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Tempi moderni
La mostra propone circa 25 opere tra sculture, fotografie e dipinti di otto giovani e affermati artisti che si confrontano con la modernità definita in un inedito progetto di mostra collettiva autogestita: gli artisti stessi partecipano attivamente e reciprocamente alla scelta delle opere, non competono tra di loro e non hanno un curatore che li seleziona
Comunicato stampa
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La mostra propone circa 25 opere tra sculture, fotografie e dipinti di otto giovani e affermati artisti che si confrontano con la modernità definita in un inedito progetto di mostra collettiva autogestita: gli artisti stessi partecipano attivamente e reciprocamente alla scelta delle opere, non competono tra di loro e non hanno un curatore che li seleziona.
Come nel film di Chaplin, a cui la mostra idealmente si ispira, gli artisti rappresentano una società alienante e cupa, ma giocano con questa rappresentazione, ognuno con la sua "arma" espressiva.
Oltre alla creazione o alla scelta della propria opera in galleria, ogni artista espone un breve testo che definisce con estrema libertà la sua valutazione sulla mostra, o la sua “critica” al lavoro degli altri o al tema della mostra
Una inattesa forma di militanza artistica e morale in cui l’artista si riappropria completamente della libertà di pensare e giudicare, di inventare e scrivere, con un atteggiamento di partecipazione e di passione che prova ad uscire dal dualismo artista/curatore.
Dal graffiante e ironico lavoro “Alitaglia” di Francesco De Molfetta che si immerge direttamente nell’attualità e nella cronaca quotidiana, agli imponenti robot di Tom Porta, che si ergono minacciosi in piazza Duomo, dalla gelida e silenziosa creatura di Paolo Schmidlin alle contorte sculturee ossee di Enzo Santambrogio, dalle ombre mediatiche di Scatarzi alla “via crucis” technopunk di Lanzani, dalle descrizioni di ordinaria violenza di Wiedel fino alla solenne ghigliottina di Alessandro Spadari, la mostra si snoda tra linguaggi diversissimi ma con un unico sentimento comune: quel rapporto difficile e a volte insopportabile con la cosiddetta “modernità” .
Antagonisti della mediocrità e del conformismo, questi artisti riconsegnano all'arte quel ruolo importantissimo di avanguardia e di denuncia, che è stimolo profondo di creatività.
Commenta Luigi Pedrazzi, direttore della galleria:
Quando nel 1936 Chaplin realizzò il film "Tempi Moderni" gli Stati Uniti stavano uscendo a fatica dalla grande depressione economica .
Nel film (oggi più che mai "moderno") Chaplin critica la crescente disumanizzazione imposta dall'asservimento alle macchine nella civiltà industriale (ben espresso nella sequenza della catena di montaggio, dove l'uomo è ridotto a puro ingranaggio) e da una società basata sulla diseguaglianza e l'ingiustizia che calpesta la dignità umana.
Spettacolare e profetica la sequenza della macchina automatica da alimentazione, che dovrebbe consentire di mangiare senza interrompere il lavoro (aspetto che avrebbe prodotto un vantaggio competitivo). Ma cosa si intende oggi per “modernità”? La sensazione è che il termine sia ancora una volta distorto per attribuirgli una accezione forzatamente positiva , per imporre un presente che non ha futuro, per giustificare atti e atteggiamenti che appartengono più alla categoria del conformismo di costume, che non alla reale novità coerente di autentico progresso. umano.
Una illusione indotta, che ci incatena ad un presente che non è "moderno" ma inutilmente caotico e privo per definizione di qualsiasi struttura intellettuale, ancorato soltanto ad una confusa e schizofrenica sensazione di onnipotenza tecnologica e di ottusa competizione economica.
E' l' equivoco che cerca di metterci davanti al fatto compiuto, all'inevitabilità delle sorti del mondo, all'ineluttabilità del disagio, del controllo, della paura e della povertà.
Alla fine, in questo mondo automatico ed estraneo si può ancora, come insegnava Charlot, camminare senza una meta, armati del solo sorriso ?
Come nel film di Chaplin, a cui la mostra idealmente si ispira, gli artisti rappresentano una società alienante e cupa, ma giocano con questa rappresentazione, ognuno con la sua "arma" espressiva.
Oltre alla creazione o alla scelta della propria opera in galleria, ogni artista espone un breve testo che definisce con estrema libertà la sua valutazione sulla mostra, o la sua “critica” al lavoro degli altri o al tema della mostra
Una inattesa forma di militanza artistica e morale in cui l’artista si riappropria completamente della libertà di pensare e giudicare, di inventare e scrivere, con un atteggiamento di partecipazione e di passione che prova ad uscire dal dualismo artista/curatore.
Dal graffiante e ironico lavoro “Alitaglia” di Francesco De Molfetta che si immerge direttamente nell’attualità e nella cronaca quotidiana, agli imponenti robot di Tom Porta, che si ergono minacciosi in piazza Duomo, dalla gelida e silenziosa creatura di Paolo Schmidlin alle contorte sculturee ossee di Enzo Santambrogio, dalle ombre mediatiche di Scatarzi alla “via crucis” technopunk di Lanzani, dalle descrizioni di ordinaria violenza di Wiedel fino alla solenne ghigliottina di Alessandro Spadari, la mostra si snoda tra linguaggi diversissimi ma con un unico sentimento comune: quel rapporto difficile e a volte insopportabile con la cosiddetta “modernità” .
Antagonisti della mediocrità e del conformismo, questi artisti riconsegnano all'arte quel ruolo importantissimo di avanguardia e di denuncia, che è stimolo profondo di creatività.
Commenta Luigi Pedrazzi, direttore della galleria:
Quando nel 1936 Chaplin realizzò il film "Tempi Moderni" gli Stati Uniti stavano uscendo a fatica dalla grande depressione economica .
Nel film (oggi più che mai "moderno") Chaplin critica la crescente disumanizzazione imposta dall'asservimento alle macchine nella civiltà industriale (ben espresso nella sequenza della catena di montaggio, dove l'uomo è ridotto a puro ingranaggio) e da una società basata sulla diseguaglianza e l'ingiustizia che calpesta la dignità umana.
Spettacolare e profetica la sequenza della macchina automatica da alimentazione, che dovrebbe consentire di mangiare senza interrompere il lavoro (aspetto che avrebbe prodotto un vantaggio competitivo). Ma cosa si intende oggi per “modernità”? La sensazione è che il termine sia ancora una volta distorto per attribuirgli una accezione forzatamente positiva , per imporre un presente che non ha futuro, per giustificare atti e atteggiamenti che appartengono più alla categoria del conformismo di costume, che non alla reale novità coerente di autentico progresso. umano.
Una illusione indotta, che ci incatena ad un presente che non è "moderno" ma inutilmente caotico e privo per definizione di qualsiasi struttura intellettuale, ancorato soltanto ad una confusa e schizofrenica sensazione di onnipotenza tecnologica e di ottusa competizione economica.
E' l' equivoco che cerca di metterci davanti al fatto compiuto, all'inevitabilità delle sorti del mondo, all'ineluttabilità del disagio, del controllo, della paura e della povertà.
Alla fine, in questo mondo automatico ed estraneo si può ancora, come insegnava Charlot, camminare senza una meta, armati del solo sorriso ?
21
maggio 2008
Tempi moderni
Dal 21 maggio al 05 luglio 2008
arte contemporanea
Location
GALLERIA ARTEUTOPIA
Milano, Via Gian Giacomo Mora, 5, (Milano)
Milano, Via Gian Giacomo Mora, 5, (Milano)
Orario di apertura
da martedì a sabato 10.30-13.30 e 16.30-20.30; chiuso domenica e lunedì
Vernissage
21 Maggio 2008, ore 18.30
Ufficio stampa
CLARART
Autore