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STEFANIA BERETTA – Photographie en Pointure#2 | Paesaggi Improbabili
L’idea del Paesaggio Improbabile, serie di cui fanno parte le opere esposte, scaturisce per Stefania Beretta dall’incontro di due inconsci macchinici: quello dell’apparecchio fotografico e quello della macchina da cucire.
Comunicato stampa
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Milano - Mercoledì 20 settembre alle ore 18.30 c|e contemporary inaugura la mostra di Stefania Beretta Photographie en Pointure#2| Paesaggi Improbabili curata da Christine Enrile e Viana Conti.
La Rassegna, che è inserita nel programma di Photofestival, la manifestazione milanese, che da oltre 18 anni dedica attenzione alla fotografia d’autore, deve il suo titolo alla particolarità dell’intervento di cucito che l’artista realizza sulle sue fotografie.
Questo particolare processo di impunturazione, con tutte le implicazioni che comporta,
non esclusa l’unicità dell’aura di memoria benjaminiana rende l’opera un pezzo unico.
Il titolo della mostra composto da due parti ha come referente mitico di impuntura quella all’orlo delle Soulier di van Gogh, dipinto nel 1886.
Questo dipinto, inoltre, venne preso come esempio da Martin Heidegger nel suo saggio L’ origine dell’opera d’arte.
In relazione al senso con cui Heidegger intende il soggetto scarpe sorse una vivace polemica con lo storico dell’arte e studioso dell’opera di van Gogh Meyer Schapiro.
Ad una così acuta e stimolante disputa non mancò di associarsi il filosofo francese Jacques Derrida prendendo una posizione critica verso le tesi di Heidegger nel suo testo La verità in pittura, divenuto poi Restitutions de la vérité en pointure.
Questa sottile variazione derridiana del termine pittura in puntura si attaglia perfettamente alla forma di fotografia esposta, che viene impunturata a mano dalla Beretta. La presenza del filo non cessa di rinviare alle metafore della tessitura come espressioni della marginalità del lavoro femminile, facendo affiorare dal mito figure della cultura occidentale come Arianna, Aracne, Ananke, Penelope.
L’idea del Paesaggio Improbabile, serie di cui fanno parte le opere esposte, scaturisce per Stefania Beretta dall’incontro di due inconsci macchinici: quello dell’apparecchio fotografico e quello della macchina da cucire. Attraverso il filtro visivo dell’artista, la mediazione della macchina fotografica e di quella da cucire, attraverso i segni impunturati sulla pelle della stampa analogica, della stessa sua pelle, ferita e rimarginata, l’autrice formalizza una nuova realtà, fatta di una scrittura di sogni e incubi, di fili di perle iridescenti e di spine acuminate, di riflessioni e di emozioni provenienti dal profondo. Brighton, Seven Sisters, Dover, Bogliasco, un bosco, sono solo nomi, appunti della memoria, echi di risonanze nel vuoto, ritmate dallo scorrere del tempo, che ritornano come fantasmi, che perdono le identità del luogo d’origine per acquisire connotazioni mentali scaturite da un immaginario senza barriere geografiche o linguistiche, aperto al contrario all’interiorità del soggetto, alle fascinazioni naturali, materiche, dell’ambiente, di una terra in cui scorre una vita segreta. Stefania Beretta, dedita al viaggio in India, come sospensione temporanea della vita d’azione in Occidente per entrare in quella della meditazione in Oriente, trasmette nell’opera la dimensione intima di un rituale che diventa, nel racconto visivo, partecipazione, memoria e testimonianza. I piani verticali e orizzontali di una cattedrale dove l’immaginazione sale, scende, staziona, inventano un percorso di impunture, sinesteticamente armoniche e melodiche, che agiscono come un trait d’union tra il cielo e la terra, tra il visibile e l’invisibile.
Stefania Beretta porta in mostra a Milano una sequenza fotografica di Paesaggi Improbabili in cui gli alberi, i boschi, le architetture dialogano fino a sfiorarsi, a toccarsi con l’impuntura di una macchina da cucire che, trapassando la carta, delinea nell’aria altri voli di aquiloni, a terra altre fioriture, altri vortici di venti marini, altre rotte dell’immaginario. Fotografa di architetture organiche ed astratte, distende, come un minilenzuolo, sul ripiano della macchina da cucire, il grande foglio della stampa fotografica, per azionare le ritmiche oscillazioni dell’ago dall’alto in basso, dando inizio a quella danza delle mani, di punta e tacco del piede, che presto darà origine ad un’opera unica ed irripetibile: ad un suo Paesaggio improbabile
La Rassegna, che è inserita nel programma di Photofestival, la manifestazione milanese, che da oltre 18 anni dedica attenzione alla fotografia d’autore, deve il suo titolo alla particolarità dell’intervento di cucito che l’artista realizza sulle sue fotografie.
Questo particolare processo di impunturazione, con tutte le implicazioni che comporta,
non esclusa l’unicità dell’aura di memoria benjaminiana rende l’opera un pezzo unico.
Il titolo della mostra composto da due parti ha come referente mitico di impuntura quella all’orlo delle Soulier di van Gogh, dipinto nel 1886.
Questo dipinto, inoltre, venne preso come esempio da Martin Heidegger nel suo saggio L’ origine dell’opera d’arte.
In relazione al senso con cui Heidegger intende il soggetto scarpe sorse una vivace polemica con lo storico dell’arte e studioso dell’opera di van Gogh Meyer Schapiro.
Ad una così acuta e stimolante disputa non mancò di associarsi il filosofo francese Jacques Derrida prendendo una posizione critica verso le tesi di Heidegger nel suo testo La verità in pittura, divenuto poi Restitutions de la vérité en pointure.
Questa sottile variazione derridiana del termine pittura in puntura si attaglia perfettamente alla forma di fotografia esposta, che viene impunturata a mano dalla Beretta. La presenza del filo non cessa di rinviare alle metafore della tessitura come espressioni della marginalità del lavoro femminile, facendo affiorare dal mito figure della cultura occidentale come Arianna, Aracne, Ananke, Penelope.
L’idea del Paesaggio Improbabile, serie di cui fanno parte le opere esposte, scaturisce per Stefania Beretta dall’incontro di due inconsci macchinici: quello dell’apparecchio fotografico e quello della macchina da cucire. Attraverso il filtro visivo dell’artista, la mediazione della macchina fotografica e di quella da cucire, attraverso i segni impunturati sulla pelle della stampa analogica, della stessa sua pelle, ferita e rimarginata, l’autrice formalizza una nuova realtà, fatta di una scrittura di sogni e incubi, di fili di perle iridescenti e di spine acuminate, di riflessioni e di emozioni provenienti dal profondo. Brighton, Seven Sisters, Dover, Bogliasco, un bosco, sono solo nomi, appunti della memoria, echi di risonanze nel vuoto, ritmate dallo scorrere del tempo, che ritornano come fantasmi, che perdono le identità del luogo d’origine per acquisire connotazioni mentali scaturite da un immaginario senza barriere geografiche o linguistiche, aperto al contrario all’interiorità del soggetto, alle fascinazioni naturali, materiche, dell’ambiente, di una terra in cui scorre una vita segreta. Stefania Beretta, dedita al viaggio in India, come sospensione temporanea della vita d’azione in Occidente per entrare in quella della meditazione in Oriente, trasmette nell’opera la dimensione intima di un rituale che diventa, nel racconto visivo, partecipazione, memoria e testimonianza. I piani verticali e orizzontali di una cattedrale dove l’immaginazione sale, scende, staziona, inventano un percorso di impunture, sinesteticamente armoniche e melodiche, che agiscono come un trait d’union tra il cielo e la terra, tra il visibile e l’invisibile.
Stefania Beretta porta in mostra a Milano una sequenza fotografica di Paesaggi Improbabili in cui gli alberi, i boschi, le architetture dialogano fino a sfiorarsi, a toccarsi con l’impuntura di una macchina da cucire che, trapassando la carta, delinea nell’aria altri voli di aquiloni, a terra altre fioriture, altri vortici di venti marini, altre rotte dell’immaginario. Fotografa di architetture organiche ed astratte, distende, come un minilenzuolo, sul ripiano della macchina da cucire, il grande foglio della stampa fotografica, per azionare le ritmiche oscillazioni dell’ago dall’alto in basso, dando inizio a quella danza delle mani, di punta e tacco del piede, che presto darà origine ad un’opera unica ed irripetibile: ad un suo Paesaggio improbabile
20
settembre 2023
STEFANIA BERETTA – Photographie en Pointure#2 | Paesaggi Improbabili
Dal 20 settembre al 28 ottobre 2023
arte contemporanea
Location
C|E CONTEMPORARY MILANO
Milano, Via Gerolamo Tiraboschi, 2, (Milano)
Milano, Via Gerolamo Tiraboschi, 2, (Milano)
Orario di apertura
Fino al 15 ottobre lunedì-venerdì 9-13 |15-19
dal 17 ottobre martedì-sabato 9-13|15-19
Vernissage
20 Settembre 2023, 18.30-21
Sito web
Autore
Curatore
Autore testo critico