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Stefano Turrini – Trappola per colore
L’insetto di Roberto Dossi: primo libretto d’artista per il 2011 e cinquantesimo della Collana Fiori di Torchio curata da Corrado Bagnoli, Piero Marelli e Pierantonio Verga. Per l’occasione, una litografia del pittore Stefano Turrini, numerata e firmata sarà inserita nella pubblicazione. Nella stessa occasione sarà inaugurata la mostra Trappola per colore di Stefano Turrini.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Sabato 26 Febbraio 2011 alle ore 17,30
Presso la sede del Circolo culturale Seregn de la memoria
sarà presentato:
L’insetto
di Roberto Dossi
Primo libretto d’artista per il 2011 e cinquantesimo della Collana Fiori di Torchio
curata da Corrado Bagnoli, Piero Marelli e Pierantonio Verga.
Per l’occasione, una litografia del pittore Stefano Turrini
numerata e firmata sarà inserita nella pubblicazione.
Roberto Dossi, poeta ed editore, è nato il 6 luglio 1974 e vive a Merate. Dopo aver lavorato come fabbro, l’incontro nel 1993 con Gian Carlo Bulli, Alberto Casiraghi e Alda Merini, segna la scelta di dedicarsi interamente alla poesia, seguendo le orme di “migliori fabbri”, vivendo del proprio lavoro poetico. Dal settembre del 2003 ha dato vita alla casa editrice Quaderni di Orfeo.
Fondamentali per la nascita dei Quaderni sono due incontri. Il primo con l’incisore e stampatore Luciano Ragazzino che ha dato a Dossi la possibilità di iniziare realmente a editare i Quaderni, avviandolo a stampare con una macchina tipografica Fag a caratteri mobili da sempre amorevolmente custodita nella Stamperia dell’ex Gelateria di via Guinizzelli 14 in Milano, dove già erano nate le edizioni de "Il ragazzo innocuo". Il secondo è stato l’incontro con la poesia di Rainer Maria Rilke che ha poi fatto nascere il desiderio di pubblicare come prima opera dei Quaderni il poemetto Requiem per un’amica scritto dal poeta tedesco a Parigi per Paula Becker. Successivamente, anche grazie alla collaborazione con Marco Rota, Roberto Dossi ha dato vita a nuovi e diversificati progetti editoriali, pubblicando opere dei più importanti poeti e scrittori contemporanei.
Dalla presentazione di Corrado Bagnoli a L’ insetto di Roberto Dossi
Le poesie di Roberto Dossi appaiono come parole restituite a chi le aveva sollecitate attraverso il suo lavoro artistico; come una risposta quasi imposta dal giro dei colori che là dentro sospendono spazio e tempo; come una voce necessariamente dovuta che fugge dalla facile lettura didascalica, giungendo a imprimere, invece, una forza nuova, una direzione tutta personale al desiderio di senso che in quelle opere si svela e si vela insieme. La parola costruisce un nuovo oggetto che diventa protagonista di un intenso lavorìo descritto minuziosamente dal poeta e il mondo è come ritrascritto a partire proprio da questa attività nascosta. Ogni testo dei cinque che compongono il poemetto si apre con una sorta di obiettivo puntato su questo nuovo soggetto; l’insetto viene colto, in ogni primo verso, in una sua particolare azione: prolunga l’ombra, mastica il riverbero, impasta radici, sospende la creazione, esplora la parete, la foglia. Ogni testo, poi, continua nella descrizione di tutta una serie di azioni che l’insetto è in grado di compiere, quasi fosse, in qualche caso anche suo malgrado, un costruttore di opere mirabili; e in tutto questo suo costruire e distruggere, in questo suo portare alla luce o perseverare nell’ombra, il lavoro dell’insetto sembra come destinato ad aprire la voce dell’uomo, a costruire una serie di mappe segrete da ripercorrere fino a incontrare forse il punto segreto a cui tutto è destinato. Nell’atteggiamento di questo inaspettato protagonista, registriamo proprio la fedeltà alla terra, la fedeltà a un compito che pare essergli stato assegnato, che comunque si è assunto con estrema pervicacia: sembra il suo quasi un gioco, un ricamare barocco, un arzigogolare privo di significato, ma è proprio accettando ciò che gli viene dato che fonda e rialza fenditure, rimuove geometrie/ come calchi colati in ferrigne mappe, / tratteggia sul dorso l'ingresso, /nel punto invocato dalla terra. Nella fedeltà dell’insetto al pulviscolo, al rametto, alla corteccia, alla foglia, insomma alla realtà dentro la quale gli è dato di vivere, emerge la possibilità di riscrivere il mondo; e ci pare di cogliere che il poeta, con estremo pudore, sembra suggerire che in questo atteggiamento, in questo lavoro consiste anche il compito della parola poetica: ramo, corteccia, pulviscolo e foglia essa stessa, in quanto povera nominazione, ma capace di evocare altre geometrie, altre direzioni, percorsi dentro cui cercare di saldare i lembi di un mondo eternamente diviso. Non un gioco, dunque, ma il luogo estremo in cui le cose possano essere custodite e in cui un cielo nuovo venga disegnato per loro; così come avviene dentro lo sguardo ferito e attento di Roberto Dossi in questi versi esemplari per la disponibilità al mondo che in essi vive come un’offerta e una sfida al lettore.
Nella stessa occasione sarà inaugurata la mostra Trappola per colore di
Stefano Turrini
Stefano Turrini nasce a Figline Valdarno il 6 giugno 1951.
Studia a Firenze presso l’Istituto Statale d’Arte e in seguito presso l’Accademia di Belle Arti.
Inizia ad esporre fin dai primi anni ottanta prevalentemente con pitture su tela e su carta per passare poi alla realizzazione di installazioni che prevedevano, spesso, frammenti pittorici; in seguito realizza sculture in terracotta policroma e alcuni bassorilievi di bronzo.
Dalla metà degli anni settanta collabora alla gestione dell’atelier “La Tinaia” all’interno dell’ex ospedale psichiatrico di Firenze e, recentemente, apre un laboratorio artistico presso il centro di salute mentale del quartiere 3 sempre a Firenze. Le sue proposte didattiche si estendono anche alla scuola elementare e alla scuola dell’infanzia in cui, all’interno di un progetto coordinato da Lara Vinca Masini, ha proposto l’esperienza della pittura contemporanea ai più piccoli. Ha allestito mostre personali e collettive in Italia e all’estero fin dai primi anni ’70, da alcuni anni la sua produzione comprende anche libri d’artista e gioielli, in una continua ricerca di materiali diversi coi quali tentare di costruire un equilibrio fra razionale e irrazionale, tra segno e sogno.
Dall’introduzione di Rino Bertini al catalogo della mostra
La persistenza del colore nell’opera di Stefano Turrini lo porta ad un confronto con lo stesso secondo modalità spesso imprevedibili. I sui rossi, i suoi aranci, i suoi bianchi e i suoi neri sono sempre protagonisti e rivendicano il loro ruolo primario al di là del mettersi al servizio di una tecnica. In questo ciclo di opere Stefano sembra “giocare” con essi. Li manipola, li intrappola, li filtra, li costringe a percorsi inusuali. E lui, Il Colore, nella sua consistenza materica, si fa strumento di questo labirinto tecnico e mentale. Va oltre la sua bidimensionalità aspirando ad una terza dimensione che, nello specifico di questi lavori, senza manifestarla apertamente ne crea con sapienza l’illusione. Stefano Turrini suggerisce che “l’opera ci inganna e contemporaneamente svela il suo trucco”. Nella sua plasticità il colore si insinua nelle maglie sottili delle reti metalliche che, come sirene, lo invitano a infiltrarsi fra esse. Ma poi, quest’ultime, non lo trattengono, anzi lo spingono lentamente a proseguire il cammino, valicando le finestre a cui si affacciano. Per un attimo il colore sembra sospeso nel “vuoto del tempo e dello spazio”. Poi riprende il suo viaggio e trova altre maglie con cui confrontarsi. Il suo percorso si fa perciò accidentato, ma il risultato è un ricamo di forma giocosa. Attimi di sospensione e di inaspettata ripresa disegnano i tragitti colorati dell’imprevedibilità. Tra fissità e lenta ripresa il colore si mostra nelle sue molteplici forme e chiede allo spettatore di osservarlo con i mille occhi delle finestre retiniche che dal colore si fanno attraversare.
Presso la sede del Circolo culturale Seregn de la memoria
sarà presentato:
L’insetto
di Roberto Dossi
Primo libretto d’artista per il 2011 e cinquantesimo della Collana Fiori di Torchio
curata da Corrado Bagnoli, Piero Marelli e Pierantonio Verga.
Per l’occasione, una litografia del pittore Stefano Turrini
numerata e firmata sarà inserita nella pubblicazione.
Roberto Dossi, poeta ed editore, è nato il 6 luglio 1974 e vive a Merate. Dopo aver lavorato come fabbro, l’incontro nel 1993 con Gian Carlo Bulli, Alberto Casiraghi e Alda Merini, segna la scelta di dedicarsi interamente alla poesia, seguendo le orme di “migliori fabbri”, vivendo del proprio lavoro poetico. Dal settembre del 2003 ha dato vita alla casa editrice Quaderni di Orfeo.
Fondamentali per la nascita dei Quaderni sono due incontri. Il primo con l’incisore e stampatore Luciano Ragazzino che ha dato a Dossi la possibilità di iniziare realmente a editare i Quaderni, avviandolo a stampare con una macchina tipografica Fag a caratteri mobili da sempre amorevolmente custodita nella Stamperia dell’ex Gelateria di via Guinizzelli 14 in Milano, dove già erano nate le edizioni de "Il ragazzo innocuo". Il secondo è stato l’incontro con la poesia di Rainer Maria Rilke che ha poi fatto nascere il desiderio di pubblicare come prima opera dei Quaderni il poemetto Requiem per un’amica scritto dal poeta tedesco a Parigi per Paula Becker. Successivamente, anche grazie alla collaborazione con Marco Rota, Roberto Dossi ha dato vita a nuovi e diversificati progetti editoriali, pubblicando opere dei più importanti poeti e scrittori contemporanei.
Dalla presentazione di Corrado Bagnoli a L’ insetto di Roberto Dossi
Le poesie di Roberto Dossi appaiono come parole restituite a chi le aveva sollecitate attraverso il suo lavoro artistico; come una risposta quasi imposta dal giro dei colori che là dentro sospendono spazio e tempo; come una voce necessariamente dovuta che fugge dalla facile lettura didascalica, giungendo a imprimere, invece, una forza nuova, una direzione tutta personale al desiderio di senso che in quelle opere si svela e si vela insieme. La parola costruisce un nuovo oggetto che diventa protagonista di un intenso lavorìo descritto minuziosamente dal poeta e il mondo è come ritrascritto a partire proprio da questa attività nascosta. Ogni testo dei cinque che compongono il poemetto si apre con una sorta di obiettivo puntato su questo nuovo soggetto; l’insetto viene colto, in ogni primo verso, in una sua particolare azione: prolunga l’ombra, mastica il riverbero, impasta radici, sospende la creazione, esplora la parete, la foglia. Ogni testo, poi, continua nella descrizione di tutta una serie di azioni che l’insetto è in grado di compiere, quasi fosse, in qualche caso anche suo malgrado, un costruttore di opere mirabili; e in tutto questo suo costruire e distruggere, in questo suo portare alla luce o perseverare nell’ombra, il lavoro dell’insetto sembra come destinato ad aprire la voce dell’uomo, a costruire una serie di mappe segrete da ripercorrere fino a incontrare forse il punto segreto a cui tutto è destinato. Nell’atteggiamento di questo inaspettato protagonista, registriamo proprio la fedeltà alla terra, la fedeltà a un compito che pare essergli stato assegnato, che comunque si è assunto con estrema pervicacia: sembra il suo quasi un gioco, un ricamare barocco, un arzigogolare privo di significato, ma è proprio accettando ciò che gli viene dato che fonda e rialza fenditure, rimuove geometrie/ come calchi colati in ferrigne mappe, / tratteggia sul dorso l'ingresso, /nel punto invocato dalla terra. Nella fedeltà dell’insetto al pulviscolo, al rametto, alla corteccia, alla foglia, insomma alla realtà dentro la quale gli è dato di vivere, emerge la possibilità di riscrivere il mondo; e ci pare di cogliere che il poeta, con estremo pudore, sembra suggerire che in questo atteggiamento, in questo lavoro consiste anche il compito della parola poetica: ramo, corteccia, pulviscolo e foglia essa stessa, in quanto povera nominazione, ma capace di evocare altre geometrie, altre direzioni, percorsi dentro cui cercare di saldare i lembi di un mondo eternamente diviso. Non un gioco, dunque, ma il luogo estremo in cui le cose possano essere custodite e in cui un cielo nuovo venga disegnato per loro; così come avviene dentro lo sguardo ferito e attento di Roberto Dossi in questi versi esemplari per la disponibilità al mondo che in essi vive come un’offerta e una sfida al lettore.
Nella stessa occasione sarà inaugurata la mostra Trappola per colore di
Stefano Turrini
Stefano Turrini nasce a Figline Valdarno il 6 giugno 1951.
Studia a Firenze presso l’Istituto Statale d’Arte e in seguito presso l’Accademia di Belle Arti.
Inizia ad esporre fin dai primi anni ottanta prevalentemente con pitture su tela e su carta per passare poi alla realizzazione di installazioni che prevedevano, spesso, frammenti pittorici; in seguito realizza sculture in terracotta policroma e alcuni bassorilievi di bronzo.
Dalla metà degli anni settanta collabora alla gestione dell’atelier “La Tinaia” all’interno dell’ex ospedale psichiatrico di Firenze e, recentemente, apre un laboratorio artistico presso il centro di salute mentale del quartiere 3 sempre a Firenze. Le sue proposte didattiche si estendono anche alla scuola elementare e alla scuola dell’infanzia in cui, all’interno di un progetto coordinato da Lara Vinca Masini, ha proposto l’esperienza della pittura contemporanea ai più piccoli. Ha allestito mostre personali e collettive in Italia e all’estero fin dai primi anni ’70, da alcuni anni la sua produzione comprende anche libri d’artista e gioielli, in una continua ricerca di materiali diversi coi quali tentare di costruire un equilibrio fra razionale e irrazionale, tra segno e sogno.
Dall’introduzione di Rino Bertini al catalogo della mostra
La persistenza del colore nell’opera di Stefano Turrini lo porta ad un confronto con lo stesso secondo modalità spesso imprevedibili. I sui rossi, i suoi aranci, i suoi bianchi e i suoi neri sono sempre protagonisti e rivendicano il loro ruolo primario al di là del mettersi al servizio di una tecnica. In questo ciclo di opere Stefano sembra “giocare” con essi. Li manipola, li intrappola, li filtra, li costringe a percorsi inusuali. E lui, Il Colore, nella sua consistenza materica, si fa strumento di questo labirinto tecnico e mentale. Va oltre la sua bidimensionalità aspirando ad una terza dimensione che, nello specifico di questi lavori, senza manifestarla apertamente ne crea con sapienza l’illusione. Stefano Turrini suggerisce che “l’opera ci inganna e contemporaneamente svela il suo trucco”. Nella sua plasticità il colore si insinua nelle maglie sottili delle reti metalliche che, come sirene, lo invitano a infiltrarsi fra esse. Ma poi, quest’ultime, non lo trattengono, anzi lo spingono lentamente a proseguire il cammino, valicando le finestre a cui si affacciano. Per un attimo il colore sembra sospeso nel “vuoto del tempo e dello spazio”. Poi riprende il suo viaggio e trova altre maglie con cui confrontarsi. Il suo percorso si fa perciò accidentato, ma il risultato è un ricamo di forma giocosa. Attimi di sospensione e di inaspettata ripresa disegnano i tragitti colorati dell’imprevedibilità. Tra fissità e lenta ripresa il colore si mostra nelle sue molteplici forme e chiede allo spettatore di osservarlo con i mille occhi delle finestre retiniche che dal colore si fanno attraversare.
26
febbraio 2011
Stefano Turrini – Trappola per colore
Dal 26 febbraio al 12 marzo 2011
arte contemporanea
presentazione
presentazione
Location
SEREGN DE LA MEMORIA
Seregno, Via Pietro Maroncelli, 6, (Milano)
Seregno, Via Pietro Maroncelli, 6, (Milano)
Orario di apertura
Martedì - Venerdì, dalle 16.00 alle 18,30, Sabato dalle 10.00 alle 12.00
Vernissage
26 Febbraio 2011, ore 17.30
Autore