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Studiando Lodovico Pogliaghi
A distanza di un anno esatto la Galleria Ghiggini ospita un’altra esposizione di disegni (e non solo) di Lodovico Pogliaghi
Comunicato stampa
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E' con grande piacere che inauguriamo venerdì 23 marzo alle ore 18 la mostra: Studiando Lodovico Pogliaghi. Cogliamo innanzitutto l'occasione per ringraziare pubblicamente Chiara Palumbo per la passione e la professionalità con cui ha realizzato, dopo quella dello scorso anno, questa nuova mostra ragionata e la Provincia di Varese che ci ha concesso il patrocinio. Riportiamo qui di seguito il testo introduttivo al catalogo.
A distanza di un anno esatto la Galleria Ghiggini ospita un’altra esposizione di disegni (e non solo) di Lodovico Pogliaghi. Nel breve testo d'introduzione al catalogo Lodovico Pogliaghi. Se si Studiasse!, pubblicato in concomitanza della mostra omonima tenutasi nel 2006, avevo già anticipato la necessità di una seconda occasione, durante la quale si sarebbe dovuta fare maggiore chiarezza su un artista quasi totalmente trascurato dai libri di storia dell'arte e ciò avviene in occasione di una data particolarmente significativa, il 150° anniversario dalla nascita del “professore” (1857-2007). Il pretesto per questa mostra non si esaurisce soltanto in una ricorrenza, ma prende forma in una serie di motivazioni che mi hanno portato a perseguire nello studio e nella ricerca intorno alla figura e all’operare di Lodovico Pogliaghi. Il fattore stimolante alla base è la costante passione nei confronti del suo lavoro, dei suoi eclettici gusti in materia di collezionismo e del prezioso testamento lasciato a Varese: la sua casa-studio, oggi trasformata in casa-museo, presso il borgo di Santa Maria del Monte. Ultimamente intorno al maestro ferve un rinnovato interesse di cui è testimonianza la mostra Ispirati dal Rinascimento: Adriano Brambilla, Lodovico Pogliaghi, Milton Glaser, recentemente conclusasi presso la sezione delle arti decorative del Castello Sforzesco di Milano e che ha visto l’artista protagonista versatile nel campo dell’arredo e della decorazione di interni. Tra qualche mese anche Palazzo Spinola a Genova inaugurerà una rassegna dedicata a Pogliaghi, incentrata sulla decorazione di Palazzo San Giorgio, cui l’artista si dedicò intorno al 1912 quando fu chiamato a ripristinare l’apparato ornamentale esterno dell’edificio, realizzato nel 1600 da Lazzaro Tavarone e inesorabilmente deterioratosi nel corso degli anni. Colgo l’occasione per evidenziare la collaborazione di Emilio Ghiggini all’evento attraverso il prestito di alcuni disegni, due dei quali presentati lo scorso anno nella sopraccitata mostra. A tutto ciò si aggiunge la vociferata imminente riapertura della casa-museo o per lo meno della porzione del rustico adiacente e dell’esposizione di alcune opere appartenenti alla collezione, recentemente restaurate. Si conosce poco di Lodovico Pogliaghi; le sole pubblicazioni che forniscono informazioni sul suo iter e sulla sua vasta produzione artistica sono contenute principalmente all’interno di due monografie: l’una a cura della Fondazione Pogliaghi, edita a Milano nel 1955, l’altra risalente al 1959, contenente note critiche e biografiche di Ugo Nebbia. Due strumenti sicuramente validi seppur connotati da una vena romantico-nostalgica e da un taglio talvolta poco scientifico e sicuramente mancanti di un apparato critico e di uno studio approfondito sulle opere. Varese ospitò nel 1997, presso la Sala Veratti, la mostra, fortemente voluta dall’allora assessore comunale alla cultura Ortelli, Lodovico Pogliaghi. L'accademia e l’invenzione, che stimolò una certa curiosità intorno all’artista anche grazie alla pubblicazione del relativo catalogo. Da qui si ebbe come eco l’esposizione tenutasi a Padova nel 1998, basata sui lavori realizzati presso la Basilica del Santo. Purtroppo successivamente calò di nuovo il silenzio. A ricordare la figura del professore a Varese furono solo alcuni articoli di giornale che recitavano a caratteri cubitali: Lodovico Pogliaghi, l’artista morto due volte. Fino allo scorso anno, quando Emilio Ghiggini mi consegnò una cartella da cui estrapolai e analizzai una prima quarantina di disegni, confluita in un’esposizione che riportò alla ribalta l’artista milanese e risvegliò la curiosità di tutti coloro che ancora attendono la riapertura della casa-museo. Se in quell’occasione avevo impostato l’allestimento con disegni che testimoniassero il confronto tra lo studio di artisti del passato e produzioni autografe, oggi la mostra è dedicata unicamente all’esposizione di bozzetti e schizzi preparatori, riferibili ad opere realizzate dall’artista. In tal senso si trovano per la maggior parte disegni, ma anche un paio di tele, cartoni e un bassorilievo bronzeo; lavori che abbracciano un arco di tempo piuttosto ampio (dal 1880 al 1926 circa) e che sicuramente aiuteranno ad acquisire un quadro maggiormente chiaro sulla produzione artistica di Pogliaghi. Gli scritti in catalogo riferibili a ciascuna scheda non pretendono certo di essere esaustivi, in quanto solo una approfondita ricerca d’archivio permetterebbe di svelare tutti i passaggi che portarono l’artista all’acquisizione della committenza e in parte alla realizzazione finale dell’opera attraverso diversi passaggi, che potranno essere ricostruiti soltanto in seguito ad un inventario completo e ad un’analisi puntuale del ricco corpus di studi, disseminati in diverse sedi. In tal senso si inserisce questa mia ricerca: catalogare le opere appartenenti alla collezione Ghiggini (gli stessi due disegni provenienti da raccolte private sono stati acquistati presso la galleria) e dare il via ad un’azione di recupero di tutto l’operato dell’artista, cui dovrebbe far seguito una critica esauriente. Dai fogli selezionati si sono contraddistinti alcuni nuclei di disegni inerenti lo studio di importanti opere, quali ad esempio la realizzazione del Portale del Duomo di Milano e la decorazione musiva della Cappella Funeraria di Giuseppe Verdi. Sicuramente interessanti sono anche gli schizzi e la tela relativa ad una delle primissime opere dell’artista, la pala de La Vergine Maria, Sant’Anna e San Gioacchino conservata presso la Chiesa di San Vito al Tagliamento (PN).
La mostra include inoltre uno studio che testimonia l’intervento scultoreo per il grandioso progetto del complesso del Vittoriano a Roma, importanti lavori di decorazione riservati al Duomo di Chiavari, cartoni preparatori per il Sacro Cuore di Gesù dell’Univerità Cattolica di Milano, nonché uno schizzo per la Medaglia al Milite ignoto, nella quale è riconoscibile la maestria nell’arte della glittica e del cesello che si ritrova nella cura riservata alla statua bronzea di Santo Stefano Martire a Padova. L’ultima parte del catalogo è riservata allo studio di alcune opere presenti sul nostro territorio, quali i lavori di decorazione della volta della Basilica di San Vittore a Varese e la realizzazione della Cappella Funeraria Macchi Zonda, presso il cimitero di Santa Maria del Monte. Se quindi l’anno scorso si è posto l’accento sullo studio e il costante confronto con opere e artisti del passato che Pogliaghi perseguì nel corso di tutto il suo operato artistico, oggi sono io a pormi in atteggiamento di analisi e di osservazione dei suoi lavori. Ciò che mi ha colpito nel corso dell’ideazione di questa mostra è stata la facilità con la quale talvolta sono giunta ad individuare il soggetto rappresentato nei disegni e il relativo collegamento all’opera finita. Ne è un esempio il n. 618. Già ad un primo sguardo la cura e la morbidezza, conferita al panneggio attraverso chiaro-scuri, mi permise di inserire per stile lo schizzo nei primi anni del 900 e quindi di considerare valida la possibilità che il bozzetto si riferisse ad uno dei personaggi che animano le formelle del Portale del Duomo di Milano. Soffermandomi maggiormente sulla postura di questa figura acefala, compresi la sua identità e la scena dalla quale questa era stata estrapolata: Cristo nell’atto di allontanare da sè Santa Maria Maddalena, momento evangelico noto quale Noli me tangere. La sicurezza di tale attribuzione derivò dalla chiara postura del corpo, sicuramente maschile, con il braccio sinistro, seppur accennato, rivolto all’indietro verso un’altra figura di cui l’artista aveva soltanto abbozzato un ginocchio. Pogliaghi fu un ottimo maestro, ma ancor più un attento e diligente allievo. Tale fu per tutta la vita; continuò a studiare artisti di un glorioso passato che sicuramente rimpiangeva, collezionò una serie di stilemi artistici e regole iconografiche che è possibile ritrovare in ciascuna delle sue opere. Nella maggior parte delle schede di catalogo compaiono difatti riferimenti a modelli derivanti dal mondo classico, bizantino, rinascimentale, barocco e romantico ed è proprio questo occhio di riguardo ad una tradizione artistica ormai consolidata cui l’artista volutamente decise di sottostare, che mi ha permesso di individuare e catalogare alcuni fogli in cui compare anche solo un piccolo particolare di un’intera composizione.
Lodovico Pogliaghi era un grande artista, nel senso probabilmente più medievale del termine: un artigiano colto e di ottima condotta, che merita di essere studiato.
A distanza di un anno esatto la Galleria Ghiggini ospita un’altra esposizione di disegni (e non solo) di Lodovico Pogliaghi. Nel breve testo d'introduzione al catalogo Lodovico Pogliaghi. Se si Studiasse!, pubblicato in concomitanza della mostra omonima tenutasi nel 2006, avevo già anticipato la necessità di una seconda occasione, durante la quale si sarebbe dovuta fare maggiore chiarezza su un artista quasi totalmente trascurato dai libri di storia dell'arte e ciò avviene in occasione di una data particolarmente significativa, il 150° anniversario dalla nascita del “professore” (1857-2007). Il pretesto per questa mostra non si esaurisce soltanto in una ricorrenza, ma prende forma in una serie di motivazioni che mi hanno portato a perseguire nello studio e nella ricerca intorno alla figura e all’operare di Lodovico Pogliaghi. Il fattore stimolante alla base è la costante passione nei confronti del suo lavoro, dei suoi eclettici gusti in materia di collezionismo e del prezioso testamento lasciato a Varese: la sua casa-studio, oggi trasformata in casa-museo, presso il borgo di Santa Maria del Monte. Ultimamente intorno al maestro ferve un rinnovato interesse di cui è testimonianza la mostra Ispirati dal Rinascimento: Adriano Brambilla, Lodovico Pogliaghi, Milton Glaser, recentemente conclusasi presso la sezione delle arti decorative del Castello Sforzesco di Milano e che ha visto l’artista protagonista versatile nel campo dell’arredo e della decorazione di interni. Tra qualche mese anche Palazzo Spinola a Genova inaugurerà una rassegna dedicata a Pogliaghi, incentrata sulla decorazione di Palazzo San Giorgio, cui l’artista si dedicò intorno al 1912 quando fu chiamato a ripristinare l’apparato ornamentale esterno dell’edificio, realizzato nel 1600 da Lazzaro Tavarone e inesorabilmente deterioratosi nel corso degli anni. Colgo l’occasione per evidenziare la collaborazione di Emilio Ghiggini all’evento attraverso il prestito di alcuni disegni, due dei quali presentati lo scorso anno nella sopraccitata mostra. A tutto ciò si aggiunge la vociferata imminente riapertura della casa-museo o per lo meno della porzione del rustico adiacente e dell’esposizione di alcune opere appartenenti alla collezione, recentemente restaurate. Si conosce poco di Lodovico Pogliaghi; le sole pubblicazioni che forniscono informazioni sul suo iter e sulla sua vasta produzione artistica sono contenute principalmente all’interno di due monografie: l’una a cura della Fondazione Pogliaghi, edita a Milano nel 1955, l’altra risalente al 1959, contenente note critiche e biografiche di Ugo Nebbia. Due strumenti sicuramente validi seppur connotati da una vena romantico-nostalgica e da un taglio talvolta poco scientifico e sicuramente mancanti di un apparato critico e di uno studio approfondito sulle opere. Varese ospitò nel 1997, presso la Sala Veratti, la mostra, fortemente voluta dall’allora assessore comunale alla cultura Ortelli, Lodovico Pogliaghi. L'accademia e l’invenzione, che stimolò una certa curiosità intorno all’artista anche grazie alla pubblicazione del relativo catalogo. Da qui si ebbe come eco l’esposizione tenutasi a Padova nel 1998, basata sui lavori realizzati presso la Basilica del Santo. Purtroppo successivamente calò di nuovo il silenzio. A ricordare la figura del professore a Varese furono solo alcuni articoli di giornale che recitavano a caratteri cubitali: Lodovico Pogliaghi, l’artista morto due volte. Fino allo scorso anno, quando Emilio Ghiggini mi consegnò una cartella da cui estrapolai e analizzai una prima quarantina di disegni, confluita in un’esposizione che riportò alla ribalta l’artista milanese e risvegliò la curiosità di tutti coloro che ancora attendono la riapertura della casa-museo. Se in quell’occasione avevo impostato l’allestimento con disegni che testimoniassero il confronto tra lo studio di artisti del passato e produzioni autografe, oggi la mostra è dedicata unicamente all’esposizione di bozzetti e schizzi preparatori, riferibili ad opere realizzate dall’artista. In tal senso si trovano per la maggior parte disegni, ma anche un paio di tele, cartoni e un bassorilievo bronzeo; lavori che abbracciano un arco di tempo piuttosto ampio (dal 1880 al 1926 circa) e che sicuramente aiuteranno ad acquisire un quadro maggiormente chiaro sulla produzione artistica di Pogliaghi. Gli scritti in catalogo riferibili a ciascuna scheda non pretendono certo di essere esaustivi, in quanto solo una approfondita ricerca d’archivio permetterebbe di svelare tutti i passaggi che portarono l’artista all’acquisizione della committenza e in parte alla realizzazione finale dell’opera attraverso diversi passaggi, che potranno essere ricostruiti soltanto in seguito ad un inventario completo e ad un’analisi puntuale del ricco corpus di studi, disseminati in diverse sedi. In tal senso si inserisce questa mia ricerca: catalogare le opere appartenenti alla collezione Ghiggini (gli stessi due disegni provenienti da raccolte private sono stati acquistati presso la galleria) e dare il via ad un’azione di recupero di tutto l’operato dell’artista, cui dovrebbe far seguito una critica esauriente. Dai fogli selezionati si sono contraddistinti alcuni nuclei di disegni inerenti lo studio di importanti opere, quali ad esempio la realizzazione del Portale del Duomo di Milano e la decorazione musiva della Cappella Funeraria di Giuseppe Verdi. Sicuramente interessanti sono anche gli schizzi e la tela relativa ad una delle primissime opere dell’artista, la pala de La Vergine Maria, Sant’Anna e San Gioacchino conservata presso la Chiesa di San Vito al Tagliamento (PN).
La mostra include inoltre uno studio che testimonia l’intervento scultoreo per il grandioso progetto del complesso del Vittoriano a Roma, importanti lavori di decorazione riservati al Duomo di Chiavari, cartoni preparatori per il Sacro Cuore di Gesù dell’Univerità Cattolica di Milano, nonché uno schizzo per la Medaglia al Milite ignoto, nella quale è riconoscibile la maestria nell’arte della glittica e del cesello che si ritrova nella cura riservata alla statua bronzea di Santo Stefano Martire a Padova. L’ultima parte del catalogo è riservata allo studio di alcune opere presenti sul nostro territorio, quali i lavori di decorazione della volta della Basilica di San Vittore a Varese e la realizzazione della Cappella Funeraria Macchi Zonda, presso il cimitero di Santa Maria del Monte. Se quindi l’anno scorso si è posto l’accento sullo studio e il costante confronto con opere e artisti del passato che Pogliaghi perseguì nel corso di tutto il suo operato artistico, oggi sono io a pormi in atteggiamento di analisi e di osservazione dei suoi lavori. Ciò che mi ha colpito nel corso dell’ideazione di questa mostra è stata la facilità con la quale talvolta sono giunta ad individuare il soggetto rappresentato nei disegni e il relativo collegamento all’opera finita. Ne è un esempio il n. 618. Già ad un primo sguardo la cura e la morbidezza, conferita al panneggio attraverso chiaro-scuri, mi permise di inserire per stile lo schizzo nei primi anni del 900 e quindi di considerare valida la possibilità che il bozzetto si riferisse ad uno dei personaggi che animano le formelle del Portale del Duomo di Milano. Soffermandomi maggiormente sulla postura di questa figura acefala, compresi la sua identità e la scena dalla quale questa era stata estrapolata: Cristo nell’atto di allontanare da sè Santa Maria Maddalena, momento evangelico noto quale Noli me tangere. La sicurezza di tale attribuzione derivò dalla chiara postura del corpo, sicuramente maschile, con il braccio sinistro, seppur accennato, rivolto all’indietro verso un’altra figura di cui l’artista aveva soltanto abbozzato un ginocchio. Pogliaghi fu un ottimo maestro, ma ancor più un attento e diligente allievo. Tale fu per tutta la vita; continuò a studiare artisti di un glorioso passato che sicuramente rimpiangeva, collezionò una serie di stilemi artistici e regole iconografiche che è possibile ritrovare in ciascuna delle sue opere. Nella maggior parte delle schede di catalogo compaiono difatti riferimenti a modelli derivanti dal mondo classico, bizantino, rinascimentale, barocco e romantico ed è proprio questo occhio di riguardo ad una tradizione artistica ormai consolidata cui l’artista volutamente decise di sottostare, che mi ha permesso di individuare e catalogare alcuni fogli in cui compare anche solo un piccolo particolare di un’intera composizione.
Lodovico Pogliaghi era un grande artista, nel senso probabilmente più medievale del termine: un artigiano colto e di ottima condotta, che merita di essere studiato.
23
marzo 2007
Studiando Lodovico Pogliaghi
Dal 23 marzo al 18 aprile 2007
arte contemporanea
disegno e grafica
disegno e grafica
Location
GALLERIA GHIGGINI 1822
Varese, Via Albuzzi, 17, (Varese)
Varese, Via Albuzzi, 17, (Varese)
Orario di apertura
10 - 12,30; 16 - 19,15. Lunedì chiuso. Aperto la prima domenica del mese
Vernissage
23 Marzo 2007, ore 18
Autore
Curatore