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Scacchiere dell’ immaginario
“Essere in relazione è il tema portante del mio lavoro:
un esercizio di inclusione e confronto, un conferire costantemente importanza
all’altro da sé.” Loredana Galante
Comunicato stampa
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Ogni stanza del Contemporary Culture Center diventa riquadro-casella della scacchiera su cui Loredana transita per delineare un percorso di tasselli significativi, volti a comporre il mosaico onirico del suo immaginario.
Il gioco muove dai Tableaux tratti dall’opera “Come Acque Versate” -realizzata durante una residenza d’artista presso Dino Zoli Textile a Forlì - dove grafiche e disegni emergono dal blu profondo “(…) richiamando l’uomo verso l’infinito, verso lo spirito astratto di Wassily Kandinsky. Momento conclusivo e cuore della mostra è la stanza della Tela del Ragno, installazione site specific realizzata con centrini e lavori all’uncinetto raccolti e donati da svariate persone che hanno consentito all’artista di tessere una sua tela nella veste di Grande Madre, custode consapevole della fragilità di segreti, relazioni, rapporti umani, simbolicamente rappresentati dalla sottile ragnatela di aracnidi tessitori.
“Essere in relazione – dichiara l’artista– è il tema portante del mio lavoro: un esercizio di inclusione e confronto, un conferire costantemente importanza all’altro da sé. Il mio lavoro attraversa gli strati emozionali, riabilita la gentilezza, esalta il sentimento. Persegue un tempo lento, consapevole, in ascolto, un tempo dell’assimilazione e della riformulazione costruttiva. Con il mio lavoro cerco di risvegliare un’appartenenza consapevole, sostenere con la parte migliore di ognuno un’appartenenza responsabile in cui trovare conforto.”
Collant, tazzine da caffè, grandi acrilici su tela, ricami, disegni, frutto di una ricerca incessante condotta dall’artista, avvalendosi di differenti medium, completano la rassegna che guida il visitatore nel mondo immaginario della poliedrica regista. Attiva sull’area della performance e dell’installazione, Loredana Galante si muove, da sempre, sullo scacchiere della rappresentazione come una Regina.
Nuova Alice nel paese delle meraviglie, Loredana Galante dà vita al suo immaginario creando una messa in scena di paradossi del senso che si può ricondurre, così come Gilles Deleuze ha rilevato, a quella che troviamo nella grande opera di Lewis Caroll. L’immaginazione – se vogliamo attenerci a un’esatta definizione – è l’insieme delle produzioni di una funzione mentale che appartiene al registro della riproduzione, per il potere che ha di far rivivere percezioni già provate e insieme creare immagini secondo combinazioni inedite.
L’inedito, l’inatteso, è quello che fa Loredana Galante ogni giorno assimilando, accogliendo, metabolizzando le sue esperienze. Il frutto della sua capacità creativa diventa una narrazione che reinventa il reale. Le installazioni, le performance e le opere per Loredana sostituiscono quello che per Alice erano le parole, ossia lo strumento per liberarsi dalla dittatura della coerenza del senso. L’assenza di senso sbriciola il tessuto che genera connessione che dà forma e struttura alle relazioni del mondo. Loredana recupera, disfa, taglia, e ricuce la tessitura rendendola simbolo relazionale che dà vita a nuove forme e nuovi nessi. Così come Alice gioca con il linguaggio, con la grammatica e con la sintassi inventando nuove parole, facendone parole-valigia, così la Galante gioca con gli oggetti, li reinventa, crea nuovi collegamenti, dando altri significati a forme esistenti.
Si tratta di un lavoro senza tregua, incessante, quasi compulsivo, di fabbricazione, partendo dall’esistente, di nuove esperienze del mondo e di sé. Un modo per esorcizzare il demone che la perseguita e che la porta - dando prova di grandi capacità introspettive - a energiche azioni quali la sua personale Rivoluzione Gentile.
Loredana Galante non cessa di costruire identità mutanti denunciando con azioni performative forti il suo posto nel mondo.
Spesso le sue installazioni generano inquietudine, inserendo l’artista nel solco del ciclo tematico, in divenire, Arte e Perturbante, inaugurato e approfondito, anche nel contesto museale svizzero di Ascona e di Monte Verità - dove Freud ha incontrato Jung - da Viana Conti, con cui modestamente la sottoscritta collabora. Un percorso che intende ricondurre alla modalità in cui l’artista esprime una condizione emozionale non solo ambivalente ma addirittura antitetica. Il Perturbante, inteso come categoria estetica, visuale, concettuale, performativa, analizzato nel suo dar adito a un paradosso cognitivo tra familiarità ed estraneità, conduce lo spettatore a una dimensione sospesa tra Realtà e Artificio, tra Conoscenza e Sogno, assumendo una coloritura di immancabile segno freudiano.
Christine Enrile
Alessandra Redaelli definisce su Artuu Magazine la mostra di Palazzo Tagliaferro
“un percorso per oggetti poetici”
Scrive:
“…Da una parte l’azzurro vivido dei Tableaux, dove il gioco cromatico degli azulejos si alza all’improvviso nella consistenza polposa del ricamo, una sottolineatura rossa come una goccia di sangue, dall’altra il lavorio incessante dei ragni tessitori, tra gusci di uova e centrini antichi.
Attraversare le Scacchiere dell’immaginario, l’antologica di Loredana Galante – ad Andora, a Palazzo Tagliaferro, fino al 10 marzo – è un’esperienza immersiva (molto più potente e calda, in effetti, di quello che oggi comunemente si intende per immersivo) che in qualche modo ci riconnette a noi, a memorie più o meno sepolte.
I Tableaux, dicevamo, che messi uno accanto all’altro sembrano sostanziare il mare delle nostre estati di bambini, ciuffi bianchi di schiuma nei quali ci si vorrebbe tuffare e, qua e là, oggetti d’affezione, volti, dialoghi. Le piastrelle di stoffa, nate dai Tile tales – racconti raccolti da Galante come in un’enciclopedia delle memorie perdute – che sembrano invitare ad attraversarle, a saggiarle a piedi nudi, con gli occhi chiusi, magari, cercando di indovinare solo con il potere del tatto il senso delle parole ricamate o degli intarsi di stoffa.
E poi la pittura, grande, dilagante come un abbraccio: storie quotidiane di casa e di famiglia in cui i tavoli, le sedie, gli oggetti sembrano perennemente percorsi da una vibrazione sottile, come se stessero per spiccare il volo o mettersi a parlare, e intanto quella che dovrebbe essere la parete si spalanca in un cielo che ha il sapore della poesia di Chagall. E ancora gli oggetti, recuperati da un passato misterioso e poi trasformati, come quel paio di collant lunghi, lunghissimi, lo strumento di seduzione di una gigantessa vezzosa, la cui conca ora accoglie, come un utero vegetale, una pianta in pieno rigoglio. E i ragni, piccoli o grandi, candidi come trine o rosa cipria, appesi guardinghi ai fili della loro ragnatela o arrampicati lungo le pareti, cugini delle Maman di Louise Bourgeois che tenevano le uova strette al petto, ma più allegri e dispettosi, ripuliti dalla malinconia dell’artista francese.
Pur essendo un’artista che si mette alla prova con tutti i mezzi – dalla fotografia alla performance, dalla scultura alla pittura – è il ricamo che in qualche modo più di tutto identifica Galante, quella forma antichissima e femminile di scrittura attraverso il filo capace di parlare una lingua universale, di incantare e di avvolgere. Un procedere che, insieme all’uso del tessuto, pone l’artista al centro di uno dei movimenti più caldi del momento, la fiber art. Declinata però, nel suo caso, sempre al recupero: le sue stoffe non sono mai neutre, ma possiedono sempre un vissuto, memorie, storie, spesso legate alla stessa famiglia dell’artista. Così come gli oggetti delle sue installazioni (non a caso più che di obJet trouvé Galante ama parlare di objet chercé) nelle quali lei racconta la vita, gli intrecci amorosi, il corpo e l’erotismo con la grazia esplicita di chi sa che la verità non è mai inopportuna.”
Il gioco muove dai Tableaux tratti dall’opera “Come Acque Versate” -realizzata durante una residenza d’artista presso Dino Zoli Textile a Forlì - dove grafiche e disegni emergono dal blu profondo “(…) richiamando l’uomo verso l’infinito, verso lo spirito astratto di Wassily Kandinsky. Momento conclusivo e cuore della mostra è la stanza della Tela del Ragno, installazione site specific realizzata con centrini e lavori all’uncinetto raccolti e donati da svariate persone che hanno consentito all’artista di tessere una sua tela nella veste di Grande Madre, custode consapevole della fragilità di segreti, relazioni, rapporti umani, simbolicamente rappresentati dalla sottile ragnatela di aracnidi tessitori.
“Essere in relazione – dichiara l’artista– è il tema portante del mio lavoro: un esercizio di inclusione e confronto, un conferire costantemente importanza all’altro da sé. Il mio lavoro attraversa gli strati emozionali, riabilita la gentilezza, esalta il sentimento. Persegue un tempo lento, consapevole, in ascolto, un tempo dell’assimilazione e della riformulazione costruttiva. Con il mio lavoro cerco di risvegliare un’appartenenza consapevole, sostenere con la parte migliore di ognuno un’appartenenza responsabile in cui trovare conforto.”
Collant, tazzine da caffè, grandi acrilici su tela, ricami, disegni, frutto di una ricerca incessante condotta dall’artista, avvalendosi di differenti medium, completano la rassegna che guida il visitatore nel mondo immaginario della poliedrica regista. Attiva sull’area della performance e dell’installazione, Loredana Galante si muove, da sempre, sullo scacchiere della rappresentazione come una Regina.
Nuova Alice nel paese delle meraviglie, Loredana Galante dà vita al suo immaginario creando una messa in scena di paradossi del senso che si può ricondurre, così come Gilles Deleuze ha rilevato, a quella che troviamo nella grande opera di Lewis Caroll. L’immaginazione – se vogliamo attenerci a un’esatta definizione – è l’insieme delle produzioni di una funzione mentale che appartiene al registro della riproduzione, per il potere che ha di far rivivere percezioni già provate e insieme creare immagini secondo combinazioni inedite.
L’inedito, l’inatteso, è quello che fa Loredana Galante ogni giorno assimilando, accogliendo, metabolizzando le sue esperienze. Il frutto della sua capacità creativa diventa una narrazione che reinventa il reale. Le installazioni, le performance e le opere per Loredana sostituiscono quello che per Alice erano le parole, ossia lo strumento per liberarsi dalla dittatura della coerenza del senso. L’assenza di senso sbriciola il tessuto che genera connessione che dà forma e struttura alle relazioni del mondo. Loredana recupera, disfa, taglia, e ricuce la tessitura rendendola simbolo relazionale che dà vita a nuove forme e nuovi nessi. Così come Alice gioca con il linguaggio, con la grammatica e con la sintassi inventando nuove parole, facendone parole-valigia, così la Galante gioca con gli oggetti, li reinventa, crea nuovi collegamenti, dando altri significati a forme esistenti.
Si tratta di un lavoro senza tregua, incessante, quasi compulsivo, di fabbricazione, partendo dall’esistente, di nuove esperienze del mondo e di sé. Un modo per esorcizzare il demone che la perseguita e che la porta - dando prova di grandi capacità introspettive - a energiche azioni quali la sua personale Rivoluzione Gentile.
Loredana Galante non cessa di costruire identità mutanti denunciando con azioni performative forti il suo posto nel mondo.
Spesso le sue installazioni generano inquietudine, inserendo l’artista nel solco del ciclo tematico, in divenire, Arte e Perturbante, inaugurato e approfondito, anche nel contesto museale svizzero di Ascona e di Monte Verità - dove Freud ha incontrato Jung - da Viana Conti, con cui modestamente la sottoscritta collabora. Un percorso che intende ricondurre alla modalità in cui l’artista esprime una condizione emozionale non solo ambivalente ma addirittura antitetica. Il Perturbante, inteso come categoria estetica, visuale, concettuale, performativa, analizzato nel suo dar adito a un paradosso cognitivo tra familiarità ed estraneità, conduce lo spettatore a una dimensione sospesa tra Realtà e Artificio, tra Conoscenza e Sogno, assumendo una coloritura di immancabile segno freudiano.
Christine Enrile
Alessandra Redaelli definisce su Artuu Magazine la mostra di Palazzo Tagliaferro
“un percorso per oggetti poetici”
Scrive:
“…Da una parte l’azzurro vivido dei Tableaux, dove il gioco cromatico degli azulejos si alza all’improvviso nella consistenza polposa del ricamo, una sottolineatura rossa come una goccia di sangue, dall’altra il lavorio incessante dei ragni tessitori, tra gusci di uova e centrini antichi.
Attraversare le Scacchiere dell’immaginario, l’antologica di Loredana Galante – ad Andora, a Palazzo Tagliaferro, fino al 10 marzo – è un’esperienza immersiva (molto più potente e calda, in effetti, di quello che oggi comunemente si intende per immersivo) che in qualche modo ci riconnette a noi, a memorie più o meno sepolte.
I Tableaux, dicevamo, che messi uno accanto all’altro sembrano sostanziare il mare delle nostre estati di bambini, ciuffi bianchi di schiuma nei quali ci si vorrebbe tuffare e, qua e là, oggetti d’affezione, volti, dialoghi. Le piastrelle di stoffa, nate dai Tile tales – racconti raccolti da Galante come in un’enciclopedia delle memorie perdute – che sembrano invitare ad attraversarle, a saggiarle a piedi nudi, con gli occhi chiusi, magari, cercando di indovinare solo con il potere del tatto il senso delle parole ricamate o degli intarsi di stoffa.
E poi la pittura, grande, dilagante come un abbraccio: storie quotidiane di casa e di famiglia in cui i tavoli, le sedie, gli oggetti sembrano perennemente percorsi da una vibrazione sottile, come se stessero per spiccare il volo o mettersi a parlare, e intanto quella che dovrebbe essere la parete si spalanca in un cielo che ha il sapore della poesia di Chagall. E ancora gli oggetti, recuperati da un passato misterioso e poi trasformati, come quel paio di collant lunghi, lunghissimi, lo strumento di seduzione di una gigantessa vezzosa, la cui conca ora accoglie, come un utero vegetale, una pianta in pieno rigoglio. E i ragni, piccoli o grandi, candidi come trine o rosa cipria, appesi guardinghi ai fili della loro ragnatela o arrampicati lungo le pareti, cugini delle Maman di Louise Bourgeois che tenevano le uova strette al petto, ma più allegri e dispettosi, ripuliti dalla malinconia dell’artista francese.
Pur essendo un’artista che si mette alla prova con tutti i mezzi – dalla fotografia alla performance, dalla scultura alla pittura – è il ricamo che in qualche modo più di tutto identifica Galante, quella forma antichissima e femminile di scrittura attraverso il filo capace di parlare una lingua universale, di incantare e di avvolgere. Un procedere che, insieme all’uso del tessuto, pone l’artista al centro di uno dei movimenti più caldi del momento, la fiber art. Declinata però, nel suo caso, sempre al recupero: le sue stoffe non sono mai neutre, ma possiedono sempre un vissuto, memorie, storie, spesso legate alla stessa famiglia dell’artista. Così come gli oggetti delle sue installazioni (non a caso più che di obJet trouvé Galante ama parlare di objet chercé) nelle quali lei racconta la vita, gli intrecci amorosi, il corpo e l’erotismo con la grazia esplicita di chi sa che la verità non è mai inopportuna.”
13
marzo 2024
Scacchiere dell’ immaginario
Dal 13 al 28 marzo 2024
arte contemporanea
Location
PALAZZO TAGLIAFERRO
Andora, Largo Milano, (Savona)
Andora, Largo Milano, (Savona)
Orario di apertura
giovedì-domenica 15 – 19
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