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Sii bella e stai zitta
Liberamente ispirata al saggio Sii bella e stai zitta della filosofa Michela Marzano (Mondadori, 2010), con il consenso e l’autorizzazione dell’autrice, l’omonima collettiva presenta il punto di vista e le riflessioni liriche di artisti figurativi contemporanei sulla condizione femminile.
Comunicato stampa
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Liberamente ispirata al saggio Sii bella e stai zitta. Perché l’Italia di oggi offende le donne della filosofa Michela Marzano (Mondadori, 2010), con il consenso e l’autorizzazione dell’autrice, l’omonima collettiva presenta il punto di vista e le riflessioni liriche di artisti figurativi contemporanei sulla condizione femminile.
La mostra, a cura di Vera Agosti, promossa dall’associazione Factory Art Zone in collaborazione con l’Assessorato alle Politiche Culturali del Comune di Monza, è ospitata presso la Galleria Civica, dal 15 al 30 novembre 2014.
“Sii bella e stai zitta” suona come il monito di alcune nonne e altrettante mamme, che cercano di spiegare alle figlie e alle nipoti le strade comode per essere accettate e benvolute. E’ anche l’imperativo e il desiderio proibito di molti uomini che ancora oggi per se stessi e la propria casa sognano una donna remissiva, dolce e sempre bellissima, l’amato “angelo del focolare”. L’Italia, infatti, ancor più di altri Paesi europei, soffre di un tipo di educazione differente per maschi e femmine e di stereotipi difficili a morire, di cui le donne sono vittime e a volte anche carnefici, tanto questi convincimenti sono radicati nella mentalità corrente. Così, per esempio, una donna che fa carriera è spesso chiacchierata o si pensa che trascuri la famiglia. A parità di condizione
lavorativa, il gentil sesso guadagna meno degli uomini; in politica sono necessarie le quote rosa, e le recenti cariche di prestigio in posizione di potere affidate a donne sono state annunciate come novità eccezionali e impensate fino a poco tempo fa, invece di essere ordinaria amministrazione. Tutto questo mentre la maggior parte del carico di lavoro domestico per occuparsi della casa, accudire i figli e i parenti anziani ricade quasi sempre sulla donna, con scarso aiuto da parte dell’uomo e dello Stato Sociale. Le eccezioni non fanno che confermare la regola, suscitando stupore e persino sciocche ironie sui “mammi” e sui “casalinghi” odierni.
In mostra, Angela Pellicanò (Reggio Calabria, 1963) e Ninni Donato (Falcone, 1959) esplorano l’universo femminile attraverso intensi ritratti. Le donne della Pellicanò, affascinanti e drammatiche, si stagliano nel rosso del sangue e nel nero del dolore (Dream Experience, 2011- 2014), immobilizzate da lacci, ormai entrati dentro di loro (S.t., 2012). Sono figure che portano con sé lo spirito delle terre del Mediterraneo, lo spessore della storia e dei richiami al mondo classico, legando l’attualità all’inscindibile passato. Le acerbe fanciulle di Ninni Donato, in primissimo piano, immortalate in scatti in bianco e nero, inglobati nella resina (Lucia; Teresa, 2012), sembrano esplicitare quella componente maschile che è presente anche nell’animo femminile. L’androginia delle forme e dei volti rende queste giovani donne simili a ragazzi, quasi a significare la comune difficoltà della crescita in entrambi i sessi.
Anna Madia (Torino, 1976) presenta raffinati disegni a matita e penna che indagano l’interiorità e la fragilità contemporanea. Le sue sonnambule (Sleepwalking, 2014) sono immagini delicate e oniriche, tra il sonno e la veglia, nelle quali i lunghi capelli, elemento per eccellenza della femminilità e della seduzione, raccolti, sciolti, o mossi a formare significative composizioni (Monologue, 2014) diventano simbolo della notte, il tramite tra il passato e il presente.
Iacopo Raugei (Firenze, 1975) cala nel nero le sue allegorie, dipingendo con minuzia di dettagli e precisione una giovane donna legata a un vecchio televisore tramite i cavi dello stesso, mentre viene trasmessa una scena di vita perfetta, come quegli spot a cui siamo abituati, in cui la madre, sempre in forma splendente, riesce a conciliare alla perfezione la vita lavorativa con quella familiare, senza affanni e difficoltà (Perfect Lie, 2014). Immagini illusorie di una realtà inesistente, lontana dall’effettiva quotidianità, che possono tuttavia essere fuorvianti e creare ansie e aspettative. In Exit (2008), un donna senza volto, nella quale è facile immedesimarsi, porta su un vassoio d’argento una preziosa pillola, mezzo suggerito per fuggire i dolori della propria esistenza.
Emila Dimitrova Sirakova (Sofia, 1984) nei suoi disegni compositi su strati di carta (Wall of Breath, 2013; I mille nomi, 2012) racconta l’antico mito di Kaliakra, una costa del Nord della Bulgaria. Secondo la leggenda, quaranta vergini, destinate a divenire schiave dell'imperatore ottomano, scelgono di perire nel Mar Nero, piuttosto che vivere l'umiliante esperienza dell'harem. Per questo si legano i capelli tra loro e tenendosi per mano si gettano dalla fortezza di Kaliakra, annegando. L’artista si concentra sulle ragazze, ormai cadute nel mare (Hypotermia, 2013): belle, snelle e slanciate al pari delle modelle dei giorni nostri, ripiegate su se stesse come boccioli indifesi.
Lara Pacilio (Roma, 1978) propone i lavori della serie Padiglioni (2013), dedicati al rapporto tra la donna e la Madonna e due installazioni della serie Carousel (2012). Queste ultime sono piccole
giostre (Pinkin’ Love, Flying Balloons), fatte di simboli della femminilità e seducenti stereotipi. In The Family Man, l’artista tocca il tema della pedofilia, raffigurando il pedofilo come vittima di abusi infantili. La dimensione del gioco intesa come momento di crescita e di formazione è stata spezzata in tenera età e ora il nuovo “gioco” dell’adulto assume connotati mostruosi. La musica, composta da Luca Nostro (chitarrista e compositore, prima chitarra elettrica del Parco della Musica Contemporanea Ensemble), accompagna le opere esposte.
Un ebook e un catalogo di Vanilla Edizioni, realizzati con il gentile contributo di Banca Fineco, documentano l’iniziativa.
La mostra, a cura di Vera Agosti, promossa dall’associazione Factory Art Zone in collaborazione con l’Assessorato alle Politiche Culturali del Comune di Monza, è ospitata presso la Galleria Civica, dal 15 al 30 novembre 2014.
“Sii bella e stai zitta” suona come il monito di alcune nonne e altrettante mamme, che cercano di spiegare alle figlie e alle nipoti le strade comode per essere accettate e benvolute. E’ anche l’imperativo e il desiderio proibito di molti uomini che ancora oggi per se stessi e la propria casa sognano una donna remissiva, dolce e sempre bellissima, l’amato “angelo del focolare”. L’Italia, infatti, ancor più di altri Paesi europei, soffre di un tipo di educazione differente per maschi e femmine e di stereotipi difficili a morire, di cui le donne sono vittime e a volte anche carnefici, tanto questi convincimenti sono radicati nella mentalità corrente. Così, per esempio, una donna che fa carriera è spesso chiacchierata o si pensa che trascuri la famiglia. A parità di condizione
lavorativa, il gentil sesso guadagna meno degli uomini; in politica sono necessarie le quote rosa, e le recenti cariche di prestigio in posizione di potere affidate a donne sono state annunciate come novità eccezionali e impensate fino a poco tempo fa, invece di essere ordinaria amministrazione. Tutto questo mentre la maggior parte del carico di lavoro domestico per occuparsi della casa, accudire i figli e i parenti anziani ricade quasi sempre sulla donna, con scarso aiuto da parte dell’uomo e dello Stato Sociale. Le eccezioni non fanno che confermare la regola, suscitando stupore e persino sciocche ironie sui “mammi” e sui “casalinghi” odierni.
In mostra, Angela Pellicanò (Reggio Calabria, 1963) e Ninni Donato (Falcone, 1959) esplorano l’universo femminile attraverso intensi ritratti. Le donne della Pellicanò, affascinanti e drammatiche, si stagliano nel rosso del sangue e nel nero del dolore (Dream Experience, 2011- 2014), immobilizzate da lacci, ormai entrati dentro di loro (S.t., 2012). Sono figure che portano con sé lo spirito delle terre del Mediterraneo, lo spessore della storia e dei richiami al mondo classico, legando l’attualità all’inscindibile passato. Le acerbe fanciulle di Ninni Donato, in primissimo piano, immortalate in scatti in bianco e nero, inglobati nella resina (Lucia; Teresa, 2012), sembrano esplicitare quella componente maschile che è presente anche nell’animo femminile. L’androginia delle forme e dei volti rende queste giovani donne simili a ragazzi, quasi a significare la comune difficoltà della crescita in entrambi i sessi.
Anna Madia (Torino, 1976) presenta raffinati disegni a matita e penna che indagano l’interiorità e la fragilità contemporanea. Le sue sonnambule (Sleepwalking, 2014) sono immagini delicate e oniriche, tra il sonno e la veglia, nelle quali i lunghi capelli, elemento per eccellenza della femminilità e della seduzione, raccolti, sciolti, o mossi a formare significative composizioni (Monologue, 2014) diventano simbolo della notte, il tramite tra il passato e il presente.
Iacopo Raugei (Firenze, 1975) cala nel nero le sue allegorie, dipingendo con minuzia di dettagli e precisione una giovane donna legata a un vecchio televisore tramite i cavi dello stesso, mentre viene trasmessa una scena di vita perfetta, come quegli spot a cui siamo abituati, in cui la madre, sempre in forma splendente, riesce a conciliare alla perfezione la vita lavorativa con quella familiare, senza affanni e difficoltà (Perfect Lie, 2014). Immagini illusorie di una realtà inesistente, lontana dall’effettiva quotidianità, che possono tuttavia essere fuorvianti e creare ansie e aspettative. In Exit (2008), un donna senza volto, nella quale è facile immedesimarsi, porta su un vassoio d’argento una preziosa pillola, mezzo suggerito per fuggire i dolori della propria esistenza.
Emila Dimitrova Sirakova (Sofia, 1984) nei suoi disegni compositi su strati di carta (Wall of Breath, 2013; I mille nomi, 2012) racconta l’antico mito di Kaliakra, una costa del Nord della Bulgaria. Secondo la leggenda, quaranta vergini, destinate a divenire schiave dell'imperatore ottomano, scelgono di perire nel Mar Nero, piuttosto che vivere l'umiliante esperienza dell'harem. Per questo si legano i capelli tra loro e tenendosi per mano si gettano dalla fortezza di Kaliakra, annegando. L’artista si concentra sulle ragazze, ormai cadute nel mare (Hypotermia, 2013): belle, snelle e slanciate al pari delle modelle dei giorni nostri, ripiegate su se stesse come boccioli indifesi.
Lara Pacilio (Roma, 1978) propone i lavori della serie Padiglioni (2013), dedicati al rapporto tra la donna e la Madonna e due installazioni della serie Carousel (2012). Queste ultime sono piccole
giostre (Pinkin’ Love, Flying Balloons), fatte di simboli della femminilità e seducenti stereotipi. In The Family Man, l’artista tocca il tema della pedofilia, raffigurando il pedofilo come vittima di abusi infantili. La dimensione del gioco intesa come momento di crescita e di formazione è stata spezzata in tenera età e ora il nuovo “gioco” dell’adulto assume connotati mostruosi. La musica, composta da Luca Nostro (chitarrista e compositore, prima chitarra elettrica del Parco della Musica Contemporanea Ensemble), accompagna le opere esposte.
Un ebook e un catalogo di Vanilla Edizioni, realizzati con il gentile contributo di Banca Fineco, documentano l’iniziativa.
14
novembre 2014
Sii bella e stai zitta
Dal 14 al 30 novembre 2014
arte contemporanea
Location
GALLERIA CIVICA
Monza, Via Manfredo Camperio, 1, (Milano)
Monza, Via Manfredo Camperio, 1, (Milano)
Orario di apertura
martedì-venerdì: 15-19;
sabato-domenica: 10-13 e 15-19
Vernissage
14 Novembre 2014, ore 18
Autore
Curatore