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Terre antiche, territori mobili: l’esperienza dell’arte veneta
Un omaggio alle esperienze pittoriche e plastiche di alcuni tra gli artisti più rappresentativi di area veneta
Comunicato stampa
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Terre antiche, territori mobili: l’esperienza dell’arte veneta.
di Lorena Gava
Tra i molti modi di intendere il concetto di tradizione c’è quello più intuitivo e immediato, che riguarda il “passaggio di consegne” tra maestro e allievo o la diretta influenza di una “scuola” oppure la continuità epigonale - voluta o subita - di un artista nei confronti di un suo prossimo retaggio. Ma la tradizione è anche molto altro e, come nel caso di una regione qual è la veneta, si compone di una presenza viva e plurale di forme del passato, disseminate potremmo dire (se non apparisse triviale) a ogni angolo di strada. Questa costante presenza, questa memoria sempre attiva, per quanto riguarda il Veneto presenta anche un altro dato caratteristico: il paesaggio è una presenza singolarmente viva, poiché non è solo il luogo ma anche il tema su cui si è esercitata nel tempo l’invenzione e la tecnica dei suoi artisti. Aggiungiamo ancora un elemento: la pluralità e la varietà dei contesti naturali e culturali in cui questa memoria oggi dimora, dalle città-museo ai musei-fabbrica inseriti nelle aree distrettuali della manifattura, da ciò che segna lo spazio periferico e la campagna a ciò che dimora in piccolissimi centri in via di spopolamento. In ogni luogo incontriamo la grande arte della tradizione e però subito il presente fa irruzione con i suoi caratteri di forte spaesamento. Perciò se da un lato nella terra veneta è impossibile ignorare la tradizione, poiché è sufficiente muoversi dentro il disegno elementare dei campi, dei canali e delle colline, che mostrano quanto sia antico e ricco di storia questo orizzonte, ecco però che il vorticoso mutamento impresso dalla tecnologia a partire dagli anni Cinquanta ha messo in movimento altre forze, altre forme, altri segni del paesaggio. Ciò che è uguale e ciò che è diverso, ciò che muta e ciò che resiste, persino ciò che è riconoscibile e ciò che è estraneo hanno cambiato vorticosamente di forma, in questi ultimi decenni, di segno, e spesso anche di volto.
Non sarà da stupire, allora, se la ricerca artistica mostrerà di conservare il senso della profondità, del prezioso, persino del durevole, pur entro forme e materiali pittorici e scultorei che reagiscono a questa improvvisa esplosione, seguono o contrastano usi e tendenze più vaste, mondiali, anzi “globali”, come si dice oggi, ma tornano anche al confronto, inevitabile, con ciò che agisce nella realtà dello sguardo presente e immediato. Troviamo quindi diversi punti di attraversamento della linea astratto-informale seguendo le suggestioni proposte dalle opere di Biasi, Buttignol, Faccin, Favaro, Morago, Ros, Stefanini, se pure non manca, però, una reinterpretazione figurativa con Boscaro, Tavella, Varese e, per certi aspetti, Magnolato, o Sari, nella sua singolare intonazione lirica. Vi è la volontà di comunicare, nel seriale di Santorossi, mentre si insiste sul dare figura alle forme con Capellini, De Marchi e Mancuso, o sul cogliere, dalle forme, le intime geometrie con Benetton e Pasqual.
La mostra offre uno spaccato significativo, dunque, dell’arte contemporanea maturata in una terra dalla storia antica e prestigiosissima, un compendio di forme diverse negli stili, nelle tecniche e nei materiali. Tutto ciò risponde alla pluralità e ricchezza della dimensione espressiva attuale, ma unite da quel sottile resistente filo che abbiamo individuato: la ricchezza e varietà dei luoghi di un’area geografica straordinaria, sicuramente complice di quella urgenza diffusa di nel passato e ancora viva nel presente di documentare, attraverso i linguaggi dell’arte, le evoluzioni e i mutamenti di un territorio da sempre intensamente segnato dalla storia, con le sue inevitabili contraddizioni manifeste o latenti. Come ogni lembo di questa terra esibisce, dunque, una stratificazione di presenze e di vestigia quale mirabile commistione di spirito e materia, così le molte espressioni artistiche elaborate nel presente continuano a tramandare lo slancio vitale del tempo che chiama alla sua costruzione. E, tra spirito e materia, anche se non sempre siamo disposti a vederli, prendono forma i fantasmi, ricordano una perdita, mostrano chiari i segni di una liberazione.
di Lorena Gava
Tra i molti modi di intendere il concetto di tradizione c’è quello più intuitivo e immediato, che riguarda il “passaggio di consegne” tra maestro e allievo o la diretta influenza di una “scuola” oppure la continuità epigonale - voluta o subita - di un artista nei confronti di un suo prossimo retaggio. Ma la tradizione è anche molto altro e, come nel caso di una regione qual è la veneta, si compone di una presenza viva e plurale di forme del passato, disseminate potremmo dire (se non apparisse triviale) a ogni angolo di strada. Questa costante presenza, questa memoria sempre attiva, per quanto riguarda il Veneto presenta anche un altro dato caratteristico: il paesaggio è una presenza singolarmente viva, poiché non è solo il luogo ma anche il tema su cui si è esercitata nel tempo l’invenzione e la tecnica dei suoi artisti. Aggiungiamo ancora un elemento: la pluralità e la varietà dei contesti naturali e culturali in cui questa memoria oggi dimora, dalle città-museo ai musei-fabbrica inseriti nelle aree distrettuali della manifattura, da ciò che segna lo spazio periferico e la campagna a ciò che dimora in piccolissimi centri in via di spopolamento. In ogni luogo incontriamo la grande arte della tradizione e però subito il presente fa irruzione con i suoi caratteri di forte spaesamento. Perciò se da un lato nella terra veneta è impossibile ignorare la tradizione, poiché è sufficiente muoversi dentro il disegno elementare dei campi, dei canali e delle colline, che mostrano quanto sia antico e ricco di storia questo orizzonte, ecco però che il vorticoso mutamento impresso dalla tecnologia a partire dagli anni Cinquanta ha messo in movimento altre forze, altre forme, altri segni del paesaggio. Ciò che è uguale e ciò che è diverso, ciò che muta e ciò che resiste, persino ciò che è riconoscibile e ciò che è estraneo hanno cambiato vorticosamente di forma, in questi ultimi decenni, di segno, e spesso anche di volto.
Non sarà da stupire, allora, se la ricerca artistica mostrerà di conservare il senso della profondità, del prezioso, persino del durevole, pur entro forme e materiali pittorici e scultorei che reagiscono a questa improvvisa esplosione, seguono o contrastano usi e tendenze più vaste, mondiali, anzi “globali”, come si dice oggi, ma tornano anche al confronto, inevitabile, con ciò che agisce nella realtà dello sguardo presente e immediato. Troviamo quindi diversi punti di attraversamento della linea astratto-informale seguendo le suggestioni proposte dalle opere di Biasi, Buttignol, Faccin, Favaro, Morago, Ros, Stefanini, se pure non manca, però, una reinterpretazione figurativa con Boscaro, Tavella, Varese e, per certi aspetti, Magnolato, o Sari, nella sua singolare intonazione lirica. Vi è la volontà di comunicare, nel seriale di Santorossi, mentre si insiste sul dare figura alle forme con Capellini, De Marchi e Mancuso, o sul cogliere, dalle forme, le intime geometrie con Benetton e Pasqual.
La mostra offre uno spaccato significativo, dunque, dell’arte contemporanea maturata in una terra dalla storia antica e prestigiosissima, un compendio di forme diverse negli stili, nelle tecniche e nei materiali. Tutto ciò risponde alla pluralità e ricchezza della dimensione espressiva attuale, ma unite da quel sottile resistente filo che abbiamo individuato: la ricchezza e varietà dei luoghi di un’area geografica straordinaria, sicuramente complice di quella urgenza diffusa di nel passato e ancora viva nel presente di documentare, attraverso i linguaggi dell’arte, le evoluzioni e i mutamenti di un territorio da sempre intensamente segnato dalla storia, con le sue inevitabili contraddizioni manifeste o latenti. Come ogni lembo di questa terra esibisce, dunque, una stratificazione di presenze e di vestigia quale mirabile commistione di spirito e materia, così le molte espressioni artistiche elaborate nel presente continuano a tramandare lo slancio vitale del tempo che chiama alla sua costruzione. E, tra spirito e materia, anche se non sempre siamo disposti a vederli, prendono forma i fantasmi, ricordano una perdita, mostrano chiari i segni di una liberazione.
10
maggio 2014
Terre antiche, territori mobili: l’esperienza dell’arte veneta
Dal 10 maggio al 15 giugno 2014
arte contemporanea
Location
EX CONVENTO SAN PIETRO E PAOLO
Asolo, Via Collegio, 40, (Treviso)
Asolo, Via Collegio, 40, (Treviso)
Orario di apertura
Dal venerdì alla domenica, orario 11.00 – 19.00
Vernissage
10 Maggio 2014, h 16.30
Editore
MONDADORI
Autore
Curatore