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Selavì
Le opere di Selavì esplorano il concetto di c’est la vie, inteso come invito ad identificare la realtà della vita con il gioco dell’arte e viceversa, nello spirito dadaista, ma anche a mettere in discussione l’idea di vita reale, oggi sempre più compromessa dall’ingerenza di quella virtuale.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Il GIGA è lieto di presentare Selavì, con opere in mostra di Salvatore Mauro, Alessio Facchini, Stella Tasca e Matteo Peretti, già artisti dell'associazione, e con la gradita presenza di un ospite speciale, Rocco Pezzella.
Il GIGA rilancia a partire da quest'anno un nuovo programma espositivo, di cui questa mostra costituisce il primo appuntamento: gli artisti dell'associazione culturale hanno già esposto in passato presso lo spazio, ma presenteranno per questa occasione nuovi lavori, a sottolineare la continuità tra la storia passata e quella a venire.
Selavì prende spunto dall’opera in mostra Sèlavy di Salvatore Mauro. Rrose Selavy era uno dei molti pseudonimi utilizzati dall'artista Marcel Duchamp, l'alter ego femminile con cui l'artista giocava per realizzare opere d'arte dal gusto irriverente e ludico, nell'ottica di contestazione dello statuto "ufficiale" dell'arte libera dal dogmatismo tramite l'inserimento della vita nell'arte fino ad una assoluta identificazione tra queste due.
Con un certo debito nei confronti di Duchamp, nelle opere in mostra si avverte una comune appartenenza ad una corrente contro-culturale di stampo underground, dove l'intento contestativo si mescola ad una buona dose di ironia; altresì evidente è la volontà da parte di questi artisti di ricondurre l'atto artistico a gesto ordinario, riscontrabile anche nell'uso di oggetti di uso quotidiano, come cuscini, sedie e piatti.
L'aspetto spesso giocoso delle opere in mostra può essere altresì interpretato come un richiamo al mondo del ricordo e dell'infanzia, alla sua dimensione di innocenza e purezza, attraversata da pulsioni più o meno inconsce: si realizza così la convivenza tra i ricami fantastici di Stella Tasca con il ready-made di Peretti, i vasellami osè di Facchini con i video-album di Rocco Pezzella e l'opera-performance di Salvatore Mauro, quest'ultima una lettura in chiave contemporanea dell'ideologia duchampiana.
E se l'opera di Mauro gioca con la più nota passione di Duchamp, quella per gli scacchi, è altresì risaputo che Duchamp amasse altrettanto giocare con i suoni delle parole. Rrose Selavy suona in francese come eros, c'est la vie: un inno alla gioia di vivere e alla libertà personale, dichiarazione nel più puro spirito dadaista. Tale ideologia se trapiantata alla dimensione di Roma, città frutto della magnificenza dell'impero romano e del barocco papalino, si trasforma nel semplice c’est la vie, un’attitudine frutto di una certa arroganza storica, dove superficialità e autocompiacimento sembrano non lasciare posto ad una riflessione più profonda circa il compito nostro, e dell'arte, di interrogarci sul mondo nel quale viviamo. Un mondo dove l'identificazione tra arte e vita, pensiero e realtà ha lasciato il posto a quella assai più pericolosa tra vita reale e vita 2.0, nella quale il gioco della virtualità è diventato piuttosto la virtualità del gioco, con tutte le deleterie conseguenze che ne derivano.
In questo senso l'opera di Peretti, un selfie stick trapiantato sopra una sedia elettrica, dietro la sua apparenza innocua e divertita evidenzia la pericolosità di taluni atteggiamenti solo ad un primo approccio innocenti, e ci chiede di ristabilire il primato a quella vita autentica che gli artisti Dada, e molti altri dopo di loro, attraverso le loro opere hanno così fortemente rivendicato.
Il GIGA rilancia a partire da quest'anno un nuovo programma espositivo, di cui questa mostra costituisce il primo appuntamento: gli artisti dell'associazione culturale hanno già esposto in passato presso lo spazio, ma presenteranno per questa occasione nuovi lavori, a sottolineare la continuità tra la storia passata e quella a venire.
Selavì prende spunto dall’opera in mostra Sèlavy di Salvatore Mauro. Rrose Selavy era uno dei molti pseudonimi utilizzati dall'artista Marcel Duchamp, l'alter ego femminile con cui l'artista giocava per realizzare opere d'arte dal gusto irriverente e ludico, nell'ottica di contestazione dello statuto "ufficiale" dell'arte libera dal dogmatismo tramite l'inserimento della vita nell'arte fino ad una assoluta identificazione tra queste due.
Con un certo debito nei confronti di Duchamp, nelle opere in mostra si avverte una comune appartenenza ad una corrente contro-culturale di stampo underground, dove l'intento contestativo si mescola ad una buona dose di ironia; altresì evidente è la volontà da parte di questi artisti di ricondurre l'atto artistico a gesto ordinario, riscontrabile anche nell'uso di oggetti di uso quotidiano, come cuscini, sedie e piatti.
L'aspetto spesso giocoso delle opere in mostra può essere altresì interpretato come un richiamo al mondo del ricordo e dell'infanzia, alla sua dimensione di innocenza e purezza, attraversata da pulsioni più o meno inconsce: si realizza così la convivenza tra i ricami fantastici di Stella Tasca con il ready-made di Peretti, i vasellami osè di Facchini con i video-album di Rocco Pezzella e l'opera-performance di Salvatore Mauro, quest'ultima una lettura in chiave contemporanea dell'ideologia duchampiana.
E se l'opera di Mauro gioca con la più nota passione di Duchamp, quella per gli scacchi, è altresì risaputo che Duchamp amasse altrettanto giocare con i suoni delle parole. Rrose Selavy suona in francese come eros, c'est la vie: un inno alla gioia di vivere e alla libertà personale, dichiarazione nel più puro spirito dadaista. Tale ideologia se trapiantata alla dimensione di Roma, città frutto della magnificenza dell'impero romano e del barocco papalino, si trasforma nel semplice c’est la vie, un’attitudine frutto di una certa arroganza storica, dove superficialità e autocompiacimento sembrano non lasciare posto ad una riflessione più profonda circa il compito nostro, e dell'arte, di interrogarci sul mondo nel quale viviamo. Un mondo dove l'identificazione tra arte e vita, pensiero e realtà ha lasciato il posto a quella assai più pericolosa tra vita reale e vita 2.0, nella quale il gioco della virtualità è diventato piuttosto la virtualità del gioco, con tutte le deleterie conseguenze che ne derivano.
In questo senso l'opera di Peretti, un selfie stick trapiantato sopra una sedia elettrica, dietro la sua apparenza innocua e divertita evidenzia la pericolosità di taluni atteggiamenti solo ad un primo approccio innocenti, e ci chiede di ristabilire il primato a quella vita autentica che gli artisti Dada, e molti altri dopo di loro, attraverso le loro opere hanno così fortemente rivendicato.
26
ottobre 2016
Selavì
Dal 26 ottobre al 12 novembre 2016
arte contemporanea
Location
STUDIO GIGA
Roma, Via Del Governo Vecchio, 43/43a, (Roma)
Roma, Via Del Governo Vecchio, 43/43a, (Roma)
Orario di apertura
dal martedì al sabato ore 17-20
Vernissage
26 Ottobre 2016, ore 18
Autore