Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Sean Shanahan – Singular episodic
Le opere di Shanahan sfuggono alla nomenclatura, riescono addirittura a farsela scivolare addosso, proprio come i loro bordi sagomati: acuti quanto arditi, capaci di inficiare la tradizionale geometria del “sacro rettangolo”.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Se venisse interrogato sulla sua pittura, molto probabilmente Sean Shanahan ricorrerebbe al seguente aforisma: «Io sono in un oceano infinito di colore. Ho l'oceano tutto attorno e ne prendo un po' nel palmo della mano: è sempre oceano, ma ora non è più infinito».
Le opere di Shanahan sfuggono alla nomenclatura, riescono addirittura a farsela scivolare addosso, proprio come i loro bordi sagomati: acuti quanto arditi, capaci di inficiare la tradizionale geometria del "sacro rettangolo". Sono bordi intonsi, che mettono in evidenza il supporto in MDF, ma soprattutto servono a delineare e ripensare quella soglia che tende a graduare l'opera verso il mondo circostante. Ridefinendo i confini della propria ricerca pittorica, l'artista riesce a minare qualsivoglia definizione, dando corso a una geometria che spariglia la tradizione e che sembra intraducibile altrimenti.
Esiste un invalicabile confine che tiene a distanza la superficie dipinta dalla realtà circostante. Nelle opere di Shanahan i bordi modulano il passaggio dall'una all'altra, sancendo così un avvicinarsi e compenetrarsi tra l'opera pittorica e il contesto architettonico. I monocromi dell'artista non cercano mai di sostituirsi alla realtà, non la imitano né la prendono a modello; in essi non si incorre mai in illusioni o induzioni, in connotati figurativi o narrativi, lo sguardo viene intercettato soltanto dal colore, a suggellare la quintessenza della pittura.
Shanahan non persegue la verosimiglianza ma la verità della pittura. I suoi dipinti appartengono al Concretismo, sono oggetti fisici. In quanto "cose", in quanto "oggetti", possiedono un peso specifico che l'artista è solito soppesare con grande cura nelle fasi d'allestimento. Non è solo una questione di equilibri, ma di vuoti e di respiri. Così come non si può togliere ossigeno alle persone, lo stesso vale anche per le opere d'arte: ogni quadro ha la necessità di farsi spazio anziché limitarsi a occuparlo. È per questo motivo che Shanahan pondera molto attentamente le forme e i colori, ottenendo un'intesa perfetta tra l'addensarsi dell'opera (sia materialmente, sia concettualmente) e il rarefarsi dell'allestimento.
C'è un'impersonalità della stesura, che non è omogenea, ma non è neppure espressiva. Il colore aderisce al supporto, si identifica con un piano bidimensionale, ciò nondimeno reclama con insistenza di essere "cosa" tra le "cose". La pittura di Shanahan (nel suo caso sarebbe improprio limitarsi a parlare di quadro) è un inno cromatico, un autentico trionfo/tripudio della vista. Ma soprattutto è una "cosa dipinta", non l'immagine dipinta di una cosa.
Inequivocabile e irriducibile, estensiva più che inclusiva, monomaniacale ancor più che monocromatica, la pittura dell'artista avvera un pensiero fisso, un concetto che ha la sostanza del colore (uno per volta). Un colore che chiede di essere osservato da molto vicino, e più lo si guarda, più diventa singolare ed episodico. Anche le opere su carta - con il loro caratteristico pattern prospettico - non sono mai semplicemente decorative, il motivo geometrico stabilisce infatti un'interrelazione con l'architettura circostante.
L'artista è per sua stessa ammissione laconico; egli ripone tutta la sua fiducia nella pittura, che è loquens. Com'è ovvio, l'opera d'arte è destinata a sopravvivere al suo artefice, esiste anche quando nessuno la guarda (l'opera è una testimonianza, non un atto biografico); l'artista, di conseguenza, si eclissa nel momento in cui l'ha portata a termine. Sean Shanahan ha sempre tenuto fede a questa convinzione, vale a dire: la necessità di "non esistere". Viceversa, la pittura ha l'obbligo di restare, resistere e ritornare di continuo. L'unica preoccupazione della pittura è cosa ne farà della sua immortalità nel momento in cui l'umanità si sarà estinta.
In occasione del finissage, l'artista presenterà il catalogo bilingue (italiano-inglese), contenente un testo di Alberto Zanchetta, un saggio di Valentina Locatelli, un'intervista di Luigi Bonfante, un ricco apparato iconografico e la documentazione fotografica della mostra allestita al MAC di Lissone.
Le opere di Shanahan sfuggono alla nomenclatura, riescono addirittura a farsela scivolare addosso, proprio come i loro bordi sagomati: acuti quanto arditi, capaci di inficiare la tradizionale geometria del "sacro rettangolo". Sono bordi intonsi, che mettono in evidenza il supporto in MDF, ma soprattutto servono a delineare e ripensare quella soglia che tende a graduare l'opera verso il mondo circostante. Ridefinendo i confini della propria ricerca pittorica, l'artista riesce a minare qualsivoglia definizione, dando corso a una geometria che spariglia la tradizione e che sembra intraducibile altrimenti.
Esiste un invalicabile confine che tiene a distanza la superficie dipinta dalla realtà circostante. Nelle opere di Shanahan i bordi modulano il passaggio dall'una all'altra, sancendo così un avvicinarsi e compenetrarsi tra l'opera pittorica e il contesto architettonico. I monocromi dell'artista non cercano mai di sostituirsi alla realtà, non la imitano né la prendono a modello; in essi non si incorre mai in illusioni o induzioni, in connotati figurativi o narrativi, lo sguardo viene intercettato soltanto dal colore, a suggellare la quintessenza della pittura.
Shanahan non persegue la verosimiglianza ma la verità della pittura. I suoi dipinti appartengono al Concretismo, sono oggetti fisici. In quanto "cose", in quanto "oggetti", possiedono un peso specifico che l'artista è solito soppesare con grande cura nelle fasi d'allestimento. Non è solo una questione di equilibri, ma di vuoti e di respiri. Così come non si può togliere ossigeno alle persone, lo stesso vale anche per le opere d'arte: ogni quadro ha la necessità di farsi spazio anziché limitarsi a occuparlo. È per questo motivo che Shanahan pondera molto attentamente le forme e i colori, ottenendo un'intesa perfetta tra l'addensarsi dell'opera (sia materialmente, sia concettualmente) e il rarefarsi dell'allestimento.
C'è un'impersonalità della stesura, che non è omogenea, ma non è neppure espressiva. Il colore aderisce al supporto, si identifica con un piano bidimensionale, ciò nondimeno reclama con insistenza di essere "cosa" tra le "cose". La pittura di Shanahan (nel suo caso sarebbe improprio limitarsi a parlare di quadro) è un inno cromatico, un autentico trionfo/tripudio della vista. Ma soprattutto è una "cosa dipinta", non l'immagine dipinta di una cosa.
Inequivocabile e irriducibile, estensiva più che inclusiva, monomaniacale ancor più che monocromatica, la pittura dell'artista avvera un pensiero fisso, un concetto che ha la sostanza del colore (uno per volta). Un colore che chiede di essere osservato da molto vicino, e più lo si guarda, più diventa singolare ed episodico. Anche le opere su carta - con il loro caratteristico pattern prospettico - non sono mai semplicemente decorative, il motivo geometrico stabilisce infatti un'interrelazione con l'architettura circostante.
L'artista è per sua stessa ammissione laconico; egli ripone tutta la sua fiducia nella pittura, che è loquens. Com'è ovvio, l'opera d'arte è destinata a sopravvivere al suo artefice, esiste anche quando nessuno la guarda (l'opera è una testimonianza, non un atto biografico); l'artista, di conseguenza, si eclissa nel momento in cui l'ha portata a termine. Sean Shanahan ha sempre tenuto fede a questa convinzione, vale a dire: la necessità di "non esistere". Viceversa, la pittura ha l'obbligo di restare, resistere e ritornare di continuo. L'unica preoccupazione della pittura è cosa ne farà della sua immortalità nel momento in cui l'umanità si sarà estinta.
In occasione del finissage, l'artista presenterà il catalogo bilingue (italiano-inglese), contenente un testo di Alberto Zanchetta, un saggio di Valentina Locatelli, un'intervista di Luigi Bonfante, un ricco apparato iconografico e la documentazione fotografica della mostra allestita al MAC di Lissone.
20
giugno 2020
Sean Shanahan – Singular episodic
Dal 20 giugno al 27 agosto 2020
arte contemporanea
Location
MAC – MUSEO D’ARTE CONTEMPORANEA DI LISSONE
Lissone, Viale Elisa Ancona, 6, (Monza E Brianza)
Lissone, Viale Elisa Ancona, 6, (Monza E Brianza)
Orario di apertura
mostra visitabile solo su prenotazione da effettuarsi telefonicamente ai numeri: 039 7397 202 – 039 2145174 o via mail all’indirizzo prenotazioni.museo@comune.lissone.mb.it
Sito web
Autore
Curatore