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Sguardo consapevole. Il filtro dell’immagine
Lavori morfologicamente diversi come installazioni, fotografie, video, sculture, interventi cromatici e grafici entrano in relazione tra loro e con lo spazio che le ospita, evidenziando le affinità profonde che le attraversano e le differenze che ne esaltano le specificità, e, in alcuni casi, gettando un ponte verso il contesto urbano e sociale
Comunicato stampa
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La mostra raccoglie opere di Giuseppe Armenia, Domenico Borrelli, Giovanni Fioccardi, Paolo Grassino, Enrico Iuliano, Gioberto Noro, Fabrizio Parachini. Lavori morfologicamente diversi come installazioni, fotografie, video, sculture, interventi cromatici e grafici entrano in relazione tra loro e con lo spazio che le ospita, evidenziando le affinità profonde che le attraversano e le differenze che ne esaltano le specificità, e, in alcuni casi, gettando un ponte verso il contesto urbano e sociale. La sede espositiva si trova, infatti, in un punto nevralgico, "problematico", multiculturale, e centrale della città.
Il titolo dichiara esplicitamente che le opere presentate sono il frutto di una visione lucidamente complessa sulle cose e sul mondo, disposta però a confrontarsi con gli sguardi altrettanto complessi e curiosi di coloro che sapranno prestar loro attenzione.
Il sottotitolo, “Il filtro dell’immagine”, si pone come un elemento connotativo e vero e proprio filo conduttore. La proposizione sta a indicare il riconoscimento, e l’accettazione implicita, che tutto ciò che noi vediamo, e quindi anche un’opera d’arte, è il risultato di stratificazioni complesse fatte di pensieri, ricordi, immagini immediate e remote, oggettualità e fantasie evanescenti. La visione incontra numerosi “filtri” nel suo percorso dalla mente all’opera e viceversa, mai così tanti come in questa contemporaneità, il loro riconoscimento e il loro uso da parte degli artisti può diventare elemento creativo qualificante proprio in quanto esperienza del “sentire” più profondo.
Dal testo in catalogo:
Lo spazio è vissuto come Agorà da Paolo Grassino ed Enrico Iuliano. Diventa il simbolo di crocevia ed incontro di popoli. Grassino crea un’installazione usando la grande ghiacciaia antica. Questa diventa il cuore stesso del luogo che prende vita, e si illumina di luce verde. La musica, composta da Stefano Danusso, proviene dall’interno, dove, immagina l’artista, vi è qualcuno che suona il flauto, come avviene in Turchia alla morte di un saggio. Nel PalaFuksas c’è un mistico che suona, e la sua luce è talmente intensa che irradia ovunque. Vuol arrivar fin fuori, ad accompagnare chi monta e smonta il mercato tutti i giorni.
Il “venirsi incontro” è anche il tema principale delle opere di Enrico Iuliano; installazioni del genere di Composizione per vetri su vespa sono costruzioni dinamiche. L’acqua rossa torna sempre su se stessa, evocando un clima gioviale, mentre il pennino diventa l’emblema stesso della comunicazione. L’artista pensa a tutti i viaggiatori e alle esperienze in continua evoluzione. Lo spazio è come un labirinto per Domenico Borrelli e Giuseppe Armenia. Le figure di Borrelli provengono da universi altri. La fanciulla in gesso, di
Cover, è un’entità leggerache, con un movimento della mano, sembra trascinare via con sé l’intera stanza, rivelando così un’imprevista morbidezza, straniando, e aprendo una dimensione surreale in cui anche lo spettatore rimane coinvolto. Arianna appare in un labirinto, non riconoscibile, tutto bianco, a portare via con un gesto la memoria del luogo, a ricordarci il mito. Lungo le direzioni di un altro Labirinto, quello di Giuseppe Armenia, puoi anche perderti, dato che, secondo l’artista, il mondo globale rischia di smarrire la connessione conla tradizione, con la storia. L’Ignoto che guarda il tramonto è una figura di spalle, che sta andando via. Di fronte all’ossessione delle immagini del contemporaneo, Armenia mostra presenze che continuamente si negano. Lo spazio contiene altri spazi per Giovanni Fioccardi e Gioberto Noro. Di fronte alla confusione urbana, Fioccardi cerca di cogliere la dimensione estetica di qualsiasispazio da lui percorso. Da piazze rumorose e affollate ottiene particolari silenziosi, ben strutturati, bilanciati e armonici nelle forme e nei toni. La città di Fioccardi appare in linea con la tendenza di molta arte contemporanea che, all’opposto di quella futurista, vede rappresentato lo spazio urbano nei particolari, e in spazi sempre più vuoti. In An elder with no name, di Gioberto Noro, un sambuco, albero che veniva posto accanto all’abitazioni a protezione, è affiancato da una parete di cemento nello spazio dall’apparenza desolante. La pianta viene trovata in un luogo difficilmente raggiungibile. Gli artisti ne percepiscono le vibrazioni, generate da stati di disagio e sofferenza. Ci sono luoghi in cui l’energia è forte, diventa tangibile, e nel tentativo di “raccogliere l’urlo di dolore della terra”, diventano i tramiti delle istanze comunicate dall’oggetto. Fabrizio Parachini interpreta lo spazio come puro spazio. Al suo interno compone i suoi dittici e trittici e il più piccolo Aleph, quadrato nero, che rappresenta la forma primache genera le altre. L’artista sente la tensione con principi archetipici ed originari, si riferisce all’elementare-complesso, guarda la sua Purezza. In un ipotetico percorso, costruisce un codice binario che alterna immagini di una realtà debordante, della città-labirinto, con le pause monocromate dei suoi lavori.
Anna D’Agostino
Un ringraziamento speciale ad Anselmo Basso.
Sponsor: Fabrizio Musso; Pastis; Il Consorzio di Bra; Edibas.
Si ringrazia: vinologo.it; Il Progetto Portapalazzo The Gate; Attittudine forma; Associazione di Quadrilatero; Associazione culturale Azimut; Associazione culturale Migma; Alpini della Protezione Civile; l'Amiat.
Il titolo dichiara esplicitamente che le opere presentate sono il frutto di una visione lucidamente complessa sulle cose e sul mondo, disposta però a confrontarsi con gli sguardi altrettanto complessi e curiosi di coloro che sapranno prestar loro attenzione.
Il sottotitolo, “Il filtro dell’immagine”, si pone come un elemento connotativo e vero e proprio filo conduttore. La proposizione sta a indicare il riconoscimento, e l’accettazione implicita, che tutto ciò che noi vediamo, e quindi anche un’opera d’arte, è il risultato di stratificazioni complesse fatte di pensieri, ricordi, immagini immediate e remote, oggettualità e fantasie evanescenti. La visione incontra numerosi “filtri” nel suo percorso dalla mente all’opera e viceversa, mai così tanti come in questa contemporaneità, il loro riconoscimento e il loro uso da parte degli artisti può diventare elemento creativo qualificante proprio in quanto esperienza del “sentire” più profondo.
Dal testo in catalogo:
Lo spazio è vissuto come Agorà da Paolo Grassino ed Enrico Iuliano. Diventa il simbolo di crocevia ed incontro di popoli. Grassino crea un’installazione usando la grande ghiacciaia antica. Questa diventa il cuore stesso del luogo che prende vita, e si illumina di luce verde. La musica, composta da Stefano Danusso, proviene dall’interno, dove, immagina l’artista, vi è qualcuno che suona il flauto, come avviene in Turchia alla morte di un saggio. Nel PalaFuksas c’è un mistico che suona, e la sua luce è talmente intensa che irradia ovunque. Vuol arrivar fin fuori, ad accompagnare chi monta e smonta il mercato tutti i giorni.
Il “venirsi incontro” è anche il tema principale delle opere di Enrico Iuliano; installazioni del genere di Composizione per vetri su vespa sono costruzioni dinamiche. L’acqua rossa torna sempre su se stessa, evocando un clima gioviale, mentre il pennino diventa l’emblema stesso della comunicazione. L’artista pensa a tutti i viaggiatori e alle esperienze in continua evoluzione. Lo spazio è come un labirinto per Domenico Borrelli e Giuseppe Armenia. Le figure di Borrelli provengono da universi altri. La fanciulla in gesso, di
Cover, è un’entità leggerache, con un movimento della mano, sembra trascinare via con sé l’intera stanza, rivelando così un’imprevista morbidezza, straniando, e aprendo una dimensione surreale in cui anche lo spettatore rimane coinvolto. Arianna appare in un labirinto, non riconoscibile, tutto bianco, a portare via con un gesto la memoria del luogo, a ricordarci il mito. Lungo le direzioni di un altro Labirinto, quello di Giuseppe Armenia, puoi anche perderti, dato che, secondo l’artista, il mondo globale rischia di smarrire la connessione conla tradizione, con la storia. L’Ignoto che guarda il tramonto è una figura di spalle, che sta andando via. Di fronte all’ossessione delle immagini del contemporaneo, Armenia mostra presenze che continuamente si negano. Lo spazio contiene altri spazi per Giovanni Fioccardi e Gioberto Noro. Di fronte alla confusione urbana, Fioccardi cerca di cogliere la dimensione estetica di qualsiasispazio da lui percorso. Da piazze rumorose e affollate ottiene particolari silenziosi, ben strutturati, bilanciati e armonici nelle forme e nei toni. La città di Fioccardi appare in linea con la tendenza di molta arte contemporanea che, all’opposto di quella futurista, vede rappresentato lo spazio urbano nei particolari, e in spazi sempre più vuoti. In An elder with no name, di Gioberto Noro, un sambuco, albero che veniva posto accanto all’abitazioni a protezione, è affiancato da una parete di cemento nello spazio dall’apparenza desolante. La pianta viene trovata in un luogo difficilmente raggiungibile. Gli artisti ne percepiscono le vibrazioni, generate da stati di disagio e sofferenza. Ci sono luoghi in cui l’energia è forte, diventa tangibile, e nel tentativo di “raccogliere l’urlo di dolore della terra”, diventano i tramiti delle istanze comunicate dall’oggetto. Fabrizio Parachini interpreta lo spazio come puro spazio. Al suo interno compone i suoi dittici e trittici e il più piccolo Aleph, quadrato nero, che rappresenta la forma primache genera le altre. L’artista sente la tensione con principi archetipici ed originari, si riferisce all’elementare-complesso, guarda la sua Purezza. In un ipotetico percorso, costruisce un codice binario che alterna immagini di una realtà debordante, della città-labirinto, con le pause monocromate dei suoi lavori.
Anna D’Agostino
Un ringraziamento speciale ad Anselmo Basso.
Sponsor: Fabrizio Musso; Pastis; Il Consorzio di Bra; Edibas.
Si ringrazia: vinologo.it; Il Progetto Portapalazzo The Gate; Attittudine forma; Associazione di Quadrilatero; Associazione culturale Azimut; Associazione culturale Migma; Alpini della Protezione Civile; l'Amiat.
06
giugno 2007
Sguardo consapevole. Il filtro dell’immagine
Dal 06 al 18 giugno 2007
arte contemporanea
Location
PALATINO
Torino, Piazza Della Repubblica, 25, (Torino)
Torino, Piazza Della Repubblica, 25, (Torino)
Orario di apertura
dalle 16 alle 19, o su appuntamento (tel. 3478504037)
Vernissage
6 Giugno 2007, ore 18,30
Alle ore 20.00 performance di Flamenco Contemporaneo della compagnia "El Contrabando", con Diana Regano e Anet Froehlicher
Autore
Curatore