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Tano D’Amico – Al tempo di Comiso
Comiso, i missili Cruise e la Sicilia del 1982 nella Caltagirone del 2013; una mostra e un ritorno al Sud – dalla Sicilia (e per la Sicilia) e ritorno – un reportage di Tano D’AMICO che torna a “vivere” la Storia dove, e mentre, semplicemente accade.
Comunicato stampa
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La Galleria Fotografica Luigi Ghirri di Caltagirone CT,
e un protagonista d’eccezione della fotografia di reportage – Tano D’AMICO –, uno di quegli autori che quasi istintivamente cercano, trovano e incontrano la Storia nei luoghi, e mentre, questa spontaneamente accade, una Storia che sempre più rapidamente si fissa in veloci sequenze declinate al passato, un passato che, a sua volta, in un battere d’agenzia torna prepotentemente alla ribalta. Corsi e ricorsi storici battono il tempo in un ritmo ove la memoria visiva confonde ambiguamente le nostre coordinate spazio temporali mentre il quotidiano registra la pericolosa assuefazione a questa sorta di presente trasversale: i fatti, la cronaca cruda e gli accadimenti umani transitano velocemente; il reale si fa virtuale e la Storia – che in ogni istante accade e si compie – arde e si brucia per rigenerarsi come il contrappasso di un ritorno di battigia.
In questo flusso diacronico, le immagini rubano la scena a tutto destabilizzando la memoria e imponendosi esse stesse come “prova dei fatti”, proprio come è dato di vedere in questa bella mostra ospite alla Galleria GHIRRI, ottime stampe dagli scatti di un maestro siciliano della fotografia, quel Tano D’AMICO che a Roma – e da lì al mondo e alla Storia – ci guida per l’appunto nel nostro passato prossimo, remoto e presente al tempo stesso: il 1982 è appena ieri, Comiso è lì dietro l’angolo, la Sicilia è tutta qui intorno a noi, ci avvolge letteralmente … eppure, quei fatti, quegli uomini che li hanno vissuti o molto più prosaicamente visti o distrattamente ignorati appartengono inesorabilmente ad una dimensione altra rispetto al nostro presente.
Ma poi … è realmente così? In fondo, a pensarci, non basta semplicemente un corteo di precari a Palermo, uno sbarco di disperati nel porto di Catania, un naufragio in diretta a Lampedusa, uno sciopero operaio a Termini Imerese o un pacifista a braccetto della mamma arrabbiata in rotta sul M.U.O.S. di Niscemi per resettare l’orologio sincronico della Storia e delle nostre vite e destabilizzare, azzerandole, le rade certezze che ancora ci reggono? Non basta proprio il fulmineo scatto di un click fotografico per tornare al presente?
Il buon Tano D’AMICO ce lo insegna e noi lo ringraziamo.
Sebastiano FAVITTA e Attilio GERBINO
Galleria Fotografica Luigi GHIRRI
Caltagirone, ottobre 2013
Frugando nelle ombre del passato prossimo
E se credete ora
che tutto sia come prima
perché avete votato ancora
la sicurezza, la disciplina,
convinti di allontanare
la paura di cambiare
verremo ancora alle vostre porte
e grideremo ancora più forte
per quanto voi vi crediate assolti
siete per sempre coinvolti,
per quanto voi vi crediate assolti
siete per sempre coinvolti.
Fabrizio DE ANDRÈ, Canzone del maggio, 1973
Cantautore italiano (1940 – 1999)
Romanzo fotografico, questa mostra di Tano D’AMICO, che non usa parole ma solo la forza delle immagini, e ci racconta una storia d’Italia in bianco e nero. L’Italia narrata da queste fotografie coincide con la mia giovinezza anni Ottanta: la ritrovo nel taglio dei capelli dei giovani protagonisti, nei loro abiti, ma soprattutto nei miei ricordi visivi, quelli dei telegiornali della sera che raccontavano cosa stava accadendo in quel tempo in molte città d’Italia, dagli anni Settanta in poi. Era forte la speranza di potere cambiare il mondo, di contestare ciò che non si voleva, di lottare in nome di una politica onesta.
Sono passati più di trent’anni, la storia amara dell’Italia e del mondo di oggi – o forse la giovinezza che se ne è andata – potrebbero suggerire una visione buia e la cancellazione di ogni speranza. E invece questa fede nella volontà di cambiamento c’è ancora, sopravvive a ogni ingiuria, alle sciagure capitate da quegli anni lontani fino a noi.
La battaglia d’Istanbul in difesa di seicento alberi,
novecento arresti, mille feriti,
quattro accecati per sempre,
la battaglia d’Istanbul è per gli innamorati a passeggio
sui viali,
per i pensionati, per i cani,
per le radici, la linfa, i nidi sui rami,
per l’ombra d’estate e le tovaglie stese
coi cestini e i bambini,
la battaglia d’Istanbul
è per allargare il respiro.
Erri DE LUCA, La battaglia d’Istanbul, 2013
Scrittore, traduttore e poeta italiano (1950)
La forza di sapere opporre un no, la composta fermezza che animava i dimostranti di Comiso è la medesima che rivive oggi, quando in molte città d’Italia si manifesta pacificamente per lottare comunque in nome di un cambiamento. Spesso spunta la violenza, nelle manifestazioni di piazza. Lo abbiamo visto a Genova nel 2001, lo vediamo talora durante alcune manifestazioni anti Tav, nelle proteste di chi non ha più un lavoro e smarrisce ogni prospettiva futura. Crescono l’ansia, l’amarezza verso i tanti lati oscuri di un mondo che non cambia, alla fine. La speranza si affievolisce e lascia posto alla rabbia, allo scontento.
Ci sono alcune fotografie, in questi scatti di Tano D’AMICO, che hanno evocato alla mia memoria le pagine scritte da Giovanni VERGA nella novella Libertà. Mi sono interrogata sul perché, visto il paradosso intrinseco di appaiare la storia di una rivolta popolare, culminata nel sangue, con una manifestazione di pace. Forse sento vibrare in questi volti ritratti da Tano D’AMICO la stessa fiera indignazione verso i soprusi, il desiderio di unirsi per combattere, la capacità di prendersi per mano e lottare per un obiettivo comune.
Apprezzo le fotografie di questo Autore non solo per ciò che vogliono testimoniare: mi piace di esse la cifra stilistica scabra, la scelta del bianco e nero, le didascalie scritte a mano. Nella sottile cornice bianca, in quella grafia nervosa che contestualizza e storicizza la testimonianza iconografica, Tano D’AMICO si sovrappone all’immagine, la sigla, la rende unica, firma un frammento di Storia.
L’oggi di cui siamo protagonisti è il frutto delle molte battaglie combattute da chi ha vissuto prima di noi. Le storie, scritte di parole o di immagini, sono le uniche a raccontarci il passato, a dare un senso al nostro presente. Un grazie a Tano D’AMICO per questa mostra e per la sua opera, che ha saputo coltivare con maestria e sensibilità il sentimento della memoria, fissando nelle sue immagini luci e ombre di ricordi che appartengono a tutti.
Oggi noi viviamo in un nuovissimo regno,
E l'ordito delle circostanze avviluppa il nostro corpo
Bagna il nostro corpo in un alone di gioia.
Ciò che talvolta agli uomini d'un tempo capitò
d'intuire grazie alla musica
Noi lo realizziamo ogni giorno nella realtà pratica.
Ciò che per essi era campo dell'inaccessibile e dell'assoluto
Per noi è cosa semplicissima e ben nota.
Eppure, quegli uomini non li disprezziamo;
Noi sappiamo di dover molto ai loro sogni,
Sappiamo che non saremmo nulla senza l'ordito di
dolore e gioia di cui è fatta la loro storia,
Sappiamo che quando attraversavano l'odio e la paura,
quando si urtavano nel buio
Quando, poco a poco, tracciavano la propria storia
In sé recavano la nostra immagine.
Noi sappiamo che non sarebbero mai stati né mai
avrebbero potuto essere, se nel profondo di sé non
avessero nutrito questa speranza,
Sappiamo che senza il loro sogno non sarebbero
riusciti neppure a esistere.
Michel HOUELLEBECQ, pseudonimo di Michel Thomas,1999
Scrittore, saggista, poeta, regista e sceneggiatore francese (1956)
Marina BENEDETTO
Galleria Fotografica Luigi GHIRRI
Savona, ottobre 2013
“Spes contra spem”
Ma davvero si fotografava così negli anni Ottanta oppure Tano D’AMICO ed i suoi compagni di cordata erano i soli ancora capaci di questo concreto quanto rivoluzionario umanesimo?
Le immagini ci parlano e ci riportano al tempo dei missili a Comiso e sono ancora emblematiche di un certo modo di incontrare l’evento e, nelle pieghe dell’evento, la Storia. Quella Storia che qui e adesso voglio scrivere con il carattere maiuscolo proprio per ricollegarmi idealmente all’opera della MORANTE laddove, nell’introduzione, citando il Vangelo, l’autrice ringrazia il Padre per aver voluto rivelare queste cose ai piccoli.
Che cosa aveva rivelato? Cosa si era rivelato? E chi erano i piccoli?
Aveva rivelato la logica insofferenza per la tracotanza di chi non vuole ascoltare e vedere; l’indifferenza verso le persone di buona volontà risolute a non parlare più con segni di guerra; la necessità di propugnare un forte ed armonioso dialogo piuttosto che il complice e rassegnato silenzio.
Quest’autentica dottrina rivoluzionaria, queste parole di lotta e di liberazione in quegli anni erano nella bocca di persone che su questa Sicilia riponevano ancora una speranza di rinascita e di nuova vita: erano donne e uomini vestiti della loro quotidianità e dei loro sorrisi e che ai manganelli ed alle catene rispondevano con una catena di mani strette nella risoluzione di credere, “spes contra spem”, sempre alla pace e mai alla guerra. Erano giovani e soprattutto donne che non volevano rassegnarsi a non avere un futuro di cittadini ma confidavano di divenire protagonisti di un vivere comune.
A Comiso, FIUME e BUFALINO avevano insegnato, arti e lettere; avevano depositato nella mente e negli occhi segni ed immagini costruiti con i suoni ed i colori della libertà. Ma i vecchi artisti erano divenuti scettici quando un vecchio aeroporto militare, che turbava ancora i loro ricordi giovanili, dopo tanti anni di giusto abbandono, era divenuto improvvisamente l’avamposto di una rappresaglia nucleare che ci avrebbe spediti tutti fuori dal tempo. In quegli anni, prima che convenissero in Sicilia i rappresentanti della speranza e della caritatevole speranza, uomini semplici, come fili d’erba sui sentieri della vita, cominciarono a porsi delle domande e a scrivere delle risposte per non perdere la riflessione: e cominciarono a guardare, cioè a fare la guardia.
In mezzo a loro c’era Tano, sempre pronto a raccogliere quella coraggiosa risposta fatta di dignità e di rispetto per la comune umanità; ma l’obiettivo di Tano non cercava la necessità del coraggio, né il pensiero eroico; meno che mai la sopraffazione della politica. Incontrava donne siciliane simili a tutte le donne del mondo, giovani volti mediterranei che potevi incontrare in Grecia come a Cuba, e gesti e sorrisi che non potevano essere destinati all’archivio del giornalismo estetico d’autore ma andavano a costruire una memoria ed un presente che occorreva conservare e costruire come luogo etico dell’ascolto e dell’accoglienza. Pertanto, Comiso, Caltagirone, la Sicilia, non ci appaiono come i paesaggi dell’irredimibile, del trasformismo o del lutto di questa terra, ma, fondamentalmente, come i luoghi dove l’immagine della Storia è stata resa possibile da raccontare. “Senza acqua e senza semi, eppure è apparso un esile filo verde nel vaso davanti alle sbarre della finestra: son sicuro che non è erba ma sarà un fiore”.
Pippo PAPPALARDO
per la Galleria Fotografica Luigi GHIRRI
Catania, ottobre 2013
e un protagonista d’eccezione della fotografia di reportage – Tano D’AMICO –, uno di quegli autori che quasi istintivamente cercano, trovano e incontrano la Storia nei luoghi, e mentre, questa spontaneamente accade, una Storia che sempre più rapidamente si fissa in veloci sequenze declinate al passato, un passato che, a sua volta, in un battere d’agenzia torna prepotentemente alla ribalta. Corsi e ricorsi storici battono il tempo in un ritmo ove la memoria visiva confonde ambiguamente le nostre coordinate spazio temporali mentre il quotidiano registra la pericolosa assuefazione a questa sorta di presente trasversale: i fatti, la cronaca cruda e gli accadimenti umani transitano velocemente; il reale si fa virtuale e la Storia – che in ogni istante accade e si compie – arde e si brucia per rigenerarsi come il contrappasso di un ritorno di battigia.
In questo flusso diacronico, le immagini rubano la scena a tutto destabilizzando la memoria e imponendosi esse stesse come “prova dei fatti”, proprio come è dato di vedere in questa bella mostra ospite alla Galleria GHIRRI, ottime stampe dagli scatti di un maestro siciliano della fotografia, quel Tano D’AMICO che a Roma – e da lì al mondo e alla Storia – ci guida per l’appunto nel nostro passato prossimo, remoto e presente al tempo stesso: il 1982 è appena ieri, Comiso è lì dietro l’angolo, la Sicilia è tutta qui intorno a noi, ci avvolge letteralmente … eppure, quei fatti, quegli uomini che li hanno vissuti o molto più prosaicamente visti o distrattamente ignorati appartengono inesorabilmente ad una dimensione altra rispetto al nostro presente.
Ma poi … è realmente così? In fondo, a pensarci, non basta semplicemente un corteo di precari a Palermo, uno sbarco di disperati nel porto di Catania, un naufragio in diretta a Lampedusa, uno sciopero operaio a Termini Imerese o un pacifista a braccetto della mamma arrabbiata in rotta sul M.U.O.S. di Niscemi per resettare l’orologio sincronico della Storia e delle nostre vite e destabilizzare, azzerandole, le rade certezze che ancora ci reggono? Non basta proprio il fulmineo scatto di un click fotografico per tornare al presente?
Il buon Tano D’AMICO ce lo insegna e noi lo ringraziamo.
Sebastiano FAVITTA e Attilio GERBINO
Galleria Fotografica Luigi GHIRRI
Caltagirone, ottobre 2013
Frugando nelle ombre del passato prossimo
E se credete ora
che tutto sia come prima
perché avete votato ancora
la sicurezza, la disciplina,
convinti di allontanare
la paura di cambiare
verremo ancora alle vostre porte
e grideremo ancora più forte
per quanto voi vi crediate assolti
siete per sempre coinvolti,
per quanto voi vi crediate assolti
siete per sempre coinvolti.
Fabrizio DE ANDRÈ, Canzone del maggio, 1973
Cantautore italiano (1940 – 1999)
Romanzo fotografico, questa mostra di Tano D’AMICO, che non usa parole ma solo la forza delle immagini, e ci racconta una storia d’Italia in bianco e nero. L’Italia narrata da queste fotografie coincide con la mia giovinezza anni Ottanta: la ritrovo nel taglio dei capelli dei giovani protagonisti, nei loro abiti, ma soprattutto nei miei ricordi visivi, quelli dei telegiornali della sera che raccontavano cosa stava accadendo in quel tempo in molte città d’Italia, dagli anni Settanta in poi. Era forte la speranza di potere cambiare il mondo, di contestare ciò che non si voleva, di lottare in nome di una politica onesta.
Sono passati più di trent’anni, la storia amara dell’Italia e del mondo di oggi – o forse la giovinezza che se ne è andata – potrebbero suggerire una visione buia e la cancellazione di ogni speranza. E invece questa fede nella volontà di cambiamento c’è ancora, sopravvive a ogni ingiuria, alle sciagure capitate da quegli anni lontani fino a noi.
La battaglia d’Istanbul in difesa di seicento alberi,
novecento arresti, mille feriti,
quattro accecati per sempre,
la battaglia d’Istanbul è per gli innamorati a passeggio
sui viali,
per i pensionati, per i cani,
per le radici, la linfa, i nidi sui rami,
per l’ombra d’estate e le tovaglie stese
coi cestini e i bambini,
la battaglia d’Istanbul
è per allargare il respiro.
Erri DE LUCA, La battaglia d’Istanbul, 2013
Scrittore, traduttore e poeta italiano (1950)
La forza di sapere opporre un no, la composta fermezza che animava i dimostranti di Comiso è la medesima che rivive oggi, quando in molte città d’Italia si manifesta pacificamente per lottare comunque in nome di un cambiamento. Spesso spunta la violenza, nelle manifestazioni di piazza. Lo abbiamo visto a Genova nel 2001, lo vediamo talora durante alcune manifestazioni anti Tav, nelle proteste di chi non ha più un lavoro e smarrisce ogni prospettiva futura. Crescono l’ansia, l’amarezza verso i tanti lati oscuri di un mondo che non cambia, alla fine. La speranza si affievolisce e lascia posto alla rabbia, allo scontento.
Ci sono alcune fotografie, in questi scatti di Tano D’AMICO, che hanno evocato alla mia memoria le pagine scritte da Giovanni VERGA nella novella Libertà. Mi sono interrogata sul perché, visto il paradosso intrinseco di appaiare la storia di una rivolta popolare, culminata nel sangue, con una manifestazione di pace. Forse sento vibrare in questi volti ritratti da Tano D’AMICO la stessa fiera indignazione verso i soprusi, il desiderio di unirsi per combattere, la capacità di prendersi per mano e lottare per un obiettivo comune.
Apprezzo le fotografie di questo Autore non solo per ciò che vogliono testimoniare: mi piace di esse la cifra stilistica scabra, la scelta del bianco e nero, le didascalie scritte a mano. Nella sottile cornice bianca, in quella grafia nervosa che contestualizza e storicizza la testimonianza iconografica, Tano D’AMICO si sovrappone all’immagine, la sigla, la rende unica, firma un frammento di Storia.
L’oggi di cui siamo protagonisti è il frutto delle molte battaglie combattute da chi ha vissuto prima di noi. Le storie, scritte di parole o di immagini, sono le uniche a raccontarci il passato, a dare un senso al nostro presente. Un grazie a Tano D’AMICO per questa mostra e per la sua opera, che ha saputo coltivare con maestria e sensibilità il sentimento della memoria, fissando nelle sue immagini luci e ombre di ricordi che appartengono a tutti.
Oggi noi viviamo in un nuovissimo regno,
E l'ordito delle circostanze avviluppa il nostro corpo
Bagna il nostro corpo in un alone di gioia.
Ciò che talvolta agli uomini d'un tempo capitò
d'intuire grazie alla musica
Noi lo realizziamo ogni giorno nella realtà pratica.
Ciò che per essi era campo dell'inaccessibile e dell'assoluto
Per noi è cosa semplicissima e ben nota.
Eppure, quegli uomini non li disprezziamo;
Noi sappiamo di dover molto ai loro sogni,
Sappiamo che non saremmo nulla senza l'ordito di
dolore e gioia di cui è fatta la loro storia,
Sappiamo che quando attraversavano l'odio e la paura,
quando si urtavano nel buio
Quando, poco a poco, tracciavano la propria storia
In sé recavano la nostra immagine.
Noi sappiamo che non sarebbero mai stati né mai
avrebbero potuto essere, se nel profondo di sé non
avessero nutrito questa speranza,
Sappiamo che senza il loro sogno non sarebbero
riusciti neppure a esistere.
Michel HOUELLEBECQ, pseudonimo di Michel Thomas,1999
Scrittore, saggista, poeta, regista e sceneggiatore francese (1956)
Marina BENEDETTO
Galleria Fotografica Luigi GHIRRI
Savona, ottobre 2013
“Spes contra spem”
Ma davvero si fotografava così negli anni Ottanta oppure Tano D’AMICO ed i suoi compagni di cordata erano i soli ancora capaci di questo concreto quanto rivoluzionario umanesimo?
Le immagini ci parlano e ci riportano al tempo dei missili a Comiso e sono ancora emblematiche di un certo modo di incontrare l’evento e, nelle pieghe dell’evento, la Storia. Quella Storia che qui e adesso voglio scrivere con il carattere maiuscolo proprio per ricollegarmi idealmente all’opera della MORANTE laddove, nell’introduzione, citando il Vangelo, l’autrice ringrazia il Padre per aver voluto rivelare queste cose ai piccoli.
Che cosa aveva rivelato? Cosa si era rivelato? E chi erano i piccoli?
Aveva rivelato la logica insofferenza per la tracotanza di chi non vuole ascoltare e vedere; l’indifferenza verso le persone di buona volontà risolute a non parlare più con segni di guerra; la necessità di propugnare un forte ed armonioso dialogo piuttosto che il complice e rassegnato silenzio.
Quest’autentica dottrina rivoluzionaria, queste parole di lotta e di liberazione in quegli anni erano nella bocca di persone che su questa Sicilia riponevano ancora una speranza di rinascita e di nuova vita: erano donne e uomini vestiti della loro quotidianità e dei loro sorrisi e che ai manganelli ed alle catene rispondevano con una catena di mani strette nella risoluzione di credere, “spes contra spem”, sempre alla pace e mai alla guerra. Erano giovani e soprattutto donne che non volevano rassegnarsi a non avere un futuro di cittadini ma confidavano di divenire protagonisti di un vivere comune.
A Comiso, FIUME e BUFALINO avevano insegnato, arti e lettere; avevano depositato nella mente e negli occhi segni ed immagini costruiti con i suoni ed i colori della libertà. Ma i vecchi artisti erano divenuti scettici quando un vecchio aeroporto militare, che turbava ancora i loro ricordi giovanili, dopo tanti anni di giusto abbandono, era divenuto improvvisamente l’avamposto di una rappresaglia nucleare che ci avrebbe spediti tutti fuori dal tempo. In quegli anni, prima che convenissero in Sicilia i rappresentanti della speranza e della caritatevole speranza, uomini semplici, come fili d’erba sui sentieri della vita, cominciarono a porsi delle domande e a scrivere delle risposte per non perdere la riflessione: e cominciarono a guardare, cioè a fare la guardia.
In mezzo a loro c’era Tano, sempre pronto a raccogliere quella coraggiosa risposta fatta di dignità e di rispetto per la comune umanità; ma l’obiettivo di Tano non cercava la necessità del coraggio, né il pensiero eroico; meno che mai la sopraffazione della politica. Incontrava donne siciliane simili a tutte le donne del mondo, giovani volti mediterranei che potevi incontrare in Grecia come a Cuba, e gesti e sorrisi che non potevano essere destinati all’archivio del giornalismo estetico d’autore ma andavano a costruire una memoria ed un presente che occorreva conservare e costruire come luogo etico dell’ascolto e dell’accoglienza. Pertanto, Comiso, Caltagirone, la Sicilia, non ci appaiono come i paesaggi dell’irredimibile, del trasformismo o del lutto di questa terra, ma, fondamentalmente, come i luoghi dove l’immagine della Storia è stata resa possibile da raccontare. “Senza acqua e senza semi, eppure è apparso un esile filo verde nel vaso davanti alle sbarre della finestra: son sicuro che non è erba ma sarà un fiore”.
Pippo PAPPALARDO
per la Galleria Fotografica Luigi GHIRRI
Catania, ottobre 2013
09
novembre 2013
Tano D’Amico – Al tempo di Comiso
Dal 09 novembre al primo dicembre 2013
fotografia
Location
GALLERIA FOTOGRAFICA LUIGI GHIRRI
Caltagirone, Via Duomo, 11, (Catania)
Caltagirone, Via Duomo, 11, (Catania)
Orario di apertura
lun./dom. 9.00 -12.30, 16.00 -19.00.
Vernissage
9 Novembre 2013, h 18.30
Autore
Curatore