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Susan Phlipsz – Follow Me
L’artista scozzese raccoglie nel centro storico di Genova una selezione di sei lavori (realizzati tra il 1999 e il 2011) e una nuova produzione, dedicata all’Elettra, la nave laboratorio di Guglielmo Marconi. Artista tra le più significative della sua generazione, negli ultimi due decenni Philipsz (Glasgow,1965) ha esplorato con le sue installazioni sonore (registrazioni della sua voce che riproduce “a cappella” componimenti altrui) le valenze psicologiche e le potenzialità scultoree del suono. Per Genova, l’artista realizza un percorso coinvolgente all’interno della cornice architettonica dei palazzi dei Rolli – già Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO – e di sedi istituzionali genovesi, dove si trova a esplorare la relazione tra arte e architettura, concentrandosi sulle continue trasformazioni della percezione pubblica dell’opera d’arte, sulla relazione tra atto performativo e oggetto scultoreo e sulla componente emotiva del suono. Le sue installazioni si trovano così a fare da accompagnamento ai visitatori in una passeggiata che muove dal cortile centrale di Palazzo Ducale lungo i vicoli del centro storico, fino ai Palazzi di via Garibaldi per finire per raggiungere il nel parco di Villa Croce
Vincitrice nel 2010 del prestigioso Turner Prize, Philipsz è stata invitata nel 2007 allo Skulptur Projekte Muenster, nel 2012 a Documenta 13, Kassel e nel 2015 alla Biennale di Istanbul. L’artista si è distinta nel panorama internazionale per la precisione con la quale ha concepito ogni singola opera, unica nel suo genere e preceduta da un’accurata analisi della storia del luogo, della sua memoria e delle sue tradizioni tradotte in architetture immateriali, che avvolgono lo “spettatore” in un ambiente introspettivo. Una narrativa universale, elaborata attraverso la riproduzione di melodie che alludono al tema della perdita, del ritorno e della speranza si salda così al genius loci, costruendo uno story-telling individuale.
L’esposizione è accompagnata da una pubblicazione, edita da Humboldtbooks, interamente dedicata al progetto, che raccoglie la documentazione della mostra, disegni dei palazzi e mappe della città, accanto ai testi delle curatrici Ilaria Bonacossa e Paola Nicolin, riunisce saggi critici di Luca Cerizza e Chus Martinez, corredati da un ricco apparato iconografico e dalle schede delle opere in mostra.
1. Museo d’Arte Contemporanea — Villa Croce
Posizionata all’interno del panoramico parco che dalla collina di Carignano domina il porto di Genova, la villa che ospita il Museo di Arte Contemporanea venne costruita nel XIX secolo dalla famiglia Croce su un edificio preesistente e donata al Comune nel 1952 affinché divenisse museo civico. Il palazzo in stile neoclassico riprende le proporzioni armoniche e gli stilemi dell’architettura rinascimentale con esiti di rigorosa eleganza e calibrato classicismo.
Le facciate sono scandite da due ordini di finestre, sottolineati da cornici marcapiano, e risultano movimentate dall’alternanza di timpani triangolari e curvilinei. Le tonalità pastello dell’esterno sono state coperte di bianco in occasione della inaugurazione del museo nel 1985.
Elettra, (installazione sonora a cinque canali, 20', fotografie, 2015) ideata per il museo genovese in collaborazione con la Biennale di Istanbul, è installata nelle sale affrescate del pianterreno affacciate sul mare. L’opera, evocando le teorie marconiane sulla permanenza delle onde sonore nell’atmosfera, racconta attraverso suoni e immagini l’appassionante vicenda della nave laboratorio di Guglielmo Marconi, “Elettra”, storicamente ormeggiata tra Genova e Santa Margherita. Luogo del lavoro e insieme monumento sepolcrale ideale dell’inventore della radio, Elettra riflette, attraverso la ricostruzione fotografica dei relitti della barca dispersi in Italia e le registrazioni sonore di sonar subacquei, su come i suoni, una volta generati, non muoiano mai, ma si propaghino silenti nell’universo. Susan Philipsz esplora per la prima volta la dimensione subacquea della trasmissione sonora evocando metaforicamente la storia delle onde sonore.
2. Palazzo Reale
Posseduta dalle grandi dinastie dei Balbi, dei Durazzo, e dei Savoia, la maestosa dimora patrizia di origini seicentesche sita in via Balbi 10, che conserva integri gli interni di rappresentanza, compariva nella prestigiosa lista dei palazzi degni di ospitare re e imperatori di passaggio a Genova secondo il sistema dei Rolli. L’austero prospetto su strada cela la ben più complessa articolazione della facciata interna, ideata dall’architetto Carlo Fontana (1638-1714), il cui corpo centrale si dirama in due ali laterali in una grandiosa apertura verso il mare. Dall’atrio monumentale, impreziosito da pregiati stucchi settecenteschi, si accede al cortile d’onore e al giardino inquadrato da un fornice a tre arcate che sorregge il terrazzo del secondo piano nobile dal quale si gode una spettacolare veduta del porto un tempo direttamente accessibile dal palazzo attraverso il cosiddetto Ponte Reale demolito nel 1963.
Sul terrazzo è posizionata Lachrimæ (installazione sonora a sette canali 36'), il lavoro presentato da Susan Philipsz per la prima volta nel centro finanziario di Londra, presso Milk Street. L’opera è un pezzo strumentale in sette parti, basato sull’immagine di una lacrima che cade. Tutti i sette movimenti sonori sono pensati per essere interpretati e suonati indipendentemente, ciascuno proveniente dal proprio speaker. La struttura simmetrica della terrazza del secondo piano nobile crea una serie di perfette corrispondenze visive e acustiche che l’installazione sonora amplifica. Gli altoparlanti sono disposti in tutto lo spazio. Il pezzo è anche indicativo di altri suoni, come il traffico a distanza o lo sfregamento del bordo di un bicchiere di vino: suoni isolati che si disperdono inesorabilmente verso il mare.
3. Ex Convento di San Francesco di Castelletto
La chiesa di San Francesco e l’annesso convento vennero edificati nel XIII secolo in un’area rurale alla periferia della città medievale, sull’altura di Castelletto, nella attuale salita San Francesco 7. A cavallo fra XV e XVI secolo il convento fu teatro di assedi, saccheggi e scontri legati a lotte intestine e alle occupazioni straniere subite dalla città. Con le leggi napoleoniche sulla soppressione delle corporazioni religiose, la Repubblica Ligure procedette all’esproprio dell’intero complesso e la chiesa, che era stata per secoli luogo di sepoltura di personaggi illustri, venne demolita nel 1820. L’aula capitolare del convento gotico, trasformata nel Settecento in una sinuosa cappella rococò la cui partitura architettonica è sottolineata da volute e decorazioni fitomorfe in stucco dorato, ospita oggi un laboratorio di restauro.
In questo contesto articolato e composito, Philipsz ha scelto di proporre una versione di Stay With Me (installazione audio, 45'), opera realizzata nel 2005 e presentata alla Konsthall Malmo nello stesso anno e, in edizione diversa, in occasione della T1 Torino Triennale Tremusei nel 2006. L’opera è d’altra parte anch’essa un’architettura stratificata che allude a temi della perdita e del ricordo, parla della persistenza del passato nel presente e si caratterizza per la sovrapposizione di più storie e cronologie. Il lavoro è infatti formato dall’intreccio di tre brani (“I want it now” di Echo and the Bunnymen, 1997, “Watch with me” di Joe Wise, 1972 e “Pyramid Song” dei Radiohead, 2001), che l’artista riproduce in sequenza. Lo spazio vuoto che accoglie l’opera - e l’uso di strumenti primari come rime di vetro e canne d’organo –, amplificano l’effetto di una architettura che respira e che, con l’artista, concorre alla produzione dell’opera.
4. Palazzo Bianco
La costruzione di Palazzo Bianco, sito in via Garibaldi 11, risale al 1530 e precede il tracciamento di Strada Nuova. La sobria struttura cinquecentesca venne integralmente ricostruita fra il 1711 e il 1714 dall’architetto Giacomo Viano per volere dei Durazzo Brignole-Sale. Da quel momento il Palazzo prende il nome di “Bianco” per distinguerlo da Palazzo Rosso, residenza principale della famiglia sulla stessa strada. Nel 1884, la Duchessa di Galliera, ultima discendente dei Brignole-Sale, lega per testamento il palazzo alla città affinché diventasse «una pubblica galleria». Danneggiato durante l’ultima guerra, riapre al pubblico nel 1950 con l’innovativo allestimento di Franco Albini.
Nella suggestiva cornice del giardino, che preserva i caratteri della sistemazione settecentesca quali la disposizione simmetrica delle siepi di bosso intorno alla fontana ottagonale e il mosaico in ciottoli bianchi e neri (in genovese risseu), è presentata Follow Me, (installazione sonora a quattro canali, 2'27"), l’opera realizzata nel 2004 che dà il titolo alla mostra. L’artista trae qui ispirazione dal film Blow up di Michelangelo Antonioni, e in modo particolare, dalla scena nella quale il protagonista è testimone involontario di un omicidio a Maryon Park. L’episodio è “visto” attraverso la macchina fotografia che cattura a distanza lo sparo. Tutto accade nel silenzio di un angolo di Londra, dove si sente solo il fruscio del vento tra le piante. Philipsz scelse questo luogo come primo sito del lavoro che la vede eseguire a cappella Happenings 10 Years Time Ago (1966), la canzone del gruppo rock inglese The Yardbirds. La registrazione viene riprodotta attraverso la disposizione di quattro casse audio che singolarmente distribuiscono le quattro interpretazioni della musica che si sovrappongono nello spazio. Il film e la musica sono un inno alla relazione tra realtà e illusione, tra memoria e ricordo: entrambi evocano la presenza di figure del passato che ritornano e si sovrappongono al presente senza soluzione di continuità. L’opera che in seguito è stata installata in luoghi di snodo tra sosta e passaggio, come l’Alter Garnisonfriedhof di Berlino nel 2006, il Paseo de Recoletos a Madrid o il Cimitero de Bonaval a Santiago de Compostela nel 2007, viene oggi riproposto in un contesto privato diventato galleria pubblica, carico di presenze del passato (testimoniato dalla magnifica raccolta di ritratti conservati alla Pinacoteca di Palazzo Bianco) e che riserva tuttavia anfratti più intimi come il sito dell’installazione, pensato come uno spazio all’interno del quale immergersi e “affondare in profondità nel pozzo del tempo” (dal testo di Happenings Ten Years Time Ago).
5. Altrove-Teatro della Maddalena, Palazzo Fattinanti-Cambiaso
In piazzetta Cambiaso, in passato conosciuta come “piazza de’ sette dolori” per la presenza di una edicola votiva della Madonna Addolorata, sorge il palazzo costruito nel XVI secolo dalla famiglia Fattinanti nel cuore del tortuoso Sestiere della Maddalena. Gravemente danneggiato dal bombardamento del 22 ottobre 1942, il palazzo annovera fra le rimanenze cinquecentesche il distinto portale in marmo architravato e la caratteristica struttura del cortile angolare con un loggiato impreziosito da capitelli corinzi. Le decorazioni murali sono riferite alla cerchia di Andrea Ansaldo (1584-1638) su commissione della famiglia Cambiaso che acquistò il palazzo alla fine del XVI secolo.
Nella piccola sala teatrale, frutto della ricostruzione del dopoguerra, è proiettato The Dead (film installation, 35 mm, 21'), opera del 2000 nella quale Susan Philipsz esegue ripetutamente a cappella la ballata irlandese The Lass of Aughrim e trasferisce la registrazione su una pellicola di 35 mm. “Ho sentito questa canzone per la prima volta nel film di John Houston I morti, tratto dal racconto di James Joyce”, scrive l’artista. “Il punto di svolta della storia si ha quando la protagonista, apprestandosi a tornare a casa da una festa di Natale, sente qualcuno intonare la canzone. Il motivo ha su di lei un effetto devastante, catapultandola indietro nel tempo della sua giovinezza e facendole ricordare uno spasimante morto d’amore a causa sua”. Il film realizzato da Philipsz è privo d’immagine. La pellicola viene proiettata e nel tempo si deteriora evocando così la celebre immagine conclusiva del racconto, la neve che cade “su tutti i vivi e su tutti i morti”. Il riferimento alle origini del cinema sperimentale come fonte d’ispirazione è amplificato dall’uso odierno del palazzo come sala di proiezione e cantiere di produzione culturale di ricerca, gestito da un collettivo di sette associazioni unite dal profondo legame con il quartiere della Maddalena dove ha sede il palazzo.
6. Palazzo Nicolosio Lomellino
Edificato fra 1559 e il 1565 per volere di Nicolosio Lomellino nella prestigiosa Strada Nuova, il palazzo venne progettato da G.B. Castello detto il Bergamasco (1525? -1569) ed è situato in via Garibaldi 7. In facciata, una raffinata interpretazione del manierismo dispiega una festosa trama di motivi decorativi a stucco che alleggerisce la volumetria dell’edificio. Il cannocchiale prospettico creato dalla successione di atrio, androne e cortile inquadra con massimo effetto scenografico il ninfeo attribuito a Domenico Parodi (1672-1742), al di sopra del quale si intravedono le meraviglie del giardino che risale “in costa” la collina di Castelletto offrendo una molteplicità di vedute sulla facciata interna e sulla città. Animato da statue legate all’iconografia dionisiaca, il secondo livello del giardino terrazzato è delimitato da un muraglione sul cui versante occidentale, al termine di un pergolato settecentesco, si scopre un grotto ombroso al cui interno Adone dà la caccia ad un cinghiale.
In questo contesto viene inserito uno dei lavori più celebri di Susan Philipsz, The Lost Reflection (installazione sonora a due canali, 2'50"), realizzata nel 2007 in occasione della partecipazione dell’artista alla grande rassegna di scultura nello spazio pubblico, il Münster Skulptur Projekte. “Mi sono registrata mentre eseguivo la parte di soprano e di mezzo soprano della barcarola di Jacques Offenbach tratta da I racconti di Hoffmann”, scrive l’artista. “La mia voce era divisa fra due canali e le registrazioni interagivano l’una con l’altra dalle sponde del lago”. Il motivo ruota attorno alla figura di Giulietta raccontata nella favola La storia del riflesso perduto di E.T.A. Hoffmann nel 1815. La donna fa un patto con il diavolo e così perde il suo riflesso nel disperato tentativo di portare a sè l’amato. Numerosi sono nella storia i riferimenti alla cultura italiana (l’ambientazione è in una Venezia di gondolieri) e alle fantasie maschili sulla figura femminile della pittura di Rubens, Rembrandt e Callot. L’opera in origine collocata lungo le due sponde del lago Aasee della città tedesca, viene ripensata in relazione all’inquadratura di Genova che il giardino del palazzo offre e al rapporto tra artificio e natura, tra realtà e immaginazione che in tale contesto si instaura. Le due voci che si richiamano nel duetto sono inserite in questa quinta architettonica che si rivolge verso la città come davanti a uno specchio magico dove riflettere la propria immagine e i desideri più reconditi. Lo spettatore è immerso in questo dialogo tra passato e presente, tra spazio costruito e spazio immaginato; la ripresa della favola e della melodia assumono così nuovi significati in relazione al contesto spaziale e sociale nel quale vengono ricollocati.
7. Palazzo Ducale
Costruito alla fine del XIII secolo per volere dei Capitani del Popolo della potente Repubblica Marinara, Palazzo Ducale si staglia in piazza Matteotti, un tempo centro strategico della città medievale.
Dal 1339 è dimora del Doge di Genova, da cui la denominazione attuale. Il Palazzo viene rinnovato nel 1591 da Andrea Ceresola, detto il Vannone (attivo fra il 1575-1624), per rispondere alle esigenze di fasto e fortificazione della Repubblica Oligarchica. In seguito al rovinoso incendio del 1777, l’architetto Simone Cantoni (1739-1818) ricostruisce le parti danneggiate e la facciata su piazza Matteotti in stile neoclassico, mentre le “finte architetture” del prospetto su piazza De Ferrari sono dovute ad interventi del XIX e XX secolo. Sede del governo medioevale, carcere per prigionieri politici e personaggi illustri, fulcro istituzionale della Repubblica, Palazzo Ducale è rimasto nei secoli il palcoscenico degli eventi più solenni e drammatici della storia di Genova.
Nel Cortile Maggiore, che deve la sua austera imponenza al ritmo chiaroscurale del loggiato, echeggia The Internazionale (installazione sonora a un canale, 2'), opera del 1999 nella quale Susan Philipsz intona lo storico inno del movimento socialista. Il lavoro è stato presentato in contesti diversi quali la Manifesta 3 di Lubiana nel 2000. A Genova la cassa audio è collocata in corrispondenza dell’asse principale che attraversa i due cortili e l’atrio centrale del palazzo. La struttura minimalista – e singola – dello speaker diffonde il corpo sonoro “collettivo” dell’Internazionale, interpretata tuttavia dalla voce individuale e femminile dell’artista. L’installazione gioca così su una serie di opposizioni che riguardano tanto l’opera sonora (donna/uomo, individuo/gruppo, semplicità del dispositivo/ complessità del messaggio) tanto il contesto (palazzo del potere/centro per il tempo libero, la città operaia e industriale/ la sua conversione alle economie del turismo). L’opera mette così in discussione le logiche dell’organizzazione strutturale del palazzo tornando a considerarlo soprattutto il luogo della negoziazione tra politica e società civile.
Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce via Jacopo Ruffini 3, 16128 Genova telefono 010 580069/585772 staffmostre@comune.genova.it press: luisa.mazier@gmail.com facebook.com/Museo.VillaCroce.Genova www.villacroce.org ingresso gratuito
Visite guidate per tutto il percorso della durata di due ore.
Quota di adesione 80 euro per gruppo
Orario da giovedì a domenica 15.30-18.30 Altrove-Teatro della Maddalena giovedì 15.30-18.30 e su appuntamento
Contatti per la stampa
PCM Studio
Via Goldoni 38 | 20129 Milano
Paola C. Manfredi | paola.manfredi@paolamanfredi.com | M. +39 335 54 55 539
Per richieste immagini: press@paolamanfredi.com | Tel. +39 02 87286582
Susan Phlipsz – Follow Me
Genova, (Genova)