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Tea Giobbio / Patrizia Nuvolari – Vis-à-vis
Due donne, artiste che usano il linguaggio fotografico, mature, artisticamente e anagraficamente, ma con uno spirito da emergenti
Comunicato stampa
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VIS-A'-VIS
Tea Giobbio & Patrizia Nuvolari
Giorgio Bonomi
Due donne, artiste che usano il linguaggio fotografico, mature, artisticamente e anagraficamente, ma con uno spirito da emergenti, si confrontano in una mostra che è composta da due personali, appunto "una di fronte all’altra". Le opere si accostano, si guardano direttamente, si scrutano di soppiatto, dialogano, si giudicano e si stimano, si differenziano e si uniscono.
Subito dai lavori di Tea Giobbio appare un dato: l’assenza. Giobbio lavora per "cicli" (gli autoritratti, le mucche, i vestiti, i grandi volti) e sempre il concetto di "assenza" è presente e fondante l’opera stessa. Ora sono il suo viso o parti del suo corpo a non apparire, ora è il paesaggio ove vagano le mucche che viene "cancellato", ora manca il corpo che è stato, o sta per venire, nel vestito; oppure l’immagine viene velata o sfumata, o parte del soggetto raffigurato è nascosta. Un’assenza, si badi, che non indica "mancanza", "privazione", e quindi dramma e dolore; al contrario qui "assenza" è un concetto "forte", positivo, è carico del rispetto verso l’altro a cui non si offre come totalità tutta piena e soddisfatta di sé, è consapevolezza del cambiamento, del possibile e del probabile per cui non si ipostatizza l’immagine o, meglio, il contenuto dell’immagine, così, se in generale la fotografia è fissare il tempo e l’attimo, la fotografia di Giobbio significa che il tempo scorre e l’attimo è un concetto, o una sensazione, puramente mentale (un impercettibile punto tra passato e futuro). In tal modo è rafforzato l’uso del b/n e dell’assenza totale di colore, proprio perché si evita ogni possibilità naturalistica o imitativa, dato che gli oggetti fotografati sono solo simboli di quella dialettica assenza/presenza di cui l’artista ci vuole parlare.
Patrizia Nuvolari, invece, appare con una "presenza" assai densa e corposa (concettualmente). Anche lei lavora per cicli, ma questi sono assai più numerosi e l’artista, inoltre, sente l’urgenza di utilizzare la pittura (che qui per ragioni di rigore espositivo non presentiamo). Nei suoi lavori appaiono, ovviamente ricondotti al senso più profondo della poetica di Nuvolari, personaggi famosi della storia politica o cinematografica o più semplicemente dei fotoromanzi che perdono, nella trasposizione da foto a foto, la loro identità iconica per divenire altro da sé. Accanto a momenti poetici di memoria, abbiamo momenti ironici in cui non si "risparmiano" i santi (ma con una sensibilità niente affatto blasfema, semmai affettuosa, come nella serie di forte impatto emotivo dedicata al precedente papa) o assai inquietanti come le "bambole del collezionista"; altra volta particolari ingranditi di un oggetto o di un animale o di una persona, ancora da foto a foto, divengono autosufficienti, come le "reliquie" che, da particolari che rappresentano il tutto, vengono "adorate" di per sé a prescindere dalla loro autenticità. Insomma Patrizia Nuvolari si esprime con l’"abbondanza" – di temi, di immagini, di sensazioni, di emozioni – ma mai con la "sovrabbondanza".
Così, per quanto calma, composta, quasi ieratica, appare l’opera di Giobbio, inversamente quella di Nuvolari ci sembra passionale ed emotiva, curiosa e quindi sempre in movimento, guizzante e, a volte, anche non immediatamente comprensibile (ovviamente queste considerazioni si riferiscono all’opera e non vogliono essere un’intrusione psicoanalitica nella personalità dell’artista). Proprio per queste differenze, che non sono contrapposizione, l’incontro ci pare ben riuscito e, nella loro complementarietà, le caratteristiche di entrambe si potenziano e nel loro vis-à-vis capita come quando ci guardiamo nello specchio e ci chiediamo "Siamo noi o è l’altro da noi?"…
Tea Giobbio & Patrizia Nuvolari
Giorgio Bonomi
Due donne, artiste che usano il linguaggio fotografico, mature, artisticamente e anagraficamente, ma con uno spirito da emergenti, si confrontano in una mostra che è composta da due personali, appunto "una di fronte all’altra". Le opere si accostano, si guardano direttamente, si scrutano di soppiatto, dialogano, si giudicano e si stimano, si differenziano e si uniscono.
Subito dai lavori di Tea Giobbio appare un dato: l’assenza. Giobbio lavora per "cicli" (gli autoritratti, le mucche, i vestiti, i grandi volti) e sempre il concetto di "assenza" è presente e fondante l’opera stessa. Ora sono il suo viso o parti del suo corpo a non apparire, ora è il paesaggio ove vagano le mucche che viene "cancellato", ora manca il corpo che è stato, o sta per venire, nel vestito; oppure l’immagine viene velata o sfumata, o parte del soggetto raffigurato è nascosta. Un’assenza, si badi, che non indica "mancanza", "privazione", e quindi dramma e dolore; al contrario qui "assenza" è un concetto "forte", positivo, è carico del rispetto verso l’altro a cui non si offre come totalità tutta piena e soddisfatta di sé, è consapevolezza del cambiamento, del possibile e del probabile per cui non si ipostatizza l’immagine o, meglio, il contenuto dell’immagine, così, se in generale la fotografia è fissare il tempo e l’attimo, la fotografia di Giobbio significa che il tempo scorre e l’attimo è un concetto, o una sensazione, puramente mentale (un impercettibile punto tra passato e futuro). In tal modo è rafforzato l’uso del b/n e dell’assenza totale di colore, proprio perché si evita ogni possibilità naturalistica o imitativa, dato che gli oggetti fotografati sono solo simboli di quella dialettica assenza/presenza di cui l’artista ci vuole parlare.
Patrizia Nuvolari, invece, appare con una "presenza" assai densa e corposa (concettualmente). Anche lei lavora per cicli, ma questi sono assai più numerosi e l’artista, inoltre, sente l’urgenza di utilizzare la pittura (che qui per ragioni di rigore espositivo non presentiamo). Nei suoi lavori appaiono, ovviamente ricondotti al senso più profondo della poetica di Nuvolari, personaggi famosi della storia politica o cinematografica o più semplicemente dei fotoromanzi che perdono, nella trasposizione da foto a foto, la loro identità iconica per divenire altro da sé. Accanto a momenti poetici di memoria, abbiamo momenti ironici in cui non si "risparmiano" i santi (ma con una sensibilità niente affatto blasfema, semmai affettuosa, come nella serie di forte impatto emotivo dedicata al precedente papa) o assai inquietanti come le "bambole del collezionista"; altra volta particolari ingranditi di un oggetto o di un animale o di una persona, ancora da foto a foto, divengono autosufficienti, come le "reliquie" che, da particolari che rappresentano il tutto, vengono "adorate" di per sé a prescindere dalla loro autenticità. Insomma Patrizia Nuvolari si esprime con l’"abbondanza" – di temi, di immagini, di sensazioni, di emozioni – ma mai con la "sovrabbondanza".
Così, per quanto calma, composta, quasi ieratica, appare l’opera di Giobbio, inversamente quella di Nuvolari ci sembra passionale ed emotiva, curiosa e quindi sempre in movimento, guizzante e, a volte, anche non immediatamente comprensibile (ovviamente queste considerazioni si riferiscono all’opera e non vogliono essere un’intrusione psicoanalitica nella personalità dell’artista). Proprio per queste differenze, che non sono contrapposizione, l’incontro ci pare ben riuscito e, nella loro complementarietà, le caratteristiche di entrambe si potenziano e nel loro vis-à-vis capita come quando ci guardiamo nello specchio e ci chiediamo "Siamo noi o è l’altro da noi?"…
30
settembre 2006
Tea Giobbio / Patrizia Nuvolari – Vis-à-vis
Dal 30 settembre al 03 novembre 2006
arte contemporanea
Location
FONDAZIONE ZAPPETTINI
Chiavari, Corso Buenos Aires, 22, (Genova)
Chiavari, Corso Buenos Aires, 22, (Genova)
Orario di apertura
dal lunedì al venerdì dalle ore 16 alle 19. Chiuso sabato e festivi
Vernissage
30 Settembre 2006, ore 18
Autore
Curatore