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Stefano Davidson – Non
Seconda Esposizione Mondiale
Comunicato stampa
Segnala l'evento
La non essenza o, meglio, l’essenza dell’assenza.
Con il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Comune di Firenze, arriva a Firenze questo mercoledì (apertura ore 18) presso i locali della Chiesa in San Jacopo in Campo Corbolini la Seconda Esposizione Mondiale NON.
Fondato dall'artista Stefano Davidson, il NON si propone quale ultima frontiera delle arti visive e plastiche, ambendo tuttavia ad espandere la propria influenza ad ogni forma d'arte esistente.
Dopo la prima esposizione capitolina dello scorso Aprile al Museo Nazionale degli Strumenti Musicali, questa di Firenze anticiperà la tappa di Milano ed il successivo tour mondiale del 2010 che toccherà alcune delle più importanti metropoli quali Parigi, Madrid, Londra, New York, Brasilia e Melbourne.
12 NON opere autenticate con l’impronta digitale impressa con il sangue dell’autore e dedicate al tema della mancanza di assenze nel mondo cosiddetto civile, con l’intento di sensibilizzare e non dimenticare che - a tutt'oggi - gran parte della popolazione vive quotidianamente l’assenza sulla propria pelle.
Un miliardo di persone che soffre per mancanza d’acqua, 950 milioni per mancanza di cibo, 2 miliardi di senzatetto, 200 milioni di disoccupati, oltre all’incalcolabile numero di esseri umani che soffre per la mancanza di libertà sono solo alcuni numeri che testimoniano le grandi assenze che fanno sentire la loro imponente presenza.
«Questi dati agghiaccianti, uniti ai contenuti del non, possono far capire ancora di più il motivo per cui da questa parte del mondo c'è davvero bisogno di un po' più di assenze visto che queste consentirebbero probabilmente la formazione di qualche presenza dove il confine tra i due concetti è davvero questione di vita o di morte», afferma l’autore.
Dato che il NON si pone quale possibile momento di neo-genesi del tutto e, volendo evitare un'immediata collocazione all’interno di una qualsivoglia branca dello scibile umano, ecco che per la presente manifestazione è stata scelta una sede non esclusivamente dedicata soltanto alle arti visive, quale la chiesa di San Jacopo in Campo Corbolini.
I NUMERI DELLE GRANDI ASSENZE NEL MONDO
* 1.000.000.000 (un miliardo) di persone che soffre per mancanza d'acqua
* 950.000.000 (novecentocinquantamilioni) per mancanza di cibo
* 2.000.000.000 (due miliardi) sono i senzatetto
* 200.000.000 (duecentomilioni) di persone sono senza lavoro
* incalcolabile il numero di esseri umani che soffre per la mancanza di libertà
Perché non
Il non nasce dall’esigenza di riflettere sulla sempre più preoccupante assenza di “assenze” all’interno delle cose umane nel mondo cosiddetto “civile”. Tutto è compresso, tutto è pieno di tutto, tutti sembrano aver bisogno di tutto e subito. Per ragioni commerciali ormai ogni nicchia di spazio e di tempo è stata riempita al limite della sua capienza. Dai muri delle città alle ex-immensità dell’etere, dal reale al virtuale, tutto è occupato da qualcosa. In pratica non rimangono più atolli di assenza, zone franche, tregue sensoriali ove poter riposare la mente, che non ha più il tempo di generare proprie fantasie, poiché colma di quelle di altri, indotte a forza giù per il nervo ottico, la coclea, le narici o la gola. Non c’è più tempo per pensare a ciò che stiamo vivendo quotidianamente, poiché già domani dovremmo analizzare qualcosa di nuovo, che magari sarà esattamente l’opposto di ciò che abbiamo appena sperimentato. Ogni cosa ed il suo contrario esistono e sono qui, ora. Il non nasce per dirci che ora c’è bisogno di tirare il fiato, di frenare, di smetterla di guardare cosa fanno, o hanno fatto gli altri, e fare qualcosa noi. C’è bisogno di rientrare in noi stessi e di occuparci di ciò che abbiamo dentro, di pensare con le nostre singole teste e di tornare ad essere individui. Il non è la nostra capsula di salvataggio, è il nostro singolo spazio di sopravvivenza.
Il non, in primis, siamo noi!
Cos'è non
Il non è il vuoto che compensa il pieno. Il non per sua stessa morfologia non è, non è stato e non sarà. È infatti nulla lo stesso concetto di non, poiché esso nega a priori la propria esistenza in quanto concetto, ammettendo se stesso solo in quanto assenza. Il non è quindi un niente, ma è un niente come lo zero, come quel numero cardinale che indica la mancanza di ogni valore che però, in un sistema di numerazione posizionale su base decimale, aggiunto alla destra di altre cifre, serve a moltiplicarle per dieci. Il non è quindi assenza, è nulla, ma non un nulla definitivo, uno stato di inerzia e di inesistenza, bensì un nulla procreante. Il non infatti non considera il nulla in quanto assenza di una presenza, bensì quale presenza di un assenza. In non il nulla è il paradigma, esso è la perfezione ed è qui, ora, ma specialmente è il tutto perché dal niente tutto può essere generato. Il non è una porta sull’incognito. Il non è il vuoto assoluto, è l’universo stesso in attesa del Big Bang, è lo spazio primordiale, è un inizio e una fine insieme. Il non è il concavo in un mondo convesso. Il non è il massimo femminino. Il non è la gravidanza perenne. Il non è ciò che verrà dopo. Il non è il domani che oggi non c’è e che in ogni oggi che vivremo non potrà mai esserci, ma che tutti cercheremo sempre e comunque di immaginare. Il non sarà sempre un passo oltre la nostra presenza. Il non è oltre la percezione sensoriale. Il non è il virtuale supremo.
Il non è Dio!
non in ARTE
Il non è il dogma dell’arte. Il non è infatti l’arte dell’assenza, ovvero la mancanza di qualunque forma d’arte nel senso materiale del termine. Il non sostituisce la presenza di qualunque creazione artistica con la sua latitanza, evidente nella sua manifestazione tanto quanto lo sarebbe la sua presenza. Il non è la concretizzazione del massimo paradosso artistico, quale la preferenza dell’assenza di una espressione artistica, piuttosto che la sua stessa presenza. L’opera d’arte nella concezione del non si impone solo in quanto potenziale. Il che significa che l’arte non “deve essere”, ma “può essere”. Il non ha eliminato anche la struttura più essenziale nel suo cammino verso la perfezione, inseguendola attraverso l’intuizione di Antoine de Saint-Exupery che asserì che "la perfezione si ottiene non quando non c'è altro da aggiungere, ma quando non c'è altro da togliere". Il non porta nell’arte quel nulla che già nella scienza e nella matematica si è fatto problematico e inquietante e che ricopre un ruolo altrettanto fondamentale, se non addirittura maggiore, della stessa realtà apparente. Il non è il sottoinsieme di ogni possibile insieme artistico. Il non rappresenta il massimo del minimalismo. Il non è ciò che Paul Klee cercava disperatamente, ciò che è "al di là dell'apparire", ossia ciò che va oltre la "comune radice terrestre". Il non è ciò che cercava Malevic quando realizzò il "quadrato bianco su bianco" tentando di bucare lo spazio pittorico nella direzione del "puro spazio originario".
Il non è un “buco bianco”, uno “stargate” generato agli antipodi di un’arte ormai divenuta un “buco nero” che inghiotte, oltre a se stessa, tutto quanto esula dalla sua propria essenza.
Il non è tutto ciò che si nasconde oltre i “tagli” di Fontana.
Il non è tutta l’arte mai vista.
Il non è tutta l’arte che avrebbe potuto essere ma non è stata, tutta quella che può essere ma non è, tutta quella che potrebbe essere ma non sarà.
Il non è tutta l’arte insita in ogni animo umano.
non
di Riccardo Tartaglia
(Curatore dell’artista e direttore artistico della Galleria “Tartaglia Arte” di Roma)
Scrivere normalmente non è il mio mestiere, ma faccio volentieri un'eccezione in questo caso perché qualcosa sul NON è necessario che la dica anch'io, visto che sono stato il curatore della Prima Esposizione Mondiale NON tenutasi a Roma con il Patrocinio del Ministero dei Beni Culturali presso il Museo Nazionale degli Strumenti Musicali.
Sono figlio di artista a tutto tondo, difatti mio padre Piero Tartaglia ha dedicato tutta la vita alla pittura facendo parte inizialmente della corrente avanguardistica chiamata "The European Group" di Serge Poliakoff, con Karel Appel, Santomaso, Albert Bitram, Lucembert, Pierre Alechinske, Corneille, ma soprattutto fondando a sua volta quello che è noto come “Disgregazionismo” attraverso il quale, assumendosene la piena responsabilità, la sua arte ha demolito per poi riedificare i valori preesistenti. Le forme nel suo creare perdono forma e la riassumono dopo un processo di rielaborazione totale della loro architettura. Il mio interesse nei confronti del NON è nato proprio perché questo Movimento pare portare alle estreme conseguenze quelle che furono le intuizioni di mio padre. Come detto, lui disgregava le forme per poi concederne un' interpretazione assolutamente legata ai criteri dell'Informalità. Davidson di contro, in questa sua provocazione, porta la scomposizione delle forme alla disintegrazione totale. Non esiste più l'opera fisicamente, ma esiste l'opera ricomposta nell'intimo dello spettatore utilizzando i colori della sua stessa sensibilità.
Come Gallerista si può ritenere che appoggiare una sfida come quella del NON possa equivalere ad un suicidio economico, non essendoci null'altro da vendere salvo l'assenza dell'opera, però a ben pensarci se qualcuno su Internet vende le stelle o appezzamenti sulla luna, perché non si può pensare di acquistare un'assenza?
Tra l'altro non un'assenza a caso ma una delle 12 (tante quante sono le Opere NON) con tanto di titolo, non dimensioni (che necessiteranno di un adeguato spazio in casa) e firma di sangue dell'autore a massima garanzia possibile sull'autenticità dell'acquisto visto che contiene il suo DNA...
A parte queste considerazioni, in quanto conoscitore dell'arte e per mestiere osservatore di ciò che succede nel suo ambito comprese le compravendite di quanto a volte viene ingiustificatamente spacciato per tale, ho ritenuto che appoggiare una “sensibilizzazione” come quella fatta da Davidson (che non dimentichiamo è un artista assolutamente figurativo) sia stato un atto dovuto proprio nei confronti dell'Arte stessa.
non
di Claudio Strinati
(Soprintendente per i Beni Artistici e Storici della città di Roma)
Il non trasferisce l'arte “visiva” in una dimensione diversa da quelle abitualmente ritrovabili in Mostre di stampo più tradizionale. La si potrebbe infatti definire forse “Surreale”, “Concettuale” o “Provocatoria”, visto che comunque questi sono termini entrati ormai da decenni nel linguaggio dell'arte, anche se di tanto in tanto vanno considerati in accezioni diverse da quelle comunemente adottate. Ciò accade poiché le suddette parole vanno a descrivere “categorie” artistiche legate non tanto all'irreale se non addirittura al bizzarro, bensì a qualcosa di estremamente “stravagante” che esula dai canoni tradizionali di catalogazione. Si potrebbe quindi pensare, assistendo a questa Esposizione Mondiale del non, che questo sia uno di quei casi. Lo si potrebbe pensare in quanto il suo autore, l'artista Stefano Davidson, è sempre stato legato ad un genere di arte molto tradizionale, la pittura, ed ha sempre preferito descrivere i suoi temi con tratti prettamente figurativi, che esulano completamente dall'astrattismo o dal concettuale. Lo si potrebbe pensare nonostante il figurativo di Davidson molto spesso sfoci nell'onirico, nel simbolico, se non addirittura proprio nel surreale (ricordiamo i dipinti “Cesenacido” o “Palingenesi surrealista” su tutti).
In conclusione, ritengo assolutamente attuale il concetto di necessità di assenze espresso dall'autore. Non solo per il sovraccarico di tutto e di più nella nostra società civile, come da lui più volte sottolineato, ma poiché la “crisi” contingente sta lentamente abituando ciascuno di noi a fare a meno di un po' di superfluo facendo così rientrare un po' di non in ognuna delle nostre vite, e chissà che ciò, in fondo, non possa farci anche un po' bene.
non
di Gianni Conti
(Scrittore)
Ho conosciuto la pittura di Stefano Davidson e non smette di stupirmi, in quanto il suo modo di dipingere, tradizionale e figurativo, riesce a rappresentare e a trasmettere tutte le ansie ed i tormenti della società odierna, senza mai essere considerabile una sterile interpretazione personale ed incomunicabile.
In questa Esposizione non, assolutamente fuori dai suoi schemi normali di comunicazione artistica, io vedo che Davidson rappresenta il cataclisma dello spirito costantemente guidato e represso, ed annuncia che è venuto il momento di liberarlo davanti a uno spazio vuoto, che bisogna cominciare a considerare l'essere umano quale essere pensante e non soltanto recipiente.
Si sentiva il bisogno di questo Evento, di questo non, che può sembrare una provocazione ma che altro non è che la medicina del nostro spirito, un'esperienza da ripetere quotidianamente nelle nostre case.
non
di Lucia Mascalchi
(Storica e Giornalista – Ministero dei Beni Culturali)
Tema intrigante questo dell’assenza, proprio in una città che di presenze ne soffre troppe: immanenza della storia, invasione dei turisti, inquinamento delle scritte che dirottano i flussi umani verso qualsiasi destinazione che prometta loro di soddisfare i bisogni più immediati della persona, trascurando qualsiasi altro aspetto, trascendente e necessario a completare un’immagine, fin troppo stereotipata, di un luogo diventato solo una meta turistica.
Se ricordo la Firenze della mia infanzia, che era una elegante e signorile cittadina dei primi anni “60, rammento quella che potrebbe essere il paradigma del NON, ovvero un luogo – appunto - vissuto dall’essenza dei propri cittadini, che quasi concedevano – consapevolmente - ad altri il privilegio di godere della bellezza e armonia di quegli spazi, pensati principalmente per la vita civile, che nelle sue proporzioni e nei suoi monumenti si identificava.
non
di Alessandro Guaitoli
(Architetto)
L’architettura non ambisce a oltrepassare la frontiera dell’immateriale: il vuoto come spazio autentico, l’infinito come dimensione massima, il colore assoluto, sono i codici della pratica e diventano elementi essenziali per configurare una nuova visione dell’opera e della stessa identità dell’arte … per non smettere di sognare in un mondo migliore.
non
di Fabrizio Guarducci
(Presidente dell'Istituto di Arte e Cultura “Lorenzo de' Medici” di Firenze)
Mi ha intrigato molto il progetto di Stefano Davidson.
L’ho conosciuto proprio nel momento in cui sto cercando di iniettare l’empowerment nelle diverse arti. Infatti, da tempo, sento l’esigenza che il pubblico deve avere un proprio spazio per sintetizzare e completare l’opera d’arte. È la passività dell’individuo davanti alle attuali proposte artistiche che mi spaventa; l’individuo non ha possibilità di intervenire con il suo modus sentendi negli imperata che la produzione artistica attuale offre.
Oggigiorno si tende più a stupire più che a trasmettere. L’arte è saper comunicare emozioni e valori oggettivi, non soggettivi, altrimenti non può riflettere le ansie, le paure, i sogni e i bisogni spirituali di tutti noi, hic et nunc. Se questo non avviene l’arte diventa articismo, tendenza.
Dobbiamo stemperare l’enorme sovrastruttura che frena gli stimoli della nostra fantasia che ha sempre più bisogno di assenza per poter scattare.
Forza Stefano, sei sulla strada giusta per riscoprire l’uomo.
non
di Goran Kuzminac
(Musicista, Cantautore, Produttore, Chitarrista)
Non occorre cercare lontano.
Al contrario di altre forme di espressione artistica, la musica si basa sulle leggi fisiche dell'acustica. Una di queste leggi dice, che due onde identiche in controfase si annullano ed il risultato è sorprendente: si ha il silenzio! La mente di un creatore si dibatte per cercare la via dell'espressione, le sue dita grattano le corde o battono sui tasti, la ricerca di un testo è estenuante, la comunicazione nel canto difficile ed impegnativa.
La realizzazione di una canzone è solo il fiore finale di una pianta che ha radici profonde nello studio e nell'applicazione del difficile "mestiere della musica". E' molto più facile a questo punto prelevare il fiore già sbocciato e attraverso un "rimaneggiamento" rimetterlo sul mercato in veste simil-nuova. Lo fanno artisti di nome che hanno perso la vena creativa, ma anche nuove leve che non fanno altro che "Cover" di brani famosi. Il risultato è il NON.
Il silenzio, l'immobilità, il nulla, la fine dell'anelito, l'ultimo respiro, due onde che si scontrano e creano la superficie piatta. Una bolla di silenzio.
Siamo all'oscillazione di un pendolo. Tra il nadir e lo zenith della creatività. E' l'energia insita nella musica stessa, che la spingerà di nuovo avanti verso un nuovo rinascimento si spera.
Con il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Comune di Firenze, arriva a Firenze questo mercoledì (apertura ore 18) presso i locali della Chiesa in San Jacopo in Campo Corbolini la Seconda Esposizione Mondiale NON.
Fondato dall'artista Stefano Davidson, il NON si propone quale ultima frontiera delle arti visive e plastiche, ambendo tuttavia ad espandere la propria influenza ad ogni forma d'arte esistente.
Dopo la prima esposizione capitolina dello scorso Aprile al Museo Nazionale degli Strumenti Musicali, questa di Firenze anticiperà la tappa di Milano ed il successivo tour mondiale del 2010 che toccherà alcune delle più importanti metropoli quali Parigi, Madrid, Londra, New York, Brasilia e Melbourne.
12 NON opere autenticate con l’impronta digitale impressa con il sangue dell’autore e dedicate al tema della mancanza di assenze nel mondo cosiddetto civile, con l’intento di sensibilizzare e non dimenticare che - a tutt'oggi - gran parte della popolazione vive quotidianamente l’assenza sulla propria pelle.
Un miliardo di persone che soffre per mancanza d’acqua, 950 milioni per mancanza di cibo, 2 miliardi di senzatetto, 200 milioni di disoccupati, oltre all’incalcolabile numero di esseri umani che soffre per la mancanza di libertà sono solo alcuni numeri che testimoniano le grandi assenze che fanno sentire la loro imponente presenza.
«Questi dati agghiaccianti, uniti ai contenuti del non, possono far capire ancora di più il motivo per cui da questa parte del mondo c'è davvero bisogno di un po' più di assenze visto che queste consentirebbero probabilmente la formazione di qualche presenza dove il confine tra i due concetti è davvero questione di vita o di morte», afferma l’autore.
Dato che il NON si pone quale possibile momento di neo-genesi del tutto e, volendo evitare un'immediata collocazione all’interno di una qualsivoglia branca dello scibile umano, ecco che per la presente manifestazione è stata scelta una sede non esclusivamente dedicata soltanto alle arti visive, quale la chiesa di San Jacopo in Campo Corbolini.
I NUMERI DELLE GRANDI ASSENZE NEL MONDO
* 1.000.000.000 (un miliardo) di persone che soffre per mancanza d'acqua
* 950.000.000 (novecentocinquantamilioni) per mancanza di cibo
* 2.000.000.000 (due miliardi) sono i senzatetto
* 200.000.000 (duecentomilioni) di persone sono senza lavoro
* incalcolabile il numero di esseri umani che soffre per la mancanza di libertà
Perché non
Il non nasce dall’esigenza di riflettere sulla sempre più preoccupante assenza di “assenze” all’interno delle cose umane nel mondo cosiddetto “civile”. Tutto è compresso, tutto è pieno di tutto, tutti sembrano aver bisogno di tutto e subito. Per ragioni commerciali ormai ogni nicchia di spazio e di tempo è stata riempita al limite della sua capienza. Dai muri delle città alle ex-immensità dell’etere, dal reale al virtuale, tutto è occupato da qualcosa. In pratica non rimangono più atolli di assenza, zone franche, tregue sensoriali ove poter riposare la mente, che non ha più il tempo di generare proprie fantasie, poiché colma di quelle di altri, indotte a forza giù per il nervo ottico, la coclea, le narici o la gola. Non c’è più tempo per pensare a ciò che stiamo vivendo quotidianamente, poiché già domani dovremmo analizzare qualcosa di nuovo, che magari sarà esattamente l’opposto di ciò che abbiamo appena sperimentato. Ogni cosa ed il suo contrario esistono e sono qui, ora. Il non nasce per dirci che ora c’è bisogno di tirare il fiato, di frenare, di smetterla di guardare cosa fanno, o hanno fatto gli altri, e fare qualcosa noi. C’è bisogno di rientrare in noi stessi e di occuparci di ciò che abbiamo dentro, di pensare con le nostre singole teste e di tornare ad essere individui. Il non è la nostra capsula di salvataggio, è il nostro singolo spazio di sopravvivenza.
Il non, in primis, siamo noi!
Cos'è non
Il non è il vuoto che compensa il pieno. Il non per sua stessa morfologia non è, non è stato e non sarà. È infatti nulla lo stesso concetto di non, poiché esso nega a priori la propria esistenza in quanto concetto, ammettendo se stesso solo in quanto assenza. Il non è quindi un niente, ma è un niente come lo zero, come quel numero cardinale che indica la mancanza di ogni valore che però, in un sistema di numerazione posizionale su base decimale, aggiunto alla destra di altre cifre, serve a moltiplicarle per dieci. Il non è quindi assenza, è nulla, ma non un nulla definitivo, uno stato di inerzia e di inesistenza, bensì un nulla procreante. Il non infatti non considera il nulla in quanto assenza di una presenza, bensì quale presenza di un assenza. In non il nulla è il paradigma, esso è la perfezione ed è qui, ora, ma specialmente è il tutto perché dal niente tutto può essere generato. Il non è una porta sull’incognito. Il non è il vuoto assoluto, è l’universo stesso in attesa del Big Bang, è lo spazio primordiale, è un inizio e una fine insieme. Il non è il concavo in un mondo convesso. Il non è il massimo femminino. Il non è la gravidanza perenne. Il non è ciò che verrà dopo. Il non è il domani che oggi non c’è e che in ogni oggi che vivremo non potrà mai esserci, ma che tutti cercheremo sempre e comunque di immaginare. Il non sarà sempre un passo oltre la nostra presenza. Il non è oltre la percezione sensoriale. Il non è il virtuale supremo.
Il non è Dio!
non in ARTE
Il non è il dogma dell’arte. Il non è infatti l’arte dell’assenza, ovvero la mancanza di qualunque forma d’arte nel senso materiale del termine. Il non sostituisce la presenza di qualunque creazione artistica con la sua latitanza, evidente nella sua manifestazione tanto quanto lo sarebbe la sua presenza. Il non è la concretizzazione del massimo paradosso artistico, quale la preferenza dell’assenza di una espressione artistica, piuttosto che la sua stessa presenza. L’opera d’arte nella concezione del non si impone solo in quanto potenziale. Il che significa che l’arte non “deve essere”, ma “può essere”. Il non ha eliminato anche la struttura più essenziale nel suo cammino verso la perfezione, inseguendola attraverso l’intuizione di Antoine de Saint-Exupery che asserì che "la perfezione si ottiene non quando non c'è altro da aggiungere, ma quando non c'è altro da togliere". Il non porta nell’arte quel nulla che già nella scienza e nella matematica si è fatto problematico e inquietante e che ricopre un ruolo altrettanto fondamentale, se non addirittura maggiore, della stessa realtà apparente. Il non è il sottoinsieme di ogni possibile insieme artistico. Il non rappresenta il massimo del minimalismo. Il non è ciò che Paul Klee cercava disperatamente, ciò che è "al di là dell'apparire", ossia ciò che va oltre la "comune radice terrestre". Il non è ciò che cercava Malevic quando realizzò il "quadrato bianco su bianco" tentando di bucare lo spazio pittorico nella direzione del "puro spazio originario".
Il non è un “buco bianco”, uno “stargate” generato agli antipodi di un’arte ormai divenuta un “buco nero” che inghiotte, oltre a se stessa, tutto quanto esula dalla sua propria essenza.
Il non è tutto ciò che si nasconde oltre i “tagli” di Fontana.
Il non è tutta l’arte mai vista.
Il non è tutta l’arte che avrebbe potuto essere ma non è stata, tutta quella che può essere ma non è, tutta quella che potrebbe essere ma non sarà.
Il non è tutta l’arte insita in ogni animo umano.
non
di Riccardo Tartaglia
(Curatore dell’artista e direttore artistico della Galleria “Tartaglia Arte” di Roma)
Scrivere normalmente non è il mio mestiere, ma faccio volentieri un'eccezione in questo caso perché qualcosa sul NON è necessario che la dica anch'io, visto che sono stato il curatore della Prima Esposizione Mondiale NON tenutasi a Roma con il Patrocinio del Ministero dei Beni Culturali presso il Museo Nazionale degli Strumenti Musicali.
Sono figlio di artista a tutto tondo, difatti mio padre Piero Tartaglia ha dedicato tutta la vita alla pittura facendo parte inizialmente della corrente avanguardistica chiamata "The European Group" di Serge Poliakoff, con Karel Appel, Santomaso, Albert Bitram, Lucembert, Pierre Alechinske, Corneille, ma soprattutto fondando a sua volta quello che è noto come “Disgregazionismo” attraverso il quale, assumendosene la piena responsabilità, la sua arte ha demolito per poi riedificare i valori preesistenti. Le forme nel suo creare perdono forma e la riassumono dopo un processo di rielaborazione totale della loro architettura. Il mio interesse nei confronti del NON è nato proprio perché questo Movimento pare portare alle estreme conseguenze quelle che furono le intuizioni di mio padre. Come detto, lui disgregava le forme per poi concederne un' interpretazione assolutamente legata ai criteri dell'Informalità. Davidson di contro, in questa sua provocazione, porta la scomposizione delle forme alla disintegrazione totale. Non esiste più l'opera fisicamente, ma esiste l'opera ricomposta nell'intimo dello spettatore utilizzando i colori della sua stessa sensibilità.
Come Gallerista si può ritenere che appoggiare una sfida come quella del NON possa equivalere ad un suicidio economico, non essendoci null'altro da vendere salvo l'assenza dell'opera, però a ben pensarci se qualcuno su Internet vende le stelle o appezzamenti sulla luna, perché non si può pensare di acquistare un'assenza?
Tra l'altro non un'assenza a caso ma una delle 12 (tante quante sono le Opere NON) con tanto di titolo, non dimensioni (che necessiteranno di un adeguato spazio in casa) e firma di sangue dell'autore a massima garanzia possibile sull'autenticità dell'acquisto visto che contiene il suo DNA...
A parte queste considerazioni, in quanto conoscitore dell'arte e per mestiere osservatore di ciò che succede nel suo ambito comprese le compravendite di quanto a volte viene ingiustificatamente spacciato per tale, ho ritenuto che appoggiare una “sensibilizzazione” come quella fatta da Davidson (che non dimentichiamo è un artista assolutamente figurativo) sia stato un atto dovuto proprio nei confronti dell'Arte stessa.
non
di Claudio Strinati
(Soprintendente per i Beni Artistici e Storici della città di Roma)
Il non trasferisce l'arte “visiva” in una dimensione diversa da quelle abitualmente ritrovabili in Mostre di stampo più tradizionale. La si potrebbe infatti definire forse “Surreale”, “Concettuale” o “Provocatoria”, visto che comunque questi sono termini entrati ormai da decenni nel linguaggio dell'arte, anche se di tanto in tanto vanno considerati in accezioni diverse da quelle comunemente adottate. Ciò accade poiché le suddette parole vanno a descrivere “categorie” artistiche legate non tanto all'irreale se non addirittura al bizzarro, bensì a qualcosa di estremamente “stravagante” che esula dai canoni tradizionali di catalogazione. Si potrebbe quindi pensare, assistendo a questa Esposizione Mondiale del non, che questo sia uno di quei casi. Lo si potrebbe pensare in quanto il suo autore, l'artista Stefano Davidson, è sempre stato legato ad un genere di arte molto tradizionale, la pittura, ed ha sempre preferito descrivere i suoi temi con tratti prettamente figurativi, che esulano completamente dall'astrattismo o dal concettuale. Lo si potrebbe pensare nonostante il figurativo di Davidson molto spesso sfoci nell'onirico, nel simbolico, se non addirittura proprio nel surreale (ricordiamo i dipinti “Cesenacido” o “Palingenesi surrealista” su tutti).
In conclusione, ritengo assolutamente attuale il concetto di necessità di assenze espresso dall'autore. Non solo per il sovraccarico di tutto e di più nella nostra società civile, come da lui più volte sottolineato, ma poiché la “crisi” contingente sta lentamente abituando ciascuno di noi a fare a meno di un po' di superfluo facendo così rientrare un po' di non in ognuna delle nostre vite, e chissà che ciò, in fondo, non possa farci anche un po' bene.
non
di Gianni Conti
(Scrittore)
Ho conosciuto la pittura di Stefano Davidson e non smette di stupirmi, in quanto il suo modo di dipingere, tradizionale e figurativo, riesce a rappresentare e a trasmettere tutte le ansie ed i tormenti della società odierna, senza mai essere considerabile una sterile interpretazione personale ed incomunicabile.
In questa Esposizione non, assolutamente fuori dai suoi schemi normali di comunicazione artistica, io vedo che Davidson rappresenta il cataclisma dello spirito costantemente guidato e represso, ed annuncia che è venuto il momento di liberarlo davanti a uno spazio vuoto, che bisogna cominciare a considerare l'essere umano quale essere pensante e non soltanto recipiente.
Si sentiva il bisogno di questo Evento, di questo non, che può sembrare una provocazione ma che altro non è che la medicina del nostro spirito, un'esperienza da ripetere quotidianamente nelle nostre case.
non
di Lucia Mascalchi
(Storica e Giornalista – Ministero dei Beni Culturali)
Tema intrigante questo dell’assenza, proprio in una città che di presenze ne soffre troppe: immanenza della storia, invasione dei turisti, inquinamento delle scritte che dirottano i flussi umani verso qualsiasi destinazione che prometta loro di soddisfare i bisogni più immediati della persona, trascurando qualsiasi altro aspetto, trascendente e necessario a completare un’immagine, fin troppo stereotipata, di un luogo diventato solo una meta turistica.
Se ricordo la Firenze della mia infanzia, che era una elegante e signorile cittadina dei primi anni “60, rammento quella che potrebbe essere il paradigma del NON, ovvero un luogo – appunto - vissuto dall’essenza dei propri cittadini, che quasi concedevano – consapevolmente - ad altri il privilegio di godere della bellezza e armonia di quegli spazi, pensati principalmente per la vita civile, che nelle sue proporzioni e nei suoi monumenti si identificava.
non
di Alessandro Guaitoli
(Architetto)
L’architettura non ambisce a oltrepassare la frontiera dell’immateriale: il vuoto come spazio autentico, l’infinito come dimensione massima, il colore assoluto, sono i codici della pratica e diventano elementi essenziali per configurare una nuova visione dell’opera e della stessa identità dell’arte … per non smettere di sognare in un mondo migliore.
non
di Fabrizio Guarducci
(Presidente dell'Istituto di Arte e Cultura “Lorenzo de' Medici” di Firenze)
Mi ha intrigato molto il progetto di Stefano Davidson.
L’ho conosciuto proprio nel momento in cui sto cercando di iniettare l’empowerment nelle diverse arti. Infatti, da tempo, sento l’esigenza che il pubblico deve avere un proprio spazio per sintetizzare e completare l’opera d’arte. È la passività dell’individuo davanti alle attuali proposte artistiche che mi spaventa; l’individuo non ha possibilità di intervenire con il suo modus sentendi negli imperata che la produzione artistica attuale offre.
Oggigiorno si tende più a stupire più che a trasmettere. L’arte è saper comunicare emozioni e valori oggettivi, non soggettivi, altrimenti non può riflettere le ansie, le paure, i sogni e i bisogni spirituali di tutti noi, hic et nunc. Se questo non avviene l’arte diventa articismo, tendenza.
Dobbiamo stemperare l’enorme sovrastruttura che frena gli stimoli della nostra fantasia che ha sempre più bisogno di assenza per poter scattare.
Forza Stefano, sei sulla strada giusta per riscoprire l’uomo.
non
di Goran Kuzminac
(Musicista, Cantautore, Produttore, Chitarrista)
Non occorre cercare lontano.
Al contrario di altre forme di espressione artistica, la musica si basa sulle leggi fisiche dell'acustica. Una di queste leggi dice, che due onde identiche in controfase si annullano ed il risultato è sorprendente: si ha il silenzio! La mente di un creatore si dibatte per cercare la via dell'espressione, le sue dita grattano le corde o battono sui tasti, la ricerca di un testo è estenuante, la comunicazione nel canto difficile ed impegnativa.
La realizzazione di una canzone è solo il fiore finale di una pianta che ha radici profonde nello studio e nell'applicazione del difficile "mestiere della musica". E' molto più facile a questo punto prelevare il fiore già sbocciato e attraverso un "rimaneggiamento" rimetterlo sul mercato in veste simil-nuova. Lo fanno artisti di nome che hanno perso la vena creativa, ma anche nuove leve che non fanno altro che "Cover" di brani famosi. Il risultato è il NON.
Il silenzio, l'immobilità, il nulla, la fine dell'anelito, l'ultimo respiro, due onde che si scontrano e creano la superficie piatta. Una bolla di silenzio.
Siamo all'oscillazione di un pendolo. Tra il nadir e lo zenith della creatività. E' l'energia insita nella musica stessa, che la spingerà di nuovo avanti verso un nuovo rinascimento si spera.
30
settembre 2009
Stefano Davidson – Non
Dal 30 settembre al 02 ottobre 2009
arte contemporanea
Location
CHIESA DI SAN JACOPO IN CAMPO CORBOLINI
Firenze, Via Faenza, 41, (Firenze)
Firenze, Via Faenza, 41, (Firenze)
Vernissage
30 Settembre 2009, ore 18
Ufficio stampa
LC MEDIA PRESS
Autore
Curatore