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Soly Cissé / Seyni Awa Camara – Ancestral Metamorphosis
La mostra Ancestral Metamorphosis esplora la condizione umana attraverso una lente che fonde il mito e la contemporaneità, ponendo in dialogo le opere di Soly Cissé e Seyni Awa Camara.
Comunicato stampa
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La mostra Ancestral Metamorphosis esplora la condizione umana attraverso una lente che fonde il mito e la contemporaneità, ponendo in dialogo le opere di Soly Cissé e Seyni Awa Camara. Questi due artisti senegalesi, con linguaggi e medium differenti, condividono una profonda riflessione sulle trasformazioni dell’essere e sul legame tra l’umano e il selvaggio. Le loro opere ci riportano a un passato ancestrale, evocando al contempo un futuro in divenire, in cui il confine tra realtà e immaginazione, umano e mostruoso, naturale e sovrannaturale si dissolve.
Le creature ibride e oniriche di Cissé trovano un contrappunto nelle figure scultoree di Camara, dense di simbolismo e cariche di una potenza arcaica che celebra la vita, la resilienza e il dialogo con il mondo spirituale.
Entrambi gli artisti utilizzano il concetto di metamorfosi come strumento per interrogarsi sull’identità e sul significato dell’essere umano, trasformando i loro materiali – la pittura e l’argilla – in veicoli per raccontare storie universali.
Soly Cissé ci conduce in un viaggio nell’inconscio attraverso la fusione di forme umane e animali, creature ibride che raccontano una trasformazione perenne. La sua arte si muove tra mito africano ed espressionismo contemporaneo, evocando tensioni tra istinto e ragione, passato e presente.
I suoi dipinti riflettono un’esplorazione drammatica e onirica della nostra esistenza, evocando un passato ancestrale e, al contempo, un futuro in divenire. Attraverso la manipolazione dei colori e delle forme, l’artista guida il pubblico in un viaggio nell’inconscio, dove materia, movimento e immaginazione si intrecciano, creando un dialogo tra l’umano e il selvaggio, tra l’istinto e la ragione.
Elementi fondanti della sua visione artistica includono un virtuosismo pittorico che richiama l’audacia e la potenza dei grandi maestri, in cui il contemporaneo si unisce a un primordiale e ancestrale. L’influenza di Bacon e Basquiat emerge nel suo stile, che bilancia potenza figurativa e forza del segno. La tecnica diventa un rito di creazione e distruzione, un linguaggio visivo che evoca l’immaginario e destruttura il reale, alternando figure umane a creature ibride, in una sintesi tra l’umano e il mostruoso.
La materia pittorica è il divenire incessante: sulla tela prende vita una danza caotica di forme, colori e texture, richiamando una visione onirica perennemente in bilico tra passato e presente. Colori intensi e strati spessi di pittura danno corpo a un’opera che non nasconde la sua struttura, il suo tessuto fisico. La tecnica, qui, non è semplice illusione ma un invito per lo spettatore a intraprendere un viaggio nella frammentazione della realtà e nella molteplicità dell’essere. Attraverso figure grottesche e frammentate, simboli evocativi e tensioni cromatiche, l’artista invita a confrontarsi con il ritmo interiore dell’esistenza.
L’arte di Soly Cissé non cerca di rappresentare la natura o la realtà tangibile, ma si muove sul piano dell’immaginazione e del mito. La metamorfosi delle forme è al centro della sua estetica: corpi che si deformano, animali fantastici che emergono dalla materia stessa, come se fossero imprigionati in essa. L’artista non descrive la realtà; piuttosto, ne crea una propria, dove l’essere umano si fonde con le proprie visioni e paure, dando vita a un immaginario che è insieme familiare e alieno, rassicurante e inquietante.
Nelle sue opere, il mito africano e la tradizione si amalgamano con un linguaggio espressionista e fortemente evocativo. Il risultato è una realtà sospesa, dove le figure perdono la loro materialità, si smaterializzano nel colore e dove la linea tra umano e animale, naturale e sovrannaturale, svanisce. Non vi è distinzione netta, ma una fluidità che trasforma ogni quadro in un mondo autonomo, evocativo di un’umanità senza tempo.
L’artista non si limita a creare immagini, ma plasma la materia in una vera e propria esperienza visiva, dove ogni pennellata è un frammento di una storia universale.
Seyni Awa Camara si inserisce nel panorama dell’arte africana contemporanea come una voce che attinge alle radici primordiali della cultura umana, dando forma a sculture che sembrano appartenere a un tempo mitico. Come la Venere di Willendorf, le sue opere celebrano la fertilità e l’energia creatrice, ma il suo linguaggio si estende ben oltre, affrontando il rapporto tra gli esseri umani e le forze invisibili che governano la loro esistenza. La madre gravida, sovrastata da una moltitudine di piccoli esseri, non è soltanto un simbolo di maternità, ma un’allegoria complessa che parla di conflitti, fughe e del peso delle relazioni umane.
L’argilla, per Camara, non è solo un materiale, ma un mezzo attraverso il quale il passato e il presente dialogano. Le sue figure, modellate e cotte nel cortile della sua casa, portano in sé una memoria collettiva che intreccia spiritualità, mito e vita quotidiana. A differenza della Venere paleolitica, che sintetizza l’essenza della fertilità attraverso linee essenziali, le sue sculture sono ricche di dettagli e stratificazioni, quasi a voler rappresentare l’intricata complessità dell’esistenza umana.
Le deformazioni e le proporzioni volutamente drammatiche nelle sue figure non sono anomalie estetiche, ma un linguaggio che traduce l’invisibile in forma visibile. La molteplicità di mani, occhi e volti non è soltanto un segno grafico, ma una dichiarazione di connessione tra l’individuo e la collettività, tra il reale e il trascendente. Per Camara, ogni figura è un racconto e ogni deformazione è una traccia della tensione tra il sacro e il profano.
Il “teatro senza palcoscenico” che Camara ha costruito attorno alla sua pratica, dove le sue opere sono disposte per dimensioni e significati, richiama i luoghi ancestrali della creazione artistica, dove l’arte era un atto rituale. Le sue sculture non sono mai un mero esercizio formale, ma totem che rivelano il bisogno umano di comprendere il mistero dell’esistenza, intrecciando l’ancestrale con il contemporaneo. Camara, attraverso le sue opere, non racconta solo storie personali, ma costruisce un ponte tra memoria, identità e trascendenza, sfidando chi osserva a trovare nel suo universo complesso una riflessione sulla condizione umana.
Le creature ibride e oniriche di Cissé trovano un contrappunto nelle figure scultoree di Camara, dense di simbolismo e cariche di una potenza arcaica che celebra la vita, la resilienza e il dialogo con il mondo spirituale.
Entrambi gli artisti utilizzano il concetto di metamorfosi come strumento per interrogarsi sull’identità e sul significato dell’essere umano, trasformando i loro materiali – la pittura e l’argilla – in veicoli per raccontare storie universali.
Soly Cissé ci conduce in un viaggio nell’inconscio attraverso la fusione di forme umane e animali, creature ibride che raccontano una trasformazione perenne. La sua arte si muove tra mito africano ed espressionismo contemporaneo, evocando tensioni tra istinto e ragione, passato e presente.
I suoi dipinti riflettono un’esplorazione drammatica e onirica della nostra esistenza, evocando un passato ancestrale e, al contempo, un futuro in divenire. Attraverso la manipolazione dei colori e delle forme, l’artista guida il pubblico in un viaggio nell’inconscio, dove materia, movimento e immaginazione si intrecciano, creando un dialogo tra l’umano e il selvaggio, tra l’istinto e la ragione.
Elementi fondanti della sua visione artistica includono un virtuosismo pittorico che richiama l’audacia e la potenza dei grandi maestri, in cui il contemporaneo si unisce a un primordiale e ancestrale. L’influenza di Bacon e Basquiat emerge nel suo stile, che bilancia potenza figurativa e forza del segno. La tecnica diventa un rito di creazione e distruzione, un linguaggio visivo che evoca l’immaginario e destruttura il reale, alternando figure umane a creature ibride, in una sintesi tra l’umano e il mostruoso.
La materia pittorica è il divenire incessante: sulla tela prende vita una danza caotica di forme, colori e texture, richiamando una visione onirica perennemente in bilico tra passato e presente. Colori intensi e strati spessi di pittura danno corpo a un’opera che non nasconde la sua struttura, il suo tessuto fisico. La tecnica, qui, non è semplice illusione ma un invito per lo spettatore a intraprendere un viaggio nella frammentazione della realtà e nella molteplicità dell’essere. Attraverso figure grottesche e frammentate, simboli evocativi e tensioni cromatiche, l’artista invita a confrontarsi con il ritmo interiore dell’esistenza.
L’arte di Soly Cissé non cerca di rappresentare la natura o la realtà tangibile, ma si muove sul piano dell’immaginazione e del mito. La metamorfosi delle forme è al centro della sua estetica: corpi che si deformano, animali fantastici che emergono dalla materia stessa, come se fossero imprigionati in essa. L’artista non descrive la realtà; piuttosto, ne crea una propria, dove l’essere umano si fonde con le proprie visioni e paure, dando vita a un immaginario che è insieme familiare e alieno, rassicurante e inquietante.
Nelle sue opere, il mito africano e la tradizione si amalgamano con un linguaggio espressionista e fortemente evocativo. Il risultato è una realtà sospesa, dove le figure perdono la loro materialità, si smaterializzano nel colore e dove la linea tra umano e animale, naturale e sovrannaturale, svanisce. Non vi è distinzione netta, ma una fluidità che trasforma ogni quadro in un mondo autonomo, evocativo di un’umanità senza tempo.
L’artista non si limita a creare immagini, ma plasma la materia in una vera e propria esperienza visiva, dove ogni pennellata è un frammento di una storia universale.
Seyni Awa Camara si inserisce nel panorama dell’arte africana contemporanea come una voce che attinge alle radici primordiali della cultura umana, dando forma a sculture che sembrano appartenere a un tempo mitico. Come la Venere di Willendorf, le sue opere celebrano la fertilità e l’energia creatrice, ma il suo linguaggio si estende ben oltre, affrontando il rapporto tra gli esseri umani e le forze invisibili che governano la loro esistenza. La madre gravida, sovrastata da una moltitudine di piccoli esseri, non è soltanto un simbolo di maternità, ma un’allegoria complessa che parla di conflitti, fughe e del peso delle relazioni umane.
L’argilla, per Camara, non è solo un materiale, ma un mezzo attraverso il quale il passato e il presente dialogano. Le sue figure, modellate e cotte nel cortile della sua casa, portano in sé una memoria collettiva che intreccia spiritualità, mito e vita quotidiana. A differenza della Venere paleolitica, che sintetizza l’essenza della fertilità attraverso linee essenziali, le sue sculture sono ricche di dettagli e stratificazioni, quasi a voler rappresentare l’intricata complessità dell’esistenza umana.
Le deformazioni e le proporzioni volutamente drammatiche nelle sue figure non sono anomalie estetiche, ma un linguaggio che traduce l’invisibile in forma visibile. La molteplicità di mani, occhi e volti non è soltanto un segno grafico, ma una dichiarazione di connessione tra l’individuo e la collettività, tra il reale e il trascendente. Per Camara, ogni figura è un racconto e ogni deformazione è una traccia della tensione tra il sacro e il profano.
Il “teatro senza palcoscenico” che Camara ha costruito attorno alla sua pratica, dove le sue opere sono disposte per dimensioni e significati, richiama i luoghi ancestrali della creazione artistica, dove l’arte era un atto rituale. Le sue sculture non sono mai un mero esercizio formale, ma totem che rivelano il bisogno umano di comprendere il mistero dell’esistenza, intrecciando l’ancestrale con il contemporaneo. Camara, attraverso le sue opere, non racconta solo storie personali, ma costruisce un ponte tra memoria, identità e trascendenza, sfidando chi osserva a trovare nel suo universo complesso una riflessione sulla condizione umana.
14
dicembre 2024
Soly Cissé / Seyni Awa Camara – Ancestral Metamorphosis
Dal 14 dicembre 2024 al 30 gennaio 2025
arte contemporanea
Location
Black Liquid Art Gallery
Roma, Via Piemonte, 69, (RM)
Roma, Via Piemonte, 69, (RM)
Orario di apertura
dal martedì al sabato dalle 12 alle 19
Dal 23 dicembre al 6 gennaio la galleria sarà chiusa per le festività natalizie.
Vernissage
14 Dicembre 2024, 17,30
Sito web
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Curatore
Autore testo critico
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