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Soffio
Il progetto è stato costruire una mostra sul tema del “Soffio” in tutte le sue implicazioni, poetiche, teologiche, fisiche e simboliche e collocarla in una chiesa comunale, aperta al culto.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Il progetto è stato costruire una mostra sul tema del “Soffio” in tutte le sue implicazioni, poetiche, teologiche, fisiche e simboliche e collocarla in una chiesa comunale, aperta al culto.
SOFFIO è una mostra collettiva in cui più personalità si mettono alla prova col tema e col luogo, intrecciando discorsi e forme in momenti di assonanza e di stridore; di melodia e contrappunto, tra di loro e con il luogo.
Questa pluralità di sguardi e di proposte si evidenzia anche nella pluralità dei mezzi espressivi, anzi, questa è una delle peculiarità della mostra che vuole mettere a confronto, su un tema comune, mezzi espressivi diversi: pittura, disegno, fotografia, video, istallazione, scultura e, fondamentale, musica. Una musica di fiati.
Gli artisti partecipanti sono sette, più un musicista.
Emma Ciceri, video
Giovanni De Lazzari, disegno
Giovanni De Francesco, scultura
Floriana Giacinti, fotografia
Marco Grimaldi, pittura
Adelio Leoni, musica
Luca Santiago Mora, video
Giovanni Oberti, installazione
Ne è scaturita una mostra semplice e serena, come un po’ il tema obbliga, fatta di piccole cose, discrete, ma per questo non priva di intensità. Intensità che il luogo stesso ha favorito.
Soffi lumi
1. Ruach
All’inizio, prima della creazione dei mondi, un pensiero universale era combattuto nel proprio interno. Le due forze che creavano movimento nella sfera delle intenzioni non erano il bene e il male, bensì la leggerezza e il peso. C’è chi dice che all’inizio fu emanato il soffio vitalistico. Lo hanno chiamato “spirito”. La Bibbia nomina la parola “ruach” . Era legata alla forza della luminosità generativa. Portava vita alla materia, che è peso. Ma già poco dopo la creazione delle varie declinazioni della carne il demiurgo pensò che fosse sublime lavorare sulla sottrazione di peso, sia sui corpi angelici sia sulle vite umane. Cercò di ritornare sui suoi passi, ma la vita carnale era già innescata. Impossibile fermarla. Un peccato, fermarla. Fu creato il peso della materia, forse per mostrare la grandezza di ciò che è invisibilmente incorporeo, dalla consistenza della luce, soffio di energia vivificante. Ma il soffio ha dimostrato di essere anche una forza spietata, in grado di dare spinte ora drammatiche ora grottesche alla storia terrena. L’alito divino passa come una visione indiretta, vento che scorre accanto allo specchio delle interpretazioni. Corpuscoli invisibili, dalle innumerevoli potenzialità imprevedibili, fanno in modo che la poesia della concretezza fisica abbia la stessa potenza evocativa della leggerezza mobile. Come se stessimo immaginando una sospensione perenne di una fotosintesi sinestetica e di una forma luminosa in grado di nutrire tutte le forme materiche. Il pieno del peso trova concretezza attraverso la visibilità del vuoto, dell’assenza e dell’inconsistenza. Ma qui entriamo nel campo della presenza ultrasottile. Ogni individuo che partecipa alla struttura della coscienza umana ospita nel cuore un soffio originario, un afflato che lo lega sia alla paura di scomparire sia alla trascendenza. La ricerca di congiungersi al soffio primordiale spinge l’uomo verso qualcosa che è posto “al di là”. Si crea così una tensione verso qualcosa che è percepito come misterico, come qualcosa che è però sempre al di là della comprensione universale. Nella visione musulmana questo impulso naturale si chiama fitra (“natura primordiale”, la regola primigenia, che determina l’armonia tra l’uomo, la creazione e Dio). Il soffio essenziale è connaturato alla luce, an-nur. Soffio e luce animano gli esseri umani nel tempo, trasportano la Rivelazione delle rivelazioni. In realtà, nel Corano si parla di due fonti di luce che si incontrano, “Nurun ala nur”, “Luce su luce” (XXIV, 35). La luce del Messaggio rivelato giunge e risveglia il soffio interiore dell’individuo: la profondità originaria incontra quella della coscienza e del cuore. Le due luci complementari permettono all’uomo di essere “testimone” della presenza del divino. In questa visione la fede è innata e la ragione l’arricchisce. Al contrario dell’aforisma pascaliano, gli islamici credono che il cuore abbia le sue ragioni che la ragione riconoscerà. Precedendo la ragione, il soffio di luce le permette di riconoscere ciò che esiste nel cuore. Soffio nel soffio, per muovere il non tempo invisibile nel tempo visibile.
2. Pneuma
Il soffio di luce innesca al contempo un processo di disgregazione e di semina nella forma. La spettroscopia incontra la fotosintesi, tra flusso spirituale e fisicità del corpo. In questo incontro di reazioni chimiche si vengono a creare sostanze organiche e processi di sintesi, sotto il segno del bagliore. Alla dipendenza dalla luce si alterna una fase oscura, ovviamente indipendente dalla luminosità, come fosse un ciclo metafisico di Calvin, una fase al buio, dove enzimi si attivano come in un processo di memoria dovuto alla luce. Una fotosintesi clorofilliana porta nutrimento all’Albero della vita, dove l’unità del grembo creatore continua a far scorrere le molteplici forme di consapevolezza che animano la creazione, come fossero presenze angeliche che salgono e scendono in continuazione lungo l’asse cosmico che unisce la terra al cielo. Questo albero assorbe il nutrimento energetico, ovvero quell’aleggiare di luce divina nelle terre che circondano l’atto di ogni creazione. I soffi luminescenti si sommuovono come pensieri, intuizioni o preghiere. L’alito colmo di rugiada essenziale ha un’anima in cui battono tutte le polarità basilari della vita. Un soffio maschile è attratto da un soffio femminile, in una complessa ramificazione di relazioni. Il coinvolgimento dei due respiri è atto della conoscenza. È un bacio supremo. È la scintilla che scocca – prima tra gli sguardi di Adamo e di Eva e poi tra Dio e la Vergine -, forma sublime di attrazione, invaghimento assoluto che conduce al desiderio di vivere pienamente le potenzialità della carne vivificata dallo spirito. I progenitori veterotestamentari, avanguardia della conoscenza, vivono l’esperienza dell’autodistruzione, della perdita di uno stato paradisiaco e della morte. Dio, nella forma di Albero della vita, mantiene un rapporto diretto con la mente e il respiro dell’uomo. Emana dieci luci (sorgenti di energia, potenze dell’anima), in grado di connettersi con il principio vitalistico contenuto in ogni essere terreno. In quest’abbaglio cerca di lenire la nostalgia che gli umani provano per l’Eden perduto.
3. Ànemos
Secondo Paul Celan, la “parola vera” della creazione determina l’“inversione del respiro”, ovvero il capovolgimento del linguaggio ordinario. Il soffio della poiesis (la parola greca poieo, da cui deriva termine “poeta”, significa: “costruisco, formo con arte”) induce alla trasfigurazione del linguaggio e delle forme. Determina il cambio di direzione e trascende lo stato abissale di un silenzio depotenziato. Entra nell’attesa dei naufraghi della relazione. Ruach Elohim discende nel “crepaccio dei tempi”, porta “la non intaccabile testimonianza” (P. Celan). Ogni autentica parola è originario fiato della vita, fonema con carattere trascendente. È fosfema soffiato nell’argilla e dà inizio alla possibilità dell’esistenza. Per Emmanuel Lévinas la parola infrange la solitudine: deve essere rivolta per rigenerare la relazione con l’altro, che è ascoltatore, interlocutore, contraddittore, e, soprattutto, persona. Il soffio della parola viva e vera diffida delle teorie estetiche. Passa accanto alla metafora, ma se ne allontana, cercando di lasciare la “grande memoria dei nostri antenati” (William Butler Yeats) a carico dello spirito. L’inversione del respiro entra nella coscienza morale, ribolle nel subconscio, penetra nel segreto dell'interiorità personale. Per Omero il soffio che porta il volo della farfalla nel vento dell’anima è come un’energia immateriale che uomini e animali possiedono in modo impersonale, una vita cosmica, un’energia vitale riconoscibile nel respiro e contenuta nel sangue, su cui gli uomini non hanno potere. Non ci può essere il soffio sottile dell’anima senza un corpo che la contenga e la mantenga in vita. Lucrezio rileva due presenze nel corpo, strettamente unite e che formano una sola natura: l’ animus e l’anima. L’anima razionale - la parte più veloce e dinamica, che ha sede nel petto ed esercita i comandi - muove i fili che sono legati all’anima percettiva e nutritiva.
Gli atomi che costituiscono le due anime presentano quattro componenti diverse: il calore, l’aria, il vento e una quarta sostanza senza nome (verrà poi chiamata “l’anima dell’anima stessa”). Questi elementi mescolati fra di loro determinano gli spostamenti ultrasottili fra due stati dell’essere.
4. Psychein
«Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito» ( Gv 3,8)
Vento e spirito sono manifestazioni del respiro divino, un soffio primigenio che palpitava prima ancora che l’universo fosse creato. A un certo punto un soffio irrazionale irrompe nel mondo terreno. Gli esseri carnali ricevono in dono un respiro. Molti però trasformano questo afflato in soffocazione. Una volta perduto il respiro primigenio, il bisogno degli individui diviene creazione continua di simulacri. Persa l’occasione offerta dal divino, lo spazio memoriale della persona sente la necessità di trasformare in immagini la sua esperienza. Cerca di fissarla per poterla in qualche modo possedere o farne uso. Ma si tratta di un possesso e di un attingere di natura fragile e illusoria. Il soffio ora scorre in un mondo in cui tutto, per sussistere, rotea come i pianeti, come gli atomi, come il pensiero. Che ritorni allora adesso il soffio per chi ha perduto la consapevolezza del respiro e per chi dà per scontato i due movimenti della sua azione. Questo ritorno è l’altra possibilità concessa a tutti gli esseri viventi, è il senso del viaggio iniziatico: Prima di compiere il viaggio credevo che le montagne fossero montagne e i mari fossero mari; durante il viaggio scoprii che le montagne non sono montagne e i mari non sono mari; e ora che sono giunto so che le montagne sono montagne, e i mari sono mari (Dhū l-Nūn al-Miṣrī, maestro sufi del IX secolo).
La sottile potenza dello Spirito, che rimane celata in un mistero ineffabile, riempie l'universo e vivifica ogni anima (Sapienza 1,7). Penetra nei corpi, irrorando le radici dell’esistenza. Circola nel sangue, come fosse desiderio necessario e urgente, per cercare il respiro di chi si ama.
5. Neshamah
La brezza divina scaturisce dall’origine del mistero. È immagine della difficoltà di poter afferrare ciò che si dilata e si contrae da millenni, come il respiro. Aderisce alle cose esterne, agisce attraverso il flusso incorporeo, trascorre nel suo moto. Può scivolare via o lasciare un segno nei corpi che incontra. Il soffio superiore ha un’anima di salnitro celeste, un cuore di quintessenza, il sangue di fosforescenze, un pensiero come nuvole di lucciole in volo.
L’alito della vita si tramuta in scala di luce sospesa nello spazio della santità, in bagliore che ingravida una Vergine, nel volo d’uccello dalle zampe di filo tra i rami di un asse cosmico, in soffioni che parlano la lingua dei fuochi d’artificio, in mulinelli di vento che orchestrano danze di giornali sulle gradinate di uno stadio, in note che respirano in reliquari, nella rugiada che abbevera i colori dei fiori recisi in un vaso, negli sbuffi baluginanti tra due monitor accostati. Le innumerevoli declinazioni del soffio cosmico sono questioni di pelle. Le palpebre si abbassano, gli occhi si concentrano nel buio, il corpo protende i suoi rami sul mondo, si offre all’arrivo del vento e della luce. Un canto degli Indiani Sioux tramanda: Grande Spirito la cui voce ascolto nel vento e il cui respiro fa vivere il mondo, ascoltami. Sono uno dei tuoi tanti figli e vengo a te. Sono piccolo e debole, ho bisogno della tua forza e della tua sapienza. Lasciami camminare tra le cose belle e fa che i miei occhi possano ammirare il tramonto rosso e d’oro. Fa che le mie mani possano rispettare ciò che hai creato e le mie orecchie sentire chiaramente il suono della tua voce.
Il rispetto del creato è apertura continua all’ascolto di verbi all’infinito: sentire il suono del soffio, raccogliere l’umidità radicale delle vite umane, lasciare traccia segnica dell’anelito di luce, catturare l’anima incandescente della rugiada portata dal cielo, cogliere il respiro di ogni volo, posare l’orecchio sul tronco dell’Albero della Vita per seguire il flusso di ruach nell’albeggiare della linfa,
accogliere il lampo che porta vita nei grembi. L’insufflare della sapienza celeste aderisce alle carni per farle rifiorire. Lì la vita, nel cuore stesso della vita, torna a pulsare tra i due movimenti del respiro universale.
“Il termine Ruach, da cui Ruach hakodesh (Spirito Santo), è in greco pnéuma e in latino spiritus. Pnèuma deriva dal verbo pnèo, che significa "respirare" o "soffiare", e si ritiene che anche l'ebraico ruach derivi da una radice che ha lo stesso significato, e indica l'alito vitale comunicato da Dio all'uomo. È un riferimento all'anima mediana, o spirito. Essa consiste nelle virtù morali e nella capacità di distinguere il bene dal male. Nel linguaggio moderno è analoga alla psiche o all'ego”.
“L'anima (dal latino anima, connesso col greco ànemos, «soffio», «vento»), in molte religioni, tradizioni spirituali e filosofie, è la parte spirituale ed eterna di un essere vivente, comunemente ritenuta indipendente dal corpo, poiché distinta dalla parte fisica. Tipicamente si pensa che consista della coscienza e della personalità di un essere umano, e può essere sinonimo di «spirito», «mente» o «io». Si crede che l'anima continui a vivere dopo la morte fisica della persona, e alcune religioni postulano che sia Dio a creare o generare le anime. In alcune culture, si dice che gli esseri viventi non umani e, talvolta, altri oggetti (come i fiumi) abbiano un'anima, una credenza nota come animismo. I termini «anima» e «spirito» vengono spesso usati come sinonimi, anche se il primo è maggiormente legato al concetto di individualità di una persona. Anche le parole «anima» e «psiche» possono essere considerate come sinonimi, sebbene «psiche» abbia connotazioni relativamente più fisiche, mentre l'anima è collegata più strettamente alla metafisica e alla religione. Nella Grecia antica si faceva a volte riferimento all'anima con il termine psyche, da collegare con psychein, «respirare», «soffiare». Nell'Induismo in generale si fa riferimento all'Ātman”.
“Neshamah è l’alito vitale, l'anima superiore, il sé più elevato. Distingue l'uomo da tutte le altre forme di vita. Riguarda aspetti più elevati dell'intelletto e permette all'uomo di godere e beneficiare dei livelli superiori della vita dell'aldilà. Questa parte permette una consapevolezza maggiore dell'esistenza e presenza di Dio ed è stretta alla sapienza delle modalità divine”.
Si sveglieranno ed esulteranno quelli che giacciono nella polvere perché la tua rugiada è rugiada luminosa, la terra darà alla luce le ombre (Isaia 26,19).
SOFFIO è una mostra collettiva in cui più personalità si mettono alla prova col tema e col luogo, intrecciando discorsi e forme in momenti di assonanza e di stridore; di melodia e contrappunto, tra di loro e con il luogo.
Questa pluralità di sguardi e di proposte si evidenzia anche nella pluralità dei mezzi espressivi, anzi, questa è una delle peculiarità della mostra che vuole mettere a confronto, su un tema comune, mezzi espressivi diversi: pittura, disegno, fotografia, video, istallazione, scultura e, fondamentale, musica. Una musica di fiati.
Gli artisti partecipanti sono sette, più un musicista.
Emma Ciceri, video
Giovanni De Lazzari, disegno
Giovanni De Francesco, scultura
Floriana Giacinti, fotografia
Marco Grimaldi, pittura
Adelio Leoni, musica
Luca Santiago Mora, video
Giovanni Oberti, installazione
Ne è scaturita una mostra semplice e serena, come un po’ il tema obbliga, fatta di piccole cose, discrete, ma per questo non priva di intensità. Intensità che il luogo stesso ha favorito.
Soffi lumi
1. Ruach
All’inizio, prima della creazione dei mondi, un pensiero universale era combattuto nel proprio interno. Le due forze che creavano movimento nella sfera delle intenzioni non erano il bene e il male, bensì la leggerezza e il peso. C’è chi dice che all’inizio fu emanato il soffio vitalistico. Lo hanno chiamato “spirito”. La Bibbia nomina la parola “ruach” . Era legata alla forza della luminosità generativa. Portava vita alla materia, che è peso. Ma già poco dopo la creazione delle varie declinazioni della carne il demiurgo pensò che fosse sublime lavorare sulla sottrazione di peso, sia sui corpi angelici sia sulle vite umane. Cercò di ritornare sui suoi passi, ma la vita carnale era già innescata. Impossibile fermarla. Un peccato, fermarla. Fu creato il peso della materia, forse per mostrare la grandezza di ciò che è invisibilmente incorporeo, dalla consistenza della luce, soffio di energia vivificante. Ma il soffio ha dimostrato di essere anche una forza spietata, in grado di dare spinte ora drammatiche ora grottesche alla storia terrena. L’alito divino passa come una visione indiretta, vento che scorre accanto allo specchio delle interpretazioni. Corpuscoli invisibili, dalle innumerevoli potenzialità imprevedibili, fanno in modo che la poesia della concretezza fisica abbia la stessa potenza evocativa della leggerezza mobile. Come se stessimo immaginando una sospensione perenne di una fotosintesi sinestetica e di una forma luminosa in grado di nutrire tutte le forme materiche. Il pieno del peso trova concretezza attraverso la visibilità del vuoto, dell’assenza e dell’inconsistenza. Ma qui entriamo nel campo della presenza ultrasottile. Ogni individuo che partecipa alla struttura della coscienza umana ospita nel cuore un soffio originario, un afflato che lo lega sia alla paura di scomparire sia alla trascendenza. La ricerca di congiungersi al soffio primordiale spinge l’uomo verso qualcosa che è posto “al di là”. Si crea così una tensione verso qualcosa che è percepito come misterico, come qualcosa che è però sempre al di là della comprensione universale. Nella visione musulmana questo impulso naturale si chiama fitra (“natura primordiale”, la regola primigenia, che determina l’armonia tra l’uomo, la creazione e Dio). Il soffio essenziale è connaturato alla luce, an-nur. Soffio e luce animano gli esseri umani nel tempo, trasportano la Rivelazione delle rivelazioni. In realtà, nel Corano si parla di due fonti di luce che si incontrano, “Nurun ala nur”, “Luce su luce” (XXIV, 35). La luce del Messaggio rivelato giunge e risveglia il soffio interiore dell’individuo: la profondità originaria incontra quella della coscienza e del cuore. Le due luci complementari permettono all’uomo di essere “testimone” della presenza del divino. In questa visione la fede è innata e la ragione l’arricchisce. Al contrario dell’aforisma pascaliano, gli islamici credono che il cuore abbia le sue ragioni che la ragione riconoscerà. Precedendo la ragione, il soffio di luce le permette di riconoscere ciò che esiste nel cuore. Soffio nel soffio, per muovere il non tempo invisibile nel tempo visibile.
2. Pneuma
Il soffio di luce innesca al contempo un processo di disgregazione e di semina nella forma. La spettroscopia incontra la fotosintesi, tra flusso spirituale e fisicità del corpo. In questo incontro di reazioni chimiche si vengono a creare sostanze organiche e processi di sintesi, sotto il segno del bagliore. Alla dipendenza dalla luce si alterna una fase oscura, ovviamente indipendente dalla luminosità, come fosse un ciclo metafisico di Calvin, una fase al buio, dove enzimi si attivano come in un processo di memoria dovuto alla luce. Una fotosintesi clorofilliana porta nutrimento all’Albero della vita, dove l’unità del grembo creatore continua a far scorrere le molteplici forme di consapevolezza che animano la creazione, come fossero presenze angeliche che salgono e scendono in continuazione lungo l’asse cosmico che unisce la terra al cielo. Questo albero assorbe il nutrimento energetico, ovvero quell’aleggiare di luce divina nelle terre che circondano l’atto di ogni creazione. I soffi luminescenti si sommuovono come pensieri, intuizioni o preghiere. L’alito colmo di rugiada essenziale ha un’anima in cui battono tutte le polarità basilari della vita. Un soffio maschile è attratto da un soffio femminile, in una complessa ramificazione di relazioni. Il coinvolgimento dei due respiri è atto della conoscenza. È un bacio supremo. È la scintilla che scocca – prima tra gli sguardi di Adamo e di Eva e poi tra Dio e la Vergine -, forma sublime di attrazione, invaghimento assoluto che conduce al desiderio di vivere pienamente le potenzialità della carne vivificata dallo spirito. I progenitori veterotestamentari, avanguardia della conoscenza, vivono l’esperienza dell’autodistruzione, della perdita di uno stato paradisiaco e della morte. Dio, nella forma di Albero della vita, mantiene un rapporto diretto con la mente e il respiro dell’uomo. Emana dieci luci (sorgenti di energia, potenze dell’anima), in grado di connettersi con il principio vitalistico contenuto in ogni essere terreno. In quest’abbaglio cerca di lenire la nostalgia che gli umani provano per l’Eden perduto.
3. Ànemos
Secondo Paul Celan, la “parola vera” della creazione determina l’“inversione del respiro”, ovvero il capovolgimento del linguaggio ordinario. Il soffio della poiesis (la parola greca poieo, da cui deriva termine “poeta”, significa: “costruisco, formo con arte”) induce alla trasfigurazione del linguaggio e delle forme. Determina il cambio di direzione e trascende lo stato abissale di un silenzio depotenziato. Entra nell’attesa dei naufraghi della relazione. Ruach Elohim discende nel “crepaccio dei tempi”, porta “la non intaccabile testimonianza” (P. Celan). Ogni autentica parola è originario fiato della vita, fonema con carattere trascendente. È fosfema soffiato nell’argilla e dà inizio alla possibilità dell’esistenza. Per Emmanuel Lévinas la parola infrange la solitudine: deve essere rivolta per rigenerare la relazione con l’altro, che è ascoltatore, interlocutore, contraddittore, e, soprattutto, persona. Il soffio della parola viva e vera diffida delle teorie estetiche. Passa accanto alla metafora, ma se ne allontana, cercando di lasciare la “grande memoria dei nostri antenati” (William Butler Yeats) a carico dello spirito. L’inversione del respiro entra nella coscienza morale, ribolle nel subconscio, penetra nel segreto dell'interiorità personale. Per Omero il soffio che porta il volo della farfalla nel vento dell’anima è come un’energia immateriale che uomini e animali possiedono in modo impersonale, una vita cosmica, un’energia vitale riconoscibile nel respiro e contenuta nel sangue, su cui gli uomini non hanno potere. Non ci può essere il soffio sottile dell’anima senza un corpo che la contenga e la mantenga in vita. Lucrezio rileva due presenze nel corpo, strettamente unite e che formano una sola natura: l’ animus e l’anima. L’anima razionale - la parte più veloce e dinamica, che ha sede nel petto ed esercita i comandi - muove i fili che sono legati all’anima percettiva e nutritiva.
Gli atomi che costituiscono le due anime presentano quattro componenti diverse: il calore, l’aria, il vento e una quarta sostanza senza nome (verrà poi chiamata “l’anima dell’anima stessa”). Questi elementi mescolati fra di loro determinano gli spostamenti ultrasottili fra due stati dell’essere.
4. Psychein
«Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito» ( Gv 3,8)
Vento e spirito sono manifestazioni del respiro divino, un soffio primigenio che palpitava prima ancora che l’universo fosse creato. A un certo punto un soffio irrazionale irrompe nel mondo terreno. Gli esseri carnali ricevono in dono un respiro. Molti però trasformano questo afflato in soffocazione. Una volta perduto il respiro primigenio, il bisogno degli individui diviene creazione continua di simulacri. Persa l’occasione offerta dal divino, lo spazio memoriale della persona sente la necessità di trasformare in immagini la sua esperienza. Cerca di fissarla per poterla in qualche modo possedere o farne uso. Ma si tratta di un possesso e di un attingere di natura fragile e illusoria. Il soffio ora scorre in un mondo in cui tutto, per sussistere, rotea come i pianeti, come gli atomi, come il pensiero. Che ritorni allora adesso il soffio per chi ha perduto la consapevolezza del respiro e per chi dà per scontato i due movimenti della sua azione. Questo ritorno è l’altra possibilità concessa a tutti gli esseri viventi, è il senso del viaggio iniziatico: Prima di compiere il viaggio credevo che le montagne fossero montagne e i mari fossero mari; durante il viaggio scoprii che le montagne non sono montagne e i mari non sono mari; e ora che sono giunto so che le montagne sono montagne, e i mari sono mari (Dhū l-Nūn al-Miṣrī, maestro sufi del IX secolo).
La sottile potenza dello Spirito, che rimane celata in un mistero ineffabile, riempie l'universo e vivifica ogni anima (Sapienza 1,7). Penetra nei corpi, irrorando le radici dell’esistenza. Circola nel sangue, come fosse desiderio necessario e urgente, per cercare il respiro di chi si ama.
5. Neshamah
La brezza divina scaturisce dall’origine del mistero. È immagine della difficoltà di poter afferrare ciò che si dilata e si contrae da millenni, come il respiro. Aderisce alle cose esterne, agisce attraverso il flusso incorporeo, trascorre nel suo moto. Può scivolare via o lasciare un segno nei corpi che incontra. Il soffio superiore ha un’anima di salnitro celeste, un cuore di quintessenza, il sangue di fosforescenze, un pensiero come nuvole di lucciole in volo.
L’alito della vita si tramuta in scala di luce sospesa nello spazio della santità, in bagliore che ingravida una Vergine, nel volo d’uccello dalle zampe di filo tra i rami di un asse cosmico, in soffioni che parlano la lingua dei fuochi d’artificio, in mulinelli di vento che orchestrano danze di giornali sulle gradinate di uno stadio, in note che respirano in reliquari, nella rugiada che abbevera i colori dei fiori recisi in un vaso, negli sbuffi baluginanti tra due monitor accostati. Le innumerevoli declinazioni del soffio cosmico sono questioni di pelle. Le palpebre si abbassano, gli occhi si concentrano nel buio, il corpo protende i suoi rami sul mondo, si offre all’arrivo del vento e della luce. Un canto degli Indiani Sioux tramanda: Grande Spirito la cui voce ascolto nel vento e il cui respiro fa vivere il mondo, ascoltami. Sono uno dei tuoi tanti figli e vengo a te. Sono piccolo e debole, ho bisogno della tua forza e della tua sapienza. Lasciami camminare tra le cose belle e fa che i miei occhi possano ammirare il tramonto rosso e d’oro. Fa che le mie mani possano rispettare ciò che hai creato e le mie orecchie sentire chiaramente il suono della tua voce.
Il rispetto del creato è apertura continua all’ascolto di verbi all’infinito: sentire il suono del soffio, raccogliere l’umidità radicale delle vite umane, lasciare traccia segnica dell’anelito di luce, catturare l’anima incandescente della rugiada portata dal cielo, cogliere il respiro di ogni volo, posare l’orecchio sul tronco dell’Albero della Vita per seguire il flusso di ruach nell’albeggiare della linfa,
accogliere il lampo che porta vita nei grembi. L’insufflare della sapienza celeste aderisce alle carni per farle rifiorire. Lì la vita, nel cuore stesso della vita, torna a pulsare tra i due movimenti del respiro universale.
“Il termine Ruach, da cui Ruach hakodesh (Spirito Santo), è in greco pnéuma e in latino spiritus. Pnèuma deriva dal verbo pnèo, che significa "respirare" o "soffiare", e si ritiene che anche l'ebraico ruach derivi da una radice che ha lo stesso significato, e indica l'alito vitale comunicato da Dio all'uomo. È un riferimento all'anima mediana, o spirito. Essa consiste nelle virtù morali e nella capacità di distinguere il bene dal male. Nel linguaggio moderno è analoga alla psiche o all'ego”.
“L'anima (dal latino anima, connesso col greco ànemos, «soffio», «vento»), in molte religioni, tradizioni spirituali e filosofie, è la parte spirituale ed eterna di un essere vivente, comunemente ritenuta indipendente dal corpo, poiché distinta dalla parte fisica. Tipicamente si pensa che consista della coscienza e della personalità di un essere umano, e può essere sinonimo di «spirito», «mente» o «io». Si crede che l'anima continui a vivere dopo la morte fisica della persona, e alcune religioni postulano che sia Dio a creare o generare le anime. In alcune culture, si dice che gli esseri viventi non umani e, talvolta, altri oggetti (come i fiumi) abbiano un'anima, una credenza nota come animismo. I termini «anima» e «spirito» vengono spesso usati come sinonimi, anche se il primo è maggiormente legato al concetto di individualità di una persona. Anche le parole «anima» e «psiche» possono essere considerate come sinonimi, sebbene «psiche» abbia connotazioni relativamente più fisiche, mentre l'anima è collegata più strettamente alla metafisica e alla religione. Nella Grecia antica si faceva a volte riferimento all'anima con il termine psyche, da collegare con psychein, «respirare», «soffiare». Nell'Induismo in generale si fa riferimento all'Ātman”.
“Neshamah è l’alito vitale, l'anima superiore, il sé più elevato. Distingue l'uomo da tutte le altre forme di vita. Riguarda aspetti più elevati dell'intelletto e permette all'uomo di godere e beneficiare dei livelli superiori della vita dell'aldilà. Questa parte permette una consapevolezza maggiore dell'esistenza e presenza di Dio ed è stretta alla sapienza delle modalità divine”.
Si sveglieranno ed esulteranno quelli che giacciono nella polvere perché la tua rugiada è rugiada luminosa, la terra darà alla luce le ombre (Isaia 26,19).
10
luglio 2010
Soffio
Dal 10 luglio all'otto agosto 2010
arte contemporanea
Location
BASILICA SANTA MARIA MAGGIORE
Bergamo, Piazza Duomo, (Bergamo)
Bergamo, Piazza Duomo, (Bergamo)
Biglietti
ore 16
Editore
LUBRINA
Autore
Curatore