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Storie di Fotoreporter: 4 Autori – 4 Storie – 4 Stili
Le sale della storica Villa Pomini di Castellanza, importante e riconosciuto centro per la fotografia in provincia di Varese, ospiteranno i lavori di 5 impegnati fotografi, provenienti da differenti e significative esperienze professionali, che condurranno il visitatore alla scoperta di culture, popoli, ambienti fatti sociali e umanitari intensi, spingendo il visitatore a riflettere sulle condizioni disagiate di molti popoli nel mondo, senza falsi pietismi, con un approccio riguardoso e giornalistico, con l’intento di capire cosa è cambiato a qualche anno di distanza.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
L’A.F.I., Archivio Fotografico Italiano, che ha come finalità quella di promuove la fotografia in tutti i suo aspetti, diffondere la cultura della conservazione e valorizzazione di immagini storiche, moderne e contemporanee e di favorire giovani talenti italiani e stranieri, con il patrocinio del Comune di Castellanza (Va), Assessorato alla Cultura, dell’Amministrazione Provinciale di Varese – Assessorato al Marketing Territoriale, organizza la Rassegna:
Storie di Fotoreporter: 4 Autori - 4 Storie - 4 Stili
Le sale della storica Villa Pomini di Castellanza, importante e riconosciuto centro per la fotografia in provincia di Varese, ospiteranno i lavori di 5 impegnati fotografi, provenienti da differenti e significative esperienze professionali, che condurranno il visitatore alla scoperta di culture, popoli, ambienti fatti sociali e umanitari intensi, spingendo il visitatore a riflettere sulle condizioni disagiate di molti popoli nel mondo, senza falsi pietismi, con un approccio riguardoso e giornalistico, con l’intento di capire cosa è cambiato a qualche anno di distanza.
Le Mostre e gli Autori:
Portraits of hope
Emanuela Colombo:
Haiphong , che in vietnamita significa "difesa costiera", è da alcuni secoli una importante città portuale e uno dei maggiori centri commerciali del Vietnam. Citta’ di scambi e di passaggio, movimento e possibilita’.
Probabilmente e’ proprio la natura instabile e possibilista della citta’ che ha portato le categorie piu’ deboli e impreparate dei suoi cittadini a cadere nella malia della trasgressione distruttiva , della droga e della prostituzione.
E della loro logica conseguenza: il diffondersi del virus dell’HIV.
Ma ci troviamo in Vietnam paese in cui lo stato si fa’ carico delle spese sanitarie dei suoi cittadini fin dalla nascita, provvedendo per il 100% alle loro necessita’ sia di assistenza che di farmaci.
Quale e’ il problema allora? Certo non e’ piacevole essere malati di HIV , ma senza dubbio sara’ peggio essere malati in Zimbabwe, in Uganda, …. dove l’assistenza e’ insufficiente e costosissima…
Ma in Vietnam e’ la devianza stessa ad essere punita!
In un paese in cui lo stato e’ cosi’ presente e detta regole in maniera cosi’ rigida, chi sta al di la’ del limite non puo’ essere altro che un emarginato.
Qui, dove chi e’ riconosciuto come drogato viene allontanato dalla famiglia con o senza il suo consenso e “ricoverato” in campi di recupero (che non recuperano quasi mai), cosa puo’ accadere a chi di questa devianza e’ vittima innocente?
Cosa accade alle mogli o ai figli di questi “malati”, o a quelle famiglie (che in percentuale sono una minima parte) che si sono ritrovate malate dopo la frequentazione di prostitute da parte del marito?
Accade che ci si nasconde, non si vuole mostrare ai vicini, ai parenti, agli amici e alle autorita’ la propria vergogna e debolezza.
E in questo modo diventa impossibile curarsi!
Sono stata in queste case, le case “della vergogna”, dove grazie all’aiuto di una ONG italiana , il CESVI, l’approccio sta finalmente cambiando.
I malati non si sentono piu’ dei “rifiuti” umani, stanno imparando a perdonare se stessi e i loro famigliari e a cercare una seconda possibilità.
Finalmente hanno smesso di nascondersi e si sono fatti riconoscere come malati dall’assistenza sanitaria statale. Da quel momento in poi hanno avuto libero accesso ad esami, visite, farmaci,..
La terapia funziona e la loro speranza di vita e di benessere fisico e’ aumentata moltissimo, ma questo non e’ tutto….
Ormai si e’ formata una comunità, in cui le persone non si sentono piu’ sole, abbandonate a se’ stesse ed emarginate. La vita ha acquistato un altro significato e anche chi e’ malato puo’ riappropriarsi del diritto di sperare e impegnarsi per un futuro migliore, con il sorriso sulla labbra e la sicurezza di non rimanere mai piu’ solo nel cuore.
Sono queste le persone che ho voluto ritrarre.
Tutte le immagini sono state scattate all’interno dell’abitazione dei soggetti , cercando di catturare un po’ dell’essenza stessa della persona e della sua vita, anche attraverso i suoi ambienti e le cose di cui si circonda. Spero di esserci riuscita almeno un po’.
Emanuela Colombo nasce nel 1974 e, dopo essersi laureata in scienze della comunicazione allo IULM di Milano, inizia a lavorare in ambienti totalmente avulsi dalla fotografia, pur coltivando la sua passione nei momenti liberi.
Finalmente nel 2007 decide di interrompere la sua carriera lavorativa e si dedica a tempo pieno alla fotografia professionale.
Frequenta il master in Photology and Visual Design presso NABA a Milano, collabora con il Cesvi (associazione no profit che si occupa di sviluppo nei paesi in difficolta’) e inizia a lavorare come fotografa free lance.
Sulle Strade
Graziano Perotti
Il reportage è per il fotografo pavese insieme un importante impegno premiato da numerosissimi servizi pubblicati in Italia e non, e una grande passione condivisa con coloro che ne hanno seguito il lavoro come il fotografo e suo amico Francesco Cito.
Graziano Perotti è uno di quegli autori che sanno emergere grazie a una dote quasi istintiva che gli consente di osservare il mondo (l’amata India ma anche Yemen, Europa, America Latina, Estremo Oriente, tutti paesi visitati come inviato) trasformandolo in immagini di grande intensità, sia quando usa le spettacolari potenzialità del colore di cui è diventato maestro (basti pensare alla sua capacità di entrare nel fascino delle ombre) sia quando si dedica al classico bianconero.
Gli attenti cromatismi, la cura compositiva e il ritmo narrativo si inseriscono in un più ampio contesto caratterizzato dalla profonda conoscenza della realtà che fotografa.
Queste sue immagini conservano sempre la delicatezza e la forza espressiva tipiche del reportage di alta classe. (Roberto Mutti Critico fotografico di “Repubblica”)
Graziano Perotti è nato a Pavia nel 1954, dove tuttora risiede, suoi reportage ed immagini spesso accompagnati dal testo, sono stati pubblicati in Italia e all'estero su importanti testate:
Meridiani, Elle, In Viaggio, Gente Viaggi, Diario di Bordo, Panorama Travel, Traveller, Geo France, Geodes, Cosmopolitan, Detail, Rewiew, Bild Zeit, Med International, L'Orafo italiano, Epoca, Panorama, Play Boy, Jonathan, Vie del mondo, Qui Touring, Pegaso, Ulisse, Isole, Arrivederci (rivista dell'Alitalia), Vera, Anna, Amica, Cipria, Max, Maxim, Sette, Focus, il Venerdì di Republica, Specchio (della Stampa), First, I viaggi del sole, Latitudes life.
Come inviato ha svolto lavori in Italia, Europa, Russia, Turchia, Marocco, Egitto, Yemen, India, Cina, Indonesia- Giava-Bali-Sumatra, Malesia, Guatemala, Honduras, Messico, Ecuador, Brasile, Giordania, Kenia, Seychelles, Maldive, Cuba, Zanzibar(Tanzania),Cina, ottenendo 12 copertine e presentazioni nelle trasmissioni televisive Jonathan reportage, Campo base e su Rai-3 regione.
Lavori creativi gli sono stati commissionati per campagne pubblicitarie da enti turistici e note aziende fra le quali: Francorosso- Alpitour, per la quale ha curato tutti i testi introduttivi delle 22 città d’arte Italiane presenti sul catalogo 2004-2005 “Non solo Week-end” e fornito gran parte delle immagini.
Sempre per il gruppo Alpitour Francorosso ha curato i testi introduttivi e fornito parte delle immagini sulle destinazioni europee e intercontinentali del catalogo 2004-2005 “Nozze da favola”.
Altre collaborazioni: ente del turismo Indiano, Head line (per Hotelplan), Fca Bmz (gran foulard Bassetti). Ha prodotto su commissione numerose immagini pubblicitarie e sta lavorando ad un ampio progetto voluto dal Conte Stefano Cinelli Colombini sulla vendemmia d’autore alla fattoria dei Barbi, azienda storica del brunello di Montalcino.
Ha pubblicato con Dominique Lapierre un reportage sulla donna indiana, sue mostre sull'infanzia nel mondo sono state utilizzate dall'UNICEF. Nel 1999 ha fornito gran parte delle fotografie per il libro “Vie di fede” per regione Lombardia e provincia di Pavia.
Hanno inoltre scritto di lui i più noti critici fotografici: Roberto Mutti, Lanfranco Colombo, Denis Curti, Marco Bastianelli, Giovanna Chiti, Giuliana Scimè e pubblicato le sue fotografie su Fotopratica immagini, Reflex, Il Fotografo, Photo France, Tutto Milano, Vivi Milano, il Giorno, il Corriere della sera, la Nazione, il Tirreno, Repubblica.
Sue immagini d’autore sono state acquisite in importanti collezioni private e foto appartenenti a Lanfranco Colombo e alla galleria “Il Diaframma” in importanti musei. Ha partecipato ed esposto a rassegne d’importanza Nazionale ed Internazionale ed esposto in personali in prestigiosi spazi.
Attualmente oltre al normale lavoro di fotoreporter sta lavorando per una mostra su commissione, dove reinterpreta in modo creativo un museo e gli oggetti legati alla vita contadina in toscana e mostre su Cina e Oriente.
India
Marino Porfiri
Il lavoro di Marino Porfiri è stato realizzato tra il 2005 e il 2008 in India occidentale e a Calcutta.
Per evitare i soliti cliché e la classica iconografia, la scelta stilistica dell’autore si trasforma in una sorta di diario visivo, che racconta la strada e le tradizioni di un popolo senza scadere nella retorica e nel pietismo. Anzi, grazie all’utilizzo della pellicola infrarosso, che richiede una preparazione tecnica e visiva particolarmente accentuata, oggi in disuso per via della cessata produzione dei materiali, ottiene immagini di forte impatto visivo, dai vigorosi contrasti, interpretando in chiave personale la realtà quotidiana e le istanze sociali.
Utilizzando un obiettivo grandangolare, per entrare a stretto contatto con i soggetti ripresi, fa risaltare una tendenza culturale tesa ad approfondire la conoscenza delle diverse culture, con l’esplicita intenzione di creare una relazione tra ambiente, uomo e visione. Le stampe realizzate personalmente in camera oscura su carta baritata, di grande fascino, completano il lavoro.
Marino Porfiri fotografa da circa quindici anni, inizialmente a colori, per poi scegliere il bianco e nero come linguaggio espressivo, in particolare la pellicola infrarosso. Ha esposto in vari spazi in Italia, ricevendo consensi e importanti riconoscimenti, che lo stimolano a proseguire nella sua ricerca, incessantemente.
A life built on hope (Una vita fondata sulla speranza)
Peter Strebel
“Mentre lavoravo al mio progetto fotografico sull’Anti Atlante, mi sono dovuto confrontare spesso con le misere condizioni di vita dei Berberi in una terra che, nel recente passato, ha sofferto lunghi anni di siccità. L’agricoltura non basta per procurarsi di che vivere, e i giovani berberi lasciano i villaggi, dove sono nati per cercare fortuna nelle grandi città del Marocco. Ovunque passassi, vedevo germogli di grano seccati dal sole e cominciavo a capire perché, per i Berberi, quasi tutte le sorgenti d’acqua sono luoghi sacri.
Quando, un giorno di aprile, arrivai in un villaggio di montagna, vidi degli uomini che si erano radunati nella piazza del villaggio e che stavano chiacchierando allegramente. La ragione del loro buonumore era la nevicata della notte precedente. Due ore più tardi – la neve nel frattempo si era sciolta – gli uomini partirono alla volta dei campi per controllare il livello dell’acqua nelle cisterne. Li seguii, e vidi con i miei occhi il sollievo derivante da una certezza: l’estate era salva.
L’intera vita dei Berberi è basata sulla speranza. Quando guidano gli asini con l’aratro di legno attraverso i campi, aggirano con cura le numerosissime pietre, perché non sanno che in altre parti del mondo esistono campi senza pietre. Dalla loro pazienza e dalla profonda fede traggono la forza di sopravvivere. “La vita è dura”, mi dice uno di essi, “ma in primavera semineremo di nuovo!”
“A life built on hope” è un progetto incentrato sul Marocco, ed è il lavoro di più ampio respiro a cui l’autore si è dedicato fino ad oggi. Nell'arco di oltre quattro anni ha trascorso più di tre mesi in Marocco, sulle montagne dell’Anti Atlante. Questo paese gli è diventato particolarmente caro, e l’ ha colpito sotto tanti punti di vista. I suoi abitanti, il loro modo di vedere la vita e i caratteristici paesaggi di queste latitudini hanno avuto una profonda influenza sul suo lavoro.
Peter Strebel è nato 1950 in Svizzera, dove ha studiato ingegneria meccanica. Per oltre dieci anni è stato un fotografo esordiente; nel 1983, dopo essersi stabilito in Finlandia, la passione è diventata la sua professione. Si è dedicato allo studio della fotografia artistica partecipando a numerosi seminari e corsi tenuti dai migliori fotografi. Il suo lavoro risente dell’influenza, soprattutto, di Eikoh Hosoe (Giappone), Mario Cresci (Italia), André Gelpke e Floris M. Neusüss (Germania). Nel corso della sua carriera ha realizzato numerosi servizi fotografici su temi specifici, e i suoi lavori sono stati esposti in vari paesi europei e pubblicati si testate importanti
Storie di Fotoreporter: 4 Autori - 4 Storie - 4 Stili
Le sale della storica Villa Pomini di Castellanza, importante e riconosciuto centro per la fotografia in provincia di Varese, ospiteranno i lavori di 5 impegnati fotografi, provenienti da differenti e significative esperienze professionali, che condurranno il visitatore alla scoperta di culture, popoli, ambienti fatti sociali e umanitari intensi, spingendo il visitatore a riflettere sulle condizioni disagiate di molti popoli nel mondo, senza falsi pietismi, con un approccio riguardoso e giornalistico, con l’intento di capire cosa è cambiato a qualche anno di distanza.
Le Mostre e gli Autori:
Portraits of hope
Emanuela Colombo:
Haiphong , che in vietnamita significa "difesa costiera", è da alcuni secoli una importante città portuale e uno dei maggiori centri commerciali del Vietnam. Citta’ di scambi e di passaggio, movimento e possibilita’.
Probabilmente e’ proprio la natura instabile e possibilista della citta’ che ha portato le categorie piu’ deboli e impreparate dei suoi cittadini a cadere nella malia della trasgressione distruttiva , della droga e della prostituzione.
E della loro logica conseguenza: il diffondersi del virus dell’HIV.
Ma ci troviamo in Vietnam paese in cui lo stato si fa’ carico delle spese sanitarie dei suoi cittadini fin dalla nascita, provvedendo per il 100% alle loro necessita’ sia di assistenza che di farmaci.
Quale e’ il problema allora? Certo non e’ piacevole essere malati di HIV , ma senza dubbio sara’ peggio essere malati in Zimbabwe, in Uganda, …. dove l’assistenza e’ insufficiente e costosissima…
Ma in Vietnam e’ la devianza stessa ad essere punita!
In un paese in cui lo stato e’ cosi’ presente e detta regole in maniera cosi’ rigida, chi sta al di la’ del limite non puo’ essere altro che un emarginato.
Qui, dove chi e’ riconosciuto come drogato viene allontanato dalla famiglia con o senza il suo consenso e “ricoverato” in campi di recupero (che non recuperano quasi mai), cosa puo’ accadere a chi di questa devianza e’ vittima innocente?
Cosa accade alle mogli o ai figli di questi “malati”, o a quelle famiglie (che in percentuale sono una minima parte) che si sono ritrovate malate dopo la frequentazione di prostitute da parte del marito?
Accade che ci si nasconde, non si vuole mostrare ai vicini, ai parenti, agli amici e alle autorita’ la propria vergogna e debolezza.
E in questo modo diventa impossibile curarsi!
Sono stata in queste case, le case “della vergogna”, dove grazie all’aiuto di una ONG italiana , il CESVI, l’approccio sta finalmente cambiando.
I malati non si sentono piu’ dei “rifiuti” umani, stanno imparando a perdonare se stessi e i loro famigliari e a cercare una seconda possibilità.
Finalmente hanno smesso di nascondersi e si sono fatti riconoscere come malati dall’assistenza sanitaria statale. Da quel momento in poi hanno avuto libero accesso ad esami, visite, farmaci,..
La terapia funziona e la loro speranza di vita e di benessere fisico e’ aumentata moltissimo, ma questo non e’ tutto….
Ormai si e’ formata una comunità, in cui le persone non si sentono piu’ sole, abbandonate a se’ stesse ed emarginate. La vita ha acquistato un altro significato e anche chi e’ malato puo’ riappropriarsi del diritto di sperare e impegnarsi per un futuro migliore, con il sorriso sulla labbra e la sicurezza di non rimanere mai piu’ solo nel cuore.
Sono queste le persone che ho voluto ritrarre.
Tutte le immagini sono state scattate all’interno dell’abitazione dei soggetti , cercando di catturare un po’ dell’essenza stessa della persona e della sua vita, anche attraverso i suoi ambienti e le cose di cui si circonda. Spero di esserci riuscita almeno un po’.
Emanuela Colombo nasce nel 1974 e, dopo essersi laureata in scienze della comunicazione allo IULM di Milano, inizia a lavorare in ambienti totalmente avulsi dalla fotografia, pur coltivando la sua passione nei momenti liberi.
Finalmente nel 2007 decide di interrompere la sua carriera lavorativa e si dedica a tempo pieno alla fotografia professionale.
Frequenta il master in Photology and Visual Design presso NABA a Milano, collabora con il Cesvi (associazione no profit che si occupa di sviluppo nei paesi in difficolta’) e inizia a lavorare come fotografa free lance.
Sulle Strade
Graziano Perotti
Il reportage è per il fotografo pavese insieme un importante impegno premiato da numerosissimi servizi pubblicati in Italia e non, e una grande passione condivisa con coloro che ne hanno seguito il lavoro come il fotografo e suo amico Francesco Cito.
Graziano Perotti è uno di quegli autori che sanno emergere grazie a una dote quasi istintiva che gli consente di osservare il mondo (l’amata India ma anche Yemen, Europa, America Latina, Estremo Oriente, tutti paesi visitati come inviato) trasformandolo in immagini di grande intensità, sia quando usa le spettacolari potenzialità del colore di cui è diventato maestro (basti pensare alla sua capacità di entrare nel fascino delle ombre) sia quando si dedica al classico bianconero.
Gli attenti cromatismi, la cura compositiva e il ritmo narrativo si inseriscono in un più ampio contesto caratterizzato dalla profonda conoscenza della realtà che fotografa.
Queste sue immagini conservano sempre la delicatezza e la forza espressiva tipiche del reportage di alta classe. (Roberto Mutti Critico fotografico di “Repubblica”)
Graziano Perotti è nato a Pavia nel 1954, dove tuttora risiede, suoi reportage ed immagini spesso accompagnati dal testo, sono stati pubblicati in Italia e all'estero su importanti testate:
Meridiani, Elle, In Viaggio, Gente Viaggi, Diario di Bordo, Panorama Travel, Traveller, Geo France, Geodes, Cosmopolitan, Detail, Rewiew, Bild Zeit, Med International, L'Orafo italiano, Epoca, Panorama, Play Boy, Jonathan, Vie del mondo, Qui Touring, Pegaso, Ulisse, Isole, Arrivederci (rivista dell'Alitalia), Vera, Anna, Amica, Cipria, Max, Maxim, Sette, Focus, il Venerdì di Republica, Specchio (della Stampa), First, I viaggi del sole, Latitudes life.
Come inviato ha svolto lavori in Italia, Europa, Russia, Turchia, Marocco, Egitto, Yemen, India, Cina, Indonesia- Giava-Bali-Sumatra, Malesia, Guatemala, Honduras, Messico, Ecuador, Brasile, Giordania, Kenia, Seychelles, Maldive, Cuba, Zanzibar(Tanzania),Cina, ottenendo 12 copertine e presentazioni nelle trasmissioni televisive Jonathan reportage, Campo base e su Rai-3 regione.
Lavori creativi gli sono stati commissionati per campagne pubblicitarie da enti turistici e note aziende fra le quali: Francorosso- Alpitour, per la quale ha curato tutti i testi introduttivi delle 22 città d’arte Italiane presenti sul catalogo 2004-2005 “Non solo Week-end” e fornito gran parte delle immagini.
Sempre per il gruppo Alpitour Francorosso ha curato i testi introduttivi e fornito parte delle immagini sulle destinazioni europee e intercontinentali del catalogo 2004-2005 “Nozze da favola”.
Altre collaborazioni: ente del turismo Indiano, Head line (per Hotelplan), Fca Bmz (gran foulard Bassetti). Ha prodotto su commissione numerose immagini pubblicitarie e sta lavorando ad un ampio progetto voluto dal Conte Stefano Cinelli Colombini sulla vendemmia d’autore alla fattoria dei Barbi, azienda storica del brunello di Montalcino.
Ha pubblicato con Dominique Lapierre un reportage sulla donna indiana, sue mostre sull'infanzia nel mondo sono state utilizzate dall'UNICEF. Nel 1999 ha fornito gran parte delle fotografie per il libro “Vie di fede” per regione Lombardia e provincia di Pavia.
Hanno inoltre scritto di lui i più noti critici fotografici: Roberto Mutti, Lanfranco Colombo, Denis Curti, Marco Bastianelli, Giovanna Chiti, Giuliana Scimè e pubblicato le sue fotografie su Fotopratica immagini, Reflex, Il Fotografo, Photo France, Tutto Milano, Vivi Milano, il Giorno, il Corriere della sera, la Nazione, il Tirreno, Repubblica.
Sue immagini d’autore sono state acquisite in importanti collezioni private e foto appartenenti a Lanfranco Colombo e alla galleria “Il Diaframma” in importanti musei. Ha partecipato ed esposto a rassegne d’importanza Nazionale ed Internazionale ed esposto in personali in prestigiosi spazi.
Attualmente oltre al normale lavoro di fotoreporter sta lavorando per una mostra su commissione, dove reinterpreta in modo creativo un museo e gli oggetti legati alla vita contadina in toscana e mostre su Cina e Oriente.
India
Marino Porfiri
Il lavoro di Marino Porfiri è stato realizzato tra il 2005 e il 2008 in India occidentale e a Calcutta.
Per evitare i soliti cliché e la classica iconografia, la scelta stilistica dell’autore si trasforma in una sorta di diario visivo, che racconta la strada e le tradizioni di un popolo senza scadere nella retorica e nel pietismo. Anzi, grazie all’utilizzo della pellicola infrarosso, che richiede una preparazione tecnica e visiva particolarmente accentuata, oggi in disuso per via della cessata produzione dei materiali, ottiene immagini di forte impatto visivo, dai vigorosi contrasti, interpretando in chiave personale la realtà quotidiana e le istanze sociali.
Utilizzando un obiettivo grandangolare, per entrare a stretto contatto con i soggetti ripresi, fa risaltare una tendenza culturale tesa ad approfondire la conoscenza delle diverse culture, con l’esplicita intenzione di creare una relazione tra ambiente, uomo e visione. Le stampe realizzate personalmente in camera oscura su carta baritata, di grande fascino, completano il lavoro.
Marino Porfiri fotografa da circa quindici anni, inizialmente a colori, per poi scegliere il bianco e nero come linguaggio espressivo, in particolare la pellicola infrarosso. Ha esposto in vari spazi in Italia, ricevendo consensi e importanti riconoscimenti, che lo stimolano a proseguire nella sua ricerca, incessantemente.
A life built on hope (Una vita fondata sulla speranza)
Peter Strebel
“Mentre lavoravo al mio progetto fotografico sull’Anti Atlante, mi sono dovuto confrontare spesso con le misere condizioni di vita dei Berberi in una terra che, nel recente passato, ha sofferto lunghi anni di siccità. L’agricoltura non basta per procurarsi di che vivere, e i giovani berberi lasciano i villaggi, dove sono nati per cercare fortuna nelle grandi città del Marocco. Ovunque passassi, vedevo germogli di grano seccati dal sole e cominciavo a capire perché, per i Berberi, quasi tutte le sorgenti d’acqua sono luoghi sacri.
Quando, un giorno di aprile, arrivai in un villaggio di montagna, vidi degli uomini che si erano radunati nella piazza del villaggio e che stavano chiacchierando allegramente. La ragione del loro buonumore era la nevicata della notte precedente. Due ore più tardi – la neve nel frattempo si era sciolta – gli uomini partirono alla volta dei campi per controllare il livello dell’acqua nelle cisterne. Li seguii, e vidi con i miei occhi il sollievo derivante da una certezza: l’estate era salva.
L’intera vita dei Berberi è basata sulla speranza. Quando guidano gli asini con l’aratro di legno attraverso i campi, aggirano con cura le numerosissime pietre, perché non sanno che in altre parti del mondo esistono campi senza pietre. Dalla loro pazienza e dalla profonda fede traggono la forza di sopravvivere. “La vita è dura”, mi dice uno di essi, “ma in primavera semineremo di nuovo!”
“A life built on hope” è un progetto incentrato sul Marocco, ed è il lavoro di più ampio respiro a cui l’autore si è dedicato fino ad oggi. Nell'arco di oltre quattro anni ha trascorso più di tre mesi in Marocco, sulle montagne dell’Anti Atlante. Questo paese gli è diventato particolarmente caro, e l’ ha colpito sotto tanti punti di vista. I suoi abitanti, il loro modo di vedere la vita e i caratteristici paesaggi di queste latitudini hanno avuto una profonda influenza sul suo lavoro.
Peter Strebel è nato 1950 in Svizzera, dove ha studiato ingegneria meccanica. Per oltre dieci anni è stato un fotografo esordiente; nel 1983, dopo essersi stabilito in Finlandia, la passione è diventata la sua professione. Si è dedicato allo studio della fotografia artistica partecipando a numerosi seminari e corsi tenuti dai migliori fotografi. Il suo lavoro risente dell’influenza, soprattutto, di Eikoh Hosoe (Giappone), Mario Cresci (Italia), André Gelpke e Floris M. Neusüss (Germania). Nel corso della sua carriera ha realizzato numerosi servizi fotografici su temi specifici, e i suoi lavori sono stati esposti in vari paesi europei e pubblicati si testate importanti
26
settembre 2010
Storie di Fotoreporter: 4 Autori – 4 Storie – 4 Stili
Dal 26 settembre al 10 ottobre 2010
fotografia
serata - evento
serata - evento
Location
VILLA POMINI
Castellanza, Via Don Luigi Testori, 14, (Varese)
Castellanza, Via Don Luigi Testori, 14, (Varese)
Vernissage
26 Settembre 2010, ore 17
Sito web
archiviofotografico.org
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