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Segni di confine. A venti anni dalla caduta del muro di Berlino
A venti anni dalla caduta del muro di Berlino cinquanta artisti italiani, danesi, norvegesi e tedeschi hanno preso parte ad una installazione per evocare attraverso un intervento corale l’importanza di quell’accadimento, che ha segnato in maniera così profonda questo nostro tempo.
Comunicato stampa
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A venti anni dalla caduta del muro di Berlino cinquanta artisti italiani, danesi, norvegesi e tedeschi hanno preso parte ad una installazione per evocare attraverso un intervento corale l’importanza di quell’accadimento, che ha segnato in maniera così profonda questo nostro tempo.
L’evento espositivo, già inserito in una più ampia programmazione culturale promossa dal Comune di Roma in occasione del ventesimo anniversario del crollo del Muro di Berlino nel 1989, rappresenta un ulteriore ampliamento della mostra inaugurata a novembre nello Studio Arte Fuori Centro di Roma, coinvolgendo cinquanta artisti, differenti per formazione e linguaggi: Minou Amirsoleimani, Renzo Bellanca, Gianluigi Bellucci, Rosetta Berardi, Franca Bernardi, Pietro Celani, Anja Ciupka, Luisa Colella, Maria Rita De Giorgio, Antonio De Pietro, Carmelo De Rubeis, Adriano Di Giacomo, Mimmo Di Laora, Gabriella Di Trani, Cosimo Epicoco, Annamaria Gelmi, Prinz Gholan, Rosaria Gini, Massimo Giorgi, Salvatore Giunta, Paolo Gobbi, Oddvin Horneland, Iginio Iurilli, Thomas Lang, Vincenzo Ludovici, Marco Maffei, Giuliano Mammoli, Loredana Manciati, Teresa Mancini, Venanzio Manciocchi, Dario Molinaro, Donato Marrocco, Franco Marrocco, Carola Masini, Cosetta Mastragostino, Rita Mele, Maya Peitersen Overgaard, Gloria Pastore, Antonio Picardi, Teresa Pollidori, Roberta Pugno, Fernando Rea, Giovanni Reffo, Rosella Restante, Marcello Rossetti, Alba Savoi, Elena Sevi, Annamaria Suppa, Gerry Turano, Oriano Zampieri.
L’idea su cui è stato costruito l’intero progetto si articola intorno a ciò che il muro di Berlino ha rappresentato non solo politicamente e culturalmente nella violenta contrapposizione tra est ed ovest, quanto soprattutto sulla quotidianità di uomini e donne che hanno visto trasformarsi repentinamente i loro destini. Essere da una parte o dall’altra ha significato vivere vite profondamente diverse. Lo smantellamento del muro ha significato perciò non soltanto la fine della separazione forzosa della città e con essa delle due Germanie, la fine della Cortina di Ferro e idealmente la riunione dell’Europa, ma anche l’apertura di nuove prospettive per quel futuro che adesso è presente.
La sua distruzione se per gli increduli abitanti dell’est e dell’ovest ha rappresentato l’opportunità di riappropriarsi del passato per costruire una vita nuova, nel resto del mondo ha generato un impatto emotivo e sociale forte per i valori ideali di libertà, unione dei popoli, comprensione e tolleranza ad esso inevitabilmente connessi.
Segni di confine è stata pensata con l’intento di sottolineare questi aspetti salienti sottesi al significato assunto nell’immaginario collettivo dalla presenza del Muro, tanto che anche nell’allestimento il richiamo al muro e alla sua demolizione, a ciò che ha rappresentato venti anni fa e a ciò che rappresenta ancora adesso è il nucleo intorno cui si sono organizzati gli interventi degli artisti invitati.
Un grande muro è costruito negli spazi del museo e disposto in modo da consentire la visione fronte/retro. La doppia visione del muro stabilisce duplici considerazioni sugli effetti della sua caduta. Certamente la positività consiste nella riunificazione della Germania, la qualcosa ha tuttavia messo a nudo le contraddizioni della crescita culturale ma, soprattutto economica, diversificata tra l’Est e l’Ovest. Da qui tutto il disagio di cui siamo a conoscenza e gli esodi massicci con le conseguenze per l’Europa che tutti conosciamo. La visione fronte/retro del muro e, per esteso, di ogni problema, pone in essere il progetto calandolo al centro di un dibattito culturale capace di vedere, soprattutto in una proiezione storica, sia le luci che le ombre.
L’evento espositivo, già inserito in una più ampia programmazione culturale promossa dal Comune di Roma in occasione del ventesimo anniversario del crollo del Muro di Berlino nel 1989, rappresenta un ulteriore ampliamento della mostra inaugurata a novembre nello Studio Arte Fuori Centro di Roma, coinvolgendo cinquanta artisti, differenti per formazione e linguaggi: Minou Amirsoleimani, Renzo Bellanca, Gianluigi Bellucci, Rosetta Berardi, Franca Bernardi, Pietro Celani, Anja Ciupka, Luisa Colella, Maria Rita De Giorgio, Antonio De Pietro, Carmelo De Rubeis, Adriano Di Giacomo, Mimmo Di Laora, Gabriella Di Trani, Cosimo Epicoco, Annamaria Gelmi, Prinz Gholan, Rosaria Gini, Massimo Giorgi, Salvatore Giunta, Paolo Gobbi, Oddvin Horneland, Iginio Iurilli, Thomas Lang, Vincenzo Ludovici, Marco Maffei, Giuliano Mammoli, Loredana Manciati, Teresa Mancini, Venanzio Manciocchi, Dario Molinaro, Donato Marrocco, Franco Marrocco, Carola Masini, Cosetta Mastragostino, Rita Mele, Maya Peitersen Overgaard, Gloria Pastore, Antonio Picardi, Teresa Pollidori, Roberta Pugno, Fernando Rea, Giovanni Reffo, Rosella Restante, Marcello Rossetti, Alba Savoi, Elena Sevi, Annamaria Suppa, Gerry Turano, Oriano Zampieri.
L’idea su cui è stato costruito l’intero progetto si articola intorno a ciò che il muro di Berlino ha rappresentato non solo politicamente e culturalmente nella violenta contrapposizione tra est ed ovest, quanto soprattutto sulla quotidianità di uomini e donne che hanno visto trasformarsi repentinamente i loro destini. Essere da una parte o dall’altra ha significato vivere vite profondamente diverse. Lo smantellamento del muro ha significato perciò non soltanto la fine della separazione forzosa della città e con essa delle due Germanie, la fine della Cortina di Ferro e idealmente la riunione dell’Europa, ma anche l’apertura di nuove prospettive per quel futuro che adesso è presente.
La sua distruzione se per gli increduli abitanti dell’est e dell’ovest ha rappresentato l’opportunità di riappropriarsi del passato per costruire una vita nuova, nel resto del mondo ha generato un impatto emotivo e sociale forte per i valori ideali di libertà, unione dei popoli, comprensione e tolleranza ad esso inevitabilmente connessi.
Segni di confine è stata pensata con l’intento di sottolineare questi aspetti salienti sottesi al significato assunto nell’immaginario collettivo dalla presenza del Muro, tanto che anche nell’allestimento il richiamo al muro e alla sua demolizione, a ciò che ha rappresentato venti anni fa e a ciò che rappresenta ancora adesso è il nucleo intorno cui si sono organizzati gli interventi degli artisti invitati.
Un grande muro è costruito negli spazi del museo e disposto in modo da consentire la visione fronte/retro. La doppia visione del muro stabilisce duplici considerazioni sugli effetti della sua caduta. Certamente la positività consiste nella riunificazione della Germania, la qualcosa ha tuttavia messo a nudo le contraddizioni della crescita culturale ma, soprattutto economica, diversificata tra l’Est e l’Ovest. Da qui tutto il disagio di cui siamo a conoscenza e gli esodi massicci con le conseguenze per l’Europa che tutti conosciamo. La visione fronte/retro del muro e, per esteso, di ogni problema, pone in essere il progetto calandolo al centro di un dibattito culturale capace di vedere, soprattutto in una proiezione storica, sia le luci che le ombre.
06
dicembre 2009
Segni di confine. A venti anni dalla caduta del muro di Berlino
Dal 06 dicembre 2009 al 10 gennaio 2010
arte contemporanea
Location
MUSEO CENTRO STUDI SULLA PITTURA DI PAESAGGIO EUROPEA DEL LAZIO – VILLA DE PISA
Olevano Romano, Viale Vittorio Veneto, 25, (Roma)
Olevano Romano, Viale Vittorio Veneto, 25, (Roma)
Orario di apertura
sabato e festivi (compreso 8 dicembre) ore 10,30/12,30 – 16,00/18,00 (chiuso natale e capodanno)
Vernissage
6 Dicembre 2009, ore 11 presentazione di Loredana Rea
Autore