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Sergio Ragalzi – Erotica
Dopo nove anni da Inumano, Sergio Ragalzi torna a via Panisperna con una serie di lavori del ciclo Erotica. Nucleo centrale della mostra pensata espressamente per Senzatitolo è la scultura enigmatica e sensuale sospesa nel vuoto e posta quasi a collegare idealmente I due piani dello spazio.
Comunicato stampa
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è la passione che fa accadere le cose
Kamasutra, II, 7, 31
Guardare il mondo, anche un mondo piccolissimo come il nostro, significa comprendere come di esso sia possibile dare soltanto una interpretazione credibile delle dinamiche senza arrivare a toccare la natura delle cose. La realtà resta inavvicinabile. Sergio Ragalzi, come già altri artisti visionari, penso a Mattia Moreni, mette a fuoco questa difficoltà, questa crisi nel rapporto dell’io con il mondo. La realtà della sua esperienza pittorica e plastica è dominata da incubi e allucinate visioni.
Ombre, virus, scimmie, embrioni, sono alcune delle creazioni che hanno popolato il suo percorso. Non basta pensare che si tratti solamente di mostruosità legate a un futuro apocalittico, oscuri presagi di una fine imminente oppure, come nel caso delle scimmie, che si tratti di paradigmi di un vitalismo osservato con rimpianto, quasi simboli di una forza generativa che l’uomo ha perso e non riuscirà più a riconquistare.
Credo che queste visioni non siano tanto profezie di un futuro buio né denunce malinconiche di una natura, quella umana, ormai irrimediabilmente impoverita e degradata. I protagonisti di questa storia non interpretano quel che sarà né ciò che è stato e non sarà mai più.
Il “teatro” di Ragalzi ci ha mostrato e continua a rappresentare, un sentimento del presente: un mondo multiforme che si apre dinanzi a noi, un mondo di ultracorpi, di inumani, mondo del bene e del male, di pulsioni incontenibili e di generi opposti ma così inestricabilmente avvinti e confusi da non ammettere che una scelta li divida.
Nel novembre del 2004 Ragalzi popolò gli spazi di via Panisperna di un esercito di ominidi asessuati che fronteggiavano, in contemplazione, una piccola scimmia di ceramica smaltata. Non si trattò solo della rappresentazione simbolica di un Eden dileguante quanto piuttosto della denuncia consapevole dell’isolamento dell’arte in un contesto immoto eppure non estraneo.
A distanza di nove anni Ragalzi torna con una installazione che ha come proprio centro una scultura accogliente ed enigmatica, una forma oscura ma non tetra, misteriosa e ricca di significati, liberata da ogni realismo e per questo universale:
Una vulva come un fusto d’albero scaturito dal profondo. L’ideale germoglio di quella piccola scimmia che ne ha costituito anni fa l’apparato radicale.
Il volume leggermente ovoidale coperto di pelliccia, la superficie concava, lungo l’asse sagittale, invasa di smalto antirombo (una sorta di traccia organica, una “emanazione” dell’artista torinese), ogni singolo aspetto di questo immenso sesso, riconosciuto come femminile senza mediazione, è piuttosto simbolo della forza generativa, della ostinata capacità di riprodurre la vita in forme che ricalchino, sentimenti, desideri, sogni e attese. Come ama ripetere lo stesso Ragalzi: “Ciò per cui vale la pena di vivere questo presente, è il mistero dell’esistere”.
In fondo anche questa mostra non ci sarebbe stata se lui stesso non fosse tornato in via Panisperna e non mi avesse comunicato questa volontà di essere, senza esitazione, seguendo una passione, una passione comune.
(massimo arioli)
Kamasutra, II, 7, 31
Guardare il mondo, anche un mondo piccolissimo come il nostro, significa comprendere come di esso sia possibile dare soltanto una interpretazione credibile delle dinamiche senza arrivare a toccare la natura delle cose. La realtà resta inavvicinabile. Sergio Ragalzi, come già altri artisti visionari, penso a Mattia Moreni, mette a fuoco questa difficoltà, questa crisi nel rapporto dell’io con il mondo. La realtà della sua esperienza pittorica e plastica è dominata da incubi e allucinate visioni.
Ombre, virus, scimmie, embrioni, sono alcune delle creazioni che hanno popolato il suo percorso. Non basta pensare che si tratti solamente di mostruosità legate a un futuro apocalittico, oscuri presagi di una fine imminente oppure, come nel caso delle scimmie, che si tratti di paradigmi di un vitalismo osservato con rimpianto, quasi simboli di una forza generativa che l’uomo ha perso e non riuscirà più a riconquistare.
Credo che queste visioni non siano tanto profezie di un futuro buio né denunce malinconiche di una natura, quella umana, ormai irrimediabilmente impoverita e degradata. I protagonisti di questa storia non interpretano quel che sarà né ciò che è stato e non sarà mai più.
Il “teatro” di Ragalzi ci ha mostrato e continua a rappresentare, un sentimento del presente: un mondo multiforme che si apre dinanzi a noi, un mondo di ultracorpi, di inumani, mondo del bene e del male, di pulsioni incontenibili e di generi opposti ma così inestricabilmente avvinti e confusi da non ammettere che una scelta li divida.
Nel novembre del 2004 Ragalzi popolò gli spazi di via Panisperna di un esercito di ominidi asessuati che fronteggiavano, in contemplazione, una piccola scimmia di ceramica smaltata. Non si trattò solo della rappresentazione simbolica di un Eden dileguante quanto piuttosto della denuncia consapevole dell’isolamento dell’arte in un contesto immoto eppure non estraneo.
A distanza di nove anni Ragalzi torna con una installazione che ha come proprio centro una scultura accogliente ed enigmatica, una forma oscura ma non tetra, misteriosa e ricca di significati, liberata da ogni realismo e per questo universale:
Una vulva come un fusto d’albero scaturito dal profondo. L’ideale germoglio di quella piccola scimmia che ne ha costituito anni fa l’apparato radicale.
Il volume leggermente ovoidale coperto di pelliccia, la superficie concava, lungo l’asse sagittale, invasa di smalto antirombo (una sorta di traccia organica, una “emanazione” dell’artista torinese), ogni singolo aspetto di questo immenso sesso, riconosciuto come femminile senza mediazione, è piuttosto simbolo della forza generativa, della ostinata capacità di riprodurre la vita in forme che ricalchino, sentimenti, desideri, sogni e attese. Come ama ripetere lo stesso Ragalzi: “Ciò per cui vale la pena di vivere questo presente, è il mistero dell’esistere”.
In fondo anche questa mostra non ci sarebbe stata se lui stesso non fosse tornato in via Panisperna e non mi avesse comunicato questa volontà di essere, senza esitazione, seguendo una passione, una passione comune.
(massimo arioli)
27
novembre 2013
Sergio Ragalzi – Erotica
Dal 27 novembre 2013 al 10 gennaio 2014
arte contemporanea
Location
SPAZIO SENZATITOLO
Roma, Via Panisperna, 100, (Roma)
Roma, Via Panisperna, 100, (Roma)
Orario di apertura
da lunedì a sabato ore 17-20
Vernissage
27 Novembre 2013, ore 19
Autore
Curatore