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Simona Andrioletti – And there was evening and there was morning
“Così fu sera, poi fu mattina: e fu il primo giorno”. Che aspetto ha l’origine di tutti i momenti?. Quell’energia sempiterna che ha generato il primo inizio, il primo mattino di sempre, per Simona ha a che fare con un’esplosione: il fuoco, legato al verbo latino foveo e al greco phos, ossia luce
Comunicato stampa
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“Così fu sera, poi fu mattina: e fu il primo giorno.”
Che aspetto ha l’origine di tutti i momenti?
Quell’energia sempiterna che ha generato il primo inizio, il primo mattino di sempre, per Simona ha a che fare con
un’esplosione: il fuoco, legato al verbo latino foveo e al greco φῶς (phos) ossia luce.
Energia implosa, la Genesi di tutti i momenti.
E’ con uno dei più semplici inneschi da distruzione, una bomba Molotov, che l’artista apre la sua mostra personale,
dove un’esplosione, ci accompagna in un viaggio che con grande delicatezza indaga i confini dell’esplorazione umana,
nel suo senso più alto. Quell’uomo che vuole conoscere, misurare, nobilitare.
Quanto spazio occupa il punto più alto della Terra?
“Ho chiesto a Silvio Mondinelli, sesto alpinista al mondo ad aver scalato tutti e quattordici gli Ottomila della catena Himalayana, (senza l’aiuto dell’ossigeno) di rivivere con il ricordo lo spazio della vetta dell’Everest. Ne ha tracciato il perimetro in scala 1:1 su un foglio.” racconta Simona.
Questo perimetro è stato utilizzato come dima per realizzare una base in marmo, dove tutti i segni e le scritte
di Silvio Mondinelli rendono immortale quel ricordo nel modo più fedele possibile.
Su quella memoria Francesco Šljiva Venturi dà vita ad un suono primordiale che ancora una volta cerca un punto di contatto con l’origine, attraverso l’uso della sua voce e di un unico strumento: un tamburo sciamanico, costruito appositamente da un artigiano per la performance. Salirà “sulla punta dell’Everest” a cantare una variazione su The Unaswered Question di Ives, cantando con la tonalità più bassa possibile. È l’elaborazione di quell’impossibilità:
andare il più in alto possibile – andando il più in basso possibile.
Un altro basamento si sopraeleva dal pavimento, l’impossibilità è nelle 228 tessere di Scarabeo. Conosciamo le regole di questo gioco, mentalmente formiamo nuove parole. La poesia è davanti a noi, nessun elemento manca eppure non la possiamo leggere. Il titolo: Girovago (G. Ungaretti) è l’attivatore di tutto, la chiave che cercavamo.
I lavori di Simona si misurano sempre con una domanda, un invito a scoprire, che è il preludio di una ricerca dove la bellezza della risposta nasce da una sinergia, come nel caso di Zen:
“Durante il periodo di residenza a Carloforte ho chiesto ad un muratore del posto di trattare l’entrata di un parcheggio
abbandonato con la tecnica Gen, antica tecnica con cui venivano e vengono ancora oggi intonacate le case del paese.
Questa tecnica viene normalmente impiegata per proteggere le abitazioni dalla salsedine, la ghiaia viene impastata al cemento e attraverso un movimento del polso è gettata sul muro, creando una texture che vibra sotto il sole dell’isola.”
L’urgenza di lasciare un segno si esprime, nelle opere di Simona, attraverso un gesto artistico che testimonia un passaggio, una riflessione, una volontà di sentire i luoghi in cui ci muoviamo in modo più intimo.
“I was Here” è il titolo della foto scattata da una scogliera di Byron Bay, il punto più a Est dell’Australia sull’Oceano.
“Sono stato qui”, una di quelle scritte che si trovano incise sui muri delle città, sui monumenti, sulle panchine dei parchi.
Perché ci piace pensare che quel segno sopravviverà alla nostra partenza. E in effetti, sopravvive.
Vernissage mercoledì 18 Maggio ore 18.30
Twenty14 Contemporary
piazza Mentana,7 Milano
Che aspetto ha l’origine di tutti i momenti?
Quell’energia sempiterna che ha generato il primo inizio, il primo mattino di sempre, per Simona ha a che fare con
un’esplosione: il fuoco, legato al verbo latino foveo e al greco φῶς (phos) ossia luce.
Energia implosa, la Genesi di tutti i momenti.
E’ con uno dei più semplici inneschi da distruzione, una bomba Molotov, che l’artista apre la sua mostra personale,
dove un’esplosione, ci accompagna in un viaggio che con grande delicatezza indaga i confini dell’esplorazione umana,
nel suo senso più alto. Quell’uomo che vuole conoscere, misurare, nobilitare.
Quanto spazio occupa il punto più alto della Terra?
“Ho chiesto a Silvio Mondinelli, sesto alpinista al mondo ad aver scalato tutti e quattordici gli Ottomila della catena Himalayana, (senza l’aiuto dell’ossigeno) di rivivere con il ricordo lo spazio della vetta dell’Everest. Ne ha tracciato il perimetro in scala 1:1 su un foglio.” racconta Simona.
Questo perimetro è stato utilizzato come dima per realizzare una base in marmo, dove tutti i segni e le scritte
di Silvio Mondinelli rendono immortale quel ricordo nel modo più fedele possibile.
Su quella memoria Francesco Šljiva Venturi dà vita ad un suono primordiale che ancora una volta cerca un punto di contatto con l’origine, attraverso l’uso della sua voce e di un unico strumento: un tamburo sciamanico, costruito appositamente da un artigiano per la performance. Salirà “sulla punta dell’Everest” a cantare una variazione su The Unaswered Question di Ives, cantando con la tonalità più bassa possibile. È l’elaborazione di quell’impossibilità:
andare il più in alto possibile – andando il più in basso possibile.
Un altro basamento si sopraeleva dal pavimento, l’impossibilità è nelle 228 tessere di Scarabeo. Conosciamo le regole di questo gioco, mentalmente formiamo nuove parole. La poesia è davanti a noi, nessun elemento manca eppure non la possiamo leggere. Il titolo: Girovago (G. Ungaretti) è l’attivatore di tutto, la chiave che cercavamo.
I lavori di Simona si misurano sempre con una domanda, un invito a scoprire, che è il preludio di una ricerca dove la bellezza della risposta nasce da una sinergia, come nel caso di Zen:
“Durante il periodo di residenza a Carloforte ho chiesto ad un muratore del posto di trattare l’entrata di un parcheggio
abbandonato con la tecnica Gen, antica tecnica con cui venivano e vengono ancora oggi intonacate le case del paese.
Questa tecnica viene normalmente impiegata per proteggere le abitazioni dalla salsedine, la ghiaia viene impastata al cemento e attraverso un movimento del polso è gettata sul muro, creando una texture che vibra sotto il sole dell’isola.”
L’urgenza di lasciare un segno si esprime, nelle opere di Simona, attraverso un gesto artistico che testimonia un passaggio, una riflessione, una volontà di sentire i luoghi in cui ci muoviamo in modo più intimo.
“I was Here” è il titolo della foto scattata da una scogliera di Byron Bay, il punto più a Est dell’Australia sull’Oceano.
“Sono stato qui”, una di quelle scritte che si trovano incise sui muri delle città, sui monumenti, sulle panchine dei parchi.
Perché ci piace pensare che quel segno sopravviverà alla nostra partenza. E in effetti, sopravvive.
Vernissage mercoledì 18 Maggio ore 18.30
Twenty14 Contemporary
piazza Mentana,7 Milano
18
maggio 2016
Simona Andrioletti – And there was evening and there was morning
Dal 18 maggio al 19 giugno 2016
fotografia
arte contemporanea
performance - happening
arte contemporanea
performance - happening
Location
TWENTY14 CONTEMPORARY
Milano, Piazza Mentana, 7, (Milano)
Milano, Piazza Mentana, 7, (Milano)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 11-19.30
Vernissage
18 Maggio 2016, h 18.30
Autore
Curatore