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Simona Bertolotto – Femina
Manti e decori floreali, pose sensuali e sguardi languidi: sono ninfe contemporanee, quelle disegnate da Simona Bertolotto, a rievocare ed esaltare una femminilità oggi perduta, trasmettendo la grazia e l’eleganza di un’epoca lontana.
Comunicato stampa
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Manti e decori floreali, pose sensuali e sguardi languidi: sono ninfe contemporanee, quelle disegnate da Simona Bertolotto, a rievocare ed esaltare una femminilità oggi perduta, trasmettendo la grazia e l’eleganza di un’epoca lontana.
In “Femina” uccelli, fiori, gabbie, ali di farfalla e objets trouvés si stratificano come velature pittoriche, di volta in volta e in modo sempre inatteso, su delicate figure femminili: prendono così vita iridescenti visioni, oniriche e surreali, dotate di trasparenza e profondità, quasi di luce propria, grazie ai mutevoli riflessi dello specchio su cui sono riportate.
Il supporto non è certo a caso uno specchio, se si considera ogni opera come una sorta di autoritratto, in cui l’artista riversa le proprie emozioni o le inquietudini del momento.
Le protagoniste sono sempre donne, assimilabili a delle naiadi, divinità minori della natura, che rimandano con immediatezza al concetto di eterno femminino: se da un lato appaiono retrò, dall’altro si propongono come paradigma visivo di un dogma atemporale, un modello di stile.
Il progetto nasce inizialmente dal recupero di alcune cartoline vintage, i cui soggetti femminili vengono ripresi, rielaborati e mixati con altre immagini, per proseguire poi con ritratti scattati direttamente dall’artista: le modalità rimangono le stesse e le protagoniste subiscono una metamorfosi, vestendosi di un rutilante caleidoscopio di colori, elementi naturali e curiosi reperti per trovarsi così, inaspettatamente, calate in un’altra dimensione, al di fuori di ogni epoca e luogo. Le atmosfere in cui sono immerse tali elaborate e luminose amadriadi sembrano evocare contemporaneamente, in un cortocircuito temporale, sia i dipinti preraffaelliti che il glamour delle pagine di una qualsiasi rivista di moda, dando vita a un’estetica, a tratti di gusto steampunk, assolutamente desueta e originale.
Tutto inizia nel 2011 quando, con Instagram e altre applicazioni di photo-editing, media assolutamente contemporanei, Simona Bertolotto cuce insieme con vocazione sartoriale immagini di varia provenienza, ottenendo in breve tempo esiti così apprezzati tanto da venire intercettata, nel mare magnum del web, dal Direttore di Vogue Italia, Franca Sozzani.
Il prototipo femmineo ricorrente, a cui si riconducono le protagoniste di tutte le sue opere, è quello di inizio secolo, per arrivare fino agli anni ‘50: donne dagli sguardi sottomessi, soggiogate alla volontà maschile e dotate di un fascino e un’eleganza ormai dimenticati.
Attorno a loro ruotano frammenti visivi, indizi di un filo conduttore ben preciso: gabbie e orologi, simboli di chiusura, prigionia e attesa si alternano ad ali di uccelli e farfalle, tese a rappresentare metaforicamente l’indipendenza femminile, celebrando un’idea di libertà fisica e mentale che talvolta ancora oggi, in alcuni momenti particolari della vita, può venire a mancare.
Per assurdo il modello di donna a cui ogni opera si ispira appartiene a un’epoca in cui la libertà era esigua se non inesistente, e proprio per questo acquisisce qui un valore centrale e simbolico: lontano da apologie femministe rappresenta semplicemente chi prima di noi ha dovuto lottare per ottenere non certo poche conquiste, non tanto un memento quanto un vero e proprio exemplum di vita, da tenere sempre a mente.
Simona Bertolotto nasce nel 1971. Artista e fotografa, spazia dalla moda al ritratto, dal reportage alla ricerca. Selezionata nel 2013 tra i migliori artisti di Paratissima prosegue la sua carriera, con varie attività, sia espositive che in collaborazione con Vogue Italia. Vive e lavora a Torino.
In “Femina” uccelli, fiori, gabbie, ali di farfalla e objets trouvés si stratificano come velature pittoriche, di volta in volta e in modo sempre inatteso, su delicate figure femminili: prendono così vita iridescenti visioni, oniriche e surreali, dotate di trasparenza e profondità, quasi di luce propria, grazie ai mutevoli riflessi dello specchio su cui sono riportate.
Il supporto non è certo a caso uno specchio, se si considera ogni opera come una sorta di autoritratto, in cui l’artista riversa le proprie emozioni o le inquietudini del momento.
Le protagoniste sono sempre donne, assimilabili a delle naiadi, divinità minori della natura, che rimandano con immediatezza al concetto di eterno femminino: se da un lato appaiono retrò, dall’altro si propongono come paradigma visivo di un dogma atemporale, un modello di stile.
Il progetto nasce inizialmente dal recupero di alcune cartoline vintage, i cui soggetti femminili vengono ripresi, rielaborati e mixati con altre immagini, per proseguire poi con ritratti scattati direttamente dall’artista: le modalità rimangono le stesse e le protagoniste subiscono una metamorfosi, vestendosi di un rutilante caleidoscopio di colori, elementi naturali e curiosi reperti per trovarsi così, inaspettatamente, calate in un’altra dimensione, al di fuori di ogni epoca e luogo. Le atmosfere in cui sono immerse tali elaborate e luminose amadriadi sembrano evocare contemporaneamente, in un cortocircuito temporale, sia i dipinti preraffaelliti che il glamour delle pagine di una qualsiasi rivista di moda, dando vita a un’estetica, a tratti di gusto steampunk, assolutamente desueta e originale.
Tutto inizia nel 2011 quando, con Instagram e altre applicazioni di photo-editing, media assolutamente contemporanei, Simona Bertolotto cuce insieme con vocazione sartoriale immagini di varia provenienza, ottenendo in breve tempo esiti così apprezzati tanto da venire intercettata, nel mare magnum del web, dal Direttore di Vogue Italia, Franca Sozzani.
Il prototipo femmineo ricorrente, a cui si riconducono le protagoniste di tutte le sue opere, è quello di inizio secolo, per arrivare fino agli anni ‘50: donne dagli sguardi sottomessi, soggiogate alla volontà maschile e dotate di un fascino e un’eleganza ormai dimenticati.
Attorno a loro ruotano frammenti visivi, indizi di un filo conduttore ben preciso: gabbie e orologi, simboli di chiusura, prigionia e attesa si alternano ad ali di uccelli e farfalle, tese a rappresentare metaforicamente l’indipendenza femminile, celebrando un’idea di libertà fisica e mentale che talvolta ancora oggi, in alcuni momenti particolari della vita, può venire a mancare.
Per assurdo il modello di donna a cui ogni opera si ispira appartiene a un’epoca in cui la libertà era esigua se non inesistente, e proprio per questo acquisisce qui un valore centrale e simbolico: lontano da apologie femministe rappresenta semplicemente chi prima di noi ha dovuto lottare per ottenere non certo poche conquiste, non tanto un memento quanto un vero e proprio exemplum di vita, da tenere sempre a mente.
Simona Bertolotto nasce nel 1971. Artista e fotografa, spazia dalla moda al ritratto, dal reportage alla ricerca. Selezionata nel 2013 tra i migliori artisti di Paratissima prosegue la sua carriera, con varie attività, sia espositive che in collaborazione con Vogue Italia. Vive e lavora a Torino.
09
aprile 2015
Simona Bertolotto – Femina
Dal 09 al 29 aprile 2015
arte contemporanea
Location
SPACENOMORE – PALAZZO GRANERI DELLA ROCCIA
Torino, Via Conte Giambattista Bogino, 9, (Torino)
Torino, Via Conte Giambattista Bogino, 9, (Torino)
Orario di apertura
da lunedì a venerdì ore 10-19
Vernissage
9 Aprile 2015, ore 18
Autore
Curatore