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Stefano Pirovano – Forma e informazione
Terzo volume della collana “Parole e immagini”, il saggio presenta un’analisi del legame tra le opere d’arte e le informazioni che le raccontano. Con interviste inedite a Carol Bove, Peter Coffin, Tacita Dean, Martino Gamper, Wade Guyton, Goshka Macuga, Beatriz Milhazes, Seth Price, Paolo W Tamburella, Luca Trevisani, Phoebe Washburn. Ne parlano lunedì 15 novembre a Milano il critico d’arte Martina Corgnati, l’esperto di artemercato Giulio Sangiuliano, il collezionista Andrea Succo, l’artista Luca Trevisani, in un dialogo con l’autore. Introduce Antonella Crippa di Open Care.
Comunicato stampa
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Nel volume Forma e informazione edito da Johan & Levi, Stefano Pirovano mette in evidenza l’esistenza di codici e informazioni pre-esistenti all’opera e in essa inclusi, a volte anche in maniera sottintesa, che debbono essere conosciuti dal pubblico per l’effettiva comprensione dell’opera stessa. Pirovano procede a livello teorico fondendo sapientemente conoscenze eterogenee - cultura classica, storia dell’arte, estetica, letteratura, cinema: accanto al famoso neurologo Vilayanur Ramachandran e all’esperto di scienze cognitive Semir Zeki, sono chiamati in causa scrittori contemporanei che coi loro romanzi più direttamente hanno toccato l’arte da galleria fornendo scorci molto suggestivi, come Orhan Pamuk, Sergej Nosov, Cormac McCarthy, Bret Easton Ellis e Patrick McGrath. A livello pratico, invece, l’autore sceglie di coinvolgere in prima persona alcuni degli artisti più significativi a livello internazionale. Il risultato è una interessante mappa dell’arte contemporanea che si fonda sull’analisi di opere recenti e sul confronto diretto con gli artisti circa il loro pensiero estetico, in particolare in relazione al concetto di astrazione.
Fino a che punto le informazioni non direttamente visibili nell’opera ma in essa presupposte possono determinarne la fruizione? Si pensi per esempio alle New York Waterfalls create nel 2008 da Olafur Eliasson: quattro cascate artificiali originate pompando l’acqua dell’East River sulla sommità di ponteggi metallici montati sul fiume. Effetto spettacolare per il pubblico, ma che cosa c’è d’altro da sapere sull’opera per comprenderla veramente? Molto più di quello che si vede, informazioni che l’artista mette a disposizione sul web in un apposito sito che è parte integrante del progetto. L’opera è ecosostenibile e non funziona in alcuni orari perché a causa del vento l’acqua salata potrebbe raggiungere e rovinare la vegetazione circostante; le pompe sono dotate di filtri per impedire che pesci o altri animali marini vengano risucchiati e l’energia utilizzata deriva da fonti rinnovabili. Quindi, chi osserva vede una parte del tutto, una parte bastante a se stessa nella rappresentazione artistica ma incapace di rendere i valori su cui l’opera si basa. L’opera d’arte, per farsi comprendere nel suo intento, necessita quindi di un sapere condiviso.
Lo stesso vale per il Double Club di Londra, oggi chiuso: al cliente non informato nulla lasciava intendere che il locale fosse in realtà un’opera d’arte pensata da Carsten Höller. L’arredo era frugale, ma efficace. Il bar era coperto per metà dal tipico foglio di lamiera ondulata che si vede sulle baracche di legno. Quando calava il sole la luce aveva il colore giallo del perimetro rettangolare di tubi al neon che incorniciavano la sommità dell’altra metà del bar. Poi c’era il rosa intenso dell’altro neon che stava sopra: un fantino nell’atto di cavalcare due cavalli al centro di un semicerchio disegnato dalla scritta “Two Horses riders Club”. Ignari del progetto di Höller, gli avventori non potevano sapere di trovarsi dentro a un’opera d’arte contemporanea.
Questi sono soltanto alcuni dei numerosi esempi citati da Pirovano che nel volume racconta l’esperienza di artisti noti e meno noti in Italia dando grande respiro internazionale alla sua ricerca e testimoniando la curiosità di portare alla luce molteplici percorsi senza fornire però ricette o manuali per la fruizione dell’opera. È un invito al viaggio, per il lettore appassionato d’arte contemporanea, nel tentativo di tracciare una cartografia dell’arte contemporanea, […], cercando di collocare l’opera d’arte in un sistema di valori, di ideologie, narrazioni e modelli interpretativi che arricchisca la nostra comprensione dell’arte, ma soprattutto che riveli a noi stessi la nostra cultura.
Filo conduttore di tutto il volume è la riflessione circa l’evoluzione del concetto di “astrazione”, espressa attraverso una coralità di esperienze narrate dalle voci degli artisti. Intervistata da Pirovano Beatriz Milhazes si dichiara non interessata a un’astrazione rivolta su se stessa. Credo nell’astratto perché credo nell’immaginazione. È la possibilità di creare un mondo, uno spazio che esiste solo in quest’area, nel campo dell’arte. Non mi interessa sostituire la realtà. Dipingere offre la possibilità di avere un sogno, una poetica e uno scambio tra luoghi differenti che non sono luoghi reali.
Per Carol Bove invece l’astrazione è un termine storico che esiste all’interno di un contesto. In questo momento lo si può leggere sotto forma di testo, ma è anche possibile farne esperienza attraverso l’Es, nel processo non intellettuale che gli esseri viventi usano per comunicare con la materia e l’energia.
Per Peter Coffin, l’artista autore dell’ U.F.O. che sorvolò nel 2008 e 2009 Danzica e Copacabana, l’astrazione è un volo. È la libertà dalle immediate costrizioni spazio-temporali del momento; libertà di progettare il futuro, di ricordare il passato, comprendere il presente da una prospettiva che include tutti e tre; libertà dai confini immediati della soggettività concreta, libertà di immaginare il possibile e portare se stessi al suo interno; libertà di analizzare il reale come una risorsa per impersonare il possibile; libertà di separare da sé gli oggetti realizzati, per intenderli sempre più come entità che si autocontengono, interamente determinate dalle proprie relazioni e proprietà di contesto, considerandoli da lontano, come fossero grano per il mulino del possibile. L’astrazione è un viaggio solitario attraverso l’universo concettuale.
Il volume sarà in libreria dal 10 novembre.
Stefano Pirovano è storico dell’arte e giornalista specializzato in arte contemporanea, architettura e design. Dal 2006 collabora con Panorama, CasAmica, Velvet, Dove e con i Musei Civici di Como, per i quali si occupa dell’Archivio Ico Parisi. Nel 2007 è stato tra i finalisti del Premio Nazionale darc maxxi. Nel 2005 ha lavorato nella redazione del canale televisivo Rai Sat.
AUTORE Stefano Pirovano
PREFAZIONE Massimiliano Gioni
ANNO novembre 2010
FORMATO 16,5 x 24 cm
PREZZO € 23,00
COLLANA Parole e immagini
LINGUA Italiano
PAGINE 176
ISBN 978-88-60100-43-6
Fino a che punto le informazioni non direttamente visibili nell’opera ma in essa presupposte possono determinarne la fruizione? Si pensi per esempio alle New York Waterfalls create nel 2008 da Olafur Eliasson: quattro cascate artificiali originate pompando l’acqua dell’East River sulla sommità di ponteggi metallici montati sul fiume. Effetto spettacolare per il pubblico, ma che cosa c’è d’altro da sapere sull’opera per comprenderla veramente? Molto più di quello che si vede, informazioni che l’artista mette a disposizione sul web in un apposito sito che è parte integrante del progetto. L’opera è ecosostenibile e non funziona in alcuni orari perché a causa del vento l’acqua salata potrebbe raggiungere e rovinare la vegetazione circostante; le pompe sono dotate di filtri per impedire che pesci o altri animali marini vengano risucchiati e l’energia utilizzata deriva da fonti rinnovabili. Quindi, chi osserva vede una parte del tutto, una parte bastante a se stessa nella rappresentazione artistica ma incapace di rendere i valori su cui l’opera si basa. L’opera d’arte, per farsi comprendere nel suo intento, necessita quindi di un sapere condiviso.
Lo stesso vale per il Double Club di Londra, oggi chiuso: al cliente non informato nulla lasciava intendere che il locale fosse in realtà un’opera d’arte pensata da Carsten Höller. L’arredo era frugale, ma efficace. Il bar era coperto per metà dal tipico foglio di lamiera ondulata che si vede sulle baracche di legno. Quando calava il sole la luce aveva il colore giallo del perimetro rettangolare di tubi al neon che incorniciavano la sommità dell’altra metà del bar. Poi c’era il rosa intenso dell’altro neon che stava sopra: un fantino nell’atto di cavalcare due cavalli al centro di un semicerchio disegnato dalla scritta “Two Horses riders Club”. Ignari del progetto di Höller, gli avventori non potevano sapere di trovarsi dentro a un’opera d’arte contemporanea.
Questi sono soltanto alcuni dei numerosi esempi citati da Pirovano che nel volume racconta l’esperienza di artisti noti e meno noti in Italia dando grande respiro internazionale alla sua ricerca e testimoniando la curiosità di portare alla luce molteplici percorsi senza fornire però ricette o manuali per la fruizione dell’opera. È un invito al viaggio, per il lettore appassionato d’arte contemporanea, nel tentativo di tracciare una cartografia dell’arte contemporanea, […], cercando di collocare l’opera d’arte in un sistema di valori, di ideologie, narrazioni e modelli interpretativi che arricchisca la nostra comprensione dell’arte, ma soprattutto che riveli a noi stessi la nostra cultura.
Filo conduttore di tutto il volume è la riflessione circa l’evoluzione del concetto di “astrazione”, espressa attraverso una coralità di esperienze narrate dalle voci degli artisti. Intervistata da Pirovano Beatriz Milhazes si dichiara non interessata a un’astrazione rivolta su se stessa. Credo nell’astratto perché credo nell’immaginazione. È la possibilità di creare un mondo, uno spazio che esiste solo in quest’area, nel campo dell’arte. Non mi interessa sostituire la realtà. Dipingere offre la possibilità di avere un sogno, una poetica e uno scambio tra luoghi differenti che non sono luoghi reali.
Per Carol Bove invece l’astrazione è un termine storico che esiste all’interno di un contesto. In questo momento lo si può leggere sotto forma di testo, ma è anche possibile farne esperienza attraverso l’Es, nel processo non intellettuale che gli esseri viventi usano per comunicare con la materia e l’energia.
Per Peter Coffin, l’artista autore dell’ U.F.O. che sorvolò nel 2008 e 2009 Danzica e Copacabana, l’astrazione è un volo. È la libertà dalle immediate costrizioni spazio-temporali del momento; libertà di progettare il futuro, di ricordare il passato, comprendere il presente da una prospettiva che include tutti e tre; libertà dai confini immediati della soggettività concreta, libertà di immaginare il possibile e portare se stessi al suo interno; libertà di analizzare il reale come una risorsa per impersonare il possibile; libertà di separare da sé gli oggetti realizzati, per intenderli sempre più come entità che si autocontengono, interamente determinate dalle proprie relazioni e proprietà di contesto, considerandoli da lontano, come fossero grano per il mulino del possibile. L’astrazione è un viaggio solitario attraverso l’universo concettuale.
Il volume sarà in libreria dal 10 novembre.
Stefano Pirovano è storico dell’arte e giornalista specializzato in arte contemporanea, architettura e design. Dal 2006 collabora con Panorama, CasAmica, Velvet, Dove e con i Musei Civici di Como, per i quali si occupa dell’Archivio Ico Parisi. Nel 2007 è stato tra i finalisti del Premio Nazionale darc maxxi. Nel 2005 ha lavorato nella redazione del canale televisivo Rai Sat.
AUTORE Stefano Pirovano
PREFAZIONE Massimiliano Gioni
ANNO novembre 2010
FORMATO 16,5 x 24 cm
PREZZO € 23,00
COLLANA Parole e immagini
LINGUA Italiano
PAGINE 176
ISBN 978-88-60100-43-6
15
novembre 2010
Stefano Pirovano – Forma e informazione
15 novembre 2010
presentazione
incontro - conferenza
incontro - conferenza
Location
FRIGORIFERI MILANESI – CENTRO PER L’ARTE CONTEMPORANEA
Milano, Via Giovanni Battista Piranesi, 10, (Milano)
Milano, Via Giovanni Battista Piranesi, 10, (Milano)
Vernissage
15 Novembre 2010, ore 19
Sito web
www.opencare.it
Editore
JOHAN & LEVI
Ufficio stampa
CLARART
Autore
Curatore