testimonianza più straordinaria per l’estensione e la monumentalità delle strutture conservate. Costruito tra il II e il I sec. a.C. a 300 metri circa dalle mura urbane, esso sopravvive oggi nella zona sud orientale della città, lungo il costone affacciato sulla valle dell’Aniene, a poche decine di metri dalla Villa d’Este. Per la cronologia, la tecnica edilizia e più in generale la grandiosità del progetto il santuario si inserisce nel quadro di un’architettura che generò complessi cultuali eccezionali in Italia centrale, come è ancora oggi possibile constatare a Palestrina, Terracina e Nemi. Rispetto a questi esemplari l’organismo tiburtino si distingue per l’estensione (tre ettari su quattro piani) e per la spregiudicatezza di alcune delle soluzioni tecniche adottate. Alla semplicità planimetrica dell’area
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sacra, sottolineata su tre lati da portici su due ordini, aperta verso Roma e impegnata nella parte centrale dall’edificio di culto e da un teatro, fa infatti riscontro lungo il lato settentrionale un articolato organismo sostruttivo di destinazione commerciale che inglobò un tratto della Via Tiburtina. Proprio il sistematico controllo dei traffici commerciali che si svolgevano lungo questo asse viario conferì al santuario un ruolo economico non meno importante di quello religioso. Le vicende successive all’abbandono dell’organismo come luogo di culto sono la causa della sua mancata conoscenza e della sua esclusione da qualsiasi percorso turistico interessi la città. Le straordinarie dimensioni degli ambienti disposti lungo la strada e la cospicua presenza d’acqua favorirono infatti il loro precoce riutilizzo per attività manifatturiere e industriali, alterando le strutture ma salvaguardandole nell’insieme. Il tempio fu soppiantato da un luogo di culto cristiano mentre in tutta l’area sacra meridionale i resti furono nascosti da un consistente interro funzionale alle coltivazioni. Così l’originaria funzione del complesso, progressivamente frazionato per le nuove esigenze, venne dimenticata mentre i resti dei portici e gli ambienti lungo la strada sono sopravvissuti incastonati nelle strutture industriali, una circostanza che conferisce al monumento un fascino assolutamente insolito. Restituito alla sua reale identità nella metà del XIX secolo e definitivamente acquisito dal demanio alla fine degli anni Settanta del secolo scorso, il santuario sta lentamente tornando alla luce con una serie di campagne di scavo che, dal 1983, hanno evidenziato il teatro e parte del portico del secondo ordine a sud del tempio, con la fronte di un edificio finora ignoto. Nell’ambito di un progetto teso alla riqualificazione e fruizione del teatro finanziato dai fondi del Gioco del Lotto 2004-2006 D.M. 22/10/2004 e diretto dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio, di concerto con la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio, è in atto da alcuni mesi una campagna di indagini che sta fornendo un contributo fondamentale alla conoscenza del monumento; in modo particolare è stato individuato in stato di conservazione molto consistente il rivestimento in blocchi modanati del basamento lungo tutto il margine meridionale del tempio, mentre una serie di saggi ha consentito di circoscrivere alcune strutture che testimoniano una fase precedente al teatro. Notevoli i rinvenimenti di sculture e frammenti architettonici che documentano la magnificenza dell’organismo, testimoniata del resto anche dagli autori antichi. Gli importanti risultati ottenuti hanno indotto il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ad organizzare questa mostra eccezionale che porterà il visitatore all’interno del cantiere di scavo e, quindi, nell’area sacra del grande complesso. Con tale iniziativa si intende promuovere una campagna che restituisca il monumento al panorama dei grandi santuari laziali, inserendolo nei percorsi turistici di grande attrattiva che interessano la città di Tivoli e il suo territorio.
Tra le numerose sopravvivenze archeologiche che documentano l’importanza di Tivoli in età romana il Santuario di Ercole Vincitore costituisce senza alcun dubbio la testimonianza più straordinaria per l’estensione e la monumentalità delle strutture conservate. Costruito tra il II e il I sec. a.C. a 300 metri circa dalle mura urbane, esso sopravvive oggi nella zona sud orientale della città, lungo il costone affacciato sulla valle dell’Aniene, a poche decine di metri dalla Villa d’Este. Per la cronologia, la tecnica edilizia e più in generale la grandiosità del progetto il santuario si inserisce nel quadro di un’architettura che generò complessi cultuali eccezionali in Italia centrale, come è ancora oggi possibile constatare a Palestrina, Terracina e Nemi. Rispetto a questi esemplari l’organismo tiburtino si distingue per l’estensione (tre ettari su quattro piani) e per la spregiudicatezza di alcune delle soluzioni tecniche adottate. Alla semplicità planimetrica dell’area
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sacra, sottolineata su tre lati da portici su due ordini, aperta verso Roma e impegnata nella parte centrale dall’edificio di culto e da un teatro, fa infatti riscontro lungo il lato settentrionale un articolato organismo sostruttivo di destinazione commerciale che inglobò un tratto della Via Tiburtina. Proprio il sistematico controllo dei traffici commerciali che si svolgevano lungo questo asse viario conferì al santuario un ruolo economico non meno importante di quello religioso. Le vicende successive all’abbandono dell’organismo come luogo di culto sono la causa della sua mancata conoscenza e della sua esclusione da qualsiasi percorso turistico interessi la città. Le straordinarie dimensioni degli ambienti disposti lungo la strada e la cospicua presenza d’acqua favorirono infatti il loro precoce riutilizzo per attività manifatturiere e industriali, alterando le strutture ma salvaguardandole nell’insieme. Il tempio fu soppiantato da un luogo di culto cristiano mentre in tutta l’area sacra meridionale i resti furono nascosti da un consistente interro funzionale alle coltivazioni. Così l’originaria funzione del complesso, progressivamente frazionato per le nuove esigenze, venne dimenticata mentre i resti dei portici e gli ambienti lungo la strada sono sopravvissuti incastonati nelle strutture industriali, una circostanza che conferisce al monumento un fascino assolutamente insolito. Restituito alla sua reale identità nella metà del XIX secolo e definitivamente acquisito dal demanio alla fine degli anni Settanta del secolo scorso, il santuario sta lentamente tornando alla luce con una serie di campagne di scavo che, dal 1983, hanno evidenziato il teatro e parte del portico del secondo ordine a sud del tempio, con la fronte di un edificio finora ignoto. Nell’ambito di un progetto teso alla riqualificazione e fruizione del teatro finanziato dai fondi del Gioco del Lotto 2004-2006 D.M. 22/10/2004 e diretto dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio, di concerto con la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio, è in atto da alcuni mesi una campagna di indagini che sta fornendo un contributo fondamentale alla conoscenza del monumento; in modo particolare è stato individuato in stato di conservazione molto consistente il rivestimento in blocchi modanati del basamento lungo tutto il margine meridionale del tempio, mentre una serie di saggi ha consentito di circoscrivere alcune strutture che testimoniano una fase precedente al teatro. Notevoli i rinvenimenti di sculture e frammenti architettonici che documentano la magnificenza dell’organismo, testimoniata del resto anche dagli autori antichi. Gli importanti risultati ottenuti hanno indotto il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ad organizzare questa mostra eccezionale che porterà il visitatore all’interno del cantiere di scavo e, quindi, nell’area sacra del grande complesso. Con tale iniziativa si intende promuovere una campagna che restituisca il monumento al panorama dei grandi santuari laziali, inserendolo nei percorsi turistici di grande attrattiva che interessano la città di Tivoli e il suo territorio.
03
ottobre 2009
Santuario di Ercole Vincitore. Il cantiere, lo scavo, le meraviglie
Dal 03 ottobre 2009 al 27 febbraio 2010
archeologia
Location
SANTUARIO DI ERCOLE VINCITORE – EX CARTIERE
Tivoli, Via Stabilimenti, 5, (Roma)
Tivoli, Via Stabilimenti, 5, (Roma)
Orario di apertura
tutti i sabato 10,30 – 13. Sabato 26 dicembre chiuso.