Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Tawassol – Contact
La mostra vede dialogare tra loro 8 artisti di matrice medio-orientale, alcuni dei quali espongono per la prima volta in Italia.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Giovedi 18 giugno a Verona presso Artericambi, inaugura TAWASSOL, a cura di Gaia Serena Simionati, che vede dialogare tra loro 8 artisti di matrice medio-orientale, alcuni dei quali espongono per la prima volta in Italia. Il titolo e' Tawassol - Contact.
In arabo il termine "Contatto" non solo ha diverse sfumature, ma offre svariate opportunita' e piú modi per indicarlo a seconda del contesto: Ithassal, quando si inerisce ad una vicinanza geografica o di comunicazione, come per Tawassol. Tamas per il contatto epidermico, Ihtekak quando dalla vicinanza nasce una frizione, un contrasto. Il tema proposto, estremamente attuale, é “caldo” soprattutto nelle zone del Moyenne Orient, ma sempre di piú anche in Europa dove, la vicinanza con il diverso e l’altro da noi, é spesso fonte di scontri, polemiche, dolore, ma anche arricchimento e scambio. La tematica tocca quindi la riflessione di ciascun artista seppur in modi diversi.
Esemplari i due artisti palestinesi che per la prima volta espongono in Italia: Nida Sinnokrot e Nawras Shalhoub. Sinnokrot riflettendo sulle difficili problematiche del conflitto e della diaspora con una doppia installazione in cui, nella prima, la cartina geografica dei territori occupati si trasforma in una farfalla aquilone insegnando, ancora una volta, come l’arte aiuti a trasferire poeticitá e spessore anche alle situazioni piu difficili e sterili. Nella seconda invece si presenta una serie sterminata di pietre su cui l’artista interviene con il colore nero e, disponendole in una lunghissima fila, egli allude alle diaspore o alle attese interminabili che i palestinesi quotidianamente devono sopportare ai posti di blocco verso Israele. Shalhoub presenta invece una sequenza di 6 brevi video: un pallone che sfugge o cerca il contatto con gli altri, alcuni piccioni vengono filmati intenti a divorare una statuetta della libertà fatta di pane e collocata sulle rive di un fiume, una candela o una fonte di luce scambiabile per la luna che brucia nella mano dell’artista, ad indicare come il contatto e la vicinanza a volte possano creare dolore. E poi altri video sulla tortura: il primo focalizzato sugli occhi dello stesso artista torturato che lacrimano al contrario, e il secondo sull’artista prigioniero di se stesso in una grotta, che cerca di sopravviversi. Tutti alquanto poetici, di sicuro significativamente istruttivi su quello che il contatto puo’ provocare.
Moataz Nasr e Wael Shawky egiziani, lavorano invece con fotografie e video. Nasr proponendo scatti inerenti il Cairo, cittá che con la altissima densitá di popolazione, le sue etnie e nevrosi, movimenti e silenzi da un sapore inconfondibile al Nord Africa. Shawky invece rendendo rotante the “dome of the rock” di Gerusalemme in un elegante video con foto, stacca letteralmente da terra il simbolo per antonomasia della spiritualitá e lo rende navicella spaziale, giostra ilare, strumento di proiezione non piú terreno, ma di contatto anche extraterrestre.
L’iracheno Halim al Karim essendo vissuto prigioniero per due anni in una buca nel deserto presso dei beduini a causa dei conflitti nel suo paese, riflette sull’identitá urbana collettiva e i suoi sviluppi o, al contrario, sulla mancanza totale di contatto che si rintraccia nelle velature che ricoprono i lavori: fotografie enigmatiche e misteriose, ricoperte di seta e tessuto. Il secondo iracheno Adel Abidin alternando humor ad autoironia e profonda consapevolezza riesce a presentare “il contatto” in un video dove, un bambino, facendo la barba ad un palloncino nero, sperimenta a suo modo la vicinanza, rimanendone anche scioccato. Cosí come il fruitore. L’artista si focalizza sulle tematiche dell’alienazione ed emarginazione culturale.
Infine il turco Ramazan Bayrakoglu, un giovane e talentuoso iraniano Navid Azimi Sadjadi sviluppano il tema del contatto, usando rispettivamente arazzi su cui si meticcia il crogiolo multietnico della Turchia, scultura e installazioni ricche di Iran, il secondo.
Le serie di Bayrakoglu, non solo sono in successione, ma hanno anche un rapporto di causa ed effetto tra di loro. L’artista usa il tessuto, la seta prodotta in Turchia di uso quotidiano. Tale tela particolare, morbida e’ estremamente lucida e consente cambiamenti ed illusioni, soprattutto sotto la luce artificiale. L’artista aderisce alla tematica del contatto, non tanto nel contenuto, quanto invece nelle tecniche di realizzazione attraverso il contatto epidermico, corporeo, manuale, multistratificato con pittura e silicone, col tessuto, con le sue cangianze e sovrastrutture.
Nel lavoro di Navid Azimi il concetto di contatto si rapporta prima di tutto al concetto stesso d’installazione. Questo infatti contiene di per se un dialogo e un’interazione tra tre elementi: tre simboli, tre parole che creano una sorta di poesia esoterica e, contemporaneamente, sono i tre lati di un corpo di una veritá di pensiero. Sospensione, attesa, inerzia. Sono metafore che nel rapporto trasfigurano i loro significati. Come un fluido vivono in una sospensione spazio temporale. Nella cultura persiana il cipresso e` un simbolo assoluto della luce, la vita eterna e fuoco, che rappresenta la dea Mitra. Il cipresso e`quindi un’icona verticale che ha due lati di esistenza, tra terra e cielo: in sostanza un ponte tra due confini di pensiero! UN CONTATTO! Anche, e perche’ no, con l’aldila’.
In arabo il termine "Contatto" non solo ha diverse sfumature, ma offre svariate opportunita' e piú modi per indicarlo a seconda del contesto: Ithassal, quando si inerisce ad una vicinanza geografica o di comunicazione, come per Tawassol. Tamas per il contatto epidermico, Ihtekak quando dalla vicinanza nasce una frizione, un contrasto. Il tema proposto, estremamente attuale, é “caldo” soprattutto nelle zone del Moyenne Orient, ma sempre di piú anche in Europa dove, la vicinanza con il diverso e l’altro da noi, é spesso fonte di scontri, polemiche, dolore, ma anche arricchimento e scambio. La tematica tocca quindi la riflessione di ciascun artista seppur in modi diversi.
Esemplari i due artisti palestinesi che per la prima volta espongono in Italia: Nida Sinnokrot e Nawras Shalhoub. Sinnokrot riflettendo sulle difficili problematiche del conflitto e della diaspora con una doppia installazione in cui, nella prima, la cartina geografica dei territori occupati si trasforma in una farfalla aquilone insegnando, ancora una volta, come l’arte aiuti a trasferire poeticitá e spessore anche alle situazioni piu difficili e sterili. Nella seconda invece si presenta una serie sterminata di pietre su cui l’artista interviene con il colore nero e, disponendole in una lunghissima fila, egli allude alle diaspore o alle attese interminabili che i palestinesi quotidianamente devono sopportare ai posti di blocco verso Israele. Shalhoub presenta invece una sequenza di 6 brevi video: un pallone che sfugge o cerca il contatto con gli altri, alcuni piccioni vengono filmati intenti a divorare una statuetta della libertà fatta di pane e collocata sulle rive di un fiume, una candela o una fonte di luce scambiabile per la luna che brucia nella mano dell’artista, ad indicare come il contatto e la vicinanza a volte possano creare dolore. E poi altri video sulla tortura: il primo focalizzato sugli occhi dello stesso artista torturato che lacrimano al contrario, e il secondo sull’artista prigioniero di se stesso in una grotta, che cerca di sopravviversi. Tutti alquanto poetici, di sicuro significativamente istruttivi su quello che il contatto puo’ provocare.
Moataz Nasr e Wael Shawky egiziani, lavorano invece con fotografie e video. Nasr proponendo scatti inerenti il Cairo, cittá che con la altissima densitá di popolazione, le sue etnie e nevrosi, movimenti e silenzi da un sapore inconfondibile al Nord Africa. Shawky invece rendendo rotante the “dome of the rock” di Gerusalemme in un elegante video con foto, stacca letteralmente da terra il simbolo per antonomasia della spiritualitá e lo rende navicella spaziale, giostra ilare, strumento di proiezione non piú terreno, ma di contatto anche extraterrestre.
L’iracheno Halim al Karim essendo vissuto prigioniero per due anni in una buca nel deserto presso dei beduini a causa dei conflitti nel suo paese, riflette sull’identitá urbana collettiva e i suoi sviluppi o, al contrario, sulla mancanza totale di contatto che si rintraccia nelle velature che ricoprono i lavori: fotografie enigmatiche e misteriose, ricoperte di seta e tessuto. Il secondo iracheno Adel Abidin alternando humor ad autoironia e profonda consapevolezza riesce a presentare “il contatto” in un video dove, un bambino, facendo la barba ad un palloncino nero, sperimenta a suo modo la vicinanza, rimanendone anche scioccato. Cosí come il fruitore. L’artista si focalizza sulle tematiche dell’alienazione ed emarginazione culturale.
Infine il turco Ramazan Bayrakoglu, un giovane e talentuoso iraniano Navid Azimi Sadjadi sviluppano il tema del contatto, usando rispettivamente arazzi su cui si meticcia il crogiolo multietnico della Turchia, scultura e installazioni ricche di Iran, il secondo.
Le serie di Bayrakoglu, non solo sono in successione, ma hanno anche un rapporto di causa ed effetto tra di loro. L’artista usa il tessuto, la seta prodotta in Turchia di uso quotidiano. Tale tela particolare, morbida e’ estremamente lucida e consente cambiamenti ed illusioni, soprattutto sotto la luce artificiale. L’artista aderisce alla tematica del contatto, non tanto nel contenuto, quanto invece nelle tecniche di realizzazione attraverso il contatto epidermico, corporeo, manuale, multistratificato con pittura e silicone, col tessuto, con le sue cangianze e sovrastrutture.
Nel lavoro di Navid Azimi il concetto di contatto si rapporta prima di tutto al concetto stesso d’installazione. Questo infatti contiene di per se un dialogo e un’interazione tra tre elementi: tre simboli, tre parole che creano una sorta di poesia esoterica e, contemporaneamente, sono i tre lati di un corpo di una veritá di pensiero. Sospensione, attesa, inerzia. Sono metafore che nel rapporto trasfigurano i loro significati. Come un fluido vivono in una sospensione spazio temporale. Nella cultura persiana il cipresso e` un simbolo assoluto della luce, la vita eterna e fuoco, che rappresenta la dea Mitra. Il cipresso e`quindi un’icona verticale che ha due lati di esistenza, tra terra e cielo: in sostanza un ponte tra due confini di pensiero! UN CONTATTO! Anche, e perche’ no, con l’aldila’.
18
giugno 2009
Tawassol – Contact
Dal 18 al 30 giugno 2009
arte contemporanea
Location
ARTERICAMBI
Verona, Via Leida, 6/A, (Verona)
Verona, Via Leida, 6/A, (Verona)
Orario di apertura
da martedì a venerdì ore 10-13 e 15-19; sabato e domenica su appuntamento
Vernissage
18 Giugno 2009, ore 18.00
Autore
Curatore