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Spazio mentale/fisico: Sara Grazio
Se esistono spazi di diversa densità e intensità, Sara Grazio si sofferma sul riflesso interiore, sulla traccia della propria presenza, dove questa sembra inestricabile dalla sede dell’emotività
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Sabato 10 maggio alle 19,30 si inaugura, al Diwan Café di Torino, la mostra di installazioni dell’artista veneta Sara Grazio, le cui opere esprimono con forza il rapporto intersoggettivo con l'ambiente scelto per quella che è una vera “ostensione delle proprie metamorfosi”.
La mostra di Sara Grazio è il quarto appuntamento della rassegna Spazio mentale/fisico, cinque mostre incentrate su altrettante concezioni dello spazio di cinque artisti del Collettivo artisti.
Curata da Mimmo La Grotteria, che l’ha inaugurata con la sua personale, seguita da quelle di Lisa Parmigiani e Caterina Margherita, la rassegna Spazio mentale/fisico propone cinque diverse analisi sull’ambivalenza del luogo inteso come spazio fisico e/o mentale. Il quinto e ultimo appuntamento sarà con Marco Lampis.
Alle declinazioni individuali del concetto di spazio dei cinque artisti si affiancano di volta in volta gli interventi dei critici Federica Tammarazio e Michele Bramante.
I cinque artisti di Spazio mentale/fisico si sono incontrati a Torino in occasione del progetto Abitare il confine - mostra collettiva curata nel 2006 da Domenico Papa presso il Forte di Fenestrelle - sviluppando il desiderio di lavorare a stretto contatto intorno a tematiche comuni.
L’ineluttabile ambivalenza della passione
Se esistono spazi di diversa densità e intensità, Sara Grazio si sofferma sul riflesso interiore, sulla traccia della propria presenza, dove questa sembra inestricabile dalla sede dell'emotività. Lo spazio a cui Grazio rivolge la propria attenzione è quello sfuggente nucleo a cui sembra ridursi interiormente il rapporto ambiguo, conflittuale, con gli stimoli esterni della storia privata. Davanti ai suoi simboli è possibile intuire vicende, immaginarne frammenti emotivi, senza poter ricostruire una vera narrazione. L'immagine fotografica è il surrogato della propria pelle, di una fisionomia che si trasforma, su cui si fissano simboli come sintomi del conflitto interiore. La difficoltà di un ricordo che emerge nonostante tutto, l'insostenibile necessità di soffrire nostalgicamente per un passato da lasciare alle spalle, creano una sospensione fra nevrosi e catarsi artistica. Il racconto suggerito parla della pericolosità dell'abbandono, dell'impercettibile metamorfosi che un sentimento ineffabile per intensità imprime nella persona, fino a diventarne parte integrante, fino a privare del fiato quando viene a mancarne l'oggetto del suo senso. L'invito espressivo dell'artista è la richiesta di partecipazione al riconoscimento dell'ineluttabile ambivalenza della passione. L'osservatore è mantenuto nella tensione fra il cedimento alle pulsioni, sollecitate a più livelli dall'immagine, e ansie inconsce per l'abbandono. Sara Grazio articola quest'ambiguità, attraverso la pregnanza semantica delle sue immagini, in una sorta di palinsesto simbolico: la rosa del deserto che cristallizza tra l'organico e il minerale e ha bisogno di aridità per la propria crescita; il cibo - le rose fotografate sono elaborazioni in cioccolata dell'artista - richiama il rapporto patologico al suo consumo, da cui scaturiscono spesso malattie psicofisiche; infine l'amore, e la voluttà di cui si incarna. Le funzioni dell'inconscio analizzate dalla psicanalisi possono spiegare l'associazione immediata - e non dissimulata dall'artista - delle immagini all'organo femminile; la seduzione è amplificata dalla qualità
patinata, dagli ammiccamenti dei riflessi luminosi. Ma spiegano altresì il morboso disagio e la sottile inquietudine di fronte a quella potente e turgida seduzione: paura di castrazione, coazione reprimente della norma sociale; forse anche un fenomeno di transfert attraverso la collimazione del dolore dell'artista con il ricordo personale di chi osserva occupando lo spazio pubblico. Il rapporto con l'esterno è sempre esplicito nella ricerca di Grazio. A differenza di una galleria, dove spesso il visitatore è accolto come un intruso in un spazio autonomo da cui riceve passivamente la visione in modo veemente ma non tangibile, lo spazio non convenzionale del Diwan Café offre a Grazio la possibilità di un rapporto intersoggettivo con l'ambiente scelto per l'ostensione delle proprie metamorfosi. Grazio comunica, avvertendola prima in se stessa, una profondità fatale, il fascino di profumi e colori di un fiore velenoso.
Michele Bramante
Sara Grazio è nata nel 1981 a Legnago, in provincia di Verona.
Ha studiato presso l'Accademia di Belle Arti di Venezia, diplomandosi nel marzo 2006.
Nel novembre dello stesso anno ha partecipato alla mostra collettiva Abitare il confine presso il Forte di Fenestrelle.
Nel novembre 2007 ha partecipato con una sua personale alla rassegna Aperitivo d'artista. Incontri tra arte ed estetica, curata da Domenico Papa presso Spazzi-La locanda degli Arrivanti, Torino.
Attualmente vive e lavora a Venezia, dedicandosi a nuovi progetti ed eventi espositivi.
La mostra di Sara Grazio è il quarto appuntamento della rassegna Spazio mentale/fisico, cinque mostre incentrate su altrettante concezioni dello spazio di cinque artisti del Collettivo artisti.
Curata da Mimmo La Grotteria, che l’ha inaugurata con la sua personale, seguita da quelle di Lisa Parmigiani e Caterina Margherita, la rassegna Spazio mentale/fisico propone cinque diverse analisi sull’ambivalenza del luogo inteso come spazio fisico e/o mentale. Il quinto e ultimo appuntamento sarà con Marco Lampis.
Alle declinazioni individuali del concetto di spazio dei cinque artisti si affiancano di volta in volta gli interventi dei critici Federica Tammarazio e Michele Bramante.
I cinque artisti di Spazio mentale/fisico si sono incontrati a Torino in occasione del progetto Abitare il confine - mostra collettiva curata nel 2006 da Domenico Papa presso il Forte di Fenestrelle - sviluppando il desiderio di lavorare a stretto contatto intorno a tematiche comuni.
L’ineluttabile ambivalenza della passione
Se esistono spazi di diversa densità e intensità, Sara Grazio si sofferma sul riflesso interiore, sulla traccia della propria presenza, dove questa sembra inestricabile dalla sede dell'emotività. Lo spazio a cui Grazio rivolge la propria attenzione è quello sfuggente nucleo a cui sembra ridursi interiormente il rapporto ambiguo, conflittuale, con gli stimoli esterni della storia privata. Davanti ai suoi simboli è possibile intuire vicende, immaginarne frammenti emotivi, senza poter ricostruire una vera narrazione. L'immagine fotografica è il surrogato della propria pelle, di una fisionomia che si trasforma, su cui si fissano simboli come sintomi del conflitto interiore. La difficoltà di un ricordo che emerge nonostante tutto, l'insostenibile necessità di soffrire nostalgicamente per un passato da lasciare alle spalle, creano una sospensione fra nevrosi e catarsi artistica. Il racconto suggerito parla della pericolosità dell'abbandono, dell'impercettibile metamorfosi che un sentimento ineffabile per intensità imprime nella persona, fino a diventarne parte integrante, fino a privare del fiato quando viene a mancarne l'oggetto del suo senso. L'invito espressivo dell'artista è la richiesta di partecipazione al riconoscimento dell'ineluttabile ambivalenza della passione. L'osservatore è mantenuto nella tensione fra il cedimento alle pulsioni, sollecitate a più livelli dall'immagine, e ansie inconsce per l'abbandono. Sara Grazio articola quest'ambiguità, attraverso la pregnanza semantica delle sue immagini, in una sorta di palinsesto simbolico: la rosa del deserto che cristallizza tra l'organico e il minerale e ha bisogno di aridità per la propria crescita; il cibo - le rose fotografate sono elaborazioni in cioccolata dell'artista - richiama il rapporto patologico al suo consumo, da cui scaturiscono spesso malattie psicofisiche; infine l'amore, e la voluttà di cui si incarna. Le funzioni dell'inconscio analizzate dalla psicanalisi possono spiegare l'associazione immediata - e non dissimulata dall'artista - delle immagini all'organo femminile; la seduzione è amplificata dalla qualità
patinata, dagli ammiccamenti dei riflessi luminosi. Ma spiegano altresì il morboso disagio e la sottile inquietudine di fronte a quella potente e turgida seduzione: paura di castrazione, coazione reprimente della norma sociale; forse anche un fenomeno di transfert attraverso la collimazione del dolore dell'artista con il ricordo personale di chi osserva occupando lo spazio pubblico. Il rapporto con l'esterno è sempre esplicito nella ricerca di Grazio. A differenza di una galleria, dove spesso il visitatore è accolto come un intruso in un spazio autonomo da cui riceve passivamente la visione in modo veemente ma non tangibile, lo spazio non convenzionale del Diwan Café offre a Grazio la possibilità di un rapporto intersoggettivo con l'ambiente scelto per l'ostensione delle proprie metamorfosi. Grazio comunica, avvertendola prima in se stessa, una profondità fatale, il fascino di profumi e colori di un fiore velenoso.
Michele Bramante
Sara Grazio è nata nel 1981 a Legnago, in provincia di Verona.
Ha studiato presso l'Accademia di Belle Arti di Venezia, diplomandosi nel marzo 2006.
Nel novembre dello stesso anno ha partecipato alla mostra collettiva Abitare il confine presso il Forte di Fenestrelle.
Nel novembre 2007 ha partecipato con una sua personale alla rassegna Aperitivo d'artista. Incontri tra arte ed estetica, curata da Domenico Papa presso Spazzi-La locanda degli Arrivanti, Torino.
Attualmente vive e lavora a Venezia, dedicandosi a nuovi progetti ed eventi espositivi.
10
maggio 2008
Spazio mentale/fisico: Sara Grazio
Dal 10 maggio al 10 giugno 2008
arte contemporanea
Location
DIWAN CAFE’
Torino, Via Giuseppe Baretti, 15c, (Torino)
Torino, Via Giuseppe Baretti, 15c, (Torino)
Orario di apertura
dal lunedì al sabato dalle 18 alle 24
Vernissage
10 Maggio 2008, ore 19.30
Autore
Curatore