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Silvia Dayan – MiraMe
L’effimero e il pregnante, il mutevole e l’indissolubile, emergono con prepotenza e seduzione nella galleria di ritratti di Donne di Dayan, perno centrale da cui si evolve la sua ricerca pittorica
Comunicato stampa
Segnala l'evento
MIRAME
di Francesca Barbi Marinetti
Cominceremo a vivere iniziati al sanscrito del corpo - Odisseas Elitis
Il corpo ha una sua antica saggezza, un suo profondo e misterioso messaggio, una potenzialità di
magnetismo e seduzione ancora inesplorata. Il corpo comunica e comprende, al di là delle parole. Ha una
memoria oltre-coscienza. Il poetico augurio di Elitis evoca uno stato di grazia per cui arriverà il tempo in cui
potremo finalmente elevarci alla conoscenza del suo ricco e articolato linguaggio.
L’effimero e il pregnante, il mutevole e l’indissolubile, emergono con prepotenza e seduzione nella galleria
di ritratti di Donne di Dayan, perno centrale da cui si evolve la sua ricerca pittorica. Non sono né Muse né
modelle né ideali di beltà. È il corpo che domanda d’essere guardato, ascoltato, raccontato perché gli si
riconosca, con costanza assidua e sofisticata persuasione, il proprio canto. MiraMe! Riconosci che possiedo
Arte e Pensiero, viatici di un viaggio introspettivo e di conoscenza ancora da esplorare. È verosimile che
saranno proprio le donne le sacerdotesse di tale percorso, così vicine per cultura e natura, alla vita e alla
morte.
Silvia Dayan, nata a Buenos Aires, classe 1946, da oltre venticinque anni nel nostro Paese, vive tra
Argentina, Italia e Israele. Ha figli e radici in quattro continenti ma il cuore profondamente e diversamente
presente in ognuno di questi luoghi.
Lei non ti parlerà della sua pittura: come spesso molti artisti è refrattaria ad offrire spiegazioni verbali.
Ma ascolta emozionata ciò che negli altri la sua pittura riesce ad evocare. L’arte è un linguaggio che non
ha bisogno di traduzioni. Come ogni forma creativa, è un potente conduttore. Ne evoca altre attorno, in
un’orchestra che è vita. Dayan ama la vita.
Restia ad esprimersi in parole sul proprio universo pittorico, la generosità espressiva di Dayan è invece un
fiume in piena nel raccontare l’esperienza rapita della realizzazione di un’opera. Dopo una vita trascorsa a
dipingere, l’artista prova ancora stupore per l’assoluto sopravvento dell’atto creativo su ogni altra esigenza
vitale. Un viaggio che una volta iniziato non concede soste. I colori sono l’intonazione da misurare per
comporre il canto. Talvolta le tele si sovrappongono a tele più grandi per asserire con forza che è lì che
l’ordito del linguaggio visivo troverà la sua espressione. L’amore per i materiali utilizzati (gesso, carta di
giornale, garze mescolati agli oli su tela) si evince dalla sperimentazione assidua attorno a temi ricorrenti.
Volti e figure di donna sono un richiamo iconografico per parlare di un flusso vitale che si muove dal
profondo, capace di far dialogare tra loro mondi paralleli.
Sono ventisette le opere qui allestite negli spazi espositivi de Il Margutta a esporre il temperamento vitale e
assertivo di quest’artista dai natali argentini e dal respiro aperto sul mondo.
Dalla galleria di ritratti femminili si passa a qualche opera non figurativa: la ricerca di un lirismo intimo ma
allo stesso tempo sperimentale non poteva che confrontarsi con l’informale. Ma si tratta di una “poetica
del frammento” piuttosto che di una sperimentazione che nega la forma. Infatti, la stessa tecnica utilizzata
in opere o installazioni informali la riscontriamo nell’esecuzione di alcuni dettagli fondamentali dei ritratti.
Vi è quindi un chiaro filo di continuità che lega “Noticias coloradas” e “La sposa di carta” con il fiore per
l’acconciatura dei capelli e l’abito materici.
La lezione fatta propria dall’arte astratta non è solamente rintracciabile nei lavori in cui prevale l’esigenza
informale, come in “Le Radici”, ma nella stessa ritrattistica dove un certo piacere nel segno confonde il
confine tra figurativo e forme scomposte. È una vibrazione materica di colore, luce e tratto che corrisponde
alla ricerca intima ed emotiva di Dayan più che ad una scelta in senso scolastico. Uno stile che emerge dalla
vitalità e sensualità di una tempra reattiva per cui la declinazione al femminile si impone con fierezza, pur
non rinnegando note di malinconia e fatica esistenziale. Queste ultime, anzi, possono fecondare e farsi
foriere di un’intelligenza del cuore, forse sfuggevole, ma sempre libera e affrancata da prigioni mentali.
Emozione e pensiero sono insieme tesi in direzione del ricongiungimento in un’unica identità. Il colore
puro è quella parte istintuale viva che va sempre salvaguardata. Il nero è l’ombra che ti protegge, il luogo
dell’interiorità in cui custodire lo scrigno delle proprie alchimie segrete e rigeneranti, il seme di eternità da
perpetuare attraverso la creatività artistica.
L’ispirazione esuberante di Dayan rigenerandosi con una sorta di vacanza dalla figura – forse perché
somaticamente carica di venature nostalgiche o melanconiche – dopo aver raggiunto vette d’un proprio
autentico lirismo, si ricongiunge al figurativo astratto in “Mi, publico”. Un io plurale che nella coralità
afferma la propria unicità. E poi ritorna a contemplare l’icona nella serie delle Spose di carta dove, con una
punta di scanzonata ironia sulla freschezza imbalsamata e altamente infiammabile della sposa, riafferma
con spirito rinnovato il diritto alla felicità.
La pasta cromatica in molte delle opere qui in mostra si assorbe di ombre. Il nero è un colore
predominante, insieme ai rossi e ai bianchi. Non vi è tendenza al dramma bensì ad un intimismo che lascia
spazio ad apparizioni cromatiche fortemente simboliche, come in “Fulcro”.
Una diffusa e calma sensualità è ottenuta con sovrapposizioni di cromatismi caldi che legano le parti e
spunti di colore puro, palpitante di vita, che alludono ad una realtà emozionale nuova. La tela si anima
di vibrazioni introspettive che emergono da un’affermazione di fisicità tutelata da atmosfere compatte,
sfocate o immerse nell’ombra.
Lo spessore di vari strati di pittura, e l’aggiunta talvolta di carta o garza, crea un illusionismo materico
che sollecita impressioni visive congiunte a suggestioni tattili, con scollamenti dalla rappresentazione
figurativa ad evocazioni di tipo astratto. L’insieme delle sensazioni visive ed emotive passa, quindi, dal
lirismo della forma all’esuberanza concreta dell’impasto pittorico. Una matericità che non è slabbratura
o lacerazione ma protezione e osmosi. Un turgore vistoso delle vesti, delle pose, dei lineamenti che rivela
un temperamento artistico sensuale e fiero. Sensualità di cui è simbolo, con un linguaggio enigmatico ed
emblematico, il corpo femminile.
Sia ospitale la nostra intelligenza e insegnamole a gioire quando alla nostra porta bussa un estraneo, uno
sconosciuto, un’idea o un’emozione che non avevamo preso in considerazione.
Agisce sul nostro spirito una terribile forza d’inerzia, che ci induce ad accontentarci del frammento di vita
che ci è familiare. Non appena ci lasceremo andare, quella propensione stantia e indugiante creerà in noi la
ferma convinzione che non ci sia altra realtà che quella presente davanti ai nostri occhi.
Di nulla, come di questa inclinazione, deve diffidare chi aspir a fare di se stesso un delicato strumento di
umanità…
José Ortega y Gasset
MIRAME: guardami, vedrai la mia anima; la tua anima; le mie ombre, il mio fuoco, il tuo, il mio
mistero rivelato, quello in cui immergersi e navigare.
Il nero non è il buio, è la profondità, quella del cielo senza stelle, in cui tutte le stelle sono. Il rosso
è il sangue, è la vita, la passione, la luce che arde in te in me.
E il bianco è tutti i colori, l'inizio, la fine, il nuovo inizio.
Il grigio è il percorso.
MIRAME: sono il riflesso della tua anima...
Rosanna Cancellieri, giornalista e conduttrice televisiva
Bio
Silvia Dayan è nata a Buenos Aires in Argentina nel 1946, lì ha studiato presso l'Istituto Superiore d''Arte "Beato
Angelico". Successivamente ha seguito il corso di Storia dell'Arte presso l'Università "Candido Mendes" di Rio
de Janeiro e nella stessa città ha svolto per venti anni un ruolo manageriale nel design.
A Roma ha approfondito lo studio della neuro-linguistica per migliorare l'approccio psicodidattico con i suoi
allievi, sotto la guida del Dr. Daniel Eichelberg, e ha seguito un corso di perfezionamento nella tecnica grafica.
Ha partecipato a numerose mostre collettive e realizzato diverse esposizioni personali sia in America del Sud,
che nel Medio Oriente e in Europa. Le sue opere si trovano in collezioni pubbliche e private.
Vive e lavora a Roma, Buenos Aires e Gerusalemme.
www.silviadayan.com
di Francesca Barbi Marinetti
Cominceremo a vivere iniziati al sanscrito del corpo - Odisseas Elitis
Il corpo ha una sua antica saggezza, un suo profondo e misterioso messaggio, una potenzialità di
magnetismo e seduzione ancora inesplorata. Il corpo comunica e comprende, al di là delle parole. Ha una
memoria oltre-coscienza. Il poetico augurio di Elitis evoca uno stato di grazia per cui arriverà il tempo in cui
potremo finalmente elevarci alla conoscenza del suo ricco e articolato linguaggio.
L’effimero e il pregnante, il mutevole e l’indissolubile, emergono con prepotenza e seduzione nella galleria
di ritratti di Donne di Dayan, perno centrale da cui si evolve la sua ricerca pittorica. Non sono né Muse né
modelle né ideali di beltà. È il corpo che domanda d’essere guardato, ascoltato, raccontato perché gli si
riconosca, con costanza assidua e sofisticata persuasione, il proprio canto. MiraMe! Riconosci che possiedo
Arte e Pensiero, viatici di un viaggio introspettivo e di conoscenza ancora da esplorare. È verosimile che
saranno proprio le donne le sacerdotesse di tale percorso, così vicine per cultura e natura, alla vita e alla
morte.
Silvia Dayan, nata a Buenos Aires, classe 1946, da oltre venticinque anni nel nostro Paese, vive tra
Argentina, Italia e Israele. Ha figli e radici in quattro continenti ma il cuore profondamente e diversamente
presente in ognuno di questi luoghi.
Lei non ti parlerà della sua pittura: come spesso molti artisti è refrattaria ad offrire spiegazioni verbali.
Ma ascolta emozionata ciò che negli altri la sua pittura riesce ad evocare. L’arte è un linguaggio che non
ha bisogno di traduzioni. Come ogni forma creativa, è un potente conduttore. Ne evoca altre attorno, in
un’orchestra che è vita. Dayan ama la vita.
Restia ad esprimersi in parole sul proprio universo pittorico, la generosità espressiva di Dayan è invece un
fiume in piena nel raccontare l’esperienza rapita della realizzazione di un’opera. Dopo una vita trascorsa a
dipingere, l’artista prova ancora stupore per l’assoluto sopravvento dell’atto creativo su ogni altra esigenza
vitale. Un viaggio che una volta iniziato non concede soste. I colori sono l’intonazione da misurare per
comporre il canto. Talvolta le tele si sovrappongono a tele più grandi per asserire con forza che è lì che
l’ordito del linguaggio visivo troverà la sua espressione. L’amore per i materiali utilizzati (gesso, carta di
giornale, garze mescolati agli oli su tela) si evince dalla sperimentazione assidua attorno a temi ricorrenti.
Volti e figure di donna sono un richiamo iconografico per parlare di un flusso vitale che si muove dal
profondo, capace di far dialogare tra loro mondi paralleli.
Sono ventisette le opere qui allestite negli spazi espositivi de Il Margutta a esporre il temperamento vitale e
assertivo di quest’artista dai natali argentini e dal respiro aperto sul mondo.
Dalla galleria di ritratti femminili si passa a qualche opera non figurativa: la ricerca di un lirismo intimo ma
allo stesso tempo sperimentale non poteva che confrontarsi con l’informale. Ma si tratta di una “poetica
del frammento” piuttosto che di una sperimentazione che nega la forma. Infatti, la stessa tecnica utilizzata
in opere o installazioni informali la riscontriamo nell’esecuzione di alcuni dettagli fondamentali dei ritratti.
Vi è quindi un chiaro filo di continuità che lega “Noticias coloradas” e “La sposa di carta” con il fiore per
l’acconciatura dei capelli e l’abito materici.
La lezione fatta propria dall’arte astratta non è solamente rintracciabile nei lavori in cui prevale l’esigenza
informale, come in “Le Radici”, ma nella stessa ritrattistica dove un certo piacere nel segno confonde il
confine tra figurativo e forme scomposte. È una vibrazione materica di colore, luce e tratto che corrisponde
alla ricerca intima ed emotiva di Dayan più che ad una scelta in senso scolastico. Uno stile che emerge dalla
vitalità e sensualità di una tempra reattiva per cui la declinazione al femminile si impone con fierezza, pur
non rinnegando note di malinconia e fatica esistenziale. Queste ultime, anzi, possono fecondare e farsi
foriere di un’intelligenza del cuore, forse sfuggevole, ma sempre libera e affrancata da prigioni mentali.
Emozione e pensiero sono insieme tesi in direzione del ricongiungimento in un’unica identità. Il colore
puro è quella parte istintuale viva che va sempre salvaguardata. Il nero è l’ombra che ti protegge, il luogo
dell’interiorità in cui custodire lo scrigno delle proprie alchimie segrete e rigeneranti, il seme di eternità da
perpetuare attraverso la creatività artistica.
L’ispirazione esuberante di Dayan rigenerandosi con una sorta di vacanza dalla figura – forse perché
somaticamente carica di venature nostalgiche o melanconiche – dopo aver raggiunto vette d’un proprio
autentico lirismo, si ricongiunge al figurativo astratto in “Mi, publico”. Un io plurale che nella coralità
afferma la propria unicità. E poi ritorna a contemplare l’icona nella serie delle Spose di carta dove, con una
punta di scanzonata ironia sulla freschezza imbalsamata e altamente infiammabile della sposa, riafferma
con spirito rinnovato il diritto alla felicità.
La pasta cromatica in molte delle opere qui in mostra si assorbe di ombre. Il nero è un colore
predominante, insieme ai rossi e ai bianchi. Non vi è tendenza al dramma bensì ad un intimismo che lascia
spazio ad apparizioni cromatiche fortemente simboliche, come in “Fulcro”.
Una diffusa e calma sensualità è ottenuta con sovrapposizioni di cromatismi caldi che legano le parti e
spunti di colore puro, palpitante di vita, che alludono ad una realtà emozionale nuova. La tela si anima
di vibrazioni introspettive che emergono da un’affermazione di fisicità tutelata da atmosfere compatte,
sfocate o immerse nell’ombra.
Lo spessore di vari strati di pittura, e l’aggiunta talvolta di carta o garza, crea un illusionismo materico
che sollecita impressioni visive congiunte a suggestioni tattili, con scollamenti dalla rappresentazione
figurativa ad evocazioni di tipo astratto. L’insieme delle sensazioni visive ed emotive passa, quindi, dal
lirismo della forma all’esuberanza concreta dell’impasto pittorico. Una matericità che non è slabbratura
o lacerazione ma protezione e osmosi. Un turgore vistoso delle vesti, delle pose, dei lineamenti che rivela
un temperamento artistico sensuale e fiero. Sensualità di cui è simbolo, con un linguaggio enigmatico ed
emblematico, il corpo femminile.
Sia ospitale la nostra intelligenza e insegnamole a gioire quando alla nostra porta bussa un estraneo, uno
sconosciuto, un’idea o un’emozione che non avevamo preso in considerazione.
Agisce sul nostro spirito una terribile forza d’inerzia, che ci induce ad accontentarci del frammento di vita
che ci è familiare. Non appena ci lasceremo andare, quella propensione stantia e indugiante creerà in noi la
ferma convinzione che non ci sia altra realtà che quella presente davanti ai nostri occhi.
Di nulla, come di questa inclinazione, deve diffidare chi aspir a fare di se stesso un delicato strumento di
umanità…
José Ortega y Gasset
MIRAME: guardami, vedrai la mia anima; la tua anima; le mie ombre, il mio fuoco, il tuo, il mio
mistero rivelato, quello in cui immergersi e navigare.
Il nero non è il buio, è la profondità, quella del cielo senza stelle, in cui tutte le stelle sono. Il rosso
è il sangue, è la vita, la passione, la luce che arde in te in me.
E il bianco è tutti i colori, l'inizio, la fine, il nuovo inizio.
Il grigio è il percorso.
MIRAME: sono il riflesso della tua anima...
Rosanna Cancellieri, giornalista e conduttrice televisiva
Bio
Silvia Dayan è nata a Buenos Aires in Argentina nel 1946, lì ha studiato presso l'Istituto Superiore d''Arte "Beato
Angelico". Successivamente ha seguito il corso di Storia dell'Arte presso l'Università "Candido Mendes" di Rio
de Janeiro e nella stessa città ha svolto per venti anni un ruolo manageriale nel design.
A Roma ha approfondito lo studio della neuro-linguistica per migliorare l'approccio psicodidattico con i suoi
allievi, sotto la guida del Dr. Daniel Eichelberg, e ha seguito un corso di perfezionamento nella tecnica grafica.
Ha partecipato a numerose mostre collettive e realizzato diverse esposizioni personali sia in America del Sud,
che nel Medio Oriente e in Europa. Le sue opere si trovano in collezioni pubbliche e private.
Vive e lavora a Roma, Buenos Aires e Gerusalemme.
www.silviadayan.com
31
ottobre 2013
Silvia Dayan – MiraMe
Dal 31 ottobre al 07 dicembre 2013
arte contemporanea
Location
IL MARGUTTA VEGGIE FOOD & ART
Roma, Via Margutta, 118, (Roma)
Roma, Via Margutta, 118, (Roma)
Orario di apertura
10.30 - 24
Vernissage
31 Ottobre 2013, h
Sito web
www.silviadayan.com
Autore
Curatore