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Semeghini e il chiarismo tra Milano e Mantova
A Palazzo Te una raffinata selezione di oltre 130 opere indaga il rapporto tra Semeghini e il Chiarismo
Comunicato stampa
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Dal 12 marzo al 28 maggio 2006, Palazzo Te ospita la mostra SEMEGHINI E IL CHIARISMO TRA MILANO E MANTOVA che, attraverso un’accurata scelta di 130 opere, documenta la ricerca del pittore mantovano nel confronto con gli interpreti del Chiarismo.
Il percorso espositivo, attraversando gli anni ’30 e ’40 del secolo scorso, accosta a 50 dipinti di Semeghini – alcuni dei quali “inediti”, altri ritrovati dopo anni di indagini e ricerche – numerosi quadri di chiaristi lombardi: Birolli, Broggini, Sassu, De Amicis, De Rocchi, Del Bon, Facciotto, Lilloni, Lucchini, Malerba, Marini, Mutti, Nodari, Padova, Perina, Pittigliani, Spilimbergo, Vernizzi, i quali, per la personale concezione poetica e motivazione estetica, oltre che per l’espressione cromatica, si distinguono dalle coeve tendenze di nostalgia postimpressionista.
La mostra – curata da Francesco Butturini con il contributo scientifico di un comitato composto da Eristeo Banali, Ugo Bazzotti, Gabriella Belli, Renzo Margonari, Elena Pontiggia, Lionello Puppi e Filippo Trevisani – presenta per la prima volta le opere in modo filologico e storico e si articola in tre distinte sezioni che valorizzano criticamente non solo l’operato di Semeghini ma anche quello di una generazione notevolmente prolifica, quella dei Chiaristi, la cui influenza è stata significativa nel panorama artistico italiano della prima metà del Novecento.
Firmate da Pio Semeghini tra il 1930 e 1942 – ad esclusione di alcuni oli su tavola degli anni ‘20 – le oltre 50 opere della prima sezione raccontano la ricerca assolutamente interiore e silenziosa, che ha guidato l’artista nel progressivo processo di avvicinamento e affermazione della realtà: il linguaggio della pittura viene usato da Semeghini come “segno” poetico che, nella semplificazione della struttura volumetrica e rarefazione del colore, trova espressione nella serie di pupe e nei ritratti, nelle nature morte e nei paesaggi di terra e di mare.
Di particolare fascino Piazzetta a Burano del 1930, Natura morta con zucca marina del 1933 e Ritratto della nipote Emanuela Capri del 1959, sua ultima opera.
Con i dipinti di Birolli, Del Bon, De Rocchi, Lilloni e Padova si apre la seconda sezione “Il Chiarismo a Milano” affidata a Elena Pontiggia. Una significativa raccolta di oltre 40 opere d’arte del “gruppo” chiarista di Milano mostra come il legame tra questi artisti e Semeghini – che giunge a Monza nel 1930 con un’esperienza decennale in ambito di mostre e di confronti con i principali interpreti della scena italiana - possa essere riletto e nuovamente interpretato in termini di suggestione e non necessariamente di derivazione.
Infatti, se nei quadri chiaristi come nell’opera di Semeghini la volumetria delle forme e l’architettura della composizione vengono resi lievi e momentanei dai toni chiari, gli accenni al primitivismo della poetica dei primi si contrappongono alla composizione classica del disegno semeghiniano.
Accanto al “gruppo” milanese – nonostante la ritrosia degli stessi artisti verso qualsiasi definizione volta ad etichettare le ragioni della loro vicinanza – è documentata l’esistenza di un movimento chiarista più ampio, in larga parte definito dalla partecipazione della “maniera chiara” mantovana.
Il secondo periodo chiarista - illustrato nella terza e ultima sezione espositiva “Il Chiarismo a Mantova” curata da Renzo Margonari – deve la sua definizione all’incontro tra il milanese Del Bon e il mantovano Oreste Marini, attorno al quale trova un momento di continuità il sodalizio milanese – andato disgregandosi a partire dal 1936 – e si creano nuove adesioni artistiche. Accanto ad altre opere di Birolli, Lilloni e Del Bon, saranno presentati, tra gli altri, i dipinti dello stesso Marini e di Nodari, di Facciotto e Malerba.
Il catalogo della mostra, pubblicato da Silvana Editoriale, si avvale dei contributi di Eristeo Banali, Francesco Butturini, Renzo Margonari, Elena Pontiggia, Lionello Puppi e Renzo Zorzi.
Organizzata dal Centro Internazionale d’Arte e di Cultura di Palazzo Te, con il contributo della Fondazione Pio Semeghini Onlus e della Fondazione Banca Agricola Mantovana, la mostra sarà inaugurata sabato 11 marzo, quarantaduesimo anniversario della morte di Semeghini, alle ore 11.
Pio Semeghini nasce a Bondanello di Quistello (Mantova) il 31 gennaio 1878.
Terminati gli studi primari, frequenta l’Accademia di Belle Arti senza conseguire il diploma.
Nel 1899 parte per il primo dei numerosi soggiorni a Parigi durante i quali frequenta la colonia degli artisti italiani: Modigliani, Soffici, Severini, de Pisis.
A partire da 1902 ritorna regolarmente in Italia, a Modena; in seguito a Venezia, frequentando Burano, nella laguna, dove, nel 1911, inizia a formarsi un gruppo di artisti vicini per scelte ideali ed artistiche: Rossi, Moggioli, Bianco, Epstein, Scopinich; probabilmente Martini e gli altri giovani artisti delle esposizioni di Ca’ Pesaro.
Finita la guerra, Semeghini realizza la prima mostra di pittura alla “XI Esposizione d’Arte” in Palazzo Pesaro a Venezia ottenendo un importante successo di critica.
Dopo la prima Personale nel 1922, partecipa nel 1926 alla “Biennale Internazionale d’Arte” di Venezia dove espone con Rossi, Springolo e de Pisis. Alla kermesse veneziana tornerà numerose volte, con una sala personale (1950 e, postuma, 1964).
Negli stessi anni partecipa alle collettive all’estero organizzate dal Ministero della Pubblica Istruzione.
Dal 1930 al 1939 insegna presso la Scuola d’Arte nella Villa Reale di Monza.
Nel 1931 sposa Gianna Zavatta. Nello stesso anno, insieme con Carpi, Ceracchini, de Pisis, Morandi e Socrate, vince il quarto premio alla “Prima Quadriennale d’Arte” di Roma (sarà presente anche alle edizioni del 1935, 1939).
Negli anni seguenti il successo di Semeghini viene confermato da importanti premiazioni (“Premio Bergamo” 1939), inviti e apprezzamenti in ambito nazionale ed internazionale.
Nel 1939, abbandonato l’insegnamento, si sposta da Monza a Milano dove rimane fino al 1942, anno in cui si trasferisce a Verona.
Dopo aver preso parte – insieme con Pallucchini (segretario generale) Longhi, Morandi, Marini, Carrà, Ragghianti, Casorati, Venturi, Barbantini alla commissione di accettazione della Biennale Venezia, nel 1949 Semeghini vince la seconda edizione del “Premio Ines Fila delle Tre Arti”.
I primi anni ’50 sono segnati da sempre più importanti partecipazioni a manifestazioni ed esposizioni in Italia e all’estero fino al 1956, anno che consacra il lavoro e la pazienza di un artista giunto ormai alla soglia degli ottant’anni, quando Licisco Magagnato, direttore dei Musei Civici di Verona, con la collaborazione di Carlo Ludovico Raggianti e Giuseppe Marchiori, realizza la prima ed unica mostra antologica vivente il pittore: prima al palazzo della Gran Guardia in Verona, quindi all’Opera Bevilacqua La Masa di Venezia e, in fine, al Palazzo della Permanente di Milano. Tutta la stampa nazionale, specializzata e non, si interessa dell’avvenimento e Semeghini riceverà inviti per esporre nelle più prestigiose gallerie nazionali e internazionali: le sue opere saranno presenti in Australia, al Museo de Bellas Artes di Caracas, al Museo di Sion in Francia, a Monaco di Baviera e a Varsavia, e all’importante mostra itinerante negli Stati Uniti d’America “Dodici anni di pittura italiana 1945 – 1957”.
Nel 1960 un banale incidente domestico procura a Semeghini una lussazione all’omero destro che gli impedirà di dipingere per sempre.
Semeghini muore l’11 marzo del 1964 ma la sua esistenza prosegue idealmente nella mostra alla “XXXII Biennale Internazionale d’Arte di Venezia” con una Personale, voluta da Piero Zampetti e da Licisco Magagnato.
Il percorso espositivo, attraversando gli anni ’30 e ’40 del secolo scorso, accosta a 50 dipinti di Semeghini – alcuni dei quali “inediti”, altri ritrovati dopo anni di indagini e ricerche – numerosi quadri di chiaristi lombardi: Birolli, Broggini, Sassu, De Amicis, De Rocchi, Del Bon, Facciotto, Lilloni, Lucchini, Malerba, Marini, Mutti, Nodari, Padova, Perina, Pittigliani, Spilimbergo, Vernizzi, i quali, per la personale concezione poetica e motivazione estetica, oltre che per l’espressione cromatica, si distinguono dalle coeve tendenze di nostalgia postimpressionista.
La mostra – curata da Francesco Butturini con il contributo scientifico di un comitato composto da Eristeo Banali, Ugo Bazzotti, Gabriella Belli, Renzo Margonari, Elena Pontiggia, Lionello Puppi e Filippo Trevisani – presenta per la prima volta le opere in modo filologico e storico e si articola in tre distinte sezioni che valorizzano criticamente non solo l’operato di Semeghini ma anche quello di una generazione notevolmente prolifica, quella dei Chiaristi, la cui influenza è stata significativa nel panorama artistico italiano della prima metà del Novecento.
Firmate da Pio Semeghini tra il 1930 e 1942 – ad esclusione di alcuni oli su tavola degli anni ‘20 – le oltre 50 opere della prima sezione raccontano la ricerca assolutamente interiore e silenziosa, che ha guidato l’artista nel progressivo processo di avvicinamento e affermazione della realtà: il linguaggio della pittura viene usato da Semeghini come “segno” poetico che, nella semplificazione della struttura volumetrica e rarefazione del colore, trova espressione nella serie di pupe e nei ritratti, nelle nature morte e nei paesaggi di terra e di mare.
Di particolare fascino Piazzetta a Burano del 1930, Natura morta con zucca marina del 1933 e Ritratto della nipote Emanuela Capri del 1959, sua ultima opera.
Con i dipinti di Birolli, Del Bon, De Rocchi, Lilloni e Padova si apre la seconda sezione “Il Chiarismo a Milano” affidata a Elena Pontiggia. Una significativa raccolta di oltre 40 opere d’arte del “gruppo” chiarista di Milano mostra come il legame tra questi artisti e Semeghini – che giunge a Monza nel 1930 con un’esperienza decennale in ambito di mostre e di confronti con i principali interpreti della scena italiana - possa essere riletto e nuovamente interpretato in termini di suggestione e non necessariamente di derivazione.
Infatti, se nei quadri chiaristi come nell’opera di Semeghini la volumetria delle forme e l’architettura della composizione vengono resi lievi e momentanei dai toni chiari, gli accenni al primitivismo della poetica dei primi si contrappongono alla composizione classica del disegno semeghiniano.
Accanto al “gruppo” milanese – nonostante la ritrosia degli stessi artisti verso qualsiasi definizione volta ad etichettare le ragioni della loro vicinanza – è documentata l’esistenza di un movimento chiarista più ampio, in larga parte definito dalla partecipazione della “maniera chiara” mantovana.
Il secondo periodo chiarista - illustrato nella terza e ultima sezione espositiva “Il Chiarismo a Mantova” curata da Renzo Margonari – deve la sua definizione all’incontro tra il milanese Del Bon e il mantovano Oreste Marini, attorno al quale trova un momento di continuità il sodalizio milanese – andato disgregandosi a partire dal 1936 – e si creano nuove adesioni artistiche. Accanto ad altre opere di Birolli, Lilloni e Del Bon, saranno presentati, tra gli altri, i dipinti dello stesso Marini e di Nodari, di Facciotto e Malerba.
Il catalogo della mostra, pubblicato da Silvana Editoriale, si avvale dei contributi di Eristeo Banali, Francesco Butturini, Renzo Margonari, Elena Pontiggia, Lionello Puppi e Renzo Zorzi.
Organizzata dal Centro Internazionale d’Arte e di Cultura di Palazzo Te, con il contributo della Fondazione Pio Semeghini Onlus e della Fondazione Banca Agricola Mantovana, la mostra sarà inaugurata sabato 11 marzo, quarantaduesimo anniversario della morte di Semeghini, alle ore 11.
Pio Semeghini nasce a Bondanello di Quistello (Mantova) il 31 gennaio 1878.
Terminati gli studi primari, frequenta l’Accademia di Belle Arti senza conseguire il diploma.
Nel 1899 parte per il primo dei numerosi soggiorni a Parigi durante i quali frequenta la colonia degli artisti italiani: Modigliani, Soffici, Severini, de Pisis.
A partire da 1902 ritorna regolarmente in Italia, a Modena; in seguito a Venezia, frequentando Burano, nella laguna, dove, nel 1911, inizia a formarsi un gruppo di artisti vicini per scelte ideali ed artistiche: Rossi, Moggioli, Bianco, Epstein, Scopinich; probabilmente Martini e gli altri giovani artisti delle esposizioni di Ca’ Pesaro.
Finita la guerra, Semeghini realizza la prima mostra di pittura alla “XI Esposizione d’Arte” in Palazzo Pesaro a Venezia ottenendo un importante successo di critica.
Dopo la prima Personale nel 1922, partecipa nel 1926 alla “Biennale Internazionale d’Arte” di Venezia dove espone con Rossi, Springolo e de Pisis. Alla kermesse veneziana tornerà numerose volte, con una sala personale (1950 e, postuma, 1964).
Negli stessi anni partecipa alle collettive all’estero organizzate dal Ministero della Pubblica Istruzione.
Dal 1930 al 1939 insegna presso la Scuola d’Arte nella Villa Reale di Monza.
Nel 1931 sposa Gianna Zavatta. Nello stesso anno, insieme con Carpi, Ceracchini, de Pisis, Morandi e Socrate, vince il quarto premio alla “Prima Quadriennale d’Arte” di Roma (sarà presente anche alle edizioni del 1935, 1939).
Negli anni seguenti il successo di Semeghini viene confermato da importanti premiazioni (“Premio Bergamo” 1939), inviti e apprezzamenti in ambito nazionale ed internazionale.
Nel 1939, abbandonato l’insegnamento, si sposta da Monza a Milano dove rimane fino al 1942, anno in cui si trasferisce a Verona.
Dopo aver preso parte – insieme con Pallucchini (segretario generale) Longhi, Morandi, Marini, Carrà, Ragghianti, Casorati, Venturi, Barbantini alla commissione di accettazione della Biennale Venezia, nel 1949 Semeghini vince la seconda edizione del “Premio Ines Fila delle Tre Arti”.
I primi anni ’50 sono segnati da sempre più importanti partecipazioni a manifestazioni ed esposizioni in Italia e all’estero fino al 1956, anno che consacra il lavoro e la pazienza di un artista giunto ormai alla soglia degli ottant’anni, quando Licisco Magagnato, direttore dei Musei Civici di Verona, con la collaborazione di Carlo Ludovico Raggianti e Giuseppe Marchiori, realizza la prima ed unica mostra antologica vivente il pittore: prima al palazzo della Gran Guardia in Verona, quindi all’Opera Bevilacqua La Masa di Venezia e, in fine, al Palazzo della Permanente di Milano. Tutta la stampa nazionale, specializzata e non, si interessa dell’avvenimento e Semeghini riceverà inviti per esporre nelle più prestigiose gallerie nazionali e internazionali: le sue opere saranno presenti in Australia, al Museo de Bellas Artes di Caracas, al Museo di Sion in Francia, a Monaco di Baviera e a Varsavia, e all’importante mostra itinerante negli Stati Uniti d’America “Dodici anni di pittura italiana 1945 – 1957”.
Nel 1960 un banale incidente domestico procura a Semeghini una lussazione all’omero destro che gli impedirà di dipingere per sempre.
Semeghini muore l’11 marzo del 1964 ma la sua esistenza prosegue idealmente nella mostra alla “XXXII Biennale Internazionale d’Arte di Venezia” con una Personale, voluta da Piero Zampetti e da Licisco Magagnato.
12
marzo 2006
Semeghini e il chiarismo tra Milano e Mantova
Dal 12 marzo al 28 maggio 2006
arte contemporanea
Location
PALAZZO TE
Mantova, Viale Te, 19, (Mantova)
Mantova, Viale Te, 19, (Mantova)
Biglietti
Intero € 8,00
Ridotto € 5,50 (visitatori oltre i 60 anni, soci Touring Club con tessera, soci Fai con tessera)
Gruppi € 4,50 (min. 20 max. 50 persone)
Scuole € 2,50 (visitatori tra i 12 e 18 anni e studenti universitari)
Gratuito (visitatori fino agli 11 anni, categorie elencate nell'apposito regolamento)
Orario di apertura
lunedì 13 - 18
martedì – domenica: 9 - 18
chiusura biglietteria 17.30
Vernissage
12 Marzo 2006, ore 18.30
Sito web
www.fondazionesemeghini.org
Editore
SILVANA EDITORIALE
Ufficio stampa
CLP
Autore
Curatore