Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Sulle tracce dei maestri. Sculture dall’Africa occidentale
in mostra maschere casco e miniatura, mankala, pettini e sculture in pietra
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Nel corso degli anni la Galleria Milano ha esposto più volte la scultura tradizionale africana, ma la mostra attuale, a cura di Aldo Tagliaferri, è particolarmente significativa in quanto presenta più di 60 sculture di un notevole numero di etnie conosciute per le posizioni di rilievo che occupano nella storia dell’Africa Occidentale. Molti pezzi sono inoltre riconducibili a particolari condizioni socioculturali e a caratteristiche stilistiche proprie di un maestro, in genere anonimo ma talora identificabile. Le sculture, tutte raccolte da Edmondo Trombetta a partire dagli anni Settanta, provengono per lo più dall’area della Liberia, dove Trombetta abitava, e dai paesi a questa limitrofi. Va ricordato che la Liberia, prima della guerra civile e dei massacri del 1989, era un importante crocevia di culture note per la loro produzione artistica.
Fra le opere esposte vi saranno esemplari di maschere a casco usate da molte popolazioni – (Mende, Vai e Bassa) e create per i rituali propri delle società segrete femminili. La loro esecuzione, ispirata all’ideale di bellezza e di salute femminile, veniva spesso affidata ad autentici maestri. Una di queste maschere con scolpita la corona britannica, è connessa al ritrovamento di una corona in argento, la cui storia spiega in quali circostanze storiche tale simbolo di distinzione venne adottato dai Mende.
Gli Ibeji nigeriani, sono la rappresentazione di gemelli, oggetto di culto specifico e di specifiche cure da parte degli Yoruba. Un esemplare in mostra è opera di Akinyode, artista che lavorò nell’atelier fondato da Adugbologe nel 1851; le maschere Dan, provenienti dalla Liberia e dalla Costa d’Avorio, sono presenti in numerose collezioni europee sia pubbliche che private. Tre di queste sculture Dan , una coppia e un mankala, (un gioco popolarissimo in molti paesi africani) sono senz’altro da attribuire a Zon, uno tra i più celebri maestri di questa etnia, e sono riconoscibili soprattutto dalle pettinature. Le Maschere in miniatura presentano un ampio ventaglio di soluzioni formali determinate non solo dal talento dello scultore, ma anche dalla varietà delle funzioni a cui erano adibite (apotropaiche, curative, protettive). Dalla specificità delle loro funzioni dipendono le diverse patine dovute alle sostanze magiche di diversa natura nonché dall’olio di cocco che rende levigate le loro superfici. Le sculture in pietra della popolazione Loma, (una etnia conosciuta sino a pochi anni orsono solo per le maschere lignee maschili e femminili). Le pietre Loma sono meno note ma sicuramente imparentate con quelle delle aree dei Kissi, loro vicini, dei Mende e di altre etnie disperse dopo la distruzione dei regni Sapi, che fiorirono verso il XV secolo. Più stilizzate dei Nomoli Mende e dei Pomtan Kissi sono riconoscibili soprattutto dagli occhi, dal mento e dal corpo solitamente scarno. Esse venivano a volte conservate su altari, ma più spesso nascoste e sepolte impacchettate e sono state trovate in seguito nel corso di scavi per la coltivazione dei terreni agricoli o per la ricerca di diamanti.
Nel corso degli anni la Galleria Milano ha esposto più volte la scultura tradizionale africana, ma la mostra attuale, a cura di Aldo Tagliaferri, è particolarmente significativa in quanto presenta più di 60 sculture di un notevole numero di etnie conosciute per le posizioni di rilievo che occupano nella storia dell’Africa Occidentale. Molti pezzi sono inoltre riconducibili a particolari condizioni socioculturali e a caratteristiche stilistiche proprie di un maestro, in genere anonimo ma talora identificabile. Le sculture, tutte raccolte da Edmondo Trombetta a partire dagli anni Settanta, provengono per lo più dall’area della Liberia, dove Trombetta abitava, e dai paesi a questa limitrofi. Va ricordato che la Liberia, prima della guerra civile e dei massacri del 1989, era un importante crocevia di culture note per la loro produzione artistica.
Fra le opere esposte vi saranno esemplari di maschere a casco usate da molte popolazioni – (Mende, Vai e Bassa) e create per i rituali propri delle società segrete femminili. La loro esecuzione, ispirata all’ideale di bellezza e di salute femminile, veniva spesso affidata ad autentici maestri. Una di queste maschere con scolpita la corona britannica, è connessa al ritrovamento di una corona in argento, la cui storia spiega in quali circostanze storiche tale simbolo di distinzione venne adottato dai Mende.
Gli Ibeji nigeriani, sono la rappresentazione di gemelli, oggetto di culto specifico e di specifiche cure da parte degli Yoruba. Un esemplare in mostra è opera di Akinyode, artista che lavorò nell’atelier fondato da Adugbologe nel 1851; le maschere Dan, provenienti dalla Liberia e dalla Costa d’Avorio, sono presenti in numerose collezioni europee sia pubbliche che private. Tre di queste sculture Dan , una coppia e un mankala, (un gioco popolarissimo in molti paesi africani) sono senz’altro da attribuire a Zon, uno tra i più celebri maestri di questa etnia, e sono riconoscibili soprattutto dalle pettinature. Le Maschere in miniatura presentano un ampio ventaglio di soluzioni formali determinate non solo dal talento dello scultore, ma anche dalla varietà delle funzioni a cui erano adibite (apotropaiche, curative, protettive). Dalla specificità delle loro funzioni dipendono le diverse patine dovute alle sostanze magiche di diversa natura nonché dall’olio di cocco che rende levigate le loro superfici. Le sculture in pietra della popolazione Loma, (una etnia conosciuta sino a pochi anni orsono solo per le maschere lignee maschili e femminili). Le pietre Loma sono meno note ma sicuramente imparentate con quelle delle aree dei Kissi, loro vicini, dei Mende e di altre etnie disperse dopo la distruzione dei regni Sapi, che fiorirono verso il XV secolo. Più stilizzate dei Nomoli Mende e dei Pomtan Kissi sono riconoscibili soprattutto dagli occhi, dal mento e dal corpo solitamente scarno. Esse venivano a volte conservate su altari, ma più spesso nascoste e sepolte impacchettate e sono state trovate in seguito nel corso di scavi per la coltivazione dei terreni agricoli o per la ricerca di diamanti.
In occasione della mostra verrà pubblicato un catalogo con un esauriente testo di Aldo Tagliaferri in italiano e in inglese, alcune riproduzioni indicazioni bibliografiche, e un elenco di tutte le opere esposte con esaurienti didascalie.
Fra le opere esposte vi saranno esemplari di maschere a casco usate da molte popolazioni – (Mende, Vai e Bassa) e create per i rituali propri delle società segrete femminili. La loro esecuzione, ispirata all’ideale di bellezza e di salute femminile, veniva spesso affidata ad autentici maestri. Una di queste maschere con scolpita la corona britannica, è connessa al ritrovamento di una corona in argento, la cui storia spiega in quali circostanze storiche tale simbolo di distinzione venne adottato dai Mende.
Gli Ibeji nigeriani, sono la rappresentazione di gemelli, oggetto di culto specifico e di specifiche cure da parte degli Yoruba. Un esemplare in mostra è opera di Akinyode, artista che lavorò nell’atelier fondato da Adugbologe nel 1851; le maschere Dan, provenienti dalla Liberia e dalla Costa d’Avorio, sono presenti in numerose collezioni europee sia pubbliche che private. Tre di queste sculture Dan , una coppia e un mankala, (un gioco popolarissimo in molti paesi africani) sono senz’altro da attribuire a Zon, uno tra i più celebri maestri di questa etnia, e sono riconoscibili soprattutto dalle pettinature. Le Maschere in miniatura presentano un ampio ventaglio di soluzioni formali determinate non solo dal talento dello scultore, ma anche dalla varietà delle funzioni a cui erano adibite (apotropaiche, curative, protettive). Dalla specificità delle loro funzioni dipendono le diverse patine dovute alle sostanze magiche di diversa natura nonché dall’olio di cocco che rende levigate le loro superfici. Le sculture in pietra della popolazione Loma, (una etnia conosciuta sino a pochi anni orsono solo per le maschere lignee maschili e femminili). Le pietre Loma sono meno note ma sicuramente imparentate con quelle delle aree dei Kissi, loro vicini, dei Mende e di altre etnie disperse dopo la distruzione dei regni Sapi, che fiorirono verso il XV secolo. Più stilizzate dei Nomoli Mende e dei Pomtan Kissi sono riconoscibili soprattutto dagli occhi, dal mento e dal corpo solitamente scarno. Esse venivano a volte conservate su altari, ma più spesso nascoste e sepolte impacchettate e sono state trovate in seguito nel corso di scavi per la coltivazione dei terreni agricoli o per la ricerca di diamanti.
Nel corso degli anni la Galleria Milano ha esposto più volte la scultura tradizionale africana, ma la mostra attuale, a cura di Aldo Tagliaferri, è particolarmente significativa in quanto presenta più di 60 sculture di un notevole numero di etnie conosciute per le posizioni di rilievo che occupano nella storia dell’Africa Occidentale. Molti pezzi sono inoltre riconducibili a particolari condizioni socioculturali e a caratteristiche stilistiche proprie di un maestro, in genere anonimo ma talora identificabile. Le sculture, tutte raccolte da Edmondo Trombetta a partire dagli anni Settanta, provengono per lo più dall’area della Liberia, dove Trombetta abitava, e dai paesi a questa limitrofi. Va ricordato che la Liberia, prima della guerra civile e dei massacri del 1989, era un importante crocevia di culture note per la loro produzione artistica.
Fra le opere esposte vi saranno esemplari di maschere a casco usate da molte popolazioni – (Mende, Vai e Bassa) e create per i rituali propri delle società segrete femminili. La loro esecuzione, ispirata all’ideale di bellezza e di salute femminile, veniva spesso affidata ad autentici maestri. Una di queste maschere con scolpita la corona britannica, è connessa al ritrovamento di una corona in argento, la cui storia spiega in quali circostanze storiche tale simbolo di distinzione venne adottato dai Mende.
Gli Ibeji nigeriani, sono la rappresentazione di gemelli, oggetto di culto specifico e di specifiche cure da parte degli Yoruba. Un esemplare in mostra è opera di Akinyode, artista che lavorò nell’atelier fondato da Adugbologe nel 1851; le maschere Dan, provenienti dalla Liberia e dalla Costa d’Avorio, sono presenti in numerose collezioni europee sia pubbliche che private. Tre di queste sculture Dan , una coppia e un mankala, (un gioco popolarissimo in molti paesi africani) sono senz’altro da attribuire a Zon, uno tra i più celebri maestri di questa etnia, e sono riconoscibili soprattutto dalle pettinature. Le Maschere in miniatura presentano un ampio ventaglio di soluzioni formali determinate non solo dal talento dello scultore, ma anche dalla varietà delle funzioni a cui erano adibite (apotropaiche, curative, protettive). Dalla specificità delle loro funzioni dipendono le diverse patine dovute alle sostanze magiche di diversa natura nonché dall’olio di cocco che rende levigate le loro superfici. Le sculture in pietra della popolazione Loma, (una etnia conosciuta sino a pochi anni orsono solo per le maschere lignee maschili e femminili). Le pietre Loma sono meno note ma sicuramente imparentate con quelle delle aree dei Kissi, loro vicini, dei Mende e di altre etnie disperse dopo la distruzione dei regni Sapi, che fiorirono verso il XV secolo. Più stilizzate dei Nomoli Mende e dei Pomtan Kissi sono riconoscibili soprattutto dagli occhi, dal mento e dal corpo solitamente scarno. Esse venivano a volte conservate su altari, ma più spesso nascoste e sepolte impacchettate e sono state trovate in seguito nel corso di scavi per la coltivazione dei terreni agricoli o per la ricerca di diamanti.
In occasione della mostra verrà pubblicato un catalogo con un esauriente testo di Aldo Tagliaferri in italiano e in inglese, alcune riproduzioni indicazioni bibliografiche, e un elenco di tutte le opere esposte con esaurienti didascalie.
29
novembre 2012
Sulle tracce dei maestri. Sculture dall’Africa occidentale
Dal 29 novembre 2012 al 02 febbraio 2013
arte etnica
Location
GALLERIA MILANO
Milano, Via Daniele Manin, 13, (Milano)
Milano, Via Daniele Manin, 13, (Milano)
Orario di apertura
da martedì a sabato 10 - 13 e 16 - 20
Vernissage
29 Novembre 2012, h 18,30
Curatore