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Tempo Moderno
Il racconto delle vicende della modernità – il “tempo moderno” del titolo – attraverso il tema del lavoro nelle arti del Novecento è il presupposto della mostra curata da Germano Celant con Anna Costantini, Peppino Ortoleva, per Palazzo Ducale di Genova, in occasione delle celebrazioni del Centenario della costituzione della Confederazione Generale Italiana del Lavoro, CGIL
Comunicato stampa
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Il racconto delle vicende della modernità - il "tempo moderno" del titolo - attraverso il tema del lavoro nelle arti del Novecento è il presupposto della mostra curata da Germano Celant con Anna Costantini e Peppino Ortoleva per Palazzo Ducale di Genova in occasione delle celebrazioni del Centenario della fondazione della Confederazione Generale Italiana del Lavoro, CGIL.
Il soggetto del lavoro percorre tutto il XX secolo e attraverso lo sguardo di pittori, scultori e fotografi, grafici e cineasti, pone il problema della condizione degli esseri umani nella società industriale e post-industriale.
Da quando il ritmo della macchina è diventato l'orologio dei comportamenti degli esseri umani - come ci ricorda l'eroe del film di Charlie Chaplin alle prese con i tempi forsennati della catena di montaggio, a cui il titolo della mostra rende omaggio - il "tempo moderno" ha investito l'arte dell'ultimo secolo sia arricchendola di nuovi contenuti, temi, soggetti, sia modificandone il linguaggio.
La mostra è costituita da un itinerario di dipinti, fotografie, sculture, video, oggetti e film che, isolando alcuni soggetti specifici e centrali, mette in parallelo e in contemporanea, quasi a dimostrare l'enorme salto storico e produttivo, la visione del mondo del lavoro di cento anni fa e dell'oggi. Un confronto drammatico e spettacolare che, sala per sala, sottolinea il cambiamento della società e del ruolo della persona rispetto alla macchina.
Le tappe di questo confronto tra memoria e attualità iniziano con il nuovo paesaggio industriale che diventa soggetto pittorico e gli artisti che raccontano, molto spesso attraverso la fotografia, il luogo del lavoro di oggi: la città "nera" dei fumi delle ciminiere della rivoluzione industriale e la fabbrica automatizzata, asettica e globalizzata di oggi, uguale in Occidente come in Cina. Oppure il porto degli uomini, i famosi camalli, addetti al carico e allo scarico manuale delle merci e quello delle infinite e ordinate distese di container, luoghi metafisici segnati dall'assenza dell'essere umano, che costituiscono le banchine odierne.
L'esposizione prosegue, sempre utilizzando il taglio inedito del dialogo tra ieri e oggi, attraverso linguaggi tradizionali (pittura e scultura) e attuali (fotografia e video), contrapposti per evidenziare la diversa prospettiva temporale, gettando uno sguardo sugli uomini e le donne - ma anche i bambini, ieri come oggi - che da sempre sono i protagonisti del lavoro: agricoltori e artigiani, operai, tecnici e impiegati, spesso esaltati dalla retorica del potere, disoccupati o sfruttati ma anche eroi, volontari o involontari, delle lotte per la conquista di migliori condizioni di vita. Una galleria di volti e di corpi di ieri e di oggi che, nonostante una presunta "smaterializzazione" del lavoro, ancora ci racconta qualcosa della vita di ognuno di noi.
Ma il mondo del lavoro, ieri come oggi, è anche un mondo di oggetti e poi di meccanismi a cui l'arte del Novecento - le Avanguardie storiche dei primi decenni e quelle degli anni Sessanta, in particolare - ha guardato con grande interesse, trasformandoli in soggetti a se stanti delle proprie opere e vedendo il corpo umano stesso come un essere-macchina.
L'essere umano della modernità vive in una società di massa, caratterizzata dalla tendenza a un'assoluta omogeneizzazione di comportamenti e idee. Anche in questo contesto, la questione del lavoro è centrale: la meccanizzazione e poi automazione del lavoro lascia immaginare l'utopia della liberazione dal lavoro, che però nel mondo reale si capovolge in disoccupazione e sottoccupazione.
Lo sciopero e le manifestazioni sono parte integrante della storia del lavoro e dei lavoratori del Novecento: la mostra proverà a documentare come gli artisti hanno raccontato in immagini, in passato e nell'attualità, la vicenda di queste espressioni di lotta per l'affermazione dei propri diritti. Materiali audiovisivi di grande pregio costituiscono parte integrante della mostra. Il cinema infatti, e poi i media che ne hanno in parte continuato l'opera (la televisione e il video, fino all'audiovisivo digitale), hanno sia documentato le trasformazioni del lavoro, entrando nei luoghi del lavoro stesso come misuratore di tempi e movimento e fissando voci e immagini di lavoratori e imprenditori; sia interpretato il mutare della condizione personale e collettiva dei produttori e delle produttrici.
Saranno presenti in mostra, tra gli altri, Arman, Edward Burtynsky, Frank Capra, Charlie Chaplin, Giuseppe Cominetti, Aleksandr Dejneka, Fortunato Depero, André Derain, Vittorio De Sica, Max Ernst, Walker Evans, Natalia Gončarova, Ugo Gregoretti, Damien Hirst, Jannis Kounellis, František Kupka, Fritz Lang, Fernand Léger, Louis Lumière, Mario Merz, Tina Modotti, Mario Monicelli, Otto Nagel, Plinio Nomellini, Claes Oldenburg, Nam June Paik, Giuseppe Pellizza da Volpedo, Michelangelo Pistoletto, Gillo Pontecorvo, Jean Renoir, Aleksandr Rodčenko, Sebastião Salgado, Ben Shahn, Mario Sironi, Graham Sutherland, Vladimir Tatlin, Jean Tinguely, Giulio Turcato, Vincent Van Gogh, Andy Warhol, Wim Wenders, Billy Wilder.
La mostra, il cui progetto grafico e di allestimento è curato da Pierluigi Cerri, è corredata da un catalogo, edito da Skira, Milano, che si propone non solo di accompagnare e illustrare la selezione delle opere esposte ma anche come una pubblicazione esauriente sull'argomento, attraverso una ricca scelta iconografica e i contributi di studiosi italiani e stranieri.
Il soggetto del lavoro percorre tutto il XX secolo e attraverso lo sguardo di pittori, scultori e fotografi, grafici e cineasti, pone il problema della condizione degli esseri umani nella società industriale e post-industriale.
Da quando il ritmo della macchina è diventato l'orologio dei comportamenti degli esseri umani - come ci ricorda l'eroe del film di Charlie Chaplin alle prese con i tempi forsennati della catena di montaggio, a cui il titolo della mostra rende omaggio - il "tempo moderno" ha investito l'arte dell'ultimo secolo sia arricchendola di nuovi contenuti, temi, soggetti, sia modificandone il linguaggio.
La mostra è costituita da un itinerario di dipinti, fotografie, sculture, video, oggetti e film che, isolando alcuni soggetti specifici e centrali, mette in parallelo e in contemporanea, quasi a dimostrare l'enorme salto storico e produttivo, la visione del mondo del lavoro di cento anni fa e dell'oggi. Un confronto drammatico e spettacolare che, sala per sala, sottolinea il cambiamento della società e del ruolo della persona rispetto alla macchina.
Le tappe di questo confronto tra memoria e attualità iniziano con il nuovo paesaggio industriale che diventa soggetto pittorico e gli artisti che raccontano, molto spesso attraverso la fotografia, il luogo del lavoro di oggi: la città "nera" dei fumi delle ciminiere della rivoluzione industriale e la fabbrica automatizzata, asettica e globalizzata di oggi, uguale in Occidente come in Cina. Oppure il porto degli uomini, i famosi camalli, addetti al carico e allo scarico manuale delle merci e quello delle infinite e ordinate distese di container, luoghi metafisici segnati dall'assenza dell'essere umano, che costituiscono le banchine odierne.
L'esposizione prosegue, sempre utilizzando il taglio inedito del dialogo tra ieri e oggi, attraverso linguaggi tradizionali (pittura e scultura) e attuali (fotografia e video), contrapposti per evidenziare la diversa prospettiva temporale, gettando uno sguardo sugli uomini e le donne - ma anche i bambini, ieri come oggi - che da sempre sono i protagonisti del lavoro: agricoltori e artigiani, operai, tecnici e impiegati, spesso esaltati dalla retorica del potere, disoccupati o sfruttati ma anche eroi, volontari o involontari, delle lotte per la conquista di migliori condizioni di vita. Una galleria di volti e di corpi di ieri e di oggi che, nonostante una presunta "smaterializzazione" del lavoro, ancora ci racconta qualcosa della vita di ognuno di noi.
Ma il mondo del lavoro, ieri come oggi, è anche un mondo di oggetti e poi di meccanismi a cui l'arte del Novecento - le Avanguardie storiche dei primi decenni e quelle degli anni Sessanta, in particolare - ha guardato con grande interesse, trasformandoli in soggetti a se stanti delle proprie opere e vedendo il corpo umano stesso come un essere-macchina.
L'essere umano della modernità vive in una società di massa, caratterizzata dalla tendenza a un'assoluta omogeneizzazione di comportamenti e idee. Anche in questo contesto, la questione del lavoro è centrale: la meccanizzazione e poi automazione del lavoro lascia immaginare l'utopia della liberazione dal lavoro, che però nel mondo reale si capovolge in disoccupazione e sottoccupazione.
Lo sciopero e le manifestazioni sono parte integrante della storia del lavoro e dei lavoratori del Novecento: la mostra proverà a documentare come gli artisti hanno raccontato in immagini, in passato e nell'attualità, la vicenda di queste espressioni di lotta per l'affermazione dei propri diritti. Materiali audiovisivi di grande pregio costituiscono parte integrante della mostra. Il cinema infatti, e poi i media che ne hanno in parte continuato l'opera (la televisione e il video, fino all'audiovisivo digitale), hanno sia documentato le trasformazioni del lavoro, entrando nei luoghi del lavoro stesso come misuratore di tempi e movimento e fissando voci e immagini di lavoratori e imprenditori; sia interpretato il mutare della condizione personale e collettiva dei produttori e delle produttrici.
Saranno presenti in mostra, tra gli altri, Arman, Edward Burtynsky, Frank Capra, Charlie Chaplin, Giuseppe Cominetti, Aleksandr Dejneka, Fortunato Depero, André Derain, Vittorio De Sica, Max Ernst, Walker Evans, Natalia Gončarova, Ugo Gregoretti, Damien Hirst, Jannis Kounellis, František Kupka, Fritz Lang, Fernand Léger, Louis Lumière, Mario Merz, Tina Modotti, Mario Monicelli, Otto Nagel, Plinio Nomellini, Claes Oldenburg, Nam June Paik, Giuseppe Pellizza da Volpedo, Michelangelo Pistoletto, Gillo Pontecorvo, Jean Renoir, Aleksandr Rodčenko, Sebastião Salgado, Ben Shahn, Mario Sironi, Graham Sutherland, Vladimir Tatlin, Jean Tinguely, Giulio Turcato, Vincent Van Gogh, Andy Warhol, Wim Wenders, Billy Wilder.
La mostra, il cui progetto grafico e di allestimento è curato da Pierluigi Cerri, è corredata da un catalogo, edito da Skira, Milano, che si propone non solo di accompagnare e illustrare la selezione delle opere esposte ma anche come una pubblicazione esauriente sull'argomento, attraverso una ricca scelta iconografica e i contributi di studiosi italiani e stranieri.
13
aprile 2006
Tempo Moderno
Dal 13 aprile al 30 luglio 2006
arte contemporanea
Location
PALAZZO DUCALE
Genova, Piazza Giacomo Matteotti, 9, (Genova)
Genova, Piazza Giacomo Matteotti, 9, (Genova)
Biglietti
Intero 8,00 €, ridotto 6,00 €, scuole 3,00 €
Biglietto Unico Mostra + Acquario di Genova
> Intero 18.00 €, gruppi 15.00 €, scuole e bambini 4 - 12 anni 9,00 €
I possessori del biglietto di Euroflora hanno diritto all'ingresso ridotto.
Sconti reciproci con la Fondazione Teatro Carlo Felice
Orario di apertura
9/19 tutti i giorni
il giovedì 9/22.
Lunedì chiuso.
La biglietteria chiude mezz'ora prima della mostra.
Aperto nelle festività
Sito web
www.tempomoderno.it
Editore
SKIRA
Autore
Curatore