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Ted Larsen – Solo show
per la prima volta in Europa la mostra personale di Ted Larsen. Esponente già affermato del nuovo Minimalismo americano, Larsen debutterà in Italia il 5 novembre con una serie di opere inedite, appositamente realizzate per gli spazi della galleria torinese.
Comunicato stampa
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Ted Larsen è nato nel 1964 a South Haven (Michigan, USA), da diversi anni risiede a Santa Fe, in New Mexico. Le sue opere sono presenti in molte collezioni pubbliche e private e in diverse istituzioni museali internazionali, tra cui il New Mexico Museum of Art di Santa Fe e l’Edward F. Albee Foundation di New York.
Le opere realizzate per la mostra comprendono sculture e installazioni anche di grandi dimensioni e sono altamente rappresentative della sua ricerca. Le sue radici affondano nella lezione del Modernismo e del Minimalismo americano (da Donald Judd a Frank Stella a John McCracken, a cui il Castello di Rivoli ha dedicato una personale nel 2011). La sua tecnica si avvale di una raffinata capacità manuale applicata a materiali di recupero, in equilibrio tra pittura, ready-made e scultura astratta.
Il lavoro di Larsen prende le distanze da tutto ciò che afferisce a precisi significati, implicazioni didascaliche o speculazioni analitiche: le sue opere sono strettamente legate, nel loro significato ultimo, alla pura esperienza visiva ed esperienziale data dell’oggetto in se stesso. Forma-colore-linea-composizione diventano nelle sue opere elementi attentamente calibrati e sono collocati nello spazio con estremo rigore e, come tali, offerti all’occhio dello spettatore privi di preconcetti, ma piuttosto invitandolo ad una lettura estetica quanto più personale e interiorizzata.
Innegabili i rimandi al Modernismo, al Minimalismo e persino al Cubismo, trasformati e sublimati dall’intervento manuale che per Larsen vuol dire organizzare un lavoro complesso, articolato in più fasi: dalla sgrossatura di pezzi di lamiera di più grandi dimensioni recuperate direttamente dai depositi di rottami e lavorate in studio, alla costruzione dei singoli elementi (forme geometriche poligonali solide dalle innumerevoli declinazioni) che compongono le sculture, realizzate in legno di compensato, assemblate con silicone e ricoperte in ultimo con le lamine recuperate.
Le sculture, tutte diverse, tutti pezzi unici, sono caratterizzate da un accentuato purismo delle forme: linee curve interrotte da angoli improvvisi e attraversati da altre linee a contrasto. Proporzioni calibrate in grado di gestire le scale più diverse e di trovare nuove possibili letture in base ai contesti architettonici in cui sono collocate (una cornice, una parete, una stanza) e alle prospettive di angolazione di chi guarda, raddoppiando la volumetria nel gioco chiaroscurale di un’ombra da bassorilievo per le opere di più grandi dimensioni (spesso composte da singoli o più elementi collocati in uno spazio architettonico dal bordo fortemente aggettante) o appiattendosi sino al puro geometrismo di linee se viste frontalmente, in special modo nelle installazioni composte da elementi metallici modulari.
Il percorso creativo di Larsen si avvale, in parallelo alla sua alta manualità, di una precisa costruzione mentale: grazie alla sintesi tra elementi materiali e superfici diverse, accostati secondo precise regole visuali in bilico tra pittura e scultura, l’artista elude i rischi impliciti dell’oggettività e individua una strada nuova, estranea al reale, ma che con quest’ultimo condivide sempre una verosimiglianza, evocando, ma non riproducendo, forme prossime a quelle conosciute - dal muso di un’automobile, ad una struttura architettonica, ad un elemento di costruzione - richiamando alla memoria visiva (e allo stesso tempo negando) le classi puramente platoniche di queste categorie.
L’uso del colore ha un ruolo nodale: Ted ha un rapporto personalissimo col cromatismo, rapporto che affonda le proprie radici in una profonda conoscenza della storia dell’arte filtrata dal contesto socio culturale americano in cui è si è formato: evoca la funzionalità volumetrica dei colori plastici e costruttivistici e persino cinetici (da Léger a Mondrian sino a Daniel Buren), valorizza i toni primari sulla base dei grigi, ma soprattutto propone accostamenti di palette color pastello, specchiato, brillante e opaco spesso recanti i segni delle “vite” passate (lo smalto è abraso, graffiato, e crea ulteriori pattern), ben delineati da linee di fuga e contorni a contrasto, che immediatamente rimandano alla tradizione americana dei tavoli in formica, dei diner, della auto americane anni ’50.
Patchwork giocosi realizzati grazie all’accostamento di veri pezzi di recupero di metallo di scarto, restituzione di “bellezza” ad un mondo di consumismo e di rifiuti, utilizzo etico del colore per oggetti “nuovi” che diventano infinite variazioni sul tema, alfabeto fantastico e riconoscibile di un nuovo linguaggio estetico, dove i titoli delle opere Hard Curve, Voodoo Science, True Fiction, ironici ossimori, ne definiscono e ribadiscono il loro intimo e formale contrasto in modo fulmineo.
Le opere di Ted Larsen (nato nel 1964 a South Haven, Michigan, USA; vive e lavora a Santa Fe, New Mexico) sono state esposte in numerose mostre personali e collettive in gallerie statunitensi e presentate in prestigiose istituzioni museali degli Stati Uniti, tra cui il New Mexico Museum of Art (Santa Fe), l’Albuquerque Museum (New Mexico), l’Amarillo Museum of Art (Texas), lo Spiva Center for the Arts (Joplin, Missouri) e il Philadelphia Museum of Art. Nel 2008 ha vinto il Krasner- Pollock Foundation Grant Award e nel 2011 ha ricevuto una borsa di studio dalla Fondazione Surdna di New York. Nel 2009 ha vinto una residenza presso la Edward F. Albee Foundation di New York e, sempre nel 2011, è stato selezionato per rappresentare gli Stati Uniti all’Asilah Arts Festival in Marocco. Nel 2016 è prevista una sua personale al Visual Center of Art of New Jersey.
Le sue opere sono incluse in permanenza nelle collezioni del New Mexico Museum of Art, del New Mexico Department of Cultural Affairs, dell’Edward F. Albee Foundation, di Procter & Gamble, Reader's Digest, PepsiCo, University of Miami, University of Texas, Krasel Art Center, Dreyfus Funds, JP Morgan Chase, Forbes e Pioneer Hi-Bred, Inc.
Le opere realizzate per la mostra comprendono sculture e installazioni anche di grandi dimensioni e sono altamente rappresentative della sua ricerca. Le sue radici affondano nella lezione del Modernismo e del Minimalismo americano (da Donald Judd a Frank Stella a John McCracken, a cui il Castello di Rivoli ha dedicato una personale nel 2011). La sua tecnica si avvale di una raffinata capacità manuale applicata a materiali di recupero, in equilibrio tra pittura, ready-made e scultura astratta.
Il lavoro di Larsen prende le distanze da tutto ciò che afferisce a precisi significati, implicazioni didascaliche o speculazioni analitiche: le sue opere sono strettamente legate, nel loro significato ultimo, alla pura esperienza visiva ed esperienziale data dell’oggetto in se stesso. Forma-colore-linea-composizione diventano nelle sue opere elementi attentamente calibrati e sono collocati nello spazio con estremo rigore e, come tali, offerti all’occhio dello spettatore privi di preconcetti, ma piuttosto invitandolo ad una lettura estetica quanto più personale e interiorizzata.
Innegabili i rimandi al Modernismo, al Minimalismo e persino al Cubismo, trasformati e sublimati dall’intervento manuale che per Larsen vuol dire organizzare un lavoro complesso, articolato in più fasi: dalla sgrossatura di pezzi di lamiera di più grandi dimensioni recuperate direttamente dai depositi di rottami e lavorate in studio, alla costruzione dei singoli elementi (forme geometriche poligonali solide dalle innumerevoli declinazioni) che compongono le sculture, realizzate in legno di compensato, assemblate con silicone e ricoperte in ultimo con le lamine recuperate.
Le sculture, tutte diverse, tutti pezzi unici, sono caratterizzate da un accentuato purismo delle forme: linee curve interrotte da angoli improvvisi e attraversati da altre linee a contrasto. Proporzioni calibrate in grado di gestire le scale più diverse e di trovare nuove possibili letture in base ai contesti architettonici in cui sono collocate (una cornice, una parete, una stanza) e alle prospettive di angolazione di chi guarda, raddoppiando la volumetria nel gioco chiaroscurale di un’ombra da bassorilievo per le opere di più grandi dimensioni (spesso composte da singoli o più elementi collocati in uno spazio architettonico dal bordo fortemente aggettante) o appiattendosi sino al puro geometrismo di linee se viste frontalmente, in special modo nelle installazioni composte da elementi metallici modulari.
Il percorso creativo di Larsen si avvale, in parallelo alla sua alta manualità, di una precisa costruzione mentale: grazie alla sintesi tra elementi materiali e superfici diverse, accostati secondo precise regole visuali in bilico tra pittura e scultura, l’artista elude i rischi impliciti dell’oggettività e individua una strada nuova, estranea al reale, ma che con quest’ultimo condivide sempre una verosimiglianza, evocando, ma non riproducendo, forme prossime a quelle conosciute - dal muso di un’automobile, ad una struttura architettonica, ad un elemento di costruzione - richiamando alla memoria visiva (e allo stesso tempo negando) le classi puramente platoniche di queste categorie.
L’uso del colore ha un ruolo nodale: Ted ha un rapporto personalissimo col cromatismo, rapporto che affonda le proprie radici in una profonda conoscenza della storia dell’arte filtrata dal contesto socio culturale americano in cui è si è formato: evoca la funzionalità volumetrica dei colori plastici e costruttivistici e persino cinetici (da Léger a Mondrian sino a Daniel Buren), valorizza i toni primari sulla base dei grigi, ma soprattutto propone accostamenti di palette color pastello, specchiato, brillante e opaco spesso recanti i segni delle “vite” passate (lo smalto è abraso, graffiato, e crea ulteriori pattern), ben delineati da linee di fuga e contorni a contrasto, che immediatamente rimandano alla tradizione americana dei tavoli in formica, dei diner, della auto americane anni ’50.
Patchwork giocosi realizzati grazie all’accostamento di veri pezzi di recupero di metallo di scarto, restituzione di “bellezza” ad un mondo di consumismo e di rifiuti, utilizzo etico del colore per oggetti “nuovi” che diventano infinite variazioni sul tema, alfabeto fantastico e riconoscibile di un nuovo linguaggio estetico, dove i titoli delle opere Hard Curve, Voodoo Science, True Fiction, ironici ossimori, ne definiscono e ribadiscono il loro intimo e formale contrasto in modo fulmineo.
Le opere di Ted Larsen (nato nel 1964 a South Haven, Michigan, USA; vive e lavora a Santa Fe, New Mexico) sono state esposte in numerose mostre personali e collettive in gallerie statunitensi e presentate in prestigiose istituzioni museali degli Stati Uniti, tra cui il New Mexico Museum of Art (Santa Fe), l’Albuquerque Museum (New Mexico), l’Amarillo Museum of Art (Texas), lo Spiva Center for the Arts (Joplin, Missouri) e il Philadelphia Museum of Art. Nel 2008 ha vinto il Krasner- Pollock Foundation Grant Award e nel 2011 ha ricevuto una borsa di studio dalla Fondazione Surdna di New York. Nel 2009 ha vinto una residenza presso la Edward F. Albee Foundation di New York e, sempre nel 2011, è stato selezionato per rappresentare gli Stati Uniti all’Asilah Arts Festival in Marocco. Nel 2016 è prevista una sua personale al Visual Center of Art of New Jersey.
Le sue opere sono incluse in permanenza nelle collezioni del New Mexico Museum of Art, del New Mexico Department of Cultural Affairs, dell’Edward F. Albee Foundation, di Procter & Gamble, Reader's Digest, PepsiCo, University of Miami, University of Texas, Krasel Art Center, Dreyfus Funds, JP Morgan Chase, Forbes e Pioneer Hi-Bred, Inc.
05
novembre 2016
Ted Larsen – Solo show
Dal 05 novembre 2016 al 31 gennaio 2017
arte contemporanea
Location
PRIVATEVIEW
Torino, Via Goito, 16, (Torino)
Torino, Via Goito, 16, (Torino)
Orario di apertura
da martedì a sabato dalle 15 alle 19
mattino su appuntamento
Vernissage
5 Novembre 2016, dalle 17 alle 23
Autore
Curatore