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Serge Labégorre
Serge Labégorre (1932), artista francese considerato rappresentante storico dell’Espressionismo Figuratico con un curriculum straordinario a livello internazionale e opere nei musei e nelle collezioni più importanti.
Prima Personale in Italia
Comunicato stampa
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Le lacerazioni intime dell'anima.
Come non essere colpiti dai quadri di Labegorre?
Le sue gallerie di ritratti ci dicono della condizione umana più di qualsivoglia lungo discorso. È quella la forza della pittura nella sua espressione più immediata! Il suo lavoro è stato per me una delle emozioni pittoriche più profonde. Questa opera forte e autentica è impegnata a rivendicare un espressionismo tormentato e profondo, sospeso tra estasi e sofferenza. E tuttavia, in Labegorre, se l'uomo si scompone, scavato da un pennello inquisitore/indagatore, è per una rappresentazione che non tradisce alcun segreto dell'intimità.
Questo pudore sembra quasi anacronistico rispetto alla violenza del gesto pittorico. Ma si tratta di una delle chiavi di lettura del lavoro dell'artista. Se la perdita di ogni identità morfologica impone un silenzio ieratico, si tratta del silenzio delle cappelle romaniche, non di quello dei cimiteri. E in questi sguardi che parlano c'e insieme la rivolta e la preghiera. Sono ossessivi a forza di essere purificati per meglio esprimere come il pittore ha da tempo compreso la costanza dei percorsi umani e ne ha identificato tutte le ferite.
Anno dopo anno si allunga la coorte dei suoi personaggi che lentamente avanzano formando una lunga improbabile colonna. Pensiamo al poema di José-Maria de Heredia La Vision de Khem: "Tout un peuple formant le cortège mystique - Multitude qu'absorbe un calm granitique - S'ordonne et se deploie et marche dans la nuit."
Serge Labegorre diceva nel 1992: "Sì, sono i miei personaggi che, ad un certo momento, mi danno una lezione. Mi ricordano che io sono lì perché loro sono lì! E non viceversa! Perché viene il momento in cui l'ordine delle cose si capovolge e i miei personaggi, creandomi, mi dicono chi sono. Ecco per me il vero paradosso. Mi chiamano come se mi conoscessero meglio di me! E deve essere proprio vero! Io riconosco la loro voce e la loro voce non dipende più da me. Mi trasportano talmente al di là di me stesso! Insomma pretendono di essere trattati come persone. Hanno una tale sete, una tale sete di assoluto! Come potrebbero loro parlare ancora di disperazione? La disperazione si è polverizzata."
Se non c'è disperazione nelle tele di Labegorre, c'è però dell'inquietudine. L'inquietudine di tutti quegli sguardi che non trovano più gli altri. L'attesa anche, l'attesa nella solitudine e nel silenzio. Ora più che mai l'artista crede nella pittura e ce lo dimostra con un'energia costante. Quest'energia si esprime con un gesto che trascrive con impeto quello che viene dall'io profondo. Si tratta di lacerazioni intime dell'anima. Ci fanno immancabilmente pensare alle eruzioni dell'espressionismo tedesco e al loro fascino per la morte. Questa predilezione per l'unheimlich, questa lacerazione dell'anima faustiana, tra onnipotenza e impotenza.
Al di là della pittura stessa, i quadri di Labegorre sono un modo per comprendere l'uomo nella sua infinita complessità e la sua drammaturgia esistenziale è l'elemento più inquietante. Un gran pittore, certamente.
Gerard Gamand
Capo redattore della rivista Azart
maggio 2012
Come non essere colpiti dai quadri di Labegorre?
Le sue gallerie di ritratti ci dicono della condizione umana più di qualsivoglia lungo discorso. È quella la forza della pittura nella sua espressione più immediata! Il suo lavoro è stato per me una delle emozioni pittoriche più profonde. Questa opera forte e autentica è impegnata a rivendicare un espressionismo tormentato e profondo, sospeso tra estasi e sofferenza. E tuttavia, in Labegorre, se l'uomo si scompone, scavato da un pennello inquisitore/indagatore, è per una rappresentazione che non tradisce alcun segreto dell'intimità.
Questo pudore sembra quasi anacronistico rispetto alla violenza del gesto pittorico. Ma si tratta di una delle chiavi di lettura del lavoro dell'artista. Se la perdita di ogni identità morfologica impone un silenzio ieratico, si tratta del silenzio delle cappelle romaniche, non di quello dei cimiteri. E in questi sguardi che parlano c'e insieme la rivolta e la preghiera. Sono ossessivi a forza di essere purificati per meglio esprimere come il pittore ha da tempo compreso la costanza dei percorsi umani e ne ha identificato tutte le ferite.
Anno dopo anno si allunga la coorte dei suoi personaggi che lentamente avanzano formando una lunga improbabile colonna. Pensiamo al poema di José-Maria de Heredia La Vision de Khem: "Tout un peuple formant le cortège mystique - Multitude qu'absorbe un calm granitique - S'ordonne et se deploie et marche dans la nuit."
Serge Labegorre diceva nel 1992: "Sì, sono i miei personaggi che, ad un certo momento, mi danno una lezione. Mi ricordano che io sono lì perché loro sono lì! E non viceversa! Perché viene il momento in cui l'ordine delle cose si capovolge e i miei personaggi, creandomi, mi dicono chi sono. Ecco per me il vero paradosso. Mi chiamano come se mi conoscessero meglio di me! E deve essere proprio vero! Io riconosco la loro voce e la loro voce non dipende più da me. Mi trasportano talmente al di là di me stesso! Insomma pretendono di essere trattati come persone. Hanno una tale sete, una tale sete di assoluto! Come potrebbero loro parlare ancora di disperazione? La disperazione si è polverizzata."
Se non c'è disperazione nelle tele di Labegorre, c'è però dell'inquietudine. L'inquietudine di tutti quegli sguardi che non trovano più gli altri. L'attesa anche, l'attesa nella solitudine e nel silenzio. Ora più che mai l'artista crede nella pittura e ce lo dimostra con un'energia costante. Quest'energia si esprime con un gesto che trascrive con impeto quello che viene dall'io profondo. Si tratta di lacerazioni intime dell'anima. Ci fanno immancabilmente pensare alle eruzioni dell'espressionismo tedesco e al loro fascino per la morte. Questa predilezione per l'unheimlich, questa lacerazione dell'anima faustiana, tra onnipotenza e impotenza.
Al di là della pittura stessa, i quadri di Labegorre sono un modo per comprendere l'uomo nella sua infinita complessità e la sua drammaturgia esistenziale è l'elemento più inquietante. Un gran pittore, certamente.
Gerard Gamand
Capo redattore della rivista Azart
maggio 2012
29
settembre 2012
Serge Labégorre
Dal 29 settembre al 28 ottobre 2012
arte contemporanea
Location
DONDOLANDOARTE
Martignana Di Po, via Cadeferro, 11, (Cremona)
Martignana Di Po, via Cadeferro, 11, (Cremona)
Orario di apertura
dal giovedi alla domenica
dalle 16:00 alle 20:00
Vernissage
29 Settembre 2012, ore 17:00
Autore
Curatore