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Stefano Carbonetti – Pregato/Promesso
Nella sua costante indagine sulla condizione umana, Stefano Carbonetti si concentra in questo frangente proprio sul concetto di vanità, mirando all’annullamento dei pregiudizi che tutti abbiamo e all’analisi scevra da discorsi di merito. Oltre la superficie, c’è di più.
Comunicato stampa
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La preghiera si fa a Dio, le promesse da umano a umano. Eppure si prega per ottenere una promessa; si promette in risposta a una preghiera. Sono vanitas, parole ed azioni intangibili, ma danno forma al nostro mondo e al corso degli eventi, soddisfatte o deluse che siano.
Nella sua costante indagine sulla condizione umana, Stefano Carbonetti si concentra in questo frangente proprio sul concetto di vanità, mirando all’annullamento dei pregiudizi che tutti abbiamo e all’analisi scevra da discorsi di merito. Oltre la superficie, c’è di più.
Da un lato, la vanitas è vacuità e immaterialità, dando spazio al significato più letterale. Dall’altro, la vanitas è l’autocompiacimento dell’uomo: è un vizio o una virtù? Arroganza, o forse spinta in avanti? Egocentrismo o autostima? Il progresso non sarebbe mai esistito, senza una buona dose di vanità incanalata nel modo giusto: «forse l’uomo starebbe ancora martellando le pietre» dice l’artista.
L’incontro sinergico tra materia inorganica e organica è il confronto tra il lavoro dell’uomo e della Natura. Uno dei due sopravvive nel Tempo, l’altro soccombe e si riduce a vanitas, pur nascendo da e grazie ad essa. Uno dei due vive di per sé e non si preoccupa del proprio decadimento; l’altro imita il proprio modello spasmodicamente, ma è terrorizzato dal Tempo. Ogni composizione è vanitas: per i vuoti dei mattoni traforati, per l’immaterialità dei concetti che evoca, per la sua non-utilità in senso pratico – se vista dall’occhio della razionalità e dell’utilitarismo – e per l’intangibilità delle storie che ogni oggetto sa raccontare.
—
Stefano Carbonetti nasce a Francavilla Al Mare ed esplora l’Europa in senso antiorario: la piccola Pescara, «la provinciona» Bologna, la travolgente Milano, la piovosa Londra, la calda Barcellona. Accumula miglia sulle mappe e nella sua ricerca estetica, entrando in una fase più prettamente polimaterica dopo aver conquistato il feeling e la «comunicazione biunivoca» con le sue composizioni: la concretezza dei materiali interviene sull’idea originale, stimolando un’osservazione critica della creazione artistica che la muta ulteriormente, trasportandola in territori inaspettati. Nei suoi lavori si ritrovano fianco a fianco prodotti di design e oggetti quotidiani, ma non etichettatelo come «artista del riciclo», se non nella concezione più alta – se esiste – della parola: riciclo nel senso di rinascita a nuova vita, rimescolando la storia passata dell’oggetto stesso con la sua nuova destinazione. E se proprio una definizione è necessaria, allora «fondamentalmente, sono un cercatore»: di oggetti, di storie, di idee.
Testo di Francesco Salvatore
NERO — LA FACTORY
Via Giovanni Caboto 65, 65126 Pescara
nerolafactory.com
Nella sua costante indagine sulla condizione umana, Stefano Carbonetti si concentra in questo frangente proprio sul concetto di vanità, mirando all’annullamento dei pregiudizi che tutti abbiamo e all’analisi scevra da discorsi di merito. Oltre la superficie, c’è di più.
Da un lato, la vanitas è vacuità e immaterialità, dando spazio al significato più letterale. Dall’altro, la vanitas è l’autocompiacimento dell’uomo: è un vizio o una virtù? Arroganza, o forse spinta in avanti? Egocentrismo o autostima? Il progresso non sarebbe mai esistito, senza una buona dose di vanità incanalata nel modo giusto: «forse l’uomo starebbe ancora martellando le pietre» dice l’artista.
L’incontro sinergico tra materia inorganica e organica è il confronto tra il lavoro dell’uomo e della Natura. Uno dei due sopravvive nel Tempo, l’altro soccombe e si riduce a vanitas, pur nascendo da e grazie ad essa. Uno dei due vive di per sé e non si preoccupa del proprio decadimento; l’altro imita il proprio modello spasmodicamente, ma è terrorizzato dal Tempo. Ogni composizione è vanitas: per i vuoti dei mattoni traforati, per l’immaterialità dei concetti che evoca, per la sua non-utilità in senso pratico – se vista dall’occhio della razionalità e dell’utilitarismo – e per l’intangibilità delle storie che ogni oggetto sa raccontare.
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Stefano Carbonetti nasce a Francavilla Al Mare ed esplora l’Europa in senso antiorario: la piccola Pescara, «la provinciona» Bologna, la travolgente Milano, la piovosa Londra, la calda Barcellona. Accumula miglia sulle mappe e nella sua ricerca estetica, entrando in una fase più prettamente polimaterica dopo aver conquistato il feeling e la «comunicazione biunivoca» con le sue composizioni: la concretezza dei materiali interviene sull’idea originale, stimolando un’osservazione critica della creazione artistica che la muta ulteriormente, trasportandola in territori inaspettati. Nei suoi lavori si ritrovano fianco a fianco prodotti di design e oggetti quotidiani, ma non etichettatelo come «artista del riciclo», se non nella concezione più alta – se esiste – della parola: riciclo nel senso di rinascita a nuova vita, rimescolando la storia passata dell’oggetto stesso con la sua nuova destinazione. E se proprio una definizione è necessaria, allora «fondamentalmente, sono un cercatore»: di oggetti, di storie, di idee.
Testo di Francesco Salvatore
NERO — LA FACTORY
Via Giovanni Caboto 65, 65126 Pescara
nerolafactory.com
21
settembre 2019
Stefano Carbonetti – Pregato/Promesso
Dal 21 settembre al 19 ottobre 2019
arte contemporanea
giovane arte
giovane arte
Location
NERO – LA FACTORY
Pescara , Via Giovanni Caboto, 65, (Pescara )
Pescara , Via Giovanni Caboto, 65, (Pescara )
Orario di apertura
Dal martedì al sabato h 16:00 – 19:00, su appuntamento
Vernissage
21 Settembre 2019, Ore 19.00
Sito web
Autore
Curatore
Autore testo critico