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Sergio Curtacci – Alchimie Digitali
La carriera di Sergio Curtacci che nasce come ingegnere informatico, si sviluppa come insegnante di grafica e scienza della comunicazione digitale, le continue ricerche e sperimentazioni portano Sergio Curtacci, inevitabilmente a usare il computer, non più solo come mero strumento di lavoro.
Comunicato stampa
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La carriera di Sergio Curtacci che nasce come ingegnere informatico, si sviluppa come insegnante di grafica e scienza della comunicazione digitale, le continue ricerche e sperimentazioni portano Sergio Curtacci, inevitabilmente a usare il computer, non più solo come mero strumento di lavoro, bensì come mezzo d'espressione, e da qui il passo è breve per divenire a tutti gli effetti artista digitale. I suoi lavori ben presto vengono accolti con entusiasmo dal pubblico di internet, luogo dove egli colloca i propri lavori, tanto sì che il MoMA, uno dei più prestigiosi musei di arte contemporanea al mondo, lo invita ad esporre due sue opere nelle sale museali nella sezione Net-Art - Digital-Art. Già questo è di per sè un grande traguardo, ma lungi dall'essere tale, esso diventa solo il trampolino di lancio della sua carriera d'artista. Varie gallerie d'Europa e d'America si contendono i suoi lavori, basti pensare al museo di Arte Moderna e Contemporanea di Berlino o alla prestigiosa e storica Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia, alla galleria Agorà di Soho New York.
Egli usa i programmi per elaborare le immagini raccolte, manipolandole, sovrapponendole, sfumandole ed estrapolando da ognuna particolari significativi, costruendo dalle varie frammentazioni un corpo intero ed originale.
Nelle sue opere si possono scorgere riferimenti classici della miglior pittura rinascimentale, più che nei soggetti nel colore, i rossobruniti e i giallo dorati dei maestri fiamminghi e le ombreggiature caravaggesche. La commistione di tecnologia e tradizione implica la deformazione e rivisitazione che reca in sè la cifra "gotica" in una continua mescolanza di atmosfere dark e aspirazioni pseudospirituali.
Lo spazio cromatico diventa così il contenitore di artifici visivi che oscillano tra le sbavature della texture, riflettendo i percorsi di ogni raggio di luce dalla sorgente luminosa all'area di influenza della superficie.
Le sue opere sono mappe ambientali, crepuscolari in cui Sergio Curtacci riassume i capitoli della propria vita. Esse sono immagini di un mondo allo sfacelo, la decadenza della civiltà, il tutto visto attraverso gli occhi attoniti e inorriditi di una umanità che tra l'incredulità e lo sgomento inizia a prendere coscienza dei ricordi sbiaditi e intorpiditi, riprodotti in rilievo sui muri ammuffiti del tempo, e della storia della propria inconsistenza, risvegliandosi da una ipnosi romantico-collettiva.
Sergio Curtacci con una lucidità che rasenta l'insolenza intellettuale, si fa portavoce di quel "cane celeste" che con sfrontatezza frenò i propri desideri e ridicolizzò l'altrui prudenza e timidezza, dimostrando che la fierezza dei propri principi non è una scappatoia per qualsivoglia modello edificante, ma è la visione cinica e spietata che si riflette sui volti dell'uomo indotto, dalla sua incapacità, a registrare le contraddizioni e le incongruenze di un eccesso di civiltà.
Come Sergio, l'artista vero è colui che coglie in uno sguardo l'orizzonte estremo della barbarie esaltandone i contorni di un equilibrio instabile; e nel suo disincanto incapace di retorica, s'aggira, oppresso dal fardello della storia, in un cimitero virtuale, registrando i sussulti e i rantoli di una civiltà in decomposizione e restituendole quella dignità che ogni epoca ha vituperato e mortificato.
Egli incline a se stesso con slancio ingenuo riscatta l'infelicità di un orgoglio piagato, illuminando l'indifferenza e l'indifferenziazione di una fede a corto di trucchi, e in un vortice di esasperazione vi insinua il disagio e la tentazione alla vita.
Liliana Visintin
Ospiti della personale gli artisti: Bruna de Fabris, Lara Berto e Paolo Maurizi che esporranno alcuni loro lavori.
Egli usa i programmi per elaborare le immagini raccolte, manipolandole, sovrapponendole, sfumandole ed estrapolando da ognuna particolari significativi, costruendo dalle varie frammentazioni un corpo intero ed originale.
Nelle sue opere si possono scorgere riferimenti classici della miglior pittura rinascimentale, più che nei soggetti nel colore, i rossobruniti e i giallo dorati dei maestri fiamminghi e le ombreggiature caravaggesche. La commistione di tecnologia e tradizione implica la deformazione e rivisitazione che reca in sè la cifra "gotica" in una continua mescolanza di atmosfere dark e aspirazioni pseudospirituali.
Lo spazio cromatico diventa così il contenitore di artifici visivi che oscillano tra le sbavature della texture, riflettendo i percorsi di ogni raggio di luce dalla sorgente luminosa all'area di influenza della superficie.
Le sue opere sono mappe ambientali, crepuscolari in cui Sergio Curtacci riassume i capitoli della propria vita. Esse sono immagini di un mondo allo sfacelo, la decadenza della civiltà, il tutto visto attraverso gli occhi attoniti e inorriditi di una umanità che tra l'incredulità e lo sgomento inizia a prendere coscienza dei ricordi sbiaditi e intorpiditi, riprodotti in rilievo sui muri ammuffiti del tempo, e della storia della propria inconsistenza, risvegliandosi da una ipnosi romantico-collettiva.
Sergio Curtacci con una lucidità che rasenta l'insolenza intellettuale, si fa portavoce di quel "cane celeste" che con sfrontatezza frenò i propri desideri e ridicolizzò l'altrui prudenza e timidezza, dimostrando che la fierezza dei propri principi non è una scappatoia per qualsivoglia modello edificante, ma è la visione cinica e spietata che si riflette sui volti dell'uomo indotto, dalla sua incapacità, a registrare le contraddizioni e le incongruenze di un eccesso di civiltà.
Come Sergio, l'artista vero è colui che coglie in uno sguardo l'orizzonte estremo della barbarie esaltandone i contorni di un equilibrio instabile; e nel suo disincanto incapace di retorica, s'aggira, oppresso dal fardello della storia, in un cimitero virtuale, registrando i sussulti e i rantoli di una civiltà in decomposizione e restituendole quella dignità che ogni epoca ha vituperato e mortificato.
Egli incline a se stesso con slancio ingenuo riscatta l'infelicità di un orgoglio piagato, illuminando l'indifferenza e l'indifferenziazione di una fede a corto di trucchi, e in un vortice di esasperazione vi insinua il disagio e la tentazione alla vita.
Liliana Visintin
Ospiti della personale gli artisti: Bruna de Fabris, Lara Berto e Paolo Maurizi che esporranno alcuni loro lavori.
30
maggio 2004
Sergio Curtacci – Alchimie Digitali
Dal 30 maggio al 27 giugno 2004
arte contemporanea
Location
STAR HOTEL SAVOIA EXCELSIOR
Trieste, Riva Del Mandracchio, 4, (Trieste)
Trieste, Riva Del Mandracchio, 4, (Trieste)
Orario di apertura
dalle 9.00 alle 21.00 tutti i giorni festivi compresi
Vernissage
30 Maggio 2004, ore 19.00