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Simon Dybbroe Møller – Not Nature Near
Simon Dybbroe Møller utilizza un vocabolario formale che ricorda la Minimal Art e fa dell’errore, della negazione e della sottrazione pratiche artistiche privilegiate.
Egli conduce lo spettatore in un universo espressivo in cui convivono approccio razionale e nostalgia, rigore ed aurea.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Francesca Minini è lieta di annunciare la mostra dell’artista danese Simon Dybbroe Møller.
Dybbroe Møller ci conduce in una sorta di archeologia del presente che guarda al linguaggio del Minimalismo come punto di partenza privilegiato. Lo studio della forma porta l’artista a risultati del tutto inaspettati in cui la razionalità del linguaggio geometrico è continuamente tradita dalla ricerca dell’imprevisto, dell’accidente. Simon Dybbroe Møller riflette sulla valenza creativa dell’errore, della negazione, della sottrazione scegliendole come pratiche artistiche privilegiate.
Per la sua prima personale in Italia, l’artista presenta interventi installativi di grandi dimensioni.
Il primo ambiente ospita un’imponente struttura di tubi in metallo, una sorta di shangai di cui sono state alterate dimensioni e materiali. Ai tradizionali bastoncini di legno Dybbroe Møller sostituisce lunghe e pesanti aste di ferro che occupano lo spazio creando un articolato gioco di equilibri. La disposizione caotica degli elementi evoca la casualità dell’azione che tradizionalmente da inizio all’antico gioco cinese, il lasciar cadere i bastoncini arbitrariamente nell’ambiente, un gesto che nell’opera rimane puramente concettuale impedito dal volume e dal peso dei tubi in metallo.
Curtain for Louisiana (No More Moore), è un’ampia tenda disegnata, un velo fittamente solcato dai tratti di una semplice penna a biro, che posto di fronte alle finestre dello spazio espositivo blocca la visione verso l’esterno. Il titolo No More Moore esplicita l’operazione concettuale dell’artista volta a impedire metaforicamente la visione delle sculture di Henry Moore. La dimensione del tendaggio riprende quella della lunga vetrata del Lousiana Museum of Modern Art di Copenhagen, davanti alla quale Dybbroe Møller stende virtualmente ad ostacolare la visione del parco di sculture in cui è esposta l’opera di Henry Moore. Eliminare Moore è dunque l’intento dell’opera, un processo di sottrazione sottolineato dalla scelta di stampare sulla cortina la fitta trama di segni a biro prodotti dall’artista su di una riproduzione cartacea di un’opera dello stesso scultore.
L’artista oscura una porzione di sguardo, tenta di ostacolare sistematicamente il ricordo, una memoria che è per sua natura difficile da cancellare come le forme di uno dei più conosciuti scultori del secolo scorso, Henry Moore.
Simon Dybbroe Møller elabora un universo espressivo in cui convivono rigore formale e nostalgia, razionalità e ricordo; una poetica che sfugge a semplici definizioni evocando la famosa asserzione di Sol LeWitt “Conceptual artists are mystics rather than rationalist”.
Dybbroe Møller ci conduce in una sorta di archeologia del presente che guarda al linguaggio del Minimalismo come punto di partenza privilegiato. Lo studio della forma porta l’artista a risultati del tutto inaspettati in cui la razionalità del linguaggio geometrico è continuamente tradita dalla ricerca dell’imprevisto, dell’accidente. Simon Dybbroe Møller riflette sulla valenza creativa dell’errore, della negazione, della sottrazione scegliendole come pratiche artistiche privilegiate.
Per la sua prima personale in Italia, l’artista presenta interventi installativi di grandi dimensioni.
Il primo ambiente ospita un’imponente struttura di tubi in metallo, una sorta di shangai di cui sono state alterate dimensioni e materiali. Ai tradizionali bastoncini di legno Dybbroe Møller sostituisce lunghe e pesanti aste di ferro che occupano lo spazio creando un articolato gioco di equilibri. La disposizione caotica degli elementi evoca la casualità dell’azione che tradizionalmente da inizio all’antico gioco cinese, il lasciar cadere i bastoncini arbitrariamente nell’ambiente, un gesto che nell’opera rimane puramente concettuale impedito dal volume e dal peso dei tubi in metallo.
Curtain for Louisiana (No More Moore), è un’ampia tenda disegnata, un velo fittamente solcato dai tratti di una semplice penna a biro, che posto di fronte alle finestre dello spazio espositivo blocca la visione verso l’esterno. Il titolo No More Moore esplicita l’operazione concettuale dell’artista volta a impedire metaforicamente la visione delle sculture di Henry Moore. La dimensione del tendaggio riprende quella della lunga vetrata del Lousiana Museum of Modern Art di Copenhagen, davanti alla quale Dybbroe Møller stende virtualmente ad ostacolare la visione del parco di sculture in cui è esposta l’opera di Henry Moore. Eliminare Moore è dunque l’intento dell’opera, un processo di sottrazione sottolineato dalla scelta di stampare sulla cortina la fitta trama di segni a biro prodotti dall’artista su di una riproduzione cartacea di un’opera dello stesso scultore.
L’artista oscura una porzione di sguardo, tenta di ostacolare sistematicamente il ricordo, una memoria che è per sua natura difficile da cancellare come le forme di uno dei più conosciuti scultori del secolo scorso, Henry Moore.
Simon Dybbroe Møller elabora un universo espressivo in cui convivono rigore formale e nostalgia, razionalità e ricordo; una poetica che sfugge a semplici definizioni evocando la famosa asserzione di Sol LeWitt “Conceptual artists are mystics rather than rationalist”.
19
settembre 2008
Simon Dybbroe Møller – Not Nature Near
Dal 19 settembre al 05 novembre 2008
arte contemporanea
Location
GALLERIA FRANCESCA MININI
Milano, Via Massimiano, 25, (Milano)
Milano, Via Massimiano, 25, (Milano)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 11 - 19.30
Vernissage
19 Settembre 2008, ore 19
Autore