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Short Visit – Nicola Gobbetto
Short Visit è un progetto curatoriale itinerante, ideato da Paola Gallio e Davide Tomaiuolo che sceglie lo studio d’artista come spazio espositivo.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
A cura di Paola Gallio e Davide Tomaiuolo
L'occasione di aprire lo studio a short visit è per Nicola Gobbetto il modo di raccontare l' avventura in cui si trova coinvolto il personaggio de L’asino d’oro, romanzo meglio conosciuto come Le Metamorfosi, scritto da Apuleio.
Undici sono i capitoli in cui vengono narrate le vicende di Lucio il protagonista, che spinto dalla curiositas giunge in Tessaglia, terra di maghi e fattucchiere, dove desidera conoscere il misterioso mondo della magia.
Ritrovatosi a causa di un incantesimo trasformato in asino ,durante il suo percorso alla ricerca della pozione per tornare essere umano, il giovane affronta molte disavventure e pericoli ed è testimone dei più abietti vizi umani.
Nicola Gobbetto nei suoi lavori, utilizzando svariate tecniche, dal collage alla pittura, dal disegno al ready made, scultura, fotografia, ricostruisce il percoso impervio dando vita a undici momenti salienti di questa antica storia. Le digressioni inserite nell'intreccio principale che ci narra l'artista sono storie dove il magico si alterna con l'epico, col tragico, col comico, in una sperimentazione di generi diversi. Costantemente mosso nel suo percorso artistico dall'atmosfera carica di mistero che circonda il mondo fanciullesco, l’artista torna a manifestare il tratto distintivo della sua ricerca portandoci ad incappare nelle trame sempre più fitte dei sortilegi che animano le trame del fantastico.
S.V.: Nella storia dell’arte la bottega era il luogo d’apprendistato dove applicare le diverse tecniche e discipline. Nel tempo si evolve nella forma di atelier: luogo architettonicamente studiato per accogliere il lavoro del pittore e dello scultore. Nella contemporaneità e sempre più raro individuare degli spazi preposti ad ospitare la pratica artistica. In che modo hai identificato quello che hai scelto come studio e perché esiste ancora l’esigenza di avere uno spazio prescelto dove produrre?
N.G.: E’ necessario avere uno spazio dove realizzare il proprio lavoro, ma il mio vero studio, inteso come luogo, coincide con la mia testa. Esiste nel cervello di qualunque persona svolga un lavoro creativo una stanza vuota dove attaccare ritagli di giornale e immagini alle pareti, dove sperimentare continuamente con forme e materiali, distruggere e ricreare. Alle volte ti ritrovi in quella stanza anche senza volerlo. Può capitare che durante un pranzo con un’amica l’emisfero sinistro conversi con lei mentre quello destro contemporaneamente continua a risolvere la nuova installazione, dipinto, scultura… dico davvero, non è un’immagine romantica, è quello che realmente succede, è inevitabile. Creare è una necessità, come fare pipì… se ti scappa all’improvviso alla volte sei costretto a farla dietro una macchina fuori da un locale.
S.V.: Per l’artista, lo studio è il luogo di produzione di lavori creati all’interno dello spazio ma pensati per vivere altrove. Chiedendoti un progetto in site specific e inducendoti così ad un meccanismo processuale insolito, s’innesca un diverso modo di percepire fisicamente lo spazio in cui operi?
N.G.: Io credo che l’arista abbia la capacità di trasformare e distorcere la realtà che lo circonda; anche se realizzo in un ambiente un lavoro pensato per vivere altrove, lo spazio in cui viene alla luce ha già intrinseche in sé le caratteristiche del posto dove l’opera si ambienterà o comunque il mio sguardo e il mio cervello riuscirebbero automaticamente a visualizzarlo. L’opera d’arte ha poi spesso in sé una natura di tipo nomade, i luoghi in cui verrà esposta potrebbero essere vari, l’importanza dello spazio espositivo è tutto sommato molto relativa, l’opera è quasi paragonabile ad un essere vivente, nasce, ha una sua storia, viene teorizzata, viaggia, abita spazi diversi, può anche fare la polvere o morire se nessuno ne parla più…
S.V: Lo studio vist è solitamente un momento privato di confronto, il nostro tentativo è di invertire tale pratica passando da “salotto” a “vetrina”. Short Visit diventa un’esposizione pubblica di una dimensione intima. Il modello dello studio visit in una forma più accessibile può ridurre la difficoltà psicologica d’accesso che spesso si riscontra nei luoghi in cui l’arte si esplicita?
N.G: Credo di sì, forse lo spettatore si sentirà più facilitato nell’entrare in intimità con l’artista e con l’opera; deve essere un po’ come per un amico entrare in sala parto, il luogo in cui l’opera è venuta alla luce. Un luogo magico, privo di sovrastrutture, primordiale e carico di energia.
Short Visit è un progetto curatoriale itinerante, ideato da Paola Gallio e Davide Tomaiuolo che sceglie lo studio d’artista come spazio espositivo.
Short Visit è l’evoluzione del precedente Short Show #.
Il processo funziona a ritroso. Short Visit nasce come una pirandelliana ricerca d’autore; un contenuto in cerca di contenitore.
Il format Short Visit cerca una sede e la identifica nella formula dello studio visit.
Short Visit, riproducendo lo stesso meccanismo temporale di Short Show, diventa un rapido evento espositivo, che prevede un momento inaugurale con la presentazione di un progetto site specific dell’artista all’interno del suo studio. Nei dieci giorni che seguiranno la vernice lo spazio sarà gestito come interzona di presentazione del lavoro, rendendo pubblica la prassi del canonico studio visit.
Short Visit, possedendo una fluidità nomade, non avrà una cadenza prestabilita ma maturerà secondo le disponibilità e delle esigenze dei soggetti coinvolti. In questo modo il sito internet sarà strumento integrato del progetto diventando la sede effettiva.
Ad ogni appuntamento saranno disponibili sul web le immagini del progetto inedito, una selezione di lavori dal book dell’artista e le coordinate per raggiungere lo studio in modo da trasformare l’operazione, nel tempo, in uno strumento di mappatura e una piattaforma di network.
L'occasione di aprire lo studio a short visit è per Nicola Gobbetto il modo di raccontare l' avventura in cui si trova coinvolto il personaggio de L’asino d’oro, romanzo meglio conosciuto come Le Metamorfosi, scritto da Apuleio.
Undici sono i capitoli in cui vengono narrate le vicende di Lucio il protagonista, che spinto dalla curiositas giunge in Tessaglia, terra di maghi e fattucchiere, dove desidera conoscere il misterioso mondo della magia.
Ritrovatosi a causa di un incantesimo trasformato in asino ,durante il suo percorso alla ricerca della pozione per tornare essere umano, il giovane affronta molte disavventure e pericoli ed è testimone dei più abietti vizi umani.
Nicola Gobbetto nei suoi lavori, utilizzando svariate tecniche, dal collage alla pittura, dal disegno al ready made, scultura, fotografia, ricostruisce il percoso impervio dando vita a undici momenti salienti di questa antica storia. Le digressioni inserite nell'intreccio principale che ci narra l'artista sono storie dove il magico si alterna con l'epico, col tragico, col comico, in una sperimentazione di generi diversi. Costantemente mosso nel suo percorso artistico dall'atmosfera carica di mistero che circonda il mondo fanciullesco, l’artista torna a manifestare il tratto distintivo della sua ricerca portandoci ad incappare nelle trame sempre più fitte dei sortilegi che animano le trame del fantastico.
S.V.: Nella storia dell’arte la bottega era il luogo d’apprendistato dove applicare le diverse tecniche e discipline. Nel tempo si evolve nella forma di atelier: luogo architettonicamente studiato per accogliere il lavoro del pittore e dello scultore. Nella contemporaneità e sempre più raro individuare degli spazi preposti ad ospitare la pratica artistica. In che modo hai identificato quello che hai scelto come studio e perché esiste ancora l’esigenza di avere uno spazio prescelto dove produrre?
N.G.: E’ necessario avere uno spazio dove realizzare il proprio lavoro, ma il mio vero studio, inteso come luogo, coincide con la mia testa. Esiste nel cervello di qualunque persona svolga un lavoro creativo una stanza vuota dove attaccare ritagli di giornale e immagini alle pareti, dove sperimentare continuamente con forme e materiali, distruggere e ricreare. Alle volte ti ritrovi in quella stanza anche senza volerlo. Può capitare che durante un pranzo con un’amica l’emisfero sinistro conversi con lei mentre quello destro contemporaneamente continua a risolvere la nuova installazione, dipinto, scultura… dico davvero, non è un’immagine romantica, è quello che realmente succede, è inevitabile. Creare è una necessità, come fare pipì… se ti scappa all’improvviso alla volte sei costretto a farla dietro una macchina fuori da un locale.
S.V.: Per l’artista, lo studio è il luogo di produzione di lavori creati all’interno dello spazio ma pensati per vivere altrove. Chiedendoti un progetto in site specific e inducendoti così ad un meccanismo processuale insolito, s’innesca un diverso modo di percepire fisicamente lo spazio in cui operi?
N.G.: Io credo che l’arista abbia la capacità di trasformare e distorcere la realtà che lo circonda; anche se realizzo in un ambiente un lavoro pensato per vivere altrove, lo spazio in cui viene alla luce ha già intrinseche in sé le caratteristiche del posto dove l’opera si ambienterà o comunque il mio sguardo e il mio cervello riuscirebbero automaticamente a visualizzarlo. L’opera d’arte ha poi spesso in sé una natura di tipo nomade, i luoghi in cui verrà esposta potrebbero essere vari, l’importanza dello spazio espositivo è tutto sommato molto relativa, l’opera è quasi paragonabile ad un essere vivente, nasce, ha una sua storia, viene teorizzata, viaggia, abita spazi diversi, può anche fare la polvere o morire se nessuno ne parla più…
S.V: Lo studio vist è solitamente un momento privato di confronto, il nostro tentativo è di invertire tale pratica passando da “salotto” a “vetrina”. Short Visit diventa un’esposizione pubblica di una dimensione intima. Il modello dello studio visit in una forma più accessibile può ridurre la difficoltà psicologica d’accesso che spesso si riscontra nei luoghi in cui l’arte si esplicita?
N.G: Credo di sì, forse lo spettatore si sentirà più facilitato nell’entrare in intimità con l’artista e con l’opera; deve essere un po’ come per un amico entrare in sala parto, il luogo in cui l’opera è venuta alla luce. Un luogo magico, privo di sovrastrutture, primordiale e carico di energia.
Short Visit è un progetto curatoriale itinerante, ideato da Paola Gallio e Davide Tomaiuolo che sceglie lo studio d’artista come spazio espositivo.
Short Visit è l’evoluzione del precedente Short Show #.
Il processo funziona a ritroso. Short Visit nasce come una pirandelliana ricerca d’autore; un contenuto in cerca di contenitore.
Il format Short Visit cerca una sede e la identifica nella formula dello studio visit.
Short Visit, riproducendo lo stesso meccanismo temporale di Short Show, diventa un rapido evento espositivo, che prevede un momento inaugurale con la presentazione di un progetto site specific dell’artista all’interno del suo studio. Nei dieci giorni che seguiranno la vernice lo spazio sarà gestito come interzona di presentazione del lavoro, rendendo pubblica la prassi del canonico studio visit.
Short Visit, possedendo una fluidità nomade, non avrà una cadenza prestabilita ma maturerà secondo le disponibilità e delle esigenze dei soggetti coinvolti. In questo modo il sito internet sarà strumento integrato del progetto diventando la sede effettiva.
Ad ogni appuntamento saranno disponibili sul web le immagini del progetto inedito, una selezione di lavori dal book dell’artista e le coordinate per raggiungere lo studio in modo da trasformare l’operazione, nel tempo, in uno strumento di mappatura e una piattaforma di network.
17
maggio 2010
Short Visit – Nicola Gobbetto
Dal 17 al 28 maggio 2010
arte contemporanea
Location
STUDIO NICOLA GOBBETTO
Milano, Via Privata Bassano Del Grappa, 5, (Milano)
Milano, Via Privata Bassano Del Grappa, 5, (Milano)
Orario di apertura
Su appuntamento
Vernissage
17 Maggio 2010, ore 18.30
Sito web
www.shortvisit.it
Autore
Curatore