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Simone Racheli
A prima vista le opere qui esposte paiono anatomie immaginarie, spaccati di corpi inverosimili e dalle funzioni impossibili
Comunicato stampa
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Come è noto, l’anatomia è nata dal desiderio di “vedere” dentro le cose tipico degli artisti. A dimostrazione di ciò stanno gli straordinari disegni di Leonardo, che per accuratezza e precisione anticipano le tavole anatomiche moderne. Ma questo interesse non si è esaurito con l’età eroica del Rinascimento, ed è proseguito, sia pur in altre forme, fino ad oggi. Jean-Michel Basquiat ad esempio, traeva gran parte dei suoi spunti dal Gray, il celebre manuale americano di anatomia – e di recente Damien Hirst ha fatto rivivere il mito della scoperta anatomica nella sua gigantesca scultura Hymn, che altro non è che l’ingrandimento di un giocattolo che rappresenta un torso umano in sezione. Il lavoro di Simone Racheli si colloca entro questa prospettiva.
A prima vista le opere qui esposte paiono anatomie immaginarie, spaccati di corpi inverosimili e dalle funzioni impossibili. Ad un secondo sguardo però, sotto il sistema dei legamenti e dei muscoli, dei tendini e delle mucose, riconosciamo non tanto anatomie umane, ma oggetti d’uso comune: il telaio di una bici, un asciugacapelli, un trapano, uno sgabello...
Racheli sembra mosso dall’eterno desiderio di scoperta di matrice leonardesca – capire come sono fatte le cose nel loro intimo, sotto la pelle della superficie. Ma ciò che gli capita è di fare la scoperta sbagliata: invece di trovare viti, fili, componenti meccaniche, le cose gli diventano biomorfe sotto le mani, e incontra deltoidi, bicipiti, legamenti, tibie, ulne, rotule, intestini, apparati genitali o renali...
Tecnicamente, egli sovrappone, sopra lo scheletro delle cose, strati e strati di cera, come se fossero tegumenti epiteliali. Il risultato è una superfetazione di organismi difformi, impossibili eppure plausibili, che fa nascere esseri misteriosi e persino inquietanti, esistenze che sono “entità”, cose che somigliano alla Cosa (nel significato che la fantascienza ha saputo associare a questi termini).
In questo senso il lavoro di Racheli è completamente artistico e completamente contemporaneo. Da un lato infatti riprende le più antiche tecniche di descrizione anatomica, e persino i materiali più classici quali la cera (con cui erano regolarmente realizzati i modelli anatomici sei-settecenteschi); dall’altro lato si confronta con le rivoluzioni che idee consolidate come quella di corpo o di organo hanno subito ad opera delle biotecnologie contemporanee – e ne raffigura i possibili quanto perturbanti risultati.
E’ in questo scollamento, in questa mancanza di coincidenza, in questa disidentità dell’uomo con l’uomo, e delle cose con le cose, che si insinuano le sconcertanti “entità” di Racheli.
A prima vista le opere qui esposte paiono anatomie immaginarie, spaccati di corpi inverosimili e dalle funzioni impossibili. Ad un secondo sguardo però, sotto il sistema dei legamenti e dei muscoli, dei tendini e delle mucose, riconosciamo non tanto anatomie umane, ma oggetti d’uso comune: il telaio di una bici, un asciugacapelli, un trapano, uno sgabello...
Racheli sembra mosso dall’eterno desiderio di scoperta di matrice leonardesca – capire come sono fatte le cose nel loro intimo, sotto la pelle della superficie. Ma ciò che gli capita è di fare la scoperta sbagliata: invece di trovare viti, fili, componenti meccaniche, le cose gli diventano biomorfe sotto le mani, e incontra deltoidi, bicipiti, legamenti, tibie, ulne, rotule, intestini, apparati genitali o renali...
Tecnicamente, egli sovrappone, sopra lo scheletro delle cose, strati e strati di cera, come se fossero tegumenti epiteliali. Il risultato è una superfetazione di organismi difformi, impossibili eppure plausibili, che fa nascere esseri misteriosi e persino inquietanti, esistenze che sono “entità”, cose che somigliano alla Cosa (nel significato che la fantascienza ha saputo associare a questi termini).
In questo senso il lavoro di Racheli è completamente artistico e completamente contemporaneo. Da un lato infatti riprende le più antiche tecniche di descrizione anatomica, e persino i materiali più classici quali la cera (con cui erano regolarmente realizzati i modelli anatomici sei-settecenteschi); dall’altro lato si confronta con le rivoluzioni che idee consolidate come quella di corpo o di organo hanno subito ad opera delle biotecnologie contemporanee – e ne raffigura i possibili quanto perturbanti risultati.
E’ in questo scollamento, in questa mancanza di coincidenza, in questa disidentità dell’uomo con l’uomo, e delle cose con le cose, che si insinuano le sconcertanti “entità” di Racheli.
28
luglio 2007
Simone Racheli
Dal 28 luglio al 02 settembre 2007
arte contemporanea
Location
GALLERIA ENRICO ASTUNI
Bologna, Via Jacopo Barozzi Vignola, 3, (Bologna)
Bologna, Via Jacopo Barozzi Vignola, 3, (Bologna)
Orario di apertura
Tutti i giorni dalle 10.30 alle 13, dalle 18 alle 20.30, dalle 21.30 alle 24, lunedì chiuso
Vernissage
28 Luglio 2007, ore 19
Autore
Curatore