Saranno esposte una ventina di opere, appartenenti alle varie richerche condotte dall’artista durante gli anni ‘90. E’ una pittura figurativa, molto forte, appassionata, indaga i suoi personaggi nella loro quotidianità, fatta di gesti, di luoghi, di persone che sono sempre uguali, giorno dopo giorno: mentre vidimano il biglitto del metro, sedute all’interno di una carrozza ferroviaria, quando fanno il bagno, oppure all’interno dell’autovettura. Le persone non sono solo fatte di carne in loro si trova la sofferenza e l’ineguatezza del nostro “abitare” sulla terra. Hanno espressioni tristi, rassegnate, di chi sa già come andrà a finire la giornata odierna e quella di domani e domani l’altro. Non c’è spensieratezza, né allegria sui loro volti, neppure in luogo deputato allo svago come la piscina, i suoi personaggi sono disperatamente soli e inattivi.
La rassegna rimarrà aperta sino al 17 luglio 2004. Orari: da Mar. a Sab 10.30 –12.30 e 15.30 – 19.00. Chiuso domenica e lunedì.

Susanne Hay, nasce nel 1962 a Bad Mergentheim, in Germania. Compie i suoi primi studi all’Accademia di Stoccarda, avendo come maestro il professor Peter Grau. Nel 1983 si iscrive alla Ecole Nationale Supérieure des Beaux-Arts di Parigi, frequentando i corsi di pittura di Leonardo Cremonini, dove si diploma nel 1989. La sua prima mostra personale è del 1989 a Stoccarda, nel 1990 espone alla Galerie Eonnet-Dupuy di Parigi, nel 1991 alla Maison des Beaux-Arts di Parigi. Nel 1993 espone alla Galerie Phantom di Berlino, nel 1994 alla Galerie Tapiau di Parigi, nel 1995 espone alla Galleria Raymond Banas di Metz, nel 1997 alla Galleria Schloss Neuhaus di Salisburgo.
Vince nel 1985 il “Prix de Dessin” dell’ Ecole Nationale Supérieure des Beaux-Arts, nel 1987 il Portrait-preis paul-Louis Weiller, bissandolo nel 1996.

Scrive Francoise Kunzi nel saggio in catalogo:”La pittura di Susanne Hay è di quelle che interroga, che esplora la nostra coscienza e ci impone una riflessione. Ci parla, poiché parla di noi, di ciascuno nella sua quotidianità più banale ma che qui si rivela inquisitrice. Tutti i suoi personaggi sono una parte di noi che esploriamo, senza volerlo veramente, le profondità del nostro inconscio. Che sia in luoghi pubblici di passaggio come la metro, le cabine telefoniche o il bar di una stazione, o in spazi privati come il bagno, i suoi esserri sono rinchiusi nel loro mondo senza possibilità di comunicare con gli altri. Solo o accompagnato, ciascuno è di fronte a se stesso, in un’introspezione che il quadro ci rimanda come uno specchio.”