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Symbolica. Alcuni aspetti del simbolismo nell’arte contemporanea
Sostanzialmente, nella mostra pietrasantine sono presentate cinque maniere differenti di “simboleggiare”, cioè di “ricomposizione di un intero”, come vuole l’etimologia della parola, quell’intero che rappresenta l’uomo depositario di dilanianti contraddizioni ed interprete del mondo che lo circonda e lo pervade.
Comunicato stampa
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Comunicato Stampa
Si intitola “SIMBOLICA. ALCUNI ASPETTI DEL SIMBOLISMO NELL’ARTE CONTEM-PORANEA” la mostra curata da Giampaolo Trotta e promossa dallo STUDIO D'ARTE RIOTTO. Cinque sono gli artisti che propone e Pietrasanta è la bellissima città che le ospita, a partire dal 24 gennaio, a due passi dal famosissimo centro storico, con la cattedrale medievale di San Martino e la piazza, sede di importanti mostre tempora-nee di scultura e di arte contemporanea. La manifestazione è organizzata dallo Stu-dio d’Arte Riotto in collaborazione e con il patrocinio del Comune di Pietrasanta.
Gli artisti proposti, come si è detto, sono cinque: CRISTIANO ARCADI, DANIELE CASTAGNOLI, LUCA DI CASTRI, IGNAZIO FRESU, PAOLO LANTIERI.
La cittadina, patria di Giosuè Carducci e di Eugenio Barsanti (inventore del motore a scoppio), ospita illustri artisti come Fernando Botero e Igor Mitoraj e con questa manifestazione vuole continuare a promuovere eventi di qualità, coerentemente con il suo illustre passato.
*****
La parola ‘simbolo’ deriva dal latino symbolum (symbolica: le cose simboliche, concernenti l’universo variegato del simbolismo) e, a sua volta, dal greco súmbolon, cioè nel significato di “mettere insieme” due parti distinte. Dopo le importanti connotazioni simboliche che si ebbero nell’arte medioevale e poi in quelle umanistico-rinascimentale, barocca e del periodo illuminista-neoclassico, Il Simbolismo contrassegnò il movimento artistico-letterario di origini francesi, nato alla fine dell’Ottocento, convinto che la pittura dovesse rappresentare in maniera semplice e facilmente accessibile idee e stati d'animo, piuttosto che esprimere il mondo oggettivamente visibile, superando la pura visività dell'Impressionismo in senso spiritualistico. In psicoanalisi, Freud aveva assimilato il concetto di simbolo a quello di segno, ma poi Jung lo aveva caratterizzato per la sua componente analogica e non convenzionale (aliquid pro aliquo), come, invece, è, ad esempio, il segno nella scrittura.
Sostanzialmente, nella mostra pietrasantine sono presentate cinque maniere differenti di “simboleggiare”, cioè di “ricomposizione di un intero”, come vuole l’etimologia della parola, quell’intero che rappresenta l’uomo depositario di dilanianti contraddizioni ed interprete del mondo che lo circonda e lo pervade.
Passeremo, dunque, attraverso il simbolismo metafisico, ‘assurdo’ ed illusionistico di Cri-stiano Arcadi, qualificato da una sapiente tecnica di matrice annigoniana che si traduce in tematiche talvolta dechirichiane, immerse nel silenzio. Improbabili ‘equilibri’ di tronchi, corde, uva e ciliegie in nature morte oniriche, dalle reminiscenze surrealiste di Salvador Dalì, creano impalcature ‘architettoniche’ precarie entro solarità di paesaggi assoluti ed astrattamente monocromi, a simboleggiare fragili costrutti psicologici interiori. Donne schematizzate, dal topos femminile rinascimentale – rese in uno stile quasi da illustratore e dalle tonalità assolute, fredde, ambigue e antisentimentali, quali quelle del sogno – visitano lineari ed asettici ambienti razionalistici moderni intrisi di citazioni magrittiane, contemporaneamente alla ricerca delle proprie ‘stanze dell’anima’ e alla scoperta dei misteri dell’universo. Il suo surrealismo è, dunque, una sapiente contaminatio fra lucido disincanto sui misteri della realtà che lo circonda ed il sogno con le sue pulsioni inconsce.
Giungeremo alle plastiche contorsioni di ferro e di fuoco, alle limpide e guizzanti schegge dinamiche di luce e di colore di Daniele Castagnoli. Partendo e basandosi su una solida preparazione e tradizione ‘artigiana’, Castagnoli ha saputo piegare metalli e vetro alla sua fantasmagorica immaginazione creatrice, giustapponendo ed incastrando nel ferro stesso schegge di materia fatta di ‘aria’, vale a dire, spezzoni di lastre di vetro, tinte – o meglio macchiate – di colori primari, ‘feriti’ e trapassati dalla luce. Più recentemente, con fare ‘di-sinibito’ e spregiudicatamente artistico, ha introdotto il principio oscillatorio in alcune parti, privando la scultura della sua staticità e giungendo a risultati di forte impatto formale e semantico. Lamiere tagliate e tranciate richiamano immagini tratte dal ricordo o dalla cro-naca e nelle sue sculture, deformate nella figurazione quasi come in un surreale riflesso nell’acqua, ritroviamo la simbologia travolgente di chi non vuole soggiacere alle ipocrisie e alle infamie del mondo.
Ci soffermeremo di fronte alle complesse e ‘semplici’, meditate ed ‘istintive’ tele di Luca Di Castri, nelle quali il simbolismo si esplica mediante l’uso parziale del colore entro impaginati a bianco e nero, resi con tecnica ineccepibile. Il colore accende solo alcuni e-lementi, che la memoria, il sogno o l’inconscio portano alla ribalta e focalizzano. Visioni talvolta algide, come desunte da un underground popolato da uomini-manichini dalle reminiscenze di un universo culturale tedesco prebellico. Metamorfosi che annullano donne nella natura, simulacri di soffusa sensualità e sessualità, estetizzanti richiami boekliniani rimangono codici semantici e semiologici sospesi tra l’onirico pulsante freudiano e la più lata psicoanalisi junghiana, dove la libido diviene energia psichica in generale, motore di ogni manifestazione umana. Simboli analogici che si fanno allegorie ovattate, comunicanti più che i concetti le emozioni psichiche; ambientazioni raffinate, dove la pittura riconquista tutto il suo originario spazio e la sua valenza narrante.
Poi le istallazioni ‘rugginose’, frammenti monumentali alla deriva di misteriosi archeologi-smi tecnologici, di Ignazio Fresu, nei quali un tecnicismo ammaliante trasforma residui industriali e di imballaggi effimeri in fantascientifici portali, architetture, colonnati, reticoli tubolari dalle reminiscenze classiche, precolombiane e protoindustriali. Equilibri ancora una volta precari, messaggeri di profonde e criptiche concettualità cosmiche, superfici dilavate dal tempo e corrose sotto gli agenti meteorici che disvelano pensieri escatologici entro panorami scenici dalle sonorità corali e coinvolgenti. Simbologia mediata attraverso l’apparenza delle cose, simbologia del divenire attraverso la metamorfosi, la mutazione che mantiene come costante universale dell’esistenza la sublimazione poliedrica del Bello. “Divenire – sostiene l’artista – s'impone come la sostanza stessa dell'Essere, che a sua volta ci appare come il rinnovarsi di un ente che prima mancava di una caratteristica e in seguito l'acquista diventando forma”.
Infine, Paolo Lantieri ci presenta i suoi quadri, che, mediante una figurazione latamente squillantiniana, sono viatici di simbologie arcaiche, mitiche, bibliche, atemporali, entro co-strutti scenici sintetizzati che trasformano le tele e le tavole in allegorie moderne ed esi-stenziali dalle reminiscenze antiche e classiche, rese per tonalità cromatiche assolute e neoespressioniste, per spatolate grumosamente materiche, dove l’impalcato delle figure mantiene richiami grafici al Futurismo ed al Cubismo. Le sue opere, che rivelano la matri-ce grafica del disegno propria dell’artista (anche architetto), sono spesso rivisitazioni gio-cosamente ironiche di opere del passato (si osservi il frequente richiamo al vestiario fem-minile prebellico). L’ironia espressionista di Lantieri si dispiega con vigore nella rappresentazione dei più caratterizzati ‘tipi’ dalle forme anatomiche esasperate e talvolta, come nelle opere qui esposte, si riveste di simboli ‘eterni’, come la mela biblica, la nave, la lanterna, la maschera, il libro, il cane, la sfera, i pesci, il fiore, la moneta delle vecchie cinque lire italiane.
Un viaggio intrigante attraverso la realtà e i suoi simulacri significanti.
Giampaolo Trotta
Si intitola “SIMBOLICA. ALCUNI ASPETTI DEL SIMBOLISMO NELL’ARTE CONTEM-PORANEA” la mostra curata da Giampaolo Trotta e promossa dallo STUDIO D'ARTE RIOTTO. Cinque sono gli artisti che propone e Pietrasanta è la bellissima città che le ospita, a partire dal 24 gennaio, a due passi dal famosissimo centro storico, con la cattedrale medievale di San Martino e la piazza, sede di importanti mostre tempora-nee di scultura e di arte contemporanea. La manifestazione è organizzata dallo Stu-dio d’Arte Riotto in collaborazione e con il patrocinio del Comune di Pietrasanta.
Gli artisti proposti, come si è detto, sono cinque: CRISTIANO ARCADI, DANIELE CASTAGNOLI, LUCA DI CASTRI, IGNAZIO FRESU, PAOLO LANTIERI.
La cittadina, patria di Giosuè Carducci e di Eugenio Barsanti (inventore del motore a scoppio), ospita illustri artisti come Fernando Botero e Igor Mitoraj e con questa manifestazione vuole continuare a promuovere eventi di qualità, coerentemente con il suo illustre passato.
*****
La parola ‘simbolo’ deriva dal latino symbolum (symbolica: le cose simboliche, concernenti l’universo variegato del simbolismo) e, a sua volta, dal greco súmbolon, cioè nel significato di “mettere insieme” due parti distinte. Dopo le importanti connotazioni simboliche che si ebbero nell’arte medioevale e poi in quelle umanistico-rinascimentale, barocca e del periodo illuminista-neoclassico, Il Simbolismo contrassegnò il movimento artistico-letterario di origini francesi, nato alla fine dell’Ottocento, convinto che la pittura dovesse rappresentare in maniera semplice e facilmente accessibile idee e stati d'animo, piuttosto che esprimere il mondo oggettivamente visibile, superando la pura visività dell'Impressionismo in senso spiritualistico. In psicoanalisi, Freud aveva assimilato il concetto di simbolo a quello di segno, ma poi Jung lo aveva caratterizzato per la sua componente analogica e non convenzionale (aliquid pro aliquo), come, invece, è, ad esempio, il segno nella scrittura.
Sostanzialmente, nella mostra pietrasantine sono presentate cinque maniere differenti di “simboleggiare”, cioè di “ricomposizione di un intero”, come vuole l’etimologia della parola, quell’intero che rappresenta l’uomo depositario di dilanianti contraddizioni ed interprete del mondo che lo circonda e lo pervade.
Passeremo, dunque, attraverso il simbolismo metafisico, ‘assurdo’ ed illusionistico di Cri-stiano Arcadi, qualificato da una sapiente tecnica di matrice annigoniana che si traduce in tematiche talvolta dechirichiane, immerse nel silenzio. Improbabili ‘equilibri’ di tronchi, corde, uva e ciliegie in nature morte oniriche, dalle reminiscenze surrealiste di Salvador Dalì, creano impalcature ‘architettoniche’ precarie entro solarità di paesaggi assoluti ed astrattamente monocromi, a simboleggiare fragili costrutti psicologici interiori. Donne schematizzate, dal topos femminile rinascimentale – rese in uno stile quasi da illustratore e dalle tonalità assolute, fredde, ambigue e antisentimentali, quali quelle del sogno – visitano lineari ed asettici ambienti razionalistici moderni intrisi di citazioni magrittiane, contemporaneamente alla ricerca delle proprie ‘stanze dell’anima’ e alla scoperta dei misteri dell’universo. Il suo surrealismo è, dunque, una sapiente contaminatio fra lucido disincanto sui misteri della realtà che lo circonda ed il sogno con le sue pulsioni inconsce.
Giungeremo alle plastiche contorsioni di ferro e di fuoco, alle limpide e guizzanti schegge dinamiche di luce e di colore di Daniele Castagnoli. Partendo e basandosi su una solida preparazione e tradizione ‘artigiana’, Castagnoli ha saputo piegare metalli e vetro alla sua fantasmagorica immaginazione creatrice, giustapponendo ed incastrando nel ferro stesso schegge di materia fatta di ‘aria’, vale a dire, spezzoni di lastre di vetro, tinte – o meglio macchiate – di colori primari, ‘feriti’ e trapassati dalla luce. Più recentemente, con fare ‘di-sinibito’ e spregiudicatamente artistico, ha introdotto il principio oscillatorio in alcune parti, privando la scultura della sua staticità e giungendo a risultati di forte impatto formale e semantico. Lamiere tagliate e tranciate richiamano immagini tratte dal ricordo o dalla cro-naca e nelle sue sculture, deformate nella figurazione quasi come in un surreale riflesso nell’acqua, ritroviamo la simbologia travolgente di chi non vuole soggiacere alle ipocrisie e alle infamie del mondo.
Ci soffermeremo di fronte alle complesse e ‘semplici’, meditate ed ‘istintive’ tele di Luca Di Castri, nelle quali il simbolismo si esplica mediante l’uso parziale del colore entro impaginati a bianco e nero, resi con tecnica ineccepibile. Il colore accende solo alcuni e-lementi, che la memoria, il sogno o l’inconscio portano alla ribalta e focalizzano. Visioni talvolta algide, come desunte da un underground popolato da uomini-manichini dalle reminiscenze di un universo culturale tedesco prebellico. Metamorfosi che annullano donne nella natura, simulacri di soffusa sensualità e sessualità, estetizzanti richiami boekliniani rimangono codici semantici e semiologici sospesi tra l’onirico pulsante freudiano e la più lata psicoanalisi junghiana, dove la libido diviene energia psichica in generale, motore di ogni manifestazione umana. Simboli analogici che si fanno allegorie ovattate, comunicanti più che i concetti le emozioni psichiche; ambientazioni raffinate, dove la pittura riconquista tutto il suo originario spazio e la sua valenza narrante.
Poi le istallazioni ‘rugginose’, frammenti monumentali alla deriva di misteriosi archeologi-smi tecnologici, di Ignazio Fresu, nei quali un tecnicismo ammaliante trasforma residui industriali e di imballaggi effimeri in fantascientifici portali, architetture, colonnati, reticoli tubolari dalle reminiscenze classiche, precolombiane e protoindustriali. Equilibri ancora una volta precari, messaggeri di profonde e criptiche concettualità cosmiche, superfici dilavate dal tempo e corrose sotto gli agenti meteorici che disvelano pensieri escatologici entro panorami scenici dalle sonorità corali e coinvolgenti. Simbologia mediata attraverso l’apparenza delle cose, simbologia del divenire attraverso la metamorfosi, la mutazione che mantiene come costante universale dell’esistenza la sublimazione poliedrica del Bello. “Divenire – sostiene l’artista – s'impone come la sostanza stessa dell'Essere, che a sua volta ci appare come il rinnovarsi di un ente che prima mancava di una caratteristica e in seguito l'acquista diventando forma”.
Infine, Paolo Lantieri ci presenta i suoi quadri, che, mediante una figurazione latamente squillantiniana, sono viatici di simbologie arcaiche, mitiche, bibliche, atemporali, entro co-strutti scenici sintetizzati che trasformano le tele e le tavole in allegorie moderne ed esi-stenziali dalle reminiscenze antiche e classiche, rese per tonalità cromatiche assolute e neoespressioniste, per spatolate grumosamente materiche, dove l’impalcato delle figure mantiene richiami grafici al Futurismo ed al Cubismo. Le sue opere, che rivelano la matri-ce grafica del disegno propria dell’artista (anche architetto), sono spesso rivisitazioni gio-cosamente ironiche di opere del passato (si osservi il frequente richiamo al vestiario fem-minile prebellico). L’ironia espressionista di Lantieri si dispiega con vigore nella rappresentazione dei più caratterizzati ‘tipi’ dalle forme anatomiche esasperate e talvolta, come nelle opere qui esposte, si riveste di simboli ‘eterni’, come la mela biblica, la nave, la lanterna, la maschera, il libro, il cane, la sfera, i pesci, il fiore, la moneta delle vecchie cinque lire italiane.
Un viaggio intrigante attraverso la realtà e i suoi simulacri significanti.
Giampaolo Trotta
24
gennaio 2009
Symbolica. Alcuni aspetti del simbolismo nell’arte contemporanea
Dal 24 gennaio all'otto febbraio 2009
arte contemporanea
Location
STUDIO D’ARTE EUGENIO RIOTTO
Pietrasanta, Viale Guglielmo Oberdan, 24, (Lucca)
Pietrasanta, Viale Guglielmo Oberdan, 24, (Lucca)
Orario di apertura
Tutti i giorni, dalle ore 16 alle 20
Vernissage
24 Gennaio 2009, ore 17,30
Autore
Curatore