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Silke Rehberg – Ricominciare dal Corpo
In un momento in cui il termine “post-umano” suona già come categoria storicizzata, in cui la body art è appannaggio quasi esclusivo della moda e della pubblicità, in cui la chirurgia plastica è quotidianità, fotografica e televisiva, non più solo sperimentazione medica oppure pratica masochistica alla Orlan, ritornare al corpo come maschera sociale, oggi è davvero una sfida.
Comunicato stampa
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Guardando le sculture in terracotta esposte potrebbe venire in mente un collegamento con l’antica arte di rappresentare personaggi pubblici, imperatori, divinità in vesti “più che umane”, a volte satiriche: le opere dell’artista tedesca Silke Rehberg, che rappresentano dieci Kunstdirektoren, più che ritratti di uomini di cultura, galleristi, storici dell’arte, direttori di musei, collezionisti, critici ecc., parrebbero le reliquie musealizzabili - private dell’Aura grazie ad un punto di vista fortemente ironico- dei corpi santificati nel Pantheon dell’arte contemporanea.
Lo sdoppiamento e la contrapposizione fra l’immagine pubblica e quella interiore parrebbero non essere i temi centrali del lavoro: ciò che è in primo piano è la corporeità, la fisicità di questi simboli sociali, di queste icone il cui fascino normalmente deriva dalla lontananza, dall’importanza, non dalla umanità.
Ecco dunque applicato dall’artista il filtro dell’umanizzazione, della sdrammatizzazione attraverso il sorriso (di pirandelliana memoria), della smitizzazione del mito.
Nelle opere della Rehberg spesso i personaggi rappresentati entrano ora nei panni di santi, ora di indigeni primitivi, ora di angeli. La maschera è a tutti gli effetti una certificazione d’identità; dunque qual è l’effetto quando la maschera muta o cala, quando i codici identificativi di un ruolo pubblico diventano ibridi e si è costretti a guardare alla sostanza?
Lo sdoppiamento e la contrapposizione fra l’immagine pubblica e quella interiore parrebbero non essere i temi centrali del lavoro: ciò che è in primo piano è la corporeità, la fisicità di questi simboli sociali, di queste icone il cui fascino normalmente deriva dalla lontananza, dall’importanza, non dalla umanità.
Ecco dunque applicato dall’artista il filtro dell’umanizzazione, della sdrammatizzazione attraverso il sorriso (di pirandelliana memoria), della smitizzazione del mito.
Nelle opere della Rehberg spesso i personaggi rappresentati entrano ora nei panni di santi, ora di indigeni primitivi, ora di angeli. La maschera è a tutti gli effetti una certificazione d’identità; dunque qual è l’effetto quando la maschera muta o cala, quando i codici identificativi di un ruolo pubblico diventano ibridi e si è costretti a guardare alla sostanza?
27
gennaio 2006
Silke Rehberg – Ricominciare dal Corpo
Dal 27 gennaio al 26 febbraio 2006
Location
CHIESA DI SAN PAOLO – SALA DELLE MONACHE
Modena, Via Francesco Selmi, (Modena)
Modena, Via Francesco Selmi, (Modena)
Orario di apertura
martedì, mercoledi e venerdì 17.00 – 19.30
sabato, domenica e festivi 10.00 – 13.00, 17.00 – 20.00
Vernissage
27 Gennaio 2006, ore 17.00
Autore
Curatore