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Teresa Marasca – Fior d’Oriente
Il suo neo e astratto iconismo degli anni Ottanta nasce da una attenta e, al contempo, inconscia valutazione di quelle avanguardie storiche – astrattismo e surrealismo – e di alcuni “isolati” come Osvaldo Licini, che avevano fatto della trasfigurazione del fenomenico e dell’onirico l’oggetto fondante le proprie poetiche.
Comunicato stampa
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S’inaugura sabato 6 giugno 2009 alle ore 17,30 presso gli spazi espositivi della Galleria Artemisia Arte Contemporanea di Falconara M. (An), in Via Bixio, 39 la mostra di Teresa Marasca dal titolo Fior d’Oriente. L’iniziativa dell’Associazione Artistica Artemisia, curata da Antonio G. Benemia e Stefano Tonti, presenta una serie di recenti opere come una preziosa raccolta della poetica dell’artista.
Sono passati quasi novantadue anni dalla Fontana e, dopo l’estremizzazione duchampiana, le cui estreme conseguenze sono arrivate fino all’annullamento dell’”oggetto” quale prodotto del fare artistico, gli anni Ottanta hanno visto la rifioritura di quella “pratica” - la pittura - che sembrava appartenere ad un passato prossimo se non remoto. E Aperto 82 della 40° Biennale di Venezia apriva, dopo le indigestioni concettualiste, alla pittura di un numero di giovani che avevano riscoperto l’antico mestiere del pittore; tra questi c’era anche Teresa Marasca.
Tra transavanguardisti e neomanieristi, la via che intrapresero alcuni di quei giovani pittori rispecchia un pensiero che arrovellava la mente di Johann J. Winckelmann - il teorico del neo classicismo - e che può essere trasposto a quegli anni e ai nostri, quale condizione dell’ “artista moderno (che) si trova qui (il tempo dell’”idea”) come in un deserto”, ma che con il pensiero supera la sua tavolozza, per intraprendere un nuovo cammino nel corpo dell’arte e della storia.
Quello che è sempre stato fatto e a cui l’artista Teresa Marasca non ha mai sentito il “dovere” di sottrarsi.
Il suo neo e astratto iconismo degli anni Ottanta nasce da una attenta e, al contempo, inconscia valutazione di quelle avanguardie storiche - astrattismo e surrealismo - e di alcuni “isolati” come Osvaldo Licini, che avevano fatto della trasfigurazione del fenomenico e dell’onirico l’oggetto fondante le proprie poetiche. Ciò porta inevitabilmente al pensiero di Giovan Pietro Bellori, il teorico del nuovo classicismo seicentesco, fondato sull’idea tutta romana della pittura come ut pictura poesis (muta poesia). E non è nemmeno un caso che queste avanguardie rivalutarono proprio quello che altre avanguardie per qualche tempo cercarono di escludere dalla mente dell’artista. E chissà perché un pittore del paleolitico, uno di quelli che hanno riempito le grotte di immagini di animali conosciuti, improvvisamente ha dipinto un liocorno, un animale che non esiste!, giustificando così l’idea, che da sempre è nella mente dell’artista, di dipingere quel qual cosa che sta oltre la realtà.
Ecco allora tutta la serie delle “trasparenze” , dove i nudi si fanno essi stesse trasparenze di un vissuto che sta nell’onirico, oppure le campiture di caldi colori che diventano il campo di linguaggi alchemici, simboli anch’essi di un mondo sovra reale, accampandosi con delicata poesia pittorica ai nostri pensieri.
I Novanta lentamente passano dall’iconismo astrattista ad una preferenza verso un’icona che già si intuisce diventerà il “sacro” della sua pittura: le sue emblematiche figure femminili si installano nello spazio pittorico come si impone la Dama col mazzolino di Andrea del Verrocchio, L’ignota di Desiderio da Settignasno o il Ritratto di Gentildonna di Antonio del Pollaiolo; una rivisitazione classicista, giustificata perché fondata tutta sulla ieraticità dell’indeterminato, sulla vaghezza del “personaggio” fantasticato e dipinto.
Gli anni del Duemila sono quelli in cui le “regine” si impreziosiscono di magiche scritture e di profumi d’Oriente, quello Vicino e quello Estremo, che la portano a vedere nella bizantina Teodora o in una qualche regina del mitico Langkasuka, l’estrema essenza del femminile.
Donna dunque, come figura sacra e mitica, ancestrale, presente e attuale quale feconda genitrice di vita, di bellezza, di eros e di enigmi biblici o buddisti, sempre in bilico tra la comprensione e il frammento di un linguaggio-scrittura, che volutamente vuol essere allusivo, perché parte integrante e inalienabile da sempre del fare pittura. (Antonio G. Benemia)
Teresa Marasca nasce a Montefano (MC) nel 1955. Diplomata all’Accademia di Belle Arti di Macerata, si occupa di ricerca artistica nel campo della pittura e dell’installazione fin dagli anni ’80. Ha partecipato alla Biennale di Venezia - Aperto’82.
Teresa Marasca ha partecipato ad importanti mostre tra le quali quelle dell’83 al Palazzo Ducale di Pesaro e al Centro Arti Visive del Palazzo dei Diamanti di Ferrara. Da citare, nel 1992, Il tempo della vita, Museo di Storia Cinese, Pechino – CINA e Dall'architettura alla poetica dei luoghi, - installazione nella "piazzetta del Sabato del Villaggio", Recanati (MC). Nel ’96, Gli Angeli sopra Roma - verso il Giubileo e La Maledizione delle Ali - O Art. Gallery Internet, Roma. Sempre a Roma, nel 2001, espone per la Hall della Casa di Cura “Life Hospital” 5 grandi pannelli del ciclo della vita Life. Del 2003 è Memoria e ou-topos, mostra monografica, Palazzo del Rettorato, Ancona. Nel 2005 dona una pala, raffigurante la Madonna dalla lettura dell’Apocalisse, al Presbiterio dell’Abbazia di Rambona. Nel 2007 realizza il progetto per la decorazione della piscina del Centro benessere a Borgo Lanciano – Castelraimondo (MC). Del 2008 la mostra La terra ha bisogno degli uomini, Reggia di Caserta. Ha pubblicato Il corpo, metamorfosi, immagine, immaginazione, Antonio Olmi Editore.
E’ docente di Anatomia Artistica e responsabile dell’Ufficio Relazioni Internazionali Erasmus presso l'Accademia di Belle Arti di Macerata.
Sono passati quasi novantadue anni dalla Fontana e, dopo l’estremizzazione duchampiana, le cui estreme conseguenze sono arrivate fino all’annullamento dell’”oggetto” quale prodotto del fare artistico, gli anni Ottanta hanno visto la rifioritura di quella “pratica” - la pittura - che sembrava appartenere ad un passato prossimo se non remoto. E Aperto 82 della 40° Biennale di Venezia apriva, dopo le indigestioni concettualiste, alla pittura di un numero di giovani che avevano riscoperto l’antico mestiere del pittore; tra questi c’era anche Teresa Marasca.
Tra transavanguardisti e neomanieristi, la via che intrapresero alcuni di quei giovani pittori rispecchia un pensiero che arrovellava la mente di Johann J. Winckelmann - il teorico del neo classicismo - e che può essere trasposto a quegli anni e ai nostri, quale condizione dell’ “artista moderno (che) si trova qui (il tempo dell’”idea”) come in un deserto”, ma che con il pensiero supera la sua tavolozza, per intraprendere un nuovo cammino nel corpo dell’arte e della storia.
Quello che è sempre stato fatto e a cui l’artista Teresa Marasca non ha mai sentito il “dovere” di sottrarsi.
Il suo neo e astratto iconismo degli anni Ottanta nasce da una attenta e, al contempo, inconscia valutazione di quelle avanguardie storiche - astrattismo e surrealismo - e di alcuni “isolati” come Osvaldo Licini, che avevano fatto della trasfigurazione del fenomenico e dell’onirico l’oggetto fondante le proprie poetiche. Ciò porta inevitabilmente al pensiero di Giovan Pietro Bellori, il teorico del nuovo classicismo seicentesco, fondato sull’idea tutta romana della pittura come ut pictura poesis (muta poesia). E non è nemmeno un caso che queste avanguardie rivalutarono proprio quello che altre avanguardie per qualche tempo cercarono di escludere dalla mente dell’artista. E chissà perché un pittore del paleolitico, uno di quelli che hanno riempito le grotte di immagini di animali conosciuti, improvvisamente ha dipinto un liocorno, un animale che non esiste!, giustificando così l’idea, che da sempre è nella mente dell’artista, di dipingere quel qual cosa che sta oltre la realtà.
Ecco allora tutta la serie delle “trasparenze” , dove i nudi si fanno essi stesse trasparenze di un vissuto che sta nell’onirico, oppure le campiture di caldi colori che diventano il campo di linguaggi alchemici, simboli anch’essi di un mondo sovra reale, accampandosi con delicata poesia pittorica ai nostri pensieri.
I Novanta lentamente passano dall’iconismo astrattista ad una preferenza verso un’icona che già si intuisce diventerà il “sacro” della sua pittura: le sue emblematiche figure femminili si installano nello spazio pittorico come si impone la Dama col mazzolino di Andrea del Verrocchio, L’ignota di Desiderio da Settignasno o il Ritratto di Gentildonna di Antonio del Pollaiolo; una rivisitazione classicista, giustificata perché fondata tutta sulla ieraticità dell’indeterminato, sulla vaghezza del “personaggio” fantasticato e dipinto.
Gli anni del Duemila sono quelli in cui le “regine” si impreziosiscono di magiche scritture e di profumi d’Oriente, quello Vicino e quello Estremo, che la portano a vedere nella bizantina Teodora o in una qualche regina del mitico Langkasuka, l’estrema essenza del femminile.
Donna dunque, come figura sacra e mitica, ancestrale, presente e attuale quale feconda genitrice di vita, di bellezza, di eros e di enigmi biblici o buddisti, sempre in bilico tra la comprensione e il frammento di un linguaggio-scrittura, che volutamente vuol essere allusivo, perché parte integrante e inalienabile da sempre del fare pittura. (Antonio G. Benemia)
Teresa Marasca nasce a Montefano (MC) nel 1955. Diplomata all’Accademia di Belle Arti di Macerata, si occupa di ricerca artistica nel campo della pittura e dell’installazione fin dagli anni ’80. Ha partecipato alla Biennale di Venezia - Aperto’82.
Teresa Marasca ha partecipato ad importanti mostre tra le quali quelle dell’83 al Palazzo Ducale di Pesaro e al Centro Arti Visive del Palazzo dei Diamanti di Ferrara. Da citare, nel 1992, Il tempo della vita, Museo di Storia Cinese, Pechino – CINA e Dall'architettura alla poetica dei luoghi, - installazione nella "piazzetta del Sabato del Villaggio", Recanati (MC). Nel ’96, Gli Angeli sopra Roma - verso il Giubileo e La Maledizione delle Ali - O Art. Gallery Internet, Roma. Sempre a Roma, nel 2001, espone per la Hall della Casa di Cura “Life Hospital” 5 grandi pannelli del ciclo della vita Life. Del 2003 è Memoria e ou-topos, mostra monografica, Palazzo del Rettorato, Ancona. Nel 2005 dona una pala, raffigurante la Madonna dalla lettura dell’Apocalisse, al Presbiterio dell’Abbazia di Rambona. Nel 2007 realizza il progetto per la decorazione della piscina del Centro benessere a Borgo Lanciano – Castelraimondo (MC). Del 2008 la mostra La terra ha bisogno degli uomini, Reggia di Caserta. Ha pubblicato Il corpo, metamorfosi, immagine, immaginazione, Antonio Olmi Editore.
E’ docente di Anatomia Artistica e responsabile dell’Ufficio Relazioni Internazionali Erasmus presso l'Accademia di Belle Arti di Macerata.
06
giugno 2009
Teresa Marasca – Fior d’Oriente
Dal 06 giugno al 05 luglio 2009
arte contemporanea
Location
GALLERIA ARTEMISIA
Falconara Marittima, Via Nino Bixio, 39, (Ancona)
Falconara Marittima, Via Nino Bixio, 39, (Ancona)
Orario di apertura
tutti i giorni dalle 10.30 alle 12.30 e dalle 17.30 alle 19.30 domenica pomeriggio e lunedì chiuso
Vernissage
6 Giugno 2009, ore 17.30
Curatore