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Teonesto Deabate
La rassegna presenta, attraverso una cinquantina di dipinti , la significativa evoluzione artistica del grande maestro torinese TeonestoDeabate per far conoscere al meglio la produzione di questo pittore che, della sua arte e del suo mestiere, ha fatto la propria ragione di vita trasmettendo serenità ed allegria.
Comunicato stampa
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Ebbi occasione di conoscere Deabate, poco prima della sua scomparsa, in occasione di una sua personale. Nel lungo discettare di arte venne fuori “...un uomo di sana cultura che volentieri dissimulava – come scrisse puntualmente il grande Ernesto Caballo qualche anno dopo la scomparsa del pittore avvenuta nel 1981 – [un uomo che ] credeva in una società nuova: avverso alla cultura dell’elitismo...Intendeva la cultura non come mezzo ma come fine, rivolta alle problematiche dell’anima contemporanea...Aggiornato puntigliosamente sugli indirizzi più avanzati dell’arte, si dimostrava obiettivo nei giudizi, acritico, legittimando il diritto ad ogni coesistenza...”. E così si andò ai disegni eseguiti sul Carso durante la prima Guerra Mondiale, all’impegno con la manifattura Vittoria della vicina Mondovì ed a quello profuso per la torinese Lenci, ai ricordi legati a Boetto, Fillia, Corbelli, Micheletti, “I Sei”, Morando, Peluzzi ed a tutti coloro, in verità pochi, che aveva stimato come critici e come autori. Parlò della sua Torino e dei temi ad essa legati, degli scorci di Bardonecchia, del mare di Chiavari, della magia di Venezia, di Elsa, la modella preferita, e delle sfide lanciate al modernismo con l’interpretazione delle nature morte. Non accennò minimamente al suo grande curricolo espositivo ed alle soddisfazioni derivategli per molto tempo dall’aggiudicazione di premi e riconoscimenti di alto lignaggio (come il premio Albarello ottenuto in occasione della presenza alla Quadriennale di Torino). In pieno vernissage, provato ma soddisfatto per la numerosa presenza di invitati, si accomodò in disparte su una poltrona e continuò a parlare sommessamente con Valeria ed un collezionista appena giunto da Alessandria. Ne approfittai, tra un saluto ed una stretta di mano, per riandare a quanto avevo assimilato dalla chiacchierata col maestro e per rivedere le opere esposte che ormai conoscevo a memoria ma che, ora, mi si presentavano sotto una luce diversa. La stessa luce che mi colpisce ancora in ordine a questa rassegna, ricca di oltre cinquanta opere, tra oli ed acquarelli, che vanno dagli anni Venti alla fine degli anni Settanta, dove spiccano “La tettoia”, “Modella con cappello giallo”, “Nudo disteso”, “Barca sul Po”, “Piazza castello in Festa” “Varigotti”, “Venezia” ed altri capolavori inediti, e che mi fa convenire, col Deabate di allora, quanto ieri, ed oggi più che mai, le discipline che afferiscono in qualche modo all'arte figurativa denunciano l'esigenza di rassicuranti fondazioni metodologiche e schemi di verifica di incontrovertibile affidabilità. Canoni fondamentali per capire un po' la pittura di questo autore e giudicarla nei suoi giusti limiti e pregi considerandola entro il momento storico in cui si è svolta e tenendo conto delle radici culturali e del particolare gusto in cui si è sviluppata, cioè riandando alla cultura ed alle tendenze pittoriche allora assai vive nell'ambiente artistico di Torino. Tendenze di carattere figurativo che, dopo il 1945 si allargarono con un'apertura più internazionale verso correnti e modi astratti, informali, che ancor oggi dominano la gnosi ed il mercato dell'arte. Negli anni presi in considerazione dalla rassegna, in Italia l'arte seguì prima la tradizione classicistica, sostenuta in parte anche dal regime fascista che fece trionfare il movimento di "Novecento" e le grandi Biennali con i vari Sironi, Carrà, Oppi, Funi, Casorati, Tosi ed altri eccellenti artisti, tutti operanti entro una visione figurativa comune di derivazione post-impressionista che non direi vecchia, superata, ma nuova, attuale in quel momento. Poi, negli anni quaranta, come s'è accennato, subentrarono pian piano quelle correnti e mode internazionali che ancora oggi dominano prepotenti il campo artistico senza differenziarsi da un continente all'altro nella loro sostanza formale. Sfiorata dal recupero di Cézanne, ma mai dall’abiura della figurazione, la pittura di Deabate cominciò a connotarsi come precisa reazione agli eccessi di intellettualismo che stavano trasformando l’arte in fenomeno fortemente elitario, rivolto a cerchie specializzate, stabilizzandosi sui soggetti e i caratteri di massima individuati negli anni precedenti, ma secondo accenti sempre più personali e diretti che limitarono al minimo le mediazioni nella comunicazione fra l’artista e il suo pubblico. Buon momento fu perciò quello, a Torino, tra il '45 e gli anni Sessanta, nel quale rimase viva una pittura ancora piemontese, originale, che continuava in modi nuovi quella degli ultimi grandi ottocentisti operanti nei primi decenni del '900; una pittura non eccelsa e, se vogliamo limitarla, anche un po' provinciale, ma l'unica che avesse ancora una propria identità. Entro tale ambiente, come si vede bene osservando i lavori in mostra, si mosse Deabate. Base prima e primo intendimento del suo lavoro fu l'adesione al vero, che per lui rappresentò quasi un esercizio, una preparazione tecnica per quella che doveva essere in seguito la realizzazione dell'opera d'arte della maturità. Quella maturità in cui la pittura, seppur legata da un filo rosso a tutto il precedente operare, divenne dolce, riposante, trattata senza ombre, eseguita a stesure larghe con una pennellata fresca, sensuale, a volte ricca di colore a volte evanescente; una pittura che, proseguendo nel tempo, si semplificò e si purificò maggiormente con esiti di una più coerente qualità stilistica. Forse tenuto un po’in disparte da vivo perché troppo indulgente nei confronti della popolarità ottenuta nella sua città, perché troppo intellettualmente schivo, Deabate si prende ora le sue rivincite. Più di cinque lustri dalla morte sarebbero bastati a spazzarlo via non solo dalla memoria dei critici, ma anche del grande pubblico. E invece, eccolo ancora fra noi, eccoci ancora ad occuparci di lui. Della sua arte intenzionalmente semplice, votata a individuare un’idea istintiva del bello, di quanto più larga condivisione possibile, quasi francescana nel concepire il senso della natura, un sermo communis per il quale una marina è sempre una marina e un fiore un fiore.
Giorgio Barberis
Giorgio Barberis
16
ottobre 2010
Teonesto Deabate
Dal 16 ottobre al 07 novembre 2010
arte contemporanea
Location
TORRE CIVICA
Caramagna Piemonte, Piazza Castello, 1, (Cuneo)
Caramagna Piemonte, Piazza Castello, 1, (Cuneo)
Orario di apertura
venerdì 15/18,30- sabato e domenica 10/12; 15/18,30
Autore
Curatore