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Street-art
evento all’interno di Art/Off, in collaborazione con Arte Fiera
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Già semplicemente passeggiando per le strade di qualsiasi città ci
imbattiamo in scritte, stickers, stencils e interventi di vario tipo
sparsi su muri, cartelli, treni etc. “Street-art” è un’etichetta
molto comoda ma allo stesso tempo poco chiara dato che comprende
tipologie tanto diverse che, specialmente ora, sono in aumento
esponenziale. Per questo, in questa sede, si è cercato di proporre
una sorta di campionario (per quanto sintetico) delle diverse facce
con cui questo fenomeno si mostra. Prima di addentrarci in discorsi
sul writing o sul mondo dei graffiti, crediamo sia interessante
vedere come questa modalità d’espressione sia, per molti versi, la
perfetta summa di quanto predicato dalle Avanguardie storiche, la
logica conseguenza di un percorso più ampio, iniziato nel ‘900,
all’interno del quale va ad inscriversi e svilupparsi. Basti pensare
ai diversi appelli per l’abbattimento dei confini tra le diverse
pratiche artistiche, all’”invenzione” del ready-made, alla volontà di
uscire dal museo per invadere la vita. Da “La città che sale”, di
boccioniana memoria, venendo catturata in una tela, alla pittura che
scende in strada e cambia il volto della città; tra un pisciatoio
depositato al MoMA e trasformato in fontana e un raccoglitore per il
vetro diventato pinguino cambiano davvero molte cose? E tra una “non
pipa” di Magritte e una “non più pallina-contenitore” diventata testa
di uomo? Risalendo ad anni a noi più vicini, possiamo riconoscere,
nei colori usati, lo stesso piglio sguaiato e irriverente della Pop
Art, la stessa disinvoltura nel mescolare cultura “alta” e “bassa”
per ottenere uno spiazzante nuovo prodotto, mentre, nell’utilizzo di
materiali e oggetti, troviamo il dialogo a distanza con i modi del
Nouveau Realism. Attraverso il cortocircuito di tutti questi
riferimenti, l’andamento a doppio senso di luoghi e idee e la
necessità di segnalare il proprio messaggio o passaggio prende vita
un fenomeno, che avendo cominciato a muovere i primi passi più di
trenta anni fa, ormai di strada ne ha fatta parecchia, andando ora a
contagiare grafica, design, linee di abbigliamento e molto altro. La
strada diventa cartellone per il proprio grido e luogo artistico tra
gli altri. Basti pensare all’aumento degli interventi “site
specific”o al sovradimensionamento che obbliga a porre le opere
“all’aperto” per comprendere che l’esterno è, a tutti gli effetti,
una tra le scelta possibili, se non una necessità. Tutti gli artisti
presenti sono partiti dal writing, alcuni evolvendosi all’interno di
questo, altri prendendo altre direzioni, dimostrando l’ampiezza del
ventaglio di possibilità offerte da questa pratica. L’eterogeneità
dei risultati e degli stili e l’adattabilità ai più disparati ambiti
ne ribadiscono il valore, al di là di ogni dubbio.
Il writing è la prima manifestazione di questo orientamento,
diffondendosi già dai primi anni ’70 a New York. Nell’82 sembra
ricevere la vera consacrazione a Kassel, con Documenta7, quando,
però, diverse gallerie e critici avevano dimostrato un crescente
interesse verso questa realtà. Ma se ci fermiamo a guardare con un
po’ di attenzione in più ci accorgeremo che gli artisti presenti
(Jean-Micheal Basquiat e Keith Haring) sono degli street artists sui
generis e con una particolare premura nel sottolineare la loro
distanza dai writers con cui, dicono, hanno condiviso spazi, ma con
uno spirito e intenzioni diversi. Qui ritroviamo il nodo centrale
della questione: la strada si pone come spazio artistico, tra gli
altri, una pagina bianca fino ad allora non considerata,
particolarmente adatta per divulgare la propria opera e il proprio
pensiero, aperta a diverse interpretazioni e usi, pronta ad
accogliere ogni nuova idea, superando diversità di genere e
diventando modus operandi, spazio aperto e trasversale che, ormai,
coinvolge tutto il mondo, con modalità sempre nuove.
Marianita Santarossa
imbattiamo in scritte, stickers, stencils e interventi di vario tipo
sparsi su muri, cartelli, treni etc. “Street-art” è un’etichetta
molto comoda ma allo stesso tempo poco chiara dato che comprende
tipologie tanto diverse che, specialmente ora, sono in aumento
esponenziale. Per questo, in questa sede, si è cercato di proporre
una sorta di campionario (per quanto sintetico) delle diverse facce
con cui questo fenomeno si mostra. Prima di addentrarci in discorsi
sul writing o sul mondo dei graffiti, crediamo sia interessante
vedere come questa modalità d’espressione sia, per molti versi, la
perfetta summa di quanto predicato dalle Avanguardie storiche, la
logica conseguenza di un percorso più ampio, iniziato nel ‘900,
all’interno del quale va ad inscriversi e svilupparsi. Basti pensare
ai diversi appelli per l’abbattimento dei confini tra le diverse
pratiche artistiche, all’”invenzione” del ready-made, alla volontà di
uscire dal museo per invadere la vita. Da “La città che sale”, di
boccioniana memoria, venendo catturata in una tela, alla pittura che
scende in strada e cambia il volto della città; tra un pisciatoio
depositato al MoMA e trasformato in fontana e un raccoglitore per il
vetro diventato pinguino cambiano davvero molte cose? E tra una “non
pipa” di Magritte e una “non più pallina-contenitore” diventata testa
di uomo? Risalendo ad anni a noi più vicini, possiamo riconoscere,
nei colori usati, lo stesso piglio sguaiato e irriverente della Pop
Art, la stessa disinvoltura nel mescolare cultura “alta” e “bassa”
per ottenere uno spiazzante nuovo prodotto, mentre, nell’utilizzo di
materiali e oggetti, troviamo il dialogo a distanza con i modi del
Nouveau Realism. Attraverso il cortocircuito di tutti questi
riferimenti, l’andamento a doppio senso di luoghi e idee e la
necessità di segnalare il proprio messaggio o passaggio prende vita
un fenomeno, che avendo cominciato a muovere i primi passi più di
trenta anni fa, ormai di strada ne ha fatta parecchia, andando ora a
contagiare grafica, design, linee di abbigliamento e molto altro. La
strada diventa cartellone per il proprio grido e luogo artistico tra
gli altri. Basti pensare all’aumento degli interventi “site
specific”o al sovradimensionamento che obbliga a porre le opere
“all’aperto” per comprendere che l’esterno è, a tutti gli effetti,
una tra le scelta possibili, se non una necessità. Tutti gli artisti
presenti sono partiti dal writing, alcuni evolvendosi all’interno di
questo, altri prendendo altre direzioni, dimostrando l’ampiezza del
ventaglio di possibilità offerte da questa pratica. L’eterogeneità
dei risultati e degli stili e l’adattabilità ai più disparati ambiti
ne ribadiscono il valore, al di là di ogni dubbio.
Il writing è la prima manifestazione di questo orientamento,
diffondendosi già dai primi anni ’70 a New York. Nell’82 sembra
ricevere la vera consacrazione a Kassel, con Documenta7, quando,
però, diverse gallerie e critici avevano dimostrato un crescente
interesse verso questa realtà. Ma se ci fermiamo a guardare con un
po’ di attenzione in più ci accorgeremo che gli artisti presenti
(Jean-Micheal Basquiat e Keith Haring) sono degli street artists sui
generis e con una particolare premura nel sottolineare la loro
distanza dai writers con cui, dicono, hanno condiviso spazi, ma con
uno spirito e intenzioni diversi. Qui ritroviamo il nodo centrale
della questione: la strada si pone come spazio artistico, tra gli
altri, una pagina bianca fino ad allora non considerata,
particolarmente adatta per divulgare la propria opera e il proprio
pensiero, aperta a diverse interpretazioni e usi, pronta ad
accogliere ogni nuova idea, superando diversità di genere e
diventando modus operandi, spazio aperto e trasversale che, ormai,
coinvolge tutto il mondo, con modalità sempre nuove.
Marianita Santarossa
23
gennaio 2007
Street-art
Dal 23 gennaio all'otto febbraio 2007
arte contemporanea
Location
SESTO SENSO
Bologna, Via Galliera, 63/d, (Bologna)
Bologna, Via Galliera, 63/d, (Bologna)
Orario di apertura
dal lunedì al venerdì ore 11.00 --> 23.00
Sabato ore 18.00 --> 23.00
Domenica Chiuso
Vernissage
23 Gennaio 2007, ore 19
Autore