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Selvatico [tredici] 2018 Fantasia/Fantasma Pittura tra immaginazione e memoria
Il primo movimento di questa mostra diffusa, che aprirà sabato 10 novembre a Fusignano RA, si costruisce intorno a una doppia esposizione che affianca la pittura fatta di ombre e neri di Daniele Galliano e Andrea Chiesi al Museo san Rocco e, a fare da controcanto, quella “multicolor” di Marta Sesana e Giuliano Sale al Centro culturale Il Granaio.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Selvatico [tredici] 2018
Fantasia/Fantasma Pittura tra immaginazione e memoria
A cura di Massimiliano Fabbri
1 > Fusignano
• Museo civico San Rocco Andrea Chiesi / Daniele Galliano (Via Monti 5)
• Centro culturale “Il Granaio” Marta Sesana / Giuliano Sale (Piazza Corelli, 16 - Corte Raffaello
Baldini)
Inaugurazione sabato 10 novembre ore 17
10.11.2018 – 20.1.2019
Orari e aperture: sabato 15-18, domenica e festivi 10-12 e 15-18
8, 24, 31 dicembre e 6 gennaio 10-12 e 15-18; 25, 26 dicembre e 1° gennaio chiuso
Aperto anche su prenotazione
Comune di Fusignano: Urp 0545 955 653 / 668
urp@comune.fusignano.ra.it / www.comune.fusignano.ra.it
Comune di Cotignola
0545 908 879 / 320 43 64 316 / fabbrim@comune.cotignola.ra.it
www.museovaroli.it / www.facebook.com/luigi.varoli.cotignola
Con il contributo e patrocinio di:
Regione Emilia-Romagna / IBC Istituto per i Beni artistici culturali e naturali
In collaborazione: con associazione culturale Primola
Sostenitore principale: Villa Maria Research
Altri sostenitori: Hera, Conad Cofra Cotignola, Lugo Immobiliare, Coerbus
Selvatico [tredici] 2018
Fantasia/Fantasma Pittura tra immaginazione e memoria
Selvatico disegna una mappa che congiunge luoghi, musei ed edifici storici diffusi nel territorio
romagnolo, intrecciando questa pluralità di spazi, e le storie contenute in essi, all’interno di una
geografia e percorso espositivo che coinvolge e connette opere e artisti contemporanei, con una
particolare attenzione rivolta qui alla pittura e a quella che sembra, a tutti gli effetti, una sua
ennesima stagione felice.
Non che la pittura sia mai stata abbandonata, o che questa fase rappresenti un ritorno inatteso a
questo linguaggio dopo anni di silenzio e nascondimenti, anche se è evidente che da parte di una
fitta schiera di giovani autori la pratica del dipingere è tornata a essere nuovamente centrale. E
tangibile poi il moltiplicarsi vertiginoso di mostre che si impegnano a fare luce su questo mezzo e a
scrutarlo e indagarlo, senza per questo poter mai scrivere la parola definitiva, trattandosi sempre e
comunque di un linguaggio imprendibile e sfuggente proprio perché vitale.
Selvatico propone così, come è stato nelle sue ultime edizioni, a cui si ricollega come ripresa di un
filo e discorso interrotti e sospesi, una serie di mostre che guardano principalmente alla pittura. E
dall’esplorazione sulla pittura italiana riparte senza tralasciare al contempo alcune delle sue molte
ramificazioni, ibridazioni e innesti con altre discipline tra cui disegno e scultura, fumetto e
installazione, a ribadire la mobilità, vivacità e forza di questo mezzo, linguaggio, disciplina e
mondo.
Cuore e centro del progetto è il Museo Varoli di Cotignola che, anche a partire dalla felice vicenda
rappresentata dal cenacolo varoliano in bassa Romagna della prima metà del novecento, traduce
questa esperienza e la riattualizza, allargando ed espandendo questa vocazione ostinata che mira a
favorire, portare e coltivare l’arte in provincia, presenza inattesa ma necessaria, vitale e urgente. Lo
fa guardando a piccole realtà, facendo rete, e segnalando sempre il suo sguardo periferico e il suo
operare ai margini, una sorta di giusta distanza che diventa una delle chiavi per cercare di orientarsi,
esplorare il presente, guardarsi intorno e rilanciare domande.
Una provincia che sembra poter essere ancora, quasi resistente, o dimenticata, panorama e scenario
disponibile all’incontro, al confronto e dialogo, anche a ribadire una caratteristica propria e
specifica del territorio italiano tutto, vera e propria costellazione di piccoli centri che rende luoghi,
paesaggi, presenze e testimonianze artistiche un prezioso unicum, indivisibile e fatto di diversità,
cucito lentamente da scambi e rimandi, influenze e aperture.
Un tessuto su cui Selvatico prova a innestare nuovi sguardi, quelli di una serie di artisti di varia
provenienza geografica, tra giovani autori e altri più affermati e conosciuti, capaci di innescare una
relazione fertile tra luoghi, opere e persone, tra il vicino e il lontano, tra una dimensione locale non
arroccata o impaurita, né scimmiottante quel che avviene in città e nei grandi centri, e una
nazionale.
Ascolto e coltivazione sono le modalità di questo progetto che mette al centro i musei, intesi non
solo come contenitori e raccolte, ma come luoghi di produzione aperti al contemporaneo, custodi e
promotori di un’identità mobile e sempre incerta, inquieta e in trasformazione.
Un ruolo e una collocazione che caratterizzano Selvatico come sguardo e spazio indipendente, tra le
cui funzioni c’è sicuramente quella di offrire e segnalare punti di vista altri, assumendo rischi nel
disegnare traiettorie divergenti e non somiglianti, acquisendo modi di fare e vedere che seguono
pratiche e movimenti diversi rispetto a quel che può avvenire in un sistema che invece non può
prescindere, nel bene e nel male, dal valore del mercato ed economia.
Dopo le mostre del 2017 che avevano a che fare con l'immagine e ombra della foresta, metafora
vegetale del dipingere e della pittura stessa, e anche sguardo che si volgeva all'attenzione da parte di
molti artisti al dato naturale e sua rappresentazione, il prossimo episodio di Selvatico parte invece
dall’incontro, coesistenza e giustapposizione di due termini, Fantasia/Fantasma, a segnalare, più che
un tema specifico o un umore, un’affinità o radice comune presente nelle due parole, un intrecciarsi
e sfumare che ci sembra abbracciare bene la condizione propria del formarsi delle immagini, prima
ancora dei contrasti e divergenze apparenti tra le due suggestioni che si rivelano infine non del tutto
separabili, ma estremi di una polarità comunicante.
Emerge qui una tensione che è della rappresentazione e propria della pittura, da una parte il rischio
costante e l’insidia della possibile sparizione dell’immagine dovuta al suo stratificarsi in pelli che
negano e sommergono segni e gesti precedenti, o del non finito, e, dall'altra, una sua capacità di
dare spazio alla narrazione e alle storie, dove il dipinto è ancora finzione, trappola e macchina
scenica, inganno, finestra che si apre e affaccia spalancando mondi e in cui il mondo è, non solo
ricordato o visto, ma immaginato e fantasticato ogni volta. O ricondotto talvolta a sintesi e
precisione misteriosa di pura immagine fatta da segno tremante. E pittura che spesso, in un gioco di
specchi, riflette su se stessa.
Due o più direzioni non per forza in contrasto o alternative, ma molte volte scivolanti e slittanti
l’una all’altra, capaci di nutrirsi a vicenda, o di ostacolarsi; un incontro e intreccio che si risolvomo
e ramificano in una pluralità di direzioni, traiettorie e piste.
Pittura come animale o forma collettiva, oscillante tra racconto e sparizione, ora descrittiva ed
esatta, sintetica o ricca di dettagli, ora vicina alla perdita e all'abbandono, come impegnata in una
sorta di lotta e tentativo per salvare residui e pezzi di visione, memorie e tracce del tempo che si
sommano, crescono e negano, velandosi e svelandosi.
Fantasia e fantasma, o anche immaginazione e memoria: due parole che hanno la stessa origine a
ribadire una radice comune delle immagini e del processo mentale che ci porta a pensarne e farne di
nuove, o a tradurre, trasformare e tradire quelle già esistenti.
La mostra affianca e segue queste molteplici direzioni e polarità della pittura contemporanea,
contrapponendole talvolta, integrandole indistinguibili altrove, tracciando nuove piste e sentieri che
conducano fuori dal bosco, o che ci sperdano in esso.
Teste e foreste, memorie vegetali, paesaggi con figure, scenari, luce e ombra, le cose e gli oggetti
come custodi muti delle storie, animali, fiabe e racconti.
L'idea che sta alla base delle mostre che si vedranno in questa edizione gira intorno a uno scritto di
Gianni Celati intitolato Sulla fantasia contenuto in Conversazioni del vento volatore edito da
Quodlibet nel 2011. Ne riportiamo un paio di passaggi che sembrano adattarsi bene, non solo al
processo e farsi del pensiero e delle immagini, ma anche alla pratica stessa del dipingere:
Il fatto è che noi ci serviamo della fantasia tutti i momenti per interpretare le cose, cercando di
capire quello che è fuori dalla nostra portata; e tutto il nostro sistema emotivo dipende da come
immaginiamo ciò che non è sotto i nostri occhi. Quando abbiamo paura, quando siamo a disagio,
quando siamo gelosi, quando facciamo progetti, entra in gioco l'atto del fantasticare. Quando siamo
innamorati non facciamo che ripassarci il film delle fantasie sull'essere amato, e anche quando
riflettiamo cerchiamo aiuto nell'immaginazione o nella fantasticazione. Il fantasticare è così assiduo
che lo diamo per scontato. Però se si inceppa abbiamo un campanello d'allarme, che è la noia: la
noia è una specie di nebbia mentale che blocca gli slanci immaginativi, e rende fastidioso il flusso
di stimoli che viene dal mondo esterno.
(…)
Aristotele chiama in due modi le immagini che sorgono dalla mente: phantasma e phantasia,
entrambi dal verbo phaino, “mostrare”. Sono figurazioni che “si mostrano” in noi come un richiamo
a percezioni avute o possibili. Queste immagini della mente, dice Aristotele, sono una
combinazione di ciò che abbiamo percepito attraverso i sensi e ciò che opiniamo con l'intelletto. E
nel trattato sulla memoria dice che la memoria è un portato dell'immaginazione; dunque
immaginazione e memoria non sono separabili. Ricordare vuol dire in qualche modo immaginare la
cosa ricordata, ripensarla fantasticamente. É anche l'idea di Giambattista Vico, il quale diceva che
“la memoria è l'istesso della fantasia”.
Fusignano
• Museo civico San Rocco Andrea Chiesi / Daniele Galliano
• Centro culturale “Il Granaio” Marta Sesana / Giuliano Sale
A Fusignano luoghi, persone e cose. Il bianco e il nero, la luce e la tenebra. Notturni blu e viola.
Desideri e distanze siderali, avvicinamenti improvvisi e vertigini dell'inquadratura; tavolozze
esplose irradianti con tutti i colori belli e squillanti e molti. Teste che guardano e teste vuote; punti,
buchi e volti ciechi. Occhi grandi. Gocce stelle di re inchiostro. Cieli e nuvole in perfette macchie
sparse, quasi casuali. Ombre arcobaleno iridescenti. Psichedelie.
Panorami, nebbie, invenzioni del paesaggio, foreste e cattedrali abbandonate; mappe, costellazioni
animali, cattività e discipline della carne. Preghiere, sortilegi e pensieri stupendi. Il disegno. Pittura
natura, pittura animale. Musica e danze di corpi. Echi di sensualità non del tutto perdute. Modelle in
posa languida ancora. Maghi. Il teatro della pittura; in scena, pupazzi, giocattoli e burattini.
Riflessi nervosi e movimenti involontari spastici. Meccanica anatomica. Quel che resta della
fisiognomica. Paesaggio con o senza figura. Fantasmi. Cinema infinito.
Al Museo san Rocco, la pittura di Daniele Galliano (Pinerolo 1961) e Andrea Chiesi (Modena
1966) attiva un dialogo speculare e complementare nelle due ampie sale del primo piano di quello
che era il vecchio ospedale di Fusignano, per convergere poi in un confronto diretto e serrato fatto
attraverso il disegno nella piccola sala centrale che collega i due spazi più grandi e simmetrici
dell'edificio. Quel disegno praticato da entrambi che è qui il luogo concreto dell'incontro e che
attraversa anche, da un certo punto di vista, il loro modo di dipingere: nel gesto abbozzato e segno
potente, nervoso, stenografico e veloce, senza traccia e diretto sulla tela di Daniele e, diversamente,
nella precisione paziente, nella ripetizione mantra fatta di esattezza e meticolosa descrittività
labirintica di Andrea.
Una vicinanza che, pur negli esiti molto diversi e distanti dei due sguardi che compongono la
mostra, è anche generazionale; a partire dalla pratica comune della pittura portata avanti dai due
autori emersi negli anni 90 e che, pur nella estreme differenze che li separano e distinguono, trova
una certa comune temperatura livida e notturna, quasi nerablu; un umore, se non un discorso, che
può costituire certamente una delle convergenze e atmosfere comuni di questo incontro, così dentro
al problema e necessità della rappresentazione da compiere infine quasi un capogiro che sfiora a
tratti l'astrazione attraverso due percorsi opposti.
Giocando un po' con uno dei grandi luoghi comuni della pittura, per il tipo di sguardo, pelle e
modalità pittorica del gesto, si potrebbe dire veneziano o caravaggesco l'uno, fiorentino o
fiammingo l'altro, pennellata che separa o sfuoca facendo indistinguibili luce e tenebra e corpi da
una parte, linea e disegno e campitura con contorni perfetti che separano e tagliano dall'altra.
E curioso poi come questa attitudine si rovesci totalmente nel disegno, diventando linea minerale e
aggrovigliata in uno, e macchia sfaldata, stemperata, scivolante e acquatica nell'altro.
E, a farli vicini anche, le collaborazioni con la scena del rock indipendente, a partire dall'etichetta “I
dischi del mulo” e dall'incredibile momento e stagione fertile rappresentata da quel mondo che è
ruotato intorno ai C.S.I. al Consorzio Suonatori Indipendenti e a tutta la scena seminale che sono
stati capaci di creare, smuovere, stanare, sostenere e chiamare a raccolta; le copertine dei Marlene
Kuntz di Daniele Galliano e quelle dei Taccuini fatte da Andrea Chiesi sono quindi, non troppo
sottotraccia, un altro terreno comune che in qualche modo sta alla base di questa idea e di questo
incontro e ritrovarsi, fatto da una parte da panorami industriali abbandonati e dormienti, macchina
pesante e residuo di un altro tempo, di ferro e ruggine, capannoni industriali e prospettive di città
ideale perduta, dall'altra costellazioni umane e animali rispondenti a leggi, movimenti e ordini per
noi incomprensibili, rivoluzioni celesti, e una galleria archivio di piccole teste anonime, svuotate,
incravattate, insensibili, ingiuriate, eroiche e ferite a fare da controcanto.
E il dialogo non si esaurisce qui, ma si eleva in qualche modo a potenza nell'altro incontro di questa
doppia mostra e doppia coppia presentata a Fusignano, ancora una volta funzionante per affinità
elettive e divergenze narrative, in una relazione accesa e in parte stridente fatta dalla pittura
misteriosa di Marta Sesana (Merate 1981) con quella altrettanto oscura e felice di Giuliano Sale
(Cagliari 1977), due autori più giovani ma non meno talentuosi e potenti che si dividono l'ambiente
del vecchio Granaio di Fusignano. E noi, dentro, circondati da una spietata e strabiliante galleria di
teste, corpi, strani esseri, animali, apparizioni, paesaggi improbabili e scenari d'altri mondi;
accerchiati e immersi in mondi freaks.
Ritratti, corpi nudi e crudi, nature morte e illusioni, un alfabeto di generi e stagioni sbranato e
ricomposto e fatto ancora a pezzi; pezzi assemblati e come esplosi, centrifughi centripeti, brandelli
ricomposti allegramente o tragicamente come in un collage mentale in cui affiorano echi della storia
dell'arte tutta, mescolati liberamente e in maniera, a tratti debitrice, a tratti irriverente. Pittura
schizofrenica che non si arrende all'unicità e alla comprensibilità e, soprattutto, alla specializzazione
e riconoscibilità immobile imposta, ma che cerca costantemente di risanare ferite e strappi,
producendo nuovi tagli e lacerazioni, ricucendo amorevolmente, innescando memorie più o meno
lacunose, gorghi, voragini e visioni di anatomie belle; e facendo i conti con una pittura che prende il
sopravvento e dirige il discorso, o lo fa deviare e scartare, come impazzita e fuori controllo, talvolta
addomesticata.
E poi i giocattoli, o i personaggi di un cartone animato delirante, inquietanti caramelle gommose
giganti che si muovono nella vita vera e trasformano tutto facendolo morbido e un po' cattivo o
malinconico; pittura cinema, e noi affacciati davanti a una finestra a immaginare e vivere altre
storie, catapultati come esploratori, guardanti e guardati; in attesa dell'invasione barbarica
multicolor. Archeologie. Favole surreali o fatti realmente accaduti filtrati nel ricordo che è sempre
distorto, dolce e acido, tenero e pauroso contemporaneamente. Fraintendimenti culturali e del
linguaggio. Etnologia. Bellissimo mondo finalmente credibile e accessibile, qui e ora. Esotico.
Desiderio palpabile. L'avventura finalmente.
Così, oltre a un confronto generazionale tra quattro straordinari pittori, questa doppia mostra si fa
davvero specchiante con il tema che la governa e chiama, una specie di dualità o opposizione
convergente: da una parte una pittura quasi in bianco e nero, di fantasmi e ombre, dall'altra il colore
acceso e saturo, e la fantasia strabordante che costruisce e smonta l'immagine frammentandola in un
caleidoscopio di visioni forti, violente, felici e incomprensibili, surreali, drogate e sognanti. Quali
sono i fantasmi? Dove la fantasia? Un sogno dentro al sogno, e la possibilità, facile, che tutti si
capovolga...
Una certa dimensione notturna poi attraversa tutti e quattro, tra luci livide e al neon, e tenebre che si
mangiano in parte la visione, le presenze mute e il panorama, inghiottendoli e spuntandoli fuori
sempre estranianti ed estraniati. La rappresentazione, dolorosa e grottesca.
E il punk ancora, ma gentile ed esatto, quasi come felice; e una mostra in cui si fronteggiano e
stratificano le risonanze di una pittura mondo: pittura coraggiosa, con quasi storie dentro. Rosa.
Selvatico [tredici] 2018
Fantasia/Fantasma Pittura tra immaginazione e memoria
1 > Fusignano
• Museo civico San Rocco Andrea Chiesi / Daniele Galliano
• Centro culturale “Il Granaio” Marta Sesana / Giuliano Sale
Inaugurazione sabato 10 novembre ore 17 / 11.11.2018 – 20.1.2019
2 > Cotignola Museo civico Luigi Varoli
Inaugurazione sabato 24 novembre ore 16 / 25.11.2018 – 27.1.2019
• Palazzo Sforza
piano terra
sala 1 - Juan Carlos Ceci, Enrico Tealdi, Rosario Vicidomini
sala 2 - Sabrina Casadei, Beatrice Meoni, Julie Rebecca Poulain
sala 3 - Manuel Portioli
primo piano, pinacoteca Riccardo Cavallini
secondo piano Silvia Argiolas, Giovanni Manunta Pastorello, Agnese Guido, Andrea Fiorino
• Spazio corso Sforza 27 Elisa Filomena, Azadeh Ardalan
• Casa-studio Luigi Varoli Francesco Bocchini
• Palazzo Pezzi
piano terra
Stefano W. Pasquini / Angelo Bellobono
Marco Bettio - Ettore Pinelli / Giorgio Pignotti - Francesco Cuna
primo piano
Amandine Samyn / Giulio Saverio Rossi / Andrea Grotto – Barbara De Vivi
Paolo de Biasi – Luca Moscariello / Benedetto di Francesco – Giuliano Guatta
Simone Luschi
3 > Ravenna VIBRA Spazio contemporaneo di idee
Gio Pistone / Nicola Alessandrini
Inaugurazione venerdì 7 dicembre ore 18.30 / 8.12.2018 – 13.1.2019
Fantasia/Fantasma Pittura tra immaginazione e memoria
A cura di Massimiliano Fabbri
1 > Fusignano
• Museo civico San Rocco Andrea Chiesi / Daniele Galliano (Via Monti 5)
• Centro culturale “Il Granaio” Marta Sesana / Giuliano Sale (Piazza Corelli, 16 - Corte Raffaello
Baldini)
Inaugurazione sabato 10 novembre ore 17
10.11.2018 – 20.1.2019
Orari e aperture: sabato 15-18, domenica e festivi 10-12 e 15-18
8, 24, 31 dicembre e 6 gennaio 10-12 e 15-18; 25, 26 dicembre e 1° gennaio chiuso
Aperto anche su prenotazione
Comune di Fusignano: Urp 0545 955 653 / 668
urp@comune.fusignano.ra.it / www.comune.fusignano.ra.it
Comune di Cotignola
0545 908 879 / 320 43 64 316 / fabbrim@comune.cotignola.ra.it
www.museovaroli.it / www.facebook.com/luigi.varoli.cotignola
Con il contributo e patrocinio di:
Regione Emilia-Romagna / IBC Istituto per i Beni artistici culturali e naturali
In collaborazione: con associazione culturale Primola
Sostenitore principale: Villa Maria Research
Altri sostenitori: Hera, Conad Cofra Cotignola, Lugo Immobiliare, Coerbus
Selvatico [tredici] 2018
Fantasia/Fantasma Pittura tra immaginazione e memoria
Selvatico disegna una mappa che congiunge luoghi, musei ed edifici storici diffusi nel territorio
romagnolo, intrecciando questa pluralità di spazi, e le storie contenute in essi, all’interno di una
geografia e percorso espositivo che coinvolge e connette opere e artisti contemporanei, con una
particolare attenzione rivolta qui alla pittura e a quella che sembra, a tutti gli effetti, una sua
ennesima stagione felice.
Non che la pittura sia mai stata abbandonata, o che questa fase rappresenti un ritorno inatteso a
questo linguaggio dopo anni di silenzio e nascondimenti, anche se è evidente che da parte di una
fitta schiera di giovani autori la pratica del dipingere è tornata a essere nuovamente centrale. E
tangibile poi il moltiplicarsi vertiginoso di mostre che si impegnano a fare luce su questo mezzo e a
scrutarlo e indagarlo, senza per questo poter mai scrivere la parola definitiva, trattandosi sempre e
comunque di un linguaggio imprendibile e sfuggente proprio perché vitale.
Selvatico propone così, come è stato nelle sue ultime edizioni, a cui si ricollega come ripresa di un
filo e discorso interrotti e sospesi, una serie di mostre che guardano principalmente alla pittura. E
dall’esplorazione sulla pittura italiana riparte senza tralasciare al contempo alcune delle sue molte
ramificazioni, ibridazioni e innesti con altre discipline tra cui disegno e scultura, fumetto e
installazione, a ribadire la mobilità, vivacità e forza di questo mezzo, linguaggio, disciplina e
mondo.
Cuore e centro del progetto è il Museo Varoli di Cotignola che, anche a partire dalla felice vicenda
rappresentata dal cenacolo varoliano in bassa Romagna della prima metà del novecento, traduce
questa esperienza e la riattualizza, allargando ed espandendo questa vocazione ostinata che mira a
favorire, portare e coltivare l’arte in provincia, presenza inattesa ma necessaria, vitale e urgente. Lo
fa guardando a piccole realtà, facendo rete, e segnalando sempre il suo sguardo periferico e il suo
operare ai margini, una sorta di giusta distanza che diventa una delle chiavi per cercare di orientarsi,
esplorare il presente, guardarsi intorno e rilanciare domande.
Una provincia che sembra poter essere ancora, quasi resistente, o dimenticata, panorama e scenario
disponibile all’incontro, al confronto e dialogo, anche a ribadire una caratteristica propria e
specifica del territorio italiano tutto, vera e propria costellazione di piccoli centri che rende luoghi,
paesaggi, presenze e testimonianze artistiche un prezioso unicum, indivisibile e fatto di diversità,
cucito lentamente da scambi e rimandi, influenze e aperture.
Un tessuto su cui Selvatico prova a innestare nuovi sguardi, quelli di una serie di artisti di varia
provenienza geografica, tra giovani autori e altri più affermati e conosciuti, capaci di innescare una
relazione fertile tra luoghi, opere e persone, tra il vicino e il lontano, tra una dimensione locale non
arroccata o impaurita, né scimmiottante quel che avviene in città e nei grandi centri, e una
nazionale.
Ascolto e coltivazione sono le modalità di questo progetto che mette al centro i musei, intesi non
solo come contenitori e raccolte, ma come luoghi di produzione aperti al contemporaneo, custodi e
promotori di un’identità mobile e sempre incerta, inquieta e in trasformazione.
Un ruolo e una collocazione che caratterizzano Selvatico come sguardo e spazio indipendente, tra le
cui funzioni c’è sicuramente quella di offrire e segnalare punti di vista altri, assumendo rischi nel
disegnare traiettorie divergenti e non somiglianti, acquisendo modi di fare e vedere che seguono
pratiche e movimenti diversi rispetto a quel che può avvenire in un sistema che invece non può
prescindere, nel bene e nel male, dal valore del mercato ed economia.
Dopo le mostre del 2017 che avevano a che fare con l'immagine e ombra della foresta, metafora
vegetale del dipingere e della pittura stessa, e anche sguardo che si volgeva all'attenzione da parte di
molti artisti al dato naturale e sua rappresentazione, il prossimo episodio di Selvatico parte invece
dall’incontro, coesistenza e giustapposizione di due termini, Fantasia/Fantasma, a segnalare, più che
un tema specifico o un umore, un’affinità o radice comune presente nelle due parole, un intrecciarsi
e sfumare che ci sembra abbracciare bene la condizione propria del formarsi delle immagini, prima
ancora dei contrasti e divergenze apparenti tra le due suggestioni che si rivelano infine non del tutto
separabili, ma estremi di una polarità comunicante.
Emerge qui una tensione che è della rappresentazione e propria della pittura, da una parte il rischio
costante e l’insidia della possibile sparizione dell’immagine dovuta al suo stratificarsi in pelli che
negano e sommergono segni e gesti precedenti, o del non finito, e, dall'altra, una sua capacità di
dare spazio alla narrazione e alle storie, dove il dipinto è ancora finzione, trappola e macchina
scenica, inganno, finestra che si apre e affaccia spalancando mondi e in cui il mondo è, non solo
ricordato o visto, ma immaginato e fantasticato ogni volta. O ricondotto talvolta a sintesi e
precisione misteriosa di pura immagine fatta da segno tremante. E pittura che spesso, in un gioco di
specchi, riflette su se stessa.
Due o più direzioni non per forza in contrasto o alternative, ma molte volte scivolanti e slittanti
l’una all’altra, capaci di nutrirsi a vicenda, o di ostacolarsi; un incontro e intreccio che si risolvomo
e ramificano in una pluralità di direzioni, traiettorie e piste.
Pittura come animale o forma collettiva, oscillante tra racconto e sparizione, ora descrittiva ed
esatta, sintetica o ricca di dettagli, ora vicina alla perdita e all'abbandono, come impegnata in una
sorta di lotta e tentativo per salvare residui e pezzi di visione, memorie e tracce del tempo che si
sommano, crescono e negano, velandosi e svelandosi.
Fantasia e fantasma, o anche immaginazione e memoria: due parole che hanno la stessa origine a
ribadire una radice comune delle immagini e del processo mentale che ci porta a pensarne e farne di
nuove, o a tradurre, trasformare e tradire quelle già esistenti.
La mostra affianca e segue queste molteplici direzioni e polarità della pittura contemporanea,
contrapponendole talvolta, integrandole indistinguibili altrove, tracciando nuove piste e sentieri che
conducano fuori dal bosco, o che ci sperdano in esso.
Teste e foreste, memorie vegetali, paesaggi con figure, scenari, luce e ombra, le cose e gli oggetti
come custodi muti delle storie, animali, fiabe e racconti.
L'idea che sta alla base delle mostre che si vedranno in questa edizione gira intorno a uno scritto di
Gianni Celati intitolato Sulla fantasia contenuto in Conversazioni del vento volatore edito da
Quodlibet nel 2011. Ne riportiamo un paio di passaggi che sembrano adattarsi bene, non solo al
processo e farsi del pensiero e delle immagini, ma anche alla pratica stessa del dipingere:
Il fatto è che noi ci serviamo della fantasia tutti i momenti per interpretare le cose, cercando di
capire quello che è fuori dalla nostra portata; e tutto il nostro sistema emotivo dipende da come
immaginiamo ciò che non è sotto i nostri occhi. Quando abbiamo paura, quando siamo a disagio,
quando siamo gelosi, quando facciamo progetti, entra in gioco l'atto del fantasticare. Quando siamo
innamorati non facciamo che ripassarci il film delle fantasie sull'essere amato, e anche quando
riflettiamo cerchiamo aiuto nell'immaginazione o nella fantasticazione. Il fantasticare è così assiduo
che lo diamo per scontato. Però se si inceppa abbiamo un campanello d'allarme, che è la noia: la
noia è una specie di nebbia mentale che blocca gli slanci immaginativi, e rende fastidioso il flusso
di stimoli che viene dal mondo esterno.
(…)
Aristotele chiama in due modi le immagini che sorgono dalla mente: phantasma e phantasia,
entrambi dal verbo phaino, “mostrare”. Sono figurazioni che “si mostrano” in noi come un richiamo
a percezioni avute o possibili. Queste immagini della mente, dice Aristotele, sono una
combinazione di ciò che abbiamo percepito attraverso i sensi e ciò che opiniamo con l'intelletto. E
nel trattato sulla memoria dice che la memoria è un portato dell'immaginazione; dunque
immaginazione e memoria non sono separabili. Ricordare vuol dire in qualche modo immaginare la
cosa ricordata, ripensarla fantasticamente. É anche l'idea di Giambattista Vico, il quale diceva che
“la memoria è l'istesso della fantasia”.
Fusignano
• Museo civico San Rocco Andrea Chiesi / Daniele Galliano
• Centro culturale “Il Granaio” Marta Sesana / Giuliano Sale
A Fusignano luoghi, persone e cose. Il bianco e il nero, la luce e la tenebra. Notturni blu e viola.
Desideri e distanze siderali, avvicinamenti improvvisi e vertigini dell'inquadratura; tavolozze
esplose irradianti con tutti i colori belli e squillanti e molti. Teste che guardano e teste vuote; punti,
buchi e volti ciechi. Occhi grandi. Gocce stelle di re inchiostro. Cieli e nuvole in perfette macchie
sparse, quasi casuali. Ombre arcobaleno iridescenti. Psichedelie.
Panorami, nebbie, invenzioni del paesaggio, foreste e cattedrali abbandonate; mappe, costellazioni
animali, cattività e discipline della carne. Preghiere, sortilegi e pensieri stupendi. Il disegno. Pittura
natura, pittura animale. Musica e danze di corpi. Echi di sensualità non del tutto perdute. Modelle in
posa languida ancora. Maghi. Il teatro della pittura; in scena, pupazzi, giocattoli e burattini.
Riflessi nervosi e movimenti involontari spastici. Meccanica anatomica. Quel che resta della
fisiognomica. Paesaggio con o senza figura. Fantasmi. Cinema infinito.
Al Museo san Rocco, la pittura di Daniele Galliano (Pinerolo 1961) e Andrea Chiesi (Modena
1966) attiva un dialogo speculare e complementare nelle due ampie sale del primo piano di quello
che era il vecchio ospedale di Fusignano, per convergere poi in un confronto diretto e serrato fatto
attraverso il disegno nella piccola sala centrale che collega i due spazi più grandi e simmetrici
dell'edificio. Quel disegno praticato da entrambi che è qui il luogo concreto dell'incontro e che
attraversa anche, da un certo punto di vista, il loro modo di dipingere: nel gesto abbozzato e segno
potente, nervoso, stenografico e veloce, senza traccia e diretto sulla tela di Daniele e, diversamente,
nella precisione paziente, nella ripetizione mantra fatta di esattezza e meticolosa descrittività
labirintica di Andrea.
Una vicinanza che, pur negli esiti molto diversi e distanti dei due sguardi che compongono la
mostra, è anche generazionale; a partire dalla pratica comune della pittura portata avanti dai due
autori emersi negli anni 90 e che, pur nella estreme differenze che li separano e distinguono, trova
una certa comune temperatura livida e notturna, quasi nerablu; un umore, se non un discorso, che
può costituire certamente una delle convergenze e atmosfere comuni di questo incontro, così dentro
al problema e necessità della rappresentazione da compiere infine quasi un capogiro che sfiora a
tratti l'astrazione attraverso due percorsi opposti.
Giocando un po' con uno dei grandi luoghi comuni della pittura, per il tipo di sguardo, pelle e
modalità pittorica del gesto, si potrebbe dire veneziano o caravaggesco l'uno, fiorentino o
fiammingo l'altro, pennellata che separa o sfuoca facendo indistinguibili luce e tenebra e corpi da
una parte, linea e disegno e campitura con contorni perfetti che separano e tagliano dall'altra.
E curioso poi come questa attitudine si rovesci totalmente nel disegno, diventando linea minerale e
aggrovigliata in uno, e macchia sfaldata, stemperata, scivolante e acquatica nell'altro.
E, a farli vicini anche, le collaborazioni con la scena del rock indipendente, a partire dall'etichetta “I
dischi del mulo” e dall'incredibile momento e stagione fertile rappresentata da quel mondo che è
ruotato intorno ai C.S.I. al Consorzio Suonatori Indipendenti e a tutta la scena seminale che sono
stati capaci di creare, smuovere, stanare, sostenere e chiamare a raccolta; le copertine dei Marlene
Kuntz di Daniele Galliano e quelle dei Taccuini fatte da Andrea Chiesi sono quindi, non troppo
sottotraccia, un altro terreno comune che in qualche modo sta alla base di questa idea e di questo
incontro e ritrovarsi, fatto da una parte da panorami industriali abbandonati e dormienti, macchina
pesante e residuo di un altro tempo, di ferro e ruggine, capannoni industriali e prospettive di città
ideale perduta, dall'altra costellazioni umane e animali rispondenti a leggi, movimenti e ordini per
noi incomprensibili, rivoluzioni celesti, e una galleria archivio di piccole teste anonime, svuotate,
incravattate, insensibili, ingiuriate, eroiche e ferite a fare da controcanto.
E il dialogo non si esaurisce qui, ma si eleva in qualche modo a potenza nell'altro incontro di questa
doppia mostra e doppia coppia presentata a Fusignano, ancora una volta funzionante per affinità
elettive e divergenze narrative, in una relazione accesa e in parte stridente fatta dalla pittura
misteriosa di Marta Sesana (Merate 1981) con quella altrettanto oscura e felice di Giuliano Sale
(Cagliari 1977), due autori più giovani ma non meno talentuosi e potenti che si dividono l'ambiente
del vecchio Granaio di Fusignano. E noi, dentro, circondati da una spietata e strabiliante galleria di
teste, corpi, strani esseri, animali, apparizioni, paesaggi improbabili e scenari d'altri mondi;
accerchiati e immersi in mondi freaks.
Ritratti, corpi nudi e crudi, nature morte e illusioni, un alfabeto di generi e stagioni sbranato e
ricomposto e fatto ancora a pezzi; pezzi assemblati e come esplosi, centrifughi centripeti, brandelli
ricomposti allegramente o tragicamente come in un collage mentale in cui affiorano echi della storia
dell'arte tutta, mescolati liberamente e in maniera, a tratti debitrice, a tratti irriverente. Pittura
schizofrenica che non si arrende all'unicità e alla comprensibilità e, soprattutto, alla specializzazione
e riconoscibilità immobile imposta, ma che cerca costantemente di risanare ferite e strappi,
producendo nuovi tagli e lacerazioni, ricucendo amorevolmente, innescando memorie più o meno
lacunose, gorghi, voragini e visioni di anatomie belle; e facendo i conti con una pittura che prende il
sopravvento e dirige il discorso, o lo fa deviare e scartare, come impazzita e fuori controllo, talvolta
addomesticata.
E poi i giocattoli, o i personaggi di un cartone animato delirante, inquietanti caramelle gommose
giganti che si muovono nella vita vera e trasformano tutto facendolo morbido e un po' cattivo o
malinconico; pittura cinema, e noi affacciati davanti a una finestra a immaginare e vivere altre
storie, catapultati come esploratori, guardanti e guardati; in attesa dell'invasione barbarica
multicolor. Archeologie. Favole surreali o fatti realmente accaduti filtrati nel ricordo che è sempre
distorto, dolce e acido, tenero e pauroso contemporaneamente. Fraintendimenti culturali e del
linguaggio. Etnologia. Bellissimo mondo finalmente credibile e accessibile, qui e ora. Esotico.
Desiderio palpabile. L'avventura finalmente.
Così, oltre a un confronto generazionale tra quattro straordinari pittori, questa doppia mostra si fa
davvero specchiante con il tema che la governa e chiama, una specie di dualità o opposizione
convergente: da una parte una pittura quasi in bianco e nero, di fantasmi e ombre, dall'altra il colore
acceso e saturo, e la fantasia strabordante che costruisce e smonta l'immagine frammentandola in un
caleidoscopio di visioni forti, violente, felici e incomprensibili, surreali, drogate e sognanti. Quali
sono i fantasmi? Dove la fantasia? Un sogno dentro al sogno, e la possibilità, facile, che tutti si
capovolga...
Una certa dimensione notturna poi attraversa tutti e quattro, tra luci livide e al neon, e tenebre che si
mangiano in parte la visione, le presenze mute e il panorama, inghiottendoli e spuntandoli fuori
sempre estranianti ed estraniati. La rappresentazione, dolorosa e grottesca.
E il punk ancora, ma gentile ed esatto, quasi come felice; e una mostra in cui si fronteggiano e
stratificano le risonanze di una pittura mondo: pittura coraggiosa, con quasi storie dentro. Rosa.
Selvatico [tredici] 2018
Fantasia/Fantasma Pittura tra immaginazione e memoria
1 > Fusignano
• Museo civico San Rocco Andrea Chiesi / Daniele Galliano
• Centro culturale “Il Granaio” Marta Sesana / Giuliano Sale
Inaugurazione sabato 10 novembre ore 17 / 11.11.2018 – 20.1.2019
2 > Cotignola Museo civico Luigi Varoli
Inaugurazione sabato 24 novembre ore 16 / 25.11.2018 – 27.1.2019
• Palazzo Sforza
piano terra
sala 1 - Juan Carlos Ceci, Enrico Tealdi, Rosario Vicidomini
sala 2 - Sabrina Casadei, Beatrice Meoni, Julie Rebecca Poulain
sala 3 - Manuel Portioli
primo piano, pinacoteca Riccardo Cavallini
secondo piano Silvia Argiolas, Giovanni Manunta Pastorello, Agnese Guido, Andrea Fiorino
• Spazio corso Sforza 27 Elisa Filomena, Azadeh Ardalan
• Casa-studio Luigi Varoli Francesco Bocchini
• Palazzo Pezzi
piano terra
Stefano W. Pasquini / Angelo Bellobono
Marco Bettio - Ettore Pinelli / Giorgio Pignotti - Francesco Cuna
primo piano
Amandine Samyn / Giulio Saverio Rossi / Andrea Grotto – Barbara De Vivi
Paolo de Biasi – Luca Moscariello / Benedetto di Francesco – Giuliano Guatta
Simone Luschi
3 > Ravenna VIBRA Spazio contemporaneo di idee
Gio Pistone / Nicola Alessandrini
Inaugurazione venerdì 7 dicembre ore 18.30 / 8.12.2018 – 13.1.2019
10
novembre 2018
Selvatico [tredici] 2018 Fantasia/Fantasma Pittura tra immaginazione e memoria
Dal 10 novembre 2018 al 20 gennaio 2019
arte contemporanea
Location
MUSEO CIVICO SAN ROCCO
Fusignano, Via Vincenzo Monti, 5, (Ravenna)
Fusignano, Via Vincenzo Monti, 5, (Ravenna)
Orario di apertura
sabato 15-18, domenica e festivi 10-12 e 15-18
8, 24, 31 dicembre e 6 gennaio 10-12 e 15-18; 25, 26 dicembre e 1° gennaio chiuso
Aperto anche su prenotazione
Vernissage
10 Novembre 2018, h 17
Autore
Curatore